Semplicemente perché, Isaac Newton, avesse vergato cinquemilioni - TopicsExpress



          

Semplicemente perché, Isaac Newton, avesse vergato cinquemilioni e settecentomila parole di cui, unmilione e settecentomila, dedicandole alla scienza, un milione allo studio dell’Apocalisse, le Profezie di Daniele, al Tempio di Re Salomone, alla Prisca Sapientia e alla storia dei Gentili, non trascurando quella ebraica, e tremilioni ….all’Alchimia. Ci si chiese insomma perché lo scienziato perfetto, alla scienza avesse dedicato, non dico i ritagli di tempo…….ma quasi. Si passò poi, nel giro di pochi decenni, grazie ad alcune biografie illuminate, come quella dell’americana Betty Dobbs, a ragionare sul presunto ruolo avuto dalla stessa Alchimia nelle conclusioni matematiche del Nostro. Infine la domanda che l’ufficialità si pose attraverso un progetto telematico noto come “The Newton Project“, nato nel 1998 e tutt’ora operante, fu ed è: “Ipotizzando che Newton abbia usato i suoi interessi esoterici per fare scienza, come, tutti questi ambiti conoscitivi si sarebbero potuti fondere, fino ad ottenere unopera scientifica come i Principia?“ IL sapere degli antichi Il Nostro era convintissimo e lo fu fino alla fine dei suoi giorni, che ci fosse stata per l’umanità un età dell’oro, non solo a livello spirituale, come sopra, ma soprattutto a livello conoscitivo. Ricercò, lesse, e studiò, durante la sua vita ogni di tipo di scritto in grado di descrivere la Prisca Sapientia (il Primo Sapere), la quale doveva possedere la formula di tutte le leggi divine. Era talmente convinto di ciò da affermare, e lo fece per tutta la vita, che gli antichi conoscessero la Legge di Gravità. L’Alchimia Alla sua morte Isaac possedeva la collezione di testi alchemici, più ampia esaustiva e rara mai messa insieme. Al suo interno spiccavano inoltre numerosi testi riguardanti i Rosa + Croce e il mondo Pitagorico. Si narra, come spesso prendesse il postale a Cambridge, presso la taverna della Rosa, per poi scendere in un quartiere di Londra famoso per le sue ricercate librerie. Cliente affezionatissimo di un certo William Cooper, proprietario della rivendita di libri rari più famosa di Londra, dove campeggiava, guarda caso, l’insegna di un Pellicano, ebbe modo di essere introdotto negli ambienti alchemici londinesi. Com’era sua abitudine condusse un lungo apprendistato teorico, prima di avvicinarsi all’Arte Sacra e solo dopo aver letto, trascritto e appreso tutto ciò che bibliograficamente era riuscito a raggiungere, intraprese, materialmente, il suo viaggio iniziatico. Per Lui l’Alchimia era un mezzo attraverso il quale simulare l’atto creativo, atto direttamente collegato al livello spirituale raggiunto dallo sperimentatore. Inoltre era convinto di come ogni elemento alchemico fosse riconducibile all’Unico elemento base iniziale da cui tutto era nato. Elemento riconducibile alla Pietra Filosofale, intesa come unica materia primigenia, mondata da qualsiasi impurità. Condivideva inoltre la convinzione per cui, tutti i processi “alchemici” fossero indirizzati dall’intervento diretto di un Principio Divino o Vegetale in grado di attrarre o respingere, a secondo dei casi, gli elementi, destinati, attraverso la Putrefazione, a coagularsi in nuove forme decontaminate da ogni difetto materiale. Era inoltre convinto che la Luce fosse l’attivatore di ogni evento alchemico e che la stessa conservasse al suo interno il principio attivante divino. Fonte : altrogiornale.org/news.php?extend.8887
Posted on: Mon, 11 Nov 2013 09:02:39 +0000

Trending Topics



Recently Viewed Topics




© 2015