T Tempo fa, un bel po’ a essere sinceri, avevamo un motto: - TopicsExpress



          

T Tempo fa, un bel po’ a essere sinceri, avevamo un motto: “non pensare a quello che la tua squadra può fare per te, ma a quello che tu puoi fare per la tua squadra”. Il tempo, altre cose, l’hanno messo per un po’ nella soffitta dei ricordi, ma ogni tanto capita che, aprendo cassetti con vecchie foto, ritorni fuori. E mentre cerchi nella stanza illuminata da raggi di sole penetranti dalle finestre chiuse dalle persiane, tra vecchi oggetti, ecco un vinile. Gerry & The Pacemakers. Per molti, non per tutti, non vorrà dire molto. Poi mettendolo sul vecchio giradischi mai gettato via, la musica prende forma, potente, prepotente: ‘You’ll never walk alone’. E si fonde con quel pensiero, con quell’idea che una squadra di calcio è qualcosa di più di quello che le tv oggi vorrebbero farci vedere. Non è un qualcosa di artefatto, non è uno spettacolo come orribilmente qualche tele giornalista lo chiama. Se ci sei dentro lo puoi capire, agli altri lo tenti di spiegare dicendo che non c’è nulla al mondo come migliaia di persone che guardano la stessa cosa con la stessa passione, con i cuori all’unisono, a volte tristi a volte eccitati, sempre e comunque uniti. Dal passato al presente il passo, purtroppo, è assai breve: le pagine dei giornali sono impietose se mescolate ai ricordi. Sembra un altro calcio quello che vivevamo, ma il fatto è che ci dimentichiamo troppo spesso che siamo noi a renderlo distante. Leggiamo che c’è delusione per la campagna abbonamenti a Udine. Probabilmente il club poteva e doveva fare di più per alcune classi più disagiate, non lo neghiamo, ma ciò non toglie che spesso, troppo spesso ci siamo ammorbiditi, ci siamo staccati, abbiamo preteso senza dare. Susciterà fastidio questa affermazione, ma pensiamo a una cosa. Solo 25 anni fa se ci avessero detto che saremmo volati in giro per l’Europa così tante volte, che ‘Youl’ll never walk alone’ lo avremmo visto cantare magnificamente dal vivo dai tifosi del Liverpool sconfitti dalla ‘misconosciuta’ Udinese per 3-2, avremmo preso quelle persone per pazze o visionarie. Certo la crisi incombe, il calcio italiano è povero benché le tv lo vogliano proporre diversamente, ma la ricchezza del tifoso sta in quel legame inscindibile che ha col club. Per cui al di là dei demeriti eventuali su come una campagna abbonamenti è stata fatta, ci permettiamo di dire che il vecchio nocciolo duro della tifoseria bianconera è sempre presente. E’ quello che si arrabbiava per inconsistenti 3-3 con Messina o Cremonese sotto una pioggia battente, è quello che da sempre parla nei bar più dei bianconeri che di altro, è il sorriso dei tifosi che si incontrano in terra straniera. Non si faranno 18 mila soci, ma che diamine quando mai lo stadio è stato veramente riempito a parte la gara con l’Ajax negli ultimi 20 anni? Col Barcellona, dove almeno 15 mila mummie sedevano attonite? La verità è che la Tv ha vinto non perché non ti fa prendere la pioggia (negli anni ’80 o ’90 se ne prendeva tanta e non ci si lamentava per risultati mediocri), ma perché ha reso tutto come uno spettacolo televisivo dove si ha il diritto di pretendere il posto in prima fila, magari con i comfort dell’abbonato da oltre 10 anni. Non è che chi lo fa sia una persona con meno sentimenti rispetto agli altri, è solo che ultimamente non è andato in soffitta. L’invito è a farlo, a tirare fuori la vecchia maglia bianca che solo nella fantasia di quando si era bambini poteva somigliare a quella dell’Udinese. Si tiri fuori qualche foto in bianco e nero, il colore dei sogni che sono stati dimenticati. E quella canzone nella versione di Gerry & The Pacemakers vedrete che vi inebrierà l’aria stantia di un pomeriggio d’agosto. Qualche sogno risalterà fuori, come la voglia di cantare assieme.
Posted on: Tue, 20 Aug 2013 09:31:16 +0000

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