TABLET A SCUOLA A MILANO MENTRE A SILICON VALLEY... A Milano e - TopicsExpress



          

TABLET A SCUOLA A MILANO MENTRE A SILICON VALLEY... A Milano e presto in tutta Italia i tablet sostituiranno i quaderni anche nelle scuole elementari. Invece nella Silicon Valley aumentano gli iscritti alla scuola Waldorf. La grande Milano capitale futurista ha da pochi giorni conquistato un altro ambitissimo primato. Sotto lo sguardo e il sorriso audacemente progressisti del sindaco Pisapia una terza elementare della scuola Enrico Toti, nel quartiere Ortica, è diventata avamposto dei giovani pionieri digitali d’Italia. È stata così gettata gagliardamente fuori dalla finestra la passatista lavagna d’ardesia, per venire sostituita dall’E-board con touch screen; e poi tablet su ogni banco, pronti a sostituire l’arcaica e poco ecologica carta di libri e quaderni. Tutto questo ben di Dio tecnologico è stato offerto, (forse, a fare i pignoli, non proprio disinteressatamente), dalla multinazionale d’origine sudcoreana Samsung. Ed è solo il primo passo, poiché nuove scuole lombarde verranno prontamente digitalizzate in quel di Gorgonzola, Lodi e Pavia. I nostri alleati coreani però pensano in grande, hanno un piano, più corto di quelli quinquennali di bolscevica memoria: entro la fine del 2013 la tecnologia approderà massicciamente in 25 scuole sparse in sette regioni italiane; entro il 2015 saranno conquistati quasi 300 istituti dello Stivale. Tutti contenti, tutti entusiasti: bambini, docenti, genitori e manager Samsung. Era ora, no? Finalmente la scuola italiana entra nel ventunesimo secolo! Come non essere felici? Si rischia di passare per passatisti, appunto, per reazionari, luddisti, tecnofobi. E dannatamente provinciali. Perché è noto che quasi ovunque in Europa e negli States tutto il potere ai tablet non è uno slogan ma una realtà fra i banchi. Ma sarà veramente così? Forse no, se diamo un’occhiata alla Silicon Valley, la terra d’elezione dei microchip, dei computer, dei software, della Apple, di Google, eBay e Facebook. Decisamente non un covo di passatisti e luddisti tecnofobi. Ebbene, come raccontava il New York Times qualche tempo fa, da quelle parti gli ingegneri, i programmatori, i net-workers più avanguardisti del pianeta preferiscono mandare i loro figli alla scuola Waldorf dove pc e tablet son tenuti lontani dai bambini, almeno per tutto il periodo delle elementari (figuriamoci all’asilo…). Dunque chi lavora tutto il giorno con la tecnologia preferisce che la prole abbia ancora a che fare con lavagne d’ardesia e gessetti, con quaderni e matite. Addirittura che impari l’aritmetica tagliando fette di torta o maneggiando sassi ed usi le dita non per posarle su di uno schermo ma su un telaio o per impugnare ferri da calza. Insomma, i signori americani del silicio e della Rete pare abbiano capito che nell’infanzia il contatto diretto e concreto con le cose, con gli oggetti, sia fondamentale per una sviluppo sano ed armonico. Forse si erano accorti che i figli abilissimi nello smanettare con l’iPad avevano qualche difficoltà ad allacciarsi le scarpe. C’è forse il rischio che i pargoli privati della tecnologia, rimangano indietro rispetto ai coetanei digitalizzati? Improbabile, data la semplicità degli ultimi prodotti tecnologici. Un bambino che sa tenere in mano i ferri da calza difficilmente avrà difficoltà ad usare un tablet. Anzi, quando arriverà il momento di affrontare la tecnologia, in età adolescenziale, avrà probabilmente più risorse per non diventar schiavo delle macchine. E non si può nemmeno liquidare questa scelta dei genitori della Silicon Valley come una moda americana; gli asili e le scuole elementari che posticipano la digitalizzazione sono sempre più diffusi nei paesi del nord Europa, in Germania, in Olanda. E allora, chi è più provinciale? Chi accetta la scuola tecnologica acriticamente o chi si interroga sulla sua reale necessità per gli esseri umani ancora in fase di sviluppo? L’iniziativa milanese, presto lombarda e poi italiana, vorrebbe anche venire incontro ai sempre più diagnosticati casi di dislessia e ad altri problemi di apprendimento. Peccato che molti pedagoghi e psicologi abbiano ormai sollevato il dubbio che la causa primaria di questi problemi vada cercata proprio nell’eccessivo contatto con schermi televisivi e telefonini. Meglio lavorare sulla motricità, sull’abilità manuale, sul contatto umano, probabilmente. E infine, per dirla tutta, più di un milanese si è lamentato, facendo presente che molte scuole cadono a pezzi, necessitano di urgente restauro. Digitalizziamole pure, ma che almeno non caschi il tetto. Una tegola piombata su un libro non fa grossi danni. Su un tablet li fa eccome. Luca Negri
Posted on: Tue, 05 Nov 2013 10:45:32 +0000

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