Teoria del decadimento \beta[modifica | modifica sorgente] Due - TopicsExpress



          

Teoria del decadimento \beta[modifica | modifica sorgente] Due mesi dopo il convegno Solvay, Fermi pubblicò il suo celebre lavoro sulla teoria del decadimento beta dal titolo: Tentativo di una teoria dei raggi \beta. Rasetti ne ricostruisce così la genesi: « Nellautunno del 1933 Fermi ci mostrò un articolo che aveva meditato e scritto nelle prime ore del mattino da parecchi giorni, già in forma completa di tutti gli sviluppi matematici, su una teoria dellemissione dei raggi \beta fondata sullipotesi di Pauli del neutrino, dalla quale si deducevano risultati precisi sulle caratteristiche quantitative del fenomeno. Poche teorie della fisica moderna sono state così originali, così feconde di risultati [...] come la teoria di Fermi dei raggi \beta che ancor oggi domina non più soltanto lordinario processo \beta (che rappresenta la trasformazione di un neutrone in un protone, con creazione di elettrone e neutrino) ma anche numerose trasformazioni di particelle instabili. » Il badge di Fermi a Los Alamos Nella teoria di Fermi, egli riprendeva lipotesi di Pauli del neutrino, ed assunse che neutrone e protone fossero due stati differenti dello stesso oggetto, aggiungendo anche lipotesi che assumeva che lelettrone espulso durante il procedimento di decadimento \beta non preesisteva nel nucleo prima di essere espulso, ma che veniva creato, insieme al neutrino nel processo di decadimento contestualmente alla trasformazione di un neutrone in un protone, analogamente a quello che avviene nella formazione di un quanto di luce che accompagna un salto quantico di un atomo. Per costruire la teoria del processo di decadimento beta, processo in cui il numero di particelle leggere non si conserva, Fermi ricorse al formalismo elaborato da Dirac allinterno della sua teoria quantistica della radiazione relativa allinterazione dellelettrone con il corpo elettromagnetico. Allinterno della sua teoria, Dirac descrive gli operatori di costruzione e distruzione che definiscono il processo di annichilimento o creazione di una particella una volta che abbia interagito con il campo elettromagnetico. Fermi dimostrò che così come linterazione elettromagnetica produce la conversione di un fotone in una coppia elettrone-positrone, così linterazione di Fermi, oggi chiamata interazione debole, produce la trasformazione di un neutrone in un protone (o viceversa), accompagnato dalla creazione di un elettrone e di un neutrino. Al fine di calcolare la probabilità con cui il processo avviene, Fermi costruì la funzione hamiltoniana più semplice e compatibile con le leggi di conservazione e di simmetria. La costante di grandezza che compare nellhamiltoniana fu determinata da un confronto con dati sperimentali. Tale costante per linterazione debole ha un significato analogo a quella della gravitazione. Nel suo lavoro, rifiutato da Nature, ed accettato in seguito prima su Nuovo Cimento, e poi su Zeitschrifft für Physik, Fermi calcolò la vita media del decadimento \beta, lenergia spettrale dellelettrone emesso e le cosiddette regole di selezione del processo. A proposito di questo lavoro, Segrè ricorda: « Fermi espose la sua teoria ad alcuni di noi durante una vacanza nellinverno del 1933, in Val Gardena, dopo una giornata di sci [...]. Era pienamente consapevole dellimportanza del suo lavoro e disse che pensava che quello sarebbe stato il suo capolavoro, ricordato dalla posterità, certo il meglio di quanto aveva fatto fino ad allora. » La teoria di Fermi aprì un nuovo campo della fisica delle particelle elementari: la fisica delle interazioni deboli. La scoperta dei neutroni lenti e della fissione nucleare[modifica | modifica sorgente] Il gruppo di Fermi cominciò a lavorare sulla radioattività artificiale in seguito alla scoperta della stessa da parte di Irene Curie e suo marito Frederic Joliot nel gennaio del 1934. Nellautunno del 1934 Fermi e Rasetti cominciarono con la costruzione degli strumenti necessari al fine di studiare la radioattività basata sullesperienza fatta qualche mese prima da Rasetti al Kaiser Wilhelm Institut für Chemie a Berlino. Insieme costruirono una grande camera a nebbia ed uno spettrometro a cristalli per raggi \gamma e vari contatori Geiger-Müller. Al contrario di quanto fatto da Curie e Joliot, Fermi decise di bombardare i nuclei bersagli con neutroni (cariche neutre) anziché con particelle \alpha (cariche positive). Utilizzando come sorgenti di neutroni radon e berillio, Fermi cominciò a bombardare gli elementi del sistema periodico in maniera sistematica, ma solo quando arrivò al fluoro ed allalluminio, il suo contatore Geiger-Müller segnò finalmente i primi conteggi. I primi risultati positivi vennero inviati alla rivista scientifica del CNR Ricerca Scientifica il 25 marzo del 1934, spiegati da Fermi come un nucleo che una volta soggetto a bersaglio assorbe un neutrone ed emette una particella \alpha, dando luogo a un nuovo elemento radioattivo con numero atomico minore di 2 unità rispetto a quello di partenza. Fermi scrisse dieci articoli su questo tema, tutti con il titolo Radioattività provocata da bombardamento di neutroni N, con N da 1 a 10. Il gruppo di Fermi lavorò intensamente sulle nuove ricerche, e data la necessità di profonde conoscenze in chimica, decise di assumere Oscar DAgostino, un chimico che si trovava a Parigi per approfondire le tecniche di radio chimica. Il lavoro procedeva speditamente e i risultati venivano, come detto, pubblicati immediatamente su Ricerca Scientifica. In poco tempo vennero irradiati con neutroni circa 60 elementi ed almeno in 40 vennero identificati nuovi elementi radioattivi. Durante la fase di classificazione delle reazioni, il gruppo si accorse che i neutroni davano luogo alla formazione di nuovi nuclei radioattivi praticamente in tutti gli elementi irradiati, indipendentemente dal numero atomico. Scoprirono inoltre che nel caso di atomi leggeri, i radionuclidi prodotti avevano un numero atomico inferiore di una o due unità rispetto al nucleo iniziale mentre nel caso di elementi più pesanti i nuovi elementi erano isotopi del nucleo bombardato. I risultati vennero interpretati in termini di reazioni nucleari (n, p) o (n,\alpha), ovvero in termini di altezza del potenziale elettrostatico che le particelle cariche (protoni o particelle \alpha) emesse dai nuclei bersaglio devono attraversare, essendo il potenziale elettrostatico minore per atomi leggeri rispetto agli atomi pesanti. I risultati del gruppo di Fermi fecero presto il giro del mondo, e il loro successo può essere riassunto per esempio con le parole di Lord Ernest Rutherford, eminenza dellepoca nel campo della fisica nucleare: Il FERMIAC inventato da Fermi « I suoi risultati sono di grande interesse e non dubito che in futuro saremo in grado di ottenere maggiori informazioni sul reale meccanismo di queste trasformazioni. Non è affatto certo che il processo sia così semplice come appare nelle osservazioni dei Joliot. Mi congratulo con lei per il successo della sua fuga dalla sfera della fisica teorica. Mi sembra proprio che lei abbia trovato un buon filone di ricerca per cominciare. Le può interessare sapere che anche il professor Dirac ha iniziato a fare alcuni esperimenti. Ciò sembra un buon augurio per il futuro della fisica teorica! Congratulazioni e i migliori auguri. [...] Continui ad inviarmi le sue pubblicazioni su questi argomenti. » Fermi e il suo gruppo proseguirono nella loro attività di bombardamento di tutti gli elementi della tavola periodica. Arrivati al numero 90 (torio) e al numero 92 (uranio), osservarono numerosi radionuclidi che erroneamente interpretarono come nuovi elementi. La loro scoperta venne confermata dai maggiori fisici dellepoca. I due nuovi elementi vennero denominati esperio e ausonio in onore di due antiche civiltà italiche. La scoperta, che nei piani di Fermi doveva rimanere segreta, venne invece subito resa pubblica da Corbino durante un discorso, dal titolo Risultati e prospettive della fisica moderna, tenuto di fronte allAccademia dei Lincei alla presenza del re Vittorio Emanuele III. Fermi era contrario a dichiarazioni sensazionalistiche ed era convinto che le spiegazioni da loro date fossero errate. Infatti ciò che il gruppo aveva scoperto non erano due nuovi elementi, ma si trattava della fissione delluranio, come fu suggerito dalla chimica tedesca Ida Noddack. Nella seconda metà del 1934, il gruppo decise di passare da uno studio qualitativo delle attività radioattive dei materiali ad uno quantitativo. Lo studio fu assegnato da Fermi ad Amaldi e a Bruno Pontecorvo che si era da poco unito al gruppo. Il primo obiettivo era quello di ottenere risultati ben riproducibili, ma i due si imbatterono in difficoltà enormi, dato che le proprietà dei vari metalli sembravano dipendere fortemente dai materiali su cui la sorgente di neutroni ed il campione irradiato venivano disposti. Per la mattina del 20 ottobre 1934 tutto era pronto per un esperimento sistematico per capire lorigine di questi strani fenomeni. Amaldi costruì il castelletto con pareti di piombo e ripeté le misure, collocando la sorgente e il campione dargento da irradiare secondo varie disposizioni geometriche. Lesperimento consisteva nel bombardare con neutroni un bersaglio costituito da un campione di argento inserendo tra la fonte ed il bersaglio un cuneo di piombo allo scopo di distinguere i neutroni assorbiti da quelli diffusi. In fisica, non sono rari i casi in cui scoperte e invenzioni sono il frutto del caso fortuito, sotto il quale si cela lintuizione, la creatività e lispirazione dellautore. Tra i tanti episodi di cui è costellata la storia della scienza uno dei meno noti, ma anche dei più eclatanti, avvenne proprio quella mattina del 20 ottobre 1934 e coinvolse Enrico Fermi durante le sue ricerche sulla radioattività artificiale indotta da neutroni. Fermi si trovava da solo nel laboratorio mentre i suoi collaboratori ed allievi erano impegnati in lezioni e sessioni desame. Impaziente ed irrequieto comera, decise di avviare subito le procedure previste ma un istante prima di iniziare ebbe unintuizione e sostituì il cuneo di piombo con un pezzo di paraffina. I risultati, e cioè linduzione di radioattività artificiale, furono straordinari, ben oltre ogni più rosea previsione, del tutto inaspettati e, al momento, incomprensibili. Fu chiaro in seguito che il successo dellesperimento si doveva proprio alla paraffina, sostanza ricca di idrogeno, cioè di protoni, che rallentavano i neutroni incidenti amplificando la loro efficacia nel determinare la radioattività artificiale. Lesperimento fu ripetuto, per conferma, sostituendo la paraffina con acqua, anchessa ricca di protoni, ottenendo gli stessi risultati clamorosi. Emilio Segrè ricorda « In principio io credetti che un contatore si fosse semplicemente guastato e desse indicazioni arbitrarie come ogni tanto accadeva, ma non ci volle molto per convincere ciascuno di noi che la radioattività straordinariamente forte di cui eravamo testimoni era reale e risultava dal filtraggio delle radiazione primaria da parte della paraffina. [...] Andammo a casa a colazione e per la solita siesta ancora sorpresi e confusi dalle osservazioni della mattinata. Quando tornammo Fermi aveva già formulato unipotesi per spiegare lazione della paraffina. » Fermi giustificò immediatamente il tutto nel seguente modo: alla base di tutto stava la definizione di neutroni lenti. Infatti i neutroni venivano rallentati in una serie di urti elastici con i protoni della paraffina aumentando così la loro efficacia nel provocare la radioattività artificiale. Fermi dimostrò come la probabilità di cattura dei neutroni e di produzione delle reazioni nucleari aumentasse con la diminuzione della velocità dei neutroni, cosa inaspettata per lepoca, visto che si credeva il contrario. Enrico Fermi vinse in seguito a questa scoperta il Premio Nobel per la fisica nel 1938. Ma perché allora utilizzò proprio paraffina e perché ebbe questa intuizione apparentemente bizzarra, non è ancora oggi chiaro. Neppure il grande scienziato seppe trovare una risposta e certamente la persona più sorpresa di quella modifica fu proprio lui. Così Subrahmanyan Chandrasekhar, il famoso fisico teorico di origine indiana, ricorda la conversazione che ebbe con Fermi a questo proposito: « Le racconterò come arrivai a fare la scoperta che credo sia la più importante della mia carriera. Stavamo lavorando molto intensamente sulla radioattività indotta dai neutroni e i risultati che stavamo ottenendo erano incomprensibili. Un giorno, appena arrivato in laboratorio, mi venne in testa che avrei dovuto esaminare leffetto prodotto da un pezzo di piombo piazzato davanti ai neutroni incidenti. E, contrariamente alle mie abitudini, misi un grande impegno a preparare un pezzo di piombo lavorato con grande precisione. Ero chiaramente insoddisfatto di qualcosa: cercai ogni scusa per tentare di rinviare la disposizione di quel pezzo di piombo al suo posto. Quando finalmente con grande riluttanza stavo per collocarlo, mi dissi: «No! Non voglio questo pezzo di piombo, ciò che voglio è un pezzo di paraffina!». Andò proprio così, senza nessuna premonizione e nessun precedente ragionamento conscio. Presi immediatamente un pezzo di paraffina che trovai sul momento a portata di mano e lo collocai dove avrebbe dovuto essere disposto il pezzo di piombo. » La sera stessa Fermi ed i suoi colleghi scrissero un breve articolo circa la scoperta per la rivista Ricerca Scientifica. Larticolo venne intitolato Azione di sostanze idrogenate sulla radioattività provocata da neutroni I, in cui gli autori avanzarono come possibile spiegazione: « I neutroni per urti multipli contro nuclei di idrogeno, perdono rapidamente la propria energia. È plausibile che la sezione durto neutrone-protone cresca al calare dellenergia e può quindi pensarsi che dopo alcuni urti i neutroni vengano a muoversi in modo analogo alle molecole diffondentesi in un gas, eventualmente riducendosi fino ad avere solo lenergia cinetica competente allagitazione termica. Si formerebbe così intorno alla sorgente qualcosa di simile a una soluzione di neutroni nellacqua o nella paraffina. » In seguito a tale scoperta, il gruppo riorganizzò le sue attività di ricerca decidendo di concentrarsi maggiormente sulleffetto dei neutroni lenti piuttosto che sullo studio dei radionuclidi prodotti. La prima ricerca fu di determinare quantitativamente il cosiddetto coefficiente di acquacità che determina di quanto, limmersione in acqua di una sorgente e dei campioni sotto esame, aumentasse la radioattività artificiale. Gli esperimenti mostrarono che alcuni elementi avevano una cattura neutronica maggiore di un ordine di grandezza fra 3 e 4 volte maggiore della cosiddetta sezione durto geometrica dei nuclei irradiati. Utilizzando la meccanica quantistica, Fermi riuscì a spiegare questo fenomeno, trovando una spiegazione per queste sezioni durto anomale e ricavando la legge generale della dipendenza dalla sezione durto di cattura dalla velocità dei neutroni incidenti, scoprendo così che, per velocità molto basse, la probabilità di cattura è inversamente proporzionale alla velocità. Corbino convinse Fermi e i suoi ragazzi a brevettare il processo di produzione di sostanze radioattive artificiali mediante bombardamento di neutroni e laumento dellefficienza del processo stesso dovuto alluso dei neutroni lenti. Tale brevetto porta la data del 26.10.1935 e fu determinante per il successivo sviluppo dellenergia atomica. Lattività del gruppo proseguì con la ricerca della comprensione del gran numero di attività indotte nel torio e nelluranio. Lipotesi su cui si basava la ricerca era che oltre al decadimento \beta ci fosse un secondo decadimento denominato \alpha, con unemissione di nuclei di elio. Amaldi venne incaricato da Fermi di procedere con gli esperimenti alla ricerca degli emettitori \alpha, ricerca che fallì, a parte per il caso delluranio. Nellestate del 1935, il gruppo cominciò a disperdersi. Rasetti si recò alla Columbia University. Segrè fu anchesso negli USA e, quando tornò in Italia, vinse la cattedra di fisica sperimentale a Palermo. DAgostino lasciò il gruppo per andare al neo-costituito Istituto di Chimica del CNR. Pontecorvo partì per Parigi per lavorare con i Joliot-Curie. Majorana infine sparì. Con le parole di Amaldi « responsabilità di ciò era la situazione politica generale dellItalia, dato che il paese si stava preparando alla guerra con lEtiopia. » Come reazione al pesante clima politico, i ritmi di lavoro divennero forsennati. Amaldi ricorda: « Iniziavamo alle otto di mattina ed effettuavamo misure praticamente senza interruzione fino alle sei o sette di sera, e spesso anche più tardi. Eseguivamo le misure secondo una tabella di marcia cronometrica, dato che avevamo studiato il tempo minimo necessario per compiere tutte le operazioni. Le ripetevamo ogni tre o quattro minuti per ore e ore, e per tutti i giorni necessari per giungere a una conclusione su ogni punto particolare. Una volta risolto un dato problema, ne attaccavamo subito un altro senza alcuna interruzione o incertezza. La fisica come soma era lespressione che utilizzavamo per parlare del nostro lavoro mentre la situazione generale in Italia si faceva sempre più cupa. » Verso la fine del 1936 la situazione politica in Italia deteriorò ulteriormente in seguito allAsse Roma-Berlino fra lItalia fascista di Mussolini e la Germania nazista di Hitler. Il colpo del KO al gruppo arrivò il 23 gennaio del 1937, quando Corbino morì improvvisamente di polmonite. Fermi ne era il naturale successore alla guida dellistituto di via Panisperna ma, attraverso manovre politiche, il professor Antonino Lo Surdo riuscì a prendere il posto del defunto Corbino. Il blocco di paraffina utilizzato da Fermi per il suo esperimento del 20 ottobre 1934, recante la sigla Regio Istituto di Fisica (RIF), è ancora oggi conservato nel museo del Dipartimento di Fisica dellUniversità La Sapienza di Roma. La fine del gruppo e la fuga verso gli Stati Uniti[modifica | modifica sorgente] La scoperta dei neutroni lenti consolidò definitivamente la fama del gruppo di Fermi a livello mondiale. Un ciclotrone di fine anni trenta. Il fascio azzurro è costituito da aria ionizzata da particelle accelerate Già nel 1935, il gruppo si era reso conto che le sorgenti al radon-berillio erano molto deboli e che solo un acceleratore di particelle le avrebbe rese più intense. Fermi, intuendone limportanza, voleva dotare il gruppo di una macchina di questo tipo. Nellestate del 1935, Rasetti fu inviato a visitare il laboratorio di Robert Millikan a Pasadena e il Radiation Laboratory a Berkeley al fine di studiare le prestazioni degli impianti realizzati presso quei laboratori nel caso si fosse deciso di costruirne uno in Italia. A Pasadena, Rasetti studiò un acceleratore ad alto voltaggio messo a punto da uno studente di Millikan, mentre a Berkeley studiò il ciclotrone inventato da Ernest Lawrence. La produzione di neutroni del ciclotrone era dellordine di 1010 neutroni al secondo, equivalente ai neutroni ottenibili con un chilogrammo di radon mescolato al berillio. Dopo un anno dalla visita di Rasetti, anche Segrè si recò a Berkeley e notò che il ciclotrone era stato nel frattempo enormemente migliorato. Tornato in Italia, abbandonò insieme a Fermi lidea di costruire un ciclotrone in Italia a causa del costo elevato. Nel novembre 1936, Fermi e Domenico Marotta, direttore dellIstituto di Sanità pubblica, presentarono la proposta per realizzare un acceleratore di tipo Cockcraft-Walton da 1MeV, che sarebbe stato realizzato, presso lIstituto di Sanità pubblica, solo alcuni mesi dopo la fuga di Fermi dallItalia fascista. Al fine di mantenere la posizione internazionale raggiunta, Fermi presentò il 29 gennaio 1937 una dettagliata proposta per la costituzione di un Istituto di radioattività nazionale: « Le ricerche sulla radioattività hanno avuto negli ultimi anni, presso tutte le nazioni civili, uno sviluppo eccezionalmente intenso e fecondo. Questo movimento non accenna in alcun modo a declinare, ma tende anzi a estendersi a nuovi e vasti campi non solo della fisica, ma anche della chimica e della biologia. LItalia ha avuto finora un ruolo preminente in queste ricerche [...]. Daltra parte la tecnica radioattiva ha potuto impiegare in gran parte come sorgenti primarie le sostanze radioattive naturali, così che i mezzi ordinari di un laboratorio fisico universitario hanno potuto, con limitati aiuti esterni, essere sufficienti allo sviluppo delle ricerche. Accanto alla tecnica delle sorgenti naturali si è andata sviluppando in tutti i grandi paesi esteri quella delle sorgenti artificiali. [...] Queste sorgenti hanno intensità migliaia di volte superiore a quelle partendo dalle sostanze naturali. È chiaro come queste circostanze rendano vano pensare a unefficace concorrenza con lestero, se anche in Italia non si trova il modo di organizzare le ricerche su un piano adeguato. » e continuava sottolineando che « Nel settore della fisica è stato appena iniziato uno studio di ricognizione delle proprietà di un centinaio di nuovi corpi radioattivi (per circa la metà scoperti in Italia). [...] Oltre a questo campo di ricerca sistematica, che da solo potrebbe occupare per parecchi anni lattività di vari ricercatori, vi sono ancora numerosissimi problemi insoluti relativi alla struttura nucleare e alle proprietà del neutrone, dal cui studio è naturale presumere una notevole messe di risultati. » Fermi non si limitava a sottolineare limportanza della ricerca di base, ma evidenziava anche le possibili ricadute pratiche: « Un altro importante campo di studi, per il quale si hanno già promettentissimi inizi, è lapplicazione di sostanze radioattive artificiali quali indicatori per lanalisi di reazioni chimiche. Non meno importanti si prospettano le applicazioni nel campo biologico e medico. Tale importanza è stata riconosciuta in vari paesi nei quali le ricerche sulla radioattività artificiale sono largamente sovvenzionate da istituzioni mediche. Alcune applicazioni riguardano le sostituzione delle sostanze radioattive a quelle naturali per gli usi terapeutici. » La richiesta finale da parte di Fermi era di 300.000 lire più 230.000 per le spese di personale e gestione. Nel 1937 lo stesso Fermi si recò a Berkeley per studiare il modo di costruire un ciclotrone economico, ma questa pianificazione non portò a nulla per il crescente isolamento politico e scientifico che Fermi cominciò a subire dopo la morte di Corbino e che si accentuò ulteriormente con limprovvisa morte di Guglielmo Marconi, che in quanto presidente del CNR e dellAccademia dItalia, era un influente e ascoltato protettore del gruppo. Nel maggio 1938, la proposta di Fermi venne definitivamente affossata con la giustificazione che non vi erano soldi a sufficienza. Venne solo concesso un contributo di 150.000 lire per lanno 1938-1939. Questa decisione segnò la fine del sogno di un ciclotrone italiano e la morte della fisica nucleare italiana, proprio alcuni mesi prima dellassegnazione del premio Nobel per la fisica.[senza fonte] In questo periodo maturò la decisione (anche in seguito ai continui viaggi effettuati verso gli USA) di lasciare lItalia per volare oltre oceano, dato che negli USA vi erano finanziamenti adeguati per la ricerca. Come ricorda Segrè: « Lo attiravano i laboratori attrezzati, gli abbondanti mezzi di ricerca, lentusiasmo che sentiva nella nuova generazione di fisici, laccoglienza cordiale degli americani. [...] Gli ideali americani, a differenza di quelli fascisti trovavano una profonda eco nellanimo di Fermi. Tutte le osservazioni e le considerazioni che ne seguivano lo preparavano spiritualmente ad emigrare, e quando alla fine si trasferì in America fu più lesecuzione di un piano a lungo meditato che una decisione improvvisa determinata dalle circostanze. » Fermi riceve il Nobel (Karl Sandels) Ad ogni modo la situazione europea, con lannessione dellAustria da parte della Germania nazista, cominciava a degenerare rapidamente. Nel luglio 1938 cominciò anche la campagna antisemita in Italia con la pubblicazione del manifesto della razza e le successive leggi razziali, per cui Fermi dovette rinunciare alla collaborazione di alcuni suoi assistenti. La stessa moglie di Fermi, Laura Capon (figlia dellammiraglio Augusto Capon), essendo ebrea, era soggetta alle persecuzioni razziali imposte dal regime, insieme ai loro figli. La moglie di Fermi ricorda nel libro Atomi in famiglia, che la coppia decise di lasciare lItalia in seguito allattuazione di codesta legge. Lo stesso Fermi era soggetto a controlli di ogni tipo. Il 10 novembre del 1938, il prof. Enrico Fermi ricevette, alletà di soli trentasette anni, lannuncio ufficiale del conferimento del premio Nobel. Lillustre scienziato italiano decise che, dopo la consegna del premio a Stoccolma, avrebbe fatto rotta con la famiglia verso gli Stati Uniti, dove la Columbia University di New York lo aveva invitato per una serie di lezioni. Edoardo Amaldi ricostruisce così latmosfera che precedette la proclamazione ufficiale dellassegnazione a Fermi del Nobel: « Nei giorni successivi allassegnazione del premio nobel a Fermi, parte della stampa si era limitata a dare la notizia in forma estremamente breve, parte era giunta ad esprimere un cauto compiacimento per il riconoscimento internazionale che aveva ricevuto il lavoro di Enrico Fermi svolto in ununiversità italiana, anzi in quella della capitale, e talvolta aveva cercato di fare risalire il merito al regime [...]. Ma al tempo stesso trapelava, qua e là, qualche preoccupazione per limperfezione razziale della famiglia Fermi, dellambiente dellistituto e della fisica italiana in generale, e per il sospetto che Stoccolma fosse per Fermi la prima tappa di un viaggio ben più lungo. » Un interessante racconto circa il clima intorno alla figura del famoso fisico romano ci viene da un controllo di routine fatto da un informatore del ministro dellInterno. In seguito alla cerimonia che la Magneti Marelli, società di cui Fermi era consulente scientifico, organizzò per festeggiare il neo premio Nobel, vennero invitate tutte le maggiori autorità cittadine della regione. Dal racconto dellinformatore: « Mi viene riferito che in occasione della cerimonia [...] per festeggiare laccademico Enrico Fermi, premio Nobel 1938 per la fisica, erano state invitate tutte le autorità cittadine. Da sua altezza reale il duca di Bergamo, al prefetto, segretario generale, membri e gerarchi fascisti, podestà, questore, ecc. Pare che allultimo momento, a eccezione del duca di Bergamo, nessuna delle citate autorità, e specialmente politiche, abbia voluto intervenire. Si dice che la causa sia dovuta al fatto che il festeggiato, ammogliato a unisraelita, avrebbe ripetutamente manifestato la sua disapprovazione verso la campagna anti ebraica, dichiarandosi invece ben felice di avere per compagna una giudea. » Il 6 dicembre 1938 Fermi partì con il treno per Stoccolma. Alla stazione Termini, la famiglia Fermi fu accompagnata da Rasetti e Amaldi, che riporta gli ultimi momenti con il maestro: « Io sapevo, anzi sapevamo, che quella sera si chiudeva definitivamente un periodo, brevissimo, della storia della cultura in Italia che avrebbe potuto estendersi e svilupparsi e forse avere uninfluenza più ampia sullambiente universitario e, con il passare degli anni, magari anche sullintero paese. Il nostro piccolo mondo era stato sconvolto, anzi quasi certamente distrutto, da forze e circostanze completamente estranee al nostro campo dazione. Un osservatore attento avrebbe potuto dirci che era stato ingenuo pensare di costruire un edificio sulle pendici di un vulcano che mostrava così chiari segni di crescente attività. Ma su quelle pendici eravamo nati e cresciuti, e avevamo sempre pensato che quello che facevamo fosse molto più durevole della fase politica che il paese stava attraversando. » Il 10 dicembre 1938 lAccademia delle scienze di Stoccolma conferisce il premio Nobel a Enrico Fermi « per le sue dimostrazioni dellesistenza di nuovi elementi radioattivi prodotti da irraggiamento neutronico, e per la scoperta delle reazioni nucleari causate dai neutroni lenti. » Il comportamento di Enrico Fermi durante la consegna del premio fece scalpore allinterno dellinformazione del regime fascista[7]. Come ricorda Amaldi: « Il fatto che Fermi invece di indossare luniforme fascista o quella dellaccademico dItalia portasse il frac e che invece di fare il saluto fascista stringesse la mano al sovrano svedese determinarono una vera ondata di indignazione. » Nei giorni successivi Otto Hahn e Fritz Strassmann rilevarono, in seguito al bombardamento delluranio con neutroni, la presenza di bario radioattivo, cioè di un elemento con numero atomico intermedio (simile alla scoperta del gruppo di Fermi degli elementi con numero atomico superiore denominati esperio e ausonio). I due scienziati tedeschi ipotizzarono per la prima volta la possibile fissione delluranio. Dopo aver ricevuto il premio Nobel, Fermi andò a Copenaghen da Bohr, per imbarcarsi il 24 dicembre 1938 sul transatlantico Franconia diretto a New York. Inizio delle ricerche statunitensi[modifica | modifica sorgente] Come detto in precedenza, Fermi rimase in un primo momento presso la Columbia University. Qui verificò gli esperimenti iniziali di Hahn e Strassmann sulla fissione nucleare, con laiuto di Dunning e Booth e cominciò la costruzione della prima pila nucleare Chicago Pile-1 (che raggiungerà la prima criticità il 2 dicembre 1942). In un discorso tenuto nel 1954, quando si pensionò da Presidente della Società Americana di Fisica, Fermi ricordò linizio del progetto: Il team dell’Università di Chicago « Ricordo vividamente il primo mese, il gennaio 1939, cominciai a lavorare ai laboratori Pupin e tutto quanto cominciò ad accadere molto velocemente. In quel periodo, Niels Bohr era stato chiamato per una serie di conferenze a Princeton e ricordo che un pomeriggio Willis Lamb tornò da una di esse davvero entusiasta e disse che Bohr si era lasciato sfuggire di bocca novità importantissime: la scoperta della fissione nucleare e a grandi linee la sua interpretazione del fenomeno. Poi, ancora più avanti lo stesso mese, ci fu un incontro a Washington dove fu valutata la possibile applicazione del fenomeno della fissione appena scoperto come arma nucleare. » Dopo la famosa lettera di Albert Einstein del 1939 (redatta da Leo Szilard) al Presidente Roosevelt nella quale, di fronte alla minaccia rappresentata dal regime nazista, veniva sottolineata la possibilità di realizzare una bomba atomica, la Marina stabilì un fondo di 6.000 dollari per la Columbia University, fondo che fu incrementato per il Progetto Manhattan e per il lavoro di Fermi. Oppenheimer, Fermi e Lawrence Dopo la resa della Germania, i dubbi degli scienziati impegnati nel Progetto Manhattan crebbero di intensità. A Chicago, nei giorni immediatamente successivi alla fine della guerra in Europa, Arthur Compton nominò un comitato per affrontare la questione delluso della bomba, formato da vari scienziati del Metallurgical Laboratory, fra i quali lo stesso Szilard, e presieduto da James Franck, un fisico tedesco di grande valore, immigrato negli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni antisemite dei nazisti. Allinizio di giugno del 1945 il rapporto finale, noto come Rapporto Franck anche se stilato in massima parte da Szilard, fu recapitato urgentemente al ministro della guerra Henry Stimson perché lo inoltrasse al presidente Truman. Nel rapporto si sconsigliava luso delle bombe atomiche contro il Giappone e si suggeriva una dimostrazione incruenta della nuova arma. Non essendo giunto alcun riscontro al Rapporto Franck, Szilard decise di scrivere una petizione al presidente Truman, e la fece circolare fra gli scienziati del Metallurgical Laboratory, raccogliendo 53 firme. Ne inviò poi alcune copie ai laboratori di Oak Ridge e di Los Alamos, con una lettera di accompagnamento in cui scriveva: «Per quanto limitata sia la possibilità che la nostra petizione possa influire sul corso degli eventi, io personalmente sento che sarebbe importante se un vasto numero di scienziati che hanno lavorato in questo campo si esprimesse pubblicamente con chiarezza e sicurezza sullopposizione per motivi morali alluso di queste bombe nellattuale fase della guerra», ma a Los Alamos la petizione di Szilard non venne fatta circolare. Inviata da Szilard attraverso i canali istituzionali, la petizione non raggiunse mai Truman perché «la questione delluso della bomba era stata già pienamente affrontata e risolta dalle autorità competenti». La decisione fu presa al massimo livello politico, ma Fermi e gli altri leader scientifici del Progetto Manhattan svolsero comunque un ruolo importante nel processo decisionale: due mesi prima, nel maggio del 1945, Truman aveva infatti creato unapposita commissione, nota come Interim Committee per affrontare la questione delleventuale uso della bomba atomica. LInterim Committee fu affiancato da una commissione scientifica composta da quattro scienziati di primo piano del Progetto Manhattan: Oppenheimer, Fermi, Lawrence e Compton, che avevano la responsabilità delicatissima di dare consigli tecnici sulluso dellarma nucleare contro il Giappone. I quattro scienziati ricevettero da Stimson il Rapporto Franck ma non lo trovarono convincente. Hiroshima dopo il bombardamento nucleare La raccomandazione di Fermi e degli altri leader del progetto convinse i membri dellInterim Committee che approvarono allunanimità i seguenti provvedimenti: 1) la bomba dovrà essere usata contro il Giappone al più presto; 2) dovrà essere usata su un doppio bersaglio, cioè su installazioni militari o impianti bellici circondati o adiacenti ad abitazioni; 3) dovrà essere usata senza preavviso sulla natura dellarma. Nel suo saluto allAPS, Fermi disse anche: « Bene, arriviamo a Pearl Harbor. A quel tempo lasciai la Columbia University, e dopo alcuni mesi di andirivieni fra Chicago e New York, mi stabilii a Chicago per continuare là il lavoro, e da allora in avanti, con rare eccezioni, il lavoro alla Columbia si concentrò sulla fase del progetto dellenergia atomica iniziato da Booth, Dunning e Urey intorno al 1940 inerente alla separazione degli isotopi. » Ritorno in Italia[modifica | modifica sorgente] Nellestate del 1949, Fermi tornò brevemente in Italia per partecipare ad una conferenza sui raggi cosmici che si tenne a Como ove ebbe modo di rivedere alcuni colleghi tra i quali Amaldi, Bernardini, Pontecorvo, Segrè. Dopo la conferenza, organizzate dallAccademia dei Lincei, Fermi tenne anche alcune lezioni a Roma e Milano[8]. Le lezioni, raccolte dagli assistenti delle due università, furono pubblicate nel 1950[9]. Fermi tornò nuovamente in Italia, per lultima volta, già gravemente malato, pochi mesi prima di morire, nel 1954 per tenere una lezione sui mesoni[10] a Varenna presso Villa Monastero, sul lago di Como. La stessa Villa è ora sede della Scuola internazionale di fisica, intitolata allo scienziato italiano. Fermi anticipatore dei suoi tempi[modifica | modifica sorgente] La targa della via di Roma intitolata allo scienziato Fermi fu un uomo estremamente brillante, dalla inusuale elasticità mentale e senso comune. Fu un teorico veramente dotato di talento, come dimostra la sua teoria sul decadimento beta. Ebbe lo stesso talento anche sul lavoro in laboratorio, procedendo velocemente e con un grande intuito. Sostenne che la sua velocità in laboratorio lo aveva portato al Nobel, dicendo che le stesse scoperte a cui lui era arrivato presto sarebbero state fatte da qualcun altro, e che lui ci era semplicemente arrivato prima. Nel 1933 propose il suo famoso studio sul decadimento beta alla prestigiosa rivista Nature, ma leditore della rivista lo respinse perché conteneva speculazioni che erano troppo distanti dalla realtà. Per questo, Fermi pubblicò la sua teoria in italiano e in tedesco.[11] Comprese immediatamente limportanza dei calcolatori elettronici.[7] Non dimenticò mai di essere un precursore dei suoi tempi, ed era solito dire ai suoi allievi preferiti: Non siate mai i primi, cercate di essere secondi. Il 29 novembre 1954 Fermi morì di tumore dello stomaco a Chicago e venne sepolto nel locale Oak Woods Cemetery. Aveva cinquantatré anni. Di lui Eugene Wigner scrisse: Dieci giorni prima che Fermi morisse mi disse: Spero che non duri molto. Si è riconciliato perfettamente col suo destino. Il prof. Edoardo Amaldi ebbe a dire durante la commemorazione tenuta a classi riunite il 12 marzo 1955 dallAccademia dei Lincei: « La sua opera scientifica è così poderosa e geniale, le conseguenze pratiche di alcuni dei suoi lavori sono così importanti e gravi che facilmente chi non abbia avuto la fortuna di conoscerlo è portato a farsi di lui unimmagine molto diversa dal vero. Solo i parenti e gli amici, solo coloro che lhanno conosciuto sanno che, se da un lato era difficile separare in Enrico Fermi i vari aspetti di scienziato, di ricercatore, di maestro e di uomo, poiché intimamente fusi tra loro, daltro canto la sua semplicità di gusti e di maniera di vivere, la sua calma serena di fronte ai problemi dalla vita, la sua mancanza di qualsiasi posa o stranezza di carattere furono qualità umane ancora più notevoli per il contrasto con le sue eccezionali qualità di scienziato. » Opere[modifica | modifica sorgente] Introduzione alla fisica atomica, Bologna, Zanichelli, 1928. Fisica. Ad uso dei licei, 2 volumi, Bologna, Zanichelli, 1929; 1937. Sui momenti magnetici dei nuclei atomici, Roma, Tip. Del Senato, G. Bardi, 1930. Sul calcolo degli spettri degli ioni, Roma, Tip. Del Senato, G. Bardi, 1930. Leffetto Raman nelle molecole e nei cristalli, Roma, Reale Accademia DItalia, 1932. Sulla Teoria delle strutture iperfini, con Emilio Segrè, Roma, Reale Accademia DItalia, 1933. Molecole e cristalli, Bologna, Zanichelli, 1934. Conferenze di fisica atomica. Raccolte da professori ed assistenti di fisica delle università di Roma e Milano, Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 1950. Particelle elementari, Torino, Einaudi, 1952; Boringhieri, 1963. Termodinamica, Torino, Boringhieri, 1958. Note e memorie I, Italia 1921-1938, Roma-Chicago, Accademia Nazionale dei Lincei-The University of Chicago press, 1962. II, United States 1939-1954, Roma-Chicago, Accademia Nazionale dei Lincei-The University of Chicago press, 1965. Atomi nuclei particelle. Scritti divulgativi ed espositivi, 1923-1952, Torino, Bollati Boringhieri, 2009. Alcune teorie fisiche. Caorso - Roma, 1919, Piacenza, Tipolito Farnese, 2011. [Contiene la riproduzione del taccuino ms. conservato presso la Biblioteca dellUniversità di Chicago] Allievi famosi di Enrico Fermi
Posted on: Tue, 29 Oct 2013 21:02:46 +0000

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