Tutti parlano di delocalizzazione, di come portare la produzione - TopicsExpress



          

Tutti parlano di delocalizzazione, di come portare la produzione all’estero, invece noi ce la siamo ritrovata dentro casa. Ci siamo ritrovati dei concorrenti che lavorano senza regole e mettono sul mercato dei prodotti, seppur scadenti, a prezzi irrisori. I sindacati non hanno mai fatto nulla, quando mi è stato possibile confrontarmi con loro ho detto: «Parlate tanto di tutela dell’operaio, ma non tutelate il suo datore di lavoro che non è lo sfruttatore, il padrone nelle piccole imprese. Per noi i dipendenti sono un patrimonio, conosciamo il loro nome e cognome, le loro storie, sono amici. Molti di noi quando non riescono a tirare avanti l’azienda e sanno di avere in mano la vita di tante altre persone che si sono fidate, sentono di tradirli». I sindacati non capiscono che siamo sulla stessa barca: i cinesi hanno portato via il lavoro all’imprenditore e di conseguenza al dipendente. Mi hanno risposto sempre che è un problema nazionale, che loro non possono fare nulla, fenomeno difficile da smantellare. Alle sette di sera a Prato si può vedere una città che comincia a lavorare, insegne tutte cinesi, dove lavorano, mangiano, vivono, non sembra di essere nel cuore della Toscana. Sono andata a fare un giro in queste fabbriche, mi sono spacciata per un buyer. C’è da dire che loro sono molto scettici, quando sono riuscita a convincerli mi hanno proposto maglie che vendevano a un euro e cinquanta centesimi, cappotti a otto euro, pantaloni a cinque, tutto con la targhetta Made in Italy. Questi prezzi non sono possibili, per noi che lavoriamo in Italia e rispettiamo le regole. Ho chiesto: «Mi fate la fattura?». Mi hanno risposto: «Come vuole». Allora ho domandato: «Se invece non la voglio, mi fate uno sconto?» Hanno ribattuto: «No, per noi è uguale». O noi siamo meno bravi e non riusciamo a lavorare correttamente o c’è qualcosa che non funziona. Infatti le loro attività hanno durata di un anno, poi cambiano nominativo perché in Italia se chiudi entro dodici mesi non sei soggetto a controlli. Loro conoscono le nostre leggi, meglio di noi. Ogni tanto la Guardia di Finanza fa qualche blitz, ma è solo fumo negli occhi. Io non ce l’ho con i cinesi, loro fanno quello che noi gli permettiamo di fare. Sicuramente fanno comodo ai poteri forti: le grandi firme si avvalgono della loro manodopera, le banche hanno il loro guadagno perché sono gli unici a portare soldi[2]. L’anno scorso la Banca d’Italia aveva calcolato che solo nel 2011 attraverso i transfer money erano andati in Cina oltre 500 milioni di euro. Volendo ci sarebbero molte cose da fare, chissà perché non vengono fatte? Queste sono le situazioni da smantellare, dobbiamo ritrovare il nostro orgoglio di essere italiani. Siamo qui che cerchiamo di fare le cose corrette, creiamo ricchezza e dobbiamo essere mortificati da un sistema che non ci rende giustizia; stiamo perdendo la nostra identità come Nazione.” [1] La Guardia di Finanza ha diffuso i dati sull’evasione 2012: 2192 evasori totali scoperti sui primi quattro mesi dell’anno, 853 denunciati per non aver presentato la dichiarazione, 530 per occultamento o distruzione della contabilità. I settori (percentuale sul totale) 25 percento commercio all’ingrosso e al dettaglio, 22 percento costruzioni edili, 11 percento attività manifatturiere, 5,7 percento attività professionali, scientifiche e tecniche, 5,5 percento alloggio e ristorazione. [2] Dal 2006 al 2010, conferma la Guardia di Finanza, sono stati trasferiti illecitamente in Cina 4,5 miliardi di euro. Un valore vicino a quello della Finanziaria 2011. ilsole24ore.it
Posted on: Tue, 12 Nov 2013 15:56:59 +0000

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