VALORI E FUTURO DELLA GELATERIA Si evidenziano nuove modalità di - TopicsExpress



          

VALORI E FUTURO DELLA GELATERIA Si evidenziano nuove modalità di offerta e di consumo, con presenze diffuse nei bar e nei locali misti, ma, soprattutto, con moltiplicazione dei punti vendita delle “Catene”: nel generico mondo del gelato, però, le gelaterie artigianali meritano di restare il punto di riferimento e di stimolo per la qualità, per la creatività, per il piacere e per la curiosità che premia la differenza. Pensando al dibattito che si è sviluppato nei recenti convegni promossi nel nostro settore o negli articoli comparsi sulle riviste specializzate, sento il bisogno di proporre un chiarimento, perché mi pare che si sia lasciato troppo spazio alla semplificazione che enfatizza il ruolo di modernità delle “Catene”, ipotizzando un prossimo requiem alla centralità delle gelaterie artigianali: è un dato di fatto che le gelaterie non possono limitarsi a proporre se stesse, il loro prodotto e la loro immagine come nei decenni passati, ma è altrettanto evidente che ormai possono esprimere una nuova proposta, ricca di richiami e suggestioni, che garantisce il successo del binomio tradizione – innovazione e di quello qualità – curiosità, che rappresentano la strada per la conquista del piacere. Questo scritto vuole essere soprattutto un chiarimento, riferito alle posizioni fuorvianti che hanno caratterizzato le strane e confuse letture in merito al gelato artigianale, alle catene, al cambiamento del mercato e alle modernità. C’è addirittura chi ha ritenuto giusto identificare gelaterie e gelato artigianale come “immobilismo”, dando invece la patente di modernità e innovazione alle catene e ciò è veramente inaccettabile. Ripartiamo da un sintetico quadro della situazione. Comunicazione, Marketing, Propositività, Integrazione Mentre finalmente in gelateria comincia ad esserci e a diffondersi l’attenzione alla comunicazione, alla cura dei particolari, alle studiate politiche di marketing, all’apertura verso altre proposte gastronomiche e di servizio, questi temi non possono essere considerati un terreno esclusivo delle catene e dei gruppi imprenditoriali – finanziari che le promuovono: spesso le varie tipologie di catene vengono erroneamente presentate come la vera innovazione e da questo presupposto nasce la impropria enfasi sul successo progettuale e mediatico (e talvolta di consenso di massa) delle numerose filiere che rischiano di coprire capillarmente il territorio, saturando gli spazi potenziali e residui che fino a ieri si ritenevano destinati a nuove gelaterie artigianali. Questa lettura evidenzia solo parzialmente i fenomeni in atto. Mi sia consentito esprimere disappunto per i titoli e le frequenti fotografie sui giornali, con insegne di Grom e code di gente in attesa: ciò dovrebbe servire a “comunicare” che finalmente è primavera e che si gustano i coni, come se proprio le catene fossero il simbolo e l’ombelico del mondo del gelato, che ne spiegano le tendenze, cosa assolutamente imprecisa ed esagerata. Evidentemente questa distorsione delle notizie fa emergere la insufficiente attenzione dedicata dagli operatori del gelato artigianale alla informazione, alla comunicazione, alla sensibilizzazione di tutti i cittadini per valorizzare i pregi e i valori del loro mitico prodotto. Sicuramente sulla comunicazione nei decenni passati le aziende operanti nel gelato artigianale hanno fatto poco, perché (che si trattasse di macchine, di arredi, di ingredienti composti, di coni o contenitori o accessori, nessuna esclusa) erano intente a raccogliere i risultati quantitativi dello sviluppo e della capillarizzazione: le stesse evoluzioni tecnologiche e i miglioramenti qualitativi e innovativi erano comunque al servizio dell’incremento dei consumi e non si curavano più di tanto di rinverdire il mito del gelato artigianale in tutti gli strati della popolazione. E’ poi successo che a furia di rincorrere il bersaglio grosso dell’aumento dei consumi, si è rischiato addirittura di dimenticare l’obiettivo di consolidare e far crescere il prestigio e la conoscenza del nostro prodotto. In generale le aziende del nostro settore – a cui aggiungiamo fiere, riviste, agenzie di formazione – hanno, in questi decenni, sottovalutato non solo la comunicazione ma anche l’analisi del mercato, delle sue potenzialità, dei suoi cambiamenti, delle sue criticità: le contraddizioni si sono inevitabilmente evidenziate e, di fronte al “vuoto” o al ritardo di proposte, altri soggetti, spesso di altri settori, hanno elaborato e portato avanti progetti diversi, ispirati anche ad altri parametri, come la ripetitività, la prevalenza dell’apparenza (anche “travestendola” da comunicazione), la serialità come fattore di business e ciò ha dato adito al ribaltamento di lettura con enfatizzazione della ipotetica modernità dell’”apparire” delle catene invece che della sostanza e dei valori delle gelaterie artigianali. I parametri vincenti per il futuro Unicità, qualità totale, creatività, territorialità (in funzione di piacere, gioia, convivialità, curiosità) sono scivolati nel retrobottega, quasi fossero aspetti secondari e poco “moderni”: sono invece, i parametri vincenti del gelato artigianale, che è ben “diverso” e ben “di più” rispetto alla generica consumazione fredda o gelata (anche se griffata). Proprio qui sta il problema da evidenziare e da enfatizzare, anche a livello mediatico, ma soprattutto nella pratica e nelle scelte quotidiane: il presente e il futuro del gelato artigianale si giocano su questi parametri qualificanti che coinvolgono l’attenzione e il piacere del cittadino consumatore, anche a livello di appeal dell’offerta, duttilità d’uso e di consumo, modernità di servizio e di abbinamenti. Lo svuotamento di questi contenuti, spesso ridotti dalle catene all’enfasi su esteriorità, propaganda, consenso demagogico, è minor cosa, sicuramente meno significativa, più superficiale, più di apparenza: anche se questa apparenza, come molte semplificazioni populiste, ha fatto breccia in molti giornalisti e in moltissimi consumatori, senza però che ciò significhi che “hanno ragione”. C’è una bella differenza fra attuale consenso sull’apparire e, invece, l’obiettivo di offrire qualità totale. Ma, naturalmente, occorre saper comunicare, comunicare, comunicare. Dal canto loro i gelatieri, pur manifestando una progressiva crescita professionale e una attenzione ai percorsi formativi (anche con aperture al marketing), non hanno ancora colto – salvo lodevoli eccezioni – i sempre più espliciti segnali di una crescita qualitativa e diversificata della domanda a cui era ed è necessario dare risposte pertinenti: di qualità, di novità, di informazioni, di sensibilità salutista ed ecologica, di curiosità nell’attraversamento trasversale dell’eno-gastronomia, di territorialità, di articolazione del servizio e delle modalità di offerta e di consumo, di creazione dell’atmosfera in tutti i suoi particolari… La falsa modernità delle catene Proprio in questi spazi coperti o non coperti solo episodicamente da alcuni gelatieri e imprenditori del settore sensibili e lungimiranti – si è consumata la moltiplicazione delle catene, trainata inizialmente dalla capacità e velocità di comunicazione e dal fortunato e fortunoso successo mediatico di Grom, ma comunque declinata in molteplici versioni: con produzione centralizzata e distribuzione della miscela da mantecare o del prodotto già finito ai vari negozi, con forniture di miscele liquide o semiliquide o in polvere già pronte da utilizzare in loco, con produzione sul posto attraverso ingredienti e ricette standardizzate, con essenziali ed elementari informazioni agli operatori e collaboratori locali per operare sul prodotto e sul cliente, con differenziate scelte gestionali (negozi propri, contratti di affitto e di fornitura pluriennale, con macchine e arredi in comodato o in leasing o in affitto…). Tutto già visto in altri settori, tutto già proposto anche nel settore del gelato nei decenni passati e, ora, solo riproposto con una riverniciatura di facciata e… con l’ossessivo predominio del marketing. Si pensi, si dica e si scriva quello che si vuole, ma tutte queste diverse opzioni sono “riduttive” rispetto al gelato artigianale, non ne possiedono le articolate caratteristiche qualificanti e limitano il piacere del consumatore e nel prossimo futuro verranno ricondotte a quello che sono in altri settori del food e del non food, cioè, per l’appunto, catene, niente altro che catene, che hanno diritto di esistere e di proporsi, ma chiarendo che le gelaterie artigianali sono un’altra cosa e offrono di più. Quasi sempre, comunque, nelle catene c’è attenzione nella scelta dell’ubicazione del locale, cura nell’arredo e nelle insegne, articolazione delle immagini, delle scritte, dei messaggi, della comunicazione e c’è scelta ragionata dell’offerta caratterizzante, del “particolare” su cui veicolare il passa-parola di tendenza: sono tutti aspetti che non possono essere sottovalutati, neppure dai gelatieri di consolidata esperienza. Assistiamo a un ribaltamento valoriale che ha collocato l’apparenza al vertice, inducendo anche il consumatore a “credersi competente” in base a messaggi mistificanti come la presunta maggior qualità del gelato dei tempi andati (quando Berta filava), la impropria mitizzazione di tecniche di lavorazione e di ingredienti in realtà non così caratterizzanti, l’ipotetica modernità (anche dei pozzetti, come se si proponesse la Topolino Amaranto per indicare presente e futuro dell’auto) in realtà con semplificazioni nostalgiche … ma, purtroppo, questo bombardamento di messaggi ha appiattito la comunicazione e ne è nata una omologazione di ciò che i media hanno scritto e trasmesso e di ciò che il consumatore non competente ha preso per buono, cedendo alla moda del momento, che poi non è per nulla moderna ma solo una espressione di conformismo conservatore. Qualcuno deve pur dire, invece, che il Re è nudo. Anche su ciò gli operatori del settore e i gelatieri dovrebbero ormai aver capito che questi sono, comunque, tutti fronti da presidiare, sapendo dare risposte “artigianalmente superiori”, che vuol dire valorizzare quella marcia in più della specificità e della personalizzazione, che ogni singola gelateria deve avere la capacità, il piacere, l’onere e l’onore di saper garantire. Pensando al futuro e al mercato che cambia Allarghiamo ora il campo visivo: nel generico e caotico mondo del gelato c’è un po’ di tutto, ma non tutto è uguale e indifferenziato e tanto meno ha lo stesso valore. E’ nota la capillarità di presenza dell’ice cream industriale nella fitta rete dei pubblici esercizi e grande è la penetrazione a livello domestico in virtù della presenza nei supermercati: si aggiunga che diversi tentativi, tipo Soleil Ferrero, testimoniano una volontà di inserimento ulteriore nel fine pasto e nei dessert e questi sono dati di fatto da tenere presenti, visto che nel “mondo del gelato” l’ice cream industriale è un colossale competitor, ma non va mai dimenticato che offre un prodotto totalmente serializzato, molto diverso dal nostro. Sul fronte di “qualcosa di gelato”, che rappresenta una seconda categoria della tripartizione del generico gelato, abbiamo e avremo sempre più l’estendersi di due fenomeni ormai inevitabili: la moltiplicazione dei locali affiliati alle diverse tipologie di catene, da una parte, e, dall’altra, la capillarizzazione della presenza delle molteplici interpretazioni di “qualcosa di gelato” nei bar, nei ristoranti, nei circoli, nelle palestre, negli spazi food e non food, nei locali etnici, in quelli salutisti. Piccoli mantecatori, macchine soft, granitori e sorbettiere potenziati, piccole vetrine ed espositori con spazi per variegature e abbinamenti… supporteranno l’offerta sempre più capillare per una consumazione d’impulso o di sosta, che abbinerà, anche nei bar e nei locali misti, fast e slow, freddo e caldo, contaminazioni con l’eno-gastronomia, facendo leva sulla grande duttilità, sulla semplicità di utilizzo e sulla ripetibilità e rapidità di elaborazione di quel “qualcosa di gelato”, che comunque può caratterizzare e rendere riconoscibile e appetibile una particolare proposta di consumo, non necessariamente di elevata qualità. Ne deriverà una moltiplicazione dell’offerta e una diversificazione ulteriore dei consumi: ovviamente non si può essere così pazzi da pensare a uno sviluppo “senza limiti”, ma, comunque, nel momento attuale ci sono spazi e tempi per assistere alla crescita di questi percorsi, peraltro inevitabili. Dobbiamo prendere atto che questa è già oggi la realtà concreta e sempre più diffusa ed è con questo mercato e con questi consumi diversificati che dobbiamo convivere. Già a questo punto appare evidente che in questo possente e veloce cambiamento è fondamentale “marcare la differenza” e rendere molto esplicito e attraente tutto ciò che qualifica il gelato artigianale. E’ chiaro che si procederà progressivamente alla occupazione e poi alla saturazione territoriale, perché è impossibile che i consumi possano crescere al ritmo della moltiplicazione dei locali e delle diverse possibilità di offerta: questo vale per l’ice-cream e per “qualcosa di gelato”, ma incide inevitabilmente anche sul terzo comparto del generico mondo del gelato, dopo l’ice cream industriale e dopo “qualcosa di gelato”, il gelato artigianale, quello che ci interessa di più. Lo stacco con gli altri due segmenti del generico gelato, con i quali conviviamo in Italia come in ogni altro Paese del mondo così come conviviamo con molteplici opzioni alternative del food, è lo stesso che riscontriamo fra i ristoranti e le trattorie di alto profilo, da una parte, e dall’altra le catene di carne argentina, di polli o hamburger americani o quant’altro, che sono tutti locali per altro frequentabili, ma senza la pretesa di credere che siano il massimo della qualità, della curiosità e del piacere: sono comunque opzioni diverse. Ciascun segmento convive con gli altri e ha i suoi utenti, i suoi consumi e le sue occasioni e modalità di fruizione, ma le differenze fra i segmenti non si appiattiscono, anzi, devono essere enfatizzate e valorizzate al massimo, perché la nostra differenza (e proprio essa) rappresenta un grande valore. Le gelaterie artigianali sono i gangli vitali delle reti territoriali Le gelaterie artigianali nella rete territoriale del gelato sono il vertice della piramide e svolgono il ruolo di punto di riferimento, di esempio e di traino per i percorsi di miglioramento qualitativo, di creatività nella proposta, di stimolo al passa- parola positivo: più garantiscono alta qualità delle materie prime, ingredienti composti di alto livello, freschezza e genuinità, ingredientistica pulita, riduzione degli additivi, legame con i prodotti e le tradizioni del territorio, dialettica fra tradizione e innovazione, apertura all’agro-alimentare e all’etnico, creatività nelle proposte e nel servizio … più conquistano la fiducia dei cittadini consumatori competenti, aumentano il prestigio del gelato artigianale, costringono anche le altre gelaterie e gli altri locali a migliorare la loro qualità e a crescere professionalmente, a dare di più, molto di più, rispetto a “qualcosa di gelato” e rispetto all’ice-cream industriale. Certo in Italia non c’è più molto spazio per la moltiplicazione di gelaterie di questo tipo: qualche centinaio ancora e l’intero territorio italiano avrà completato la rete di questi locali di primo livello, fermo restando che parecchie centinaia di gelaterie esistenti dovranno però rivedere la loro impostazione, adeguare arredi e attrezzature, rinnovare e completare la loro offerta e il loro servizio, sapendolo anche comunicare (se vogliono non solo sopravvivere, ma anche essere frequentate e ricercate dai cittadini consumatori). Soprattutto è esiguo lo spazio residuo per le gelaterie “pure”, di impulso e asporto, in alcune rare località turistiche o centri commerciali ancora sguarniti: ormai è opportuno pensare al rilancio delle cremerie, dei bar con segmenti dedicati, dei locali multifunzionali con articolate specializzazioni, così come è tempo di riprendere il ruolo “ambasciatoriale” dei carrettini che partono e ritornano dalla gelateria di riferimento, seminando nel territorio circostante, così come è tempo di sviluppare nella ristorazione una produzione curata di buon gelato sia come dessert, sia come gelato gastronomico per accompagnare tutte le portate del menù. Le nuove frontiere della gelateria E’ tempo di coniugare gusti di tradizione e gusti innovativi, gusti del territorio e proposte salutiste, stecchi, biscotti, monoporzioni, bocconcini, torte, tranci, semifreddi, coppe, piatti dessert, granite, mousse, budini, yogurt, creme gelate, contaminazioni enogastronomiche e ancora e ancora, sapendo scegliere bene le priorità e valorizzare l’elemento caratterizzante, coniugando caldo e freddo, dolce e salato, con locali di potente richiamo diversificato. E’ questo il futuro e a questo è necessario prepararsi, ribadendo però che il bandolo di tutto ciò è il gelato artigianale italiano, con le sue caratteristiche di unicità, qualità totale, creatività: tirando il bandolo crescono anche gli altri comparti. Sembra esagerato, ma ciò vale anche per gli altri Paesi del mondo, dove l’attuale fase espansiva tende a privilegiare “qualcosa di gelato” con quantità enormi di basi complete, di prodotti pronti, di attrezzature essenziali, spesso macchine soft e granitori e istruzioni facilitanti e velocizzanti: sono numeri importanti ed è giusto che le aziende italiane facciano di tutto per occupare tutti gli spazi possibili. Ma non possono limitarsi a questo, perché si svilupperebbe in modo ipertrofico una offerta bassa e medio-bassa, con confusione fra gelato artigianale e qualcosa di gelato (sotto la demagogica dizione: gelato italiano), e con possibile occupazione del mercato da parte di produttori e distributori improvvisati nei singoli Paesi, fornitori funzionali a gestori di simil-gelaterie un po’ pacchiane e con un prodotto di scarsa qualità e, quindi, con un futuro incerto. Per evitare questa ipotesi, che sarebbe involutiva, dobbiamo affermare quotidianamente e con determinazione i valori e le caratteristiche del gelato artigianale con le sue eccellenze, della gelateria con la sua specificità, del gelatiere con la sua professionalità: con questi riferimenti si riesce ad alzare complessivamente anche il livello delle altre offerte di gelato. Ovunque nel mondo possiamo e dobbiamo creare le condizioni per cercare e tirare il bandolo della matassa: i gangli essenziali della rete del gelato devono comunque essere belle gelaterie, capaci di offrire un gelato artigianale di alta qualità, una offerta diversificata, un buon servizio, in una giusta atmosfera che sappia trasmettere piacere, gioia, curiosità, convivialità, cioè tutto ciò che chiamiamo “l’atmosfera del gelato artigianale”. Insisto sul concetto che la qualità ha un prezzo Chiudo queste mie considerazioni lanciando nuovamente l’appello a differenziare il prezzo di vendita del gelato artigianale, anche fra i diversi gusti. Da anni lo propongo e ne sono tanto più convinto mano a mano che vedo i risultati positivi conquistati dalle diverse tipologie di locali che lo hanno adottato, dalle gastronomie, alle salumerie, alle panetterie… In primo luogo dobbiamo operare sui prezzi per differenziarci rispetto all’ice-cream industriale e a “qualcosa di gelato”, visto che offriamo una qualità più elevata, una gamma articolatissima e un servizio specializzato. Poi dobbiamo differenziare i prezzi rispetto a ciò che proponiamo, visto che un pistacchio puro di Bronte DOP ci costa tre volte di più del fiordilatte, e un nocciola tonda gentile delle Langhe IGP ci costa il doppio rispetto ad una ottimo gelato di frutta: per salvaguardare il nostro rispetto della qualità e il piacere di offrire il gusto “nobile” al cliente che ce lo richiede, è giusto che il prezzo sia commisurato al valore, altrimenti rischiamo di guardare in cagnesco chi ci chiede una vaschetta di pistacchio DOP. D’altro canto, a nessun cittadino consumatore verrebbe mai in mente che il prosciutto di Parma debba costare come la mortadella, senza nulla togliere alla qualità specifica di ciascuno dei due e alla libera scelta di chi li ordina. Una volta evidenziato nel cartello dei prezzi quali sono i gusti al prezzo X e quali al prezzo Y, l’eventuale cono o vaschetta a gusti misti avrà il prezzo intermedio fra X e Y, con buona pace di tutti, cioè senza cadere nell’immobilismo con la scusa che diventa difficile fare lo scontrino: ormai anche nelle panetterie dei piccoli paesi di montagna, si comprano 4 o 6 tipi di pane diverso e con prezzo diverso e lo scontrino è immediato. Questa scelta sarà utile per accrescere la propensione del gelatiere a proporre gelati artigianali di alta qualità, con ingredienti di alto livello: ancora una volta, chiedo ai gelatieri più competenti e sensibili di essere i primi a fare questa scelta e a tirare la volata agli altri.
Posted on: Sat, 17 Aug 2013 12:56:59 +0000

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