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VOGLIO PUBBLICARE QUESTI DUE ARTICOLI FATTI DA DUE GRANDI ATLETI E MAESTRI PER FAR COMPRENDERE A MOLTI QUALE DEVE ESSERE LO SPIRITO GIUSTO PER DEFINIRSI COMBATTENTI!! KICKBOXING MODERNA Facciamo un po’ di ordine. La kickboxing in tutte le sue declinazioni di specialità è uno sport moderno, ma rappresenta al tempo stesso una eccezione nel panorama degli sport moderni da combattimento. Se guardiamo al karate anni 60-70 ad esempio (Chick Norris 10 volte Campione del Mondo tanto per capirci…) l’evoluzione tecnica e tattica è impressionante. Prendete un incontro di karate di quei tempi e paragonatelo ad uno odierno e resterete allibiti dalla crescita tecnica. Nella boxe, che ha radici più antiche (come disciplina sportiva intendo) la cosa è ancora più evidente: volete mettere un match di Jack Dempsey o di Jack La Motta con un moderno Floyd Mayweather JR? Non credo proprio! Non c’è paragone dal punto di vista tecnico e tattico. Anche volendo prendere in considerazione la più recente e ridondante specialità di MMA, il famoso torneo UFC, volete paragonare i primi tornei di arti marziali miste degli anni 80-90, con i moderni fighters dell’UFC americano? Di nuovo non c’è paragone per completezza tecnica e ricerca tattica. Torniamo quindi alla kickboxing….mi dispiace notare che solo questa disciplina non riflette una crescita tecnica, bensì un impoverimento anche tattico. Dal “vecchio” Full Contact fatto (benissimo) da atleti plastici ed eleganti provenienti dal karate, dal kung-fu, dal taekwondo, si è passati lentamente dapprima alla Low Kick di chiara ispirazione alla Muay Thai ma senza ginocchiate e gomitate, fino al recente K1 rules, ancora più simile all’arte marziale tailandese tanto da confondersi con essa sul piano della regolamentazione e della preparazione fisica e tecnica. Il tutto ha provocato un lento ma inesorabile allontanamento dalle tecniche di calcio spettacolari in favore di una efficacia contusiva e distruttiva, ed anche di quella eleganza e pulizia pugilistica mortificata dall’esigenza di sfuggire al clinch ed alle micidiali ginocchiate. Insomma una regressione tecnico tattica in fondo dovuta ed obbligata dalla scelta di match duri e rapidi svolti da atleti poco propensi a dare spettacolo e mostra di doti tecniche quanto piuttosto impegnati nella ricerca del knock-out rapido e provvidenziale. Questo ha avuto come conseguenza paradossale un incremento degli iscritti ai corsi di kickboxing. Notoriamente gli esseri umani si cimentano facilmente in qualcosa dove ritengono di poter riuscire senza eccessivi sforzi o studi. Il K1 rules è più facile. Si può calciare basso, non è necessario possedere enormi doti di mobilità e di elasticità. Non è richiesta una tecnica sopraffina, basta picchiare duro e non avere grande paura di farsi male. Così mentre altri sport ritenuti storicamente “duri” per non dire “violenti” (termine abusato dai media e dalla gente poco colta sportivamente parlando) come la boxe, abbassano il loro livello di drammaticità con protezioni e regolamenti sempre più rivolti alla tutela dell’atleta e alla spettacolarizzazione della fase tecnica e della tattica, ecco che la kicboxing va in direzione opposta, togliendo quante più protezioni possibili, accorciando il numero delle riprese (suggerendo così che gli atleti debbano spicciarsi a concludere se vogliono vincere) e allungando il tempo dei rounds (alimentando così la stanchezza e gli inevitabili errori). Basti pensare che alle ultime olimpiadi il torneo di boxe, svolto in 244 incontri, non ha registrato alcuna interruzione degli incontri per intervento medico! Uno sport violentissimo!!! Probabilmente i pugili olimpionici si sono fatti più male in allenamento che al torneo olimpico…. Recentemente o avuto modo di verificare in allenamento le potenzialità atletiche generali di alcuni importanti atleti italiani di kickboxing dediti più che altro alla muay thai ed al K1 ed ho notato l’assenza assoluta di riguardo verso l’elasticità e l’allungamento muscolare, riguardo la coordinazione ad ampio raggio e all’equilibrio. Questi atleti, pure fortissimi e meritevoli di tutto il mio rispetto ed ammirazione, soffrono di un bagaglio atletico generale medio se non addirittura basso. Sono l’esempio di una specializzazione estrema, che fa di loro solo combattenti e non atleti. Gran parte del loro talento e dei loro risultati nasce e purtroppo finisce nella loro testa, nelle loro capacità motivazionali e nella loro determinazione al successo. Mi chiedo cosa potrebbero fare se si dedicassero anche al miglioramento della loro condizione fisica, e di conseguenza al miglioramento e all’ampliamento del loro bagaglio tecnico tattico. Sicuramente molto di più Sostengo con convinzione che un conto è saper fare molte cose e bene, e decidere per convenienza o scelta tattica del momento, di usarne solo alcune per assicurarsi la vittoria; ben altra faccenda è avere nel proprio bagaglio solo alcune solide ottime basi e doverle sfruttare ogni volta al meglio perchè non si conoscono alternative. Anche dal punto di vista dell’insegnamento e quindi del businnes legato alla kickboxing, questo lento e implacabile cambiamento sta dando i suoi frutti. Insegnare ad un atleta a bloccare piuttosto che schivare è più facile. Tanto le botte le prende lui. Insegnare ad un atleta a tirare calci bassi e potenti è più facile che mostrargli numerosi e diversi mirabolanti calci alti e/o dalle traiettorie diverse. Perché li devi poi anche saper fare, e quindi poterglieli mostrare e correggere. Ti devi mettere in gioco. Infilare i calzoncini e sudare con loro. Allenarti e tenerti in forma. È molto più semplice restare in tuta a dare comandi semplici e verbali. Se l’avversario è più veloce tu sii più potente. Se è più potente tu sii più veloce. Rispondi colpo su colpo. È semplice. Non richiede grandi strategie tattiche né grandi conoscenze tecniche: diretti, ganci, montanti, low kicks, ginocchiate e frontali….6 tecniche in tutto e il gioco è fatto! È più facile allenare atleti facendo fare praticamente solo sparring, prima o poi per forza di cosa o smettono o imparano qualcosa. Ma allora il maestro a che serve? Ecco che grandi maestri generano grandi combattenti. È facile in fondo. Basta trovare qualche ragazzetto determinato e convinto. Che non ha paura di farsi male e magari ha qualcosa di irrisolto dentro di sé da sfogare sul ring. Poi questo atleta va avanti, fa carriera, cresce e diventa un uomo. Comincia a chiedersi cosa sa fare realmente. Cosa ha imparato da questo sport, cosa lo rende speciale e diverso da un ragazzo qualunque che non fa kickboxing. E la risposta è una sola: quello che ha dentro. Le sue motivazioni a combattere. Ma per il resto…tecnica poca, doti fisiche nella media, qualità atletiche scarse se non ridotte specialisticamente al combattimento. Personalmente ricordo che anni fa mi allenavo molto, mi è sempre piaciuto sudare e faticare. Almeno 40 minuti di “riscaldamento”, ginnastica, mobilità articolare e stretching, per pter finalmente sentirmi caldo e pronto a dare il meglio. Peccato che ormai fossi stanco dopo tutto quel pre-workout. Così cominciai a pensare: ma io faccio kickboxing e ho bisogno di tutto questo tempo per tirare 2 calci? C’è qualcosa che non va…. Iniziai a pensare che tutto questo “riscaldamento” non era necessario. O meglio che doveva essere ottimizzato e ristretto. Che in ogni situazione io dovevo restare un atleta. A cosa serviva allenarsi tanto se poi in condizioni normali, da uno standard di riposo ero uguale ad un altro se non addirittura inferiore per paura di farmi male o perché stanco da infiniti ed estenuanti allenamenti? Capii che la kickboxing va in una direzione opposta alla mia idea di atleta. Eppure ho avuto il piacere e l’onore di allenare ragazzi poi divenuti Campioni, che non avevano enormi potenziali di base. Abbiamo lavorato su ciò che avevano di buono. E coltivato anche ciò che non sapevano di possedere. Abbiamo sudato sulle loro qualità quanto sui loro difetti. E ciò unito alle loro personali motivazioni ed al loro carattere forte, li ha resi vincenti. Ma ho sempre insistito con loro perché guardassero oltre. Che vedessero la tecnica e l’eleganza del gesto prima che la vittoria. E quando è stato necessario mettere da parte la forma per ottenere il risultato è stato anche fatto. Ma con rammarico per non essere riusciti a vincere dando qualcosa di più bello da vedere. Questo ritengo sia lo spirito sportivo. Non la conquista di un podio o di una medaglia o di un titolo di Campione. Che in Italia di sport non si campa, a meno che non si tratti di un calciatore di successo. E allora è meglio lavorare per diventare persone migliori, anche in senso sportivo, come atleti, o cultori di un’arte e perché no, un giorno maestri. Ecco ho fatto un po’ di ordine tra i miei pensieri. E forse anche tra quelli di qualcuno che legge. Magari qualche maestro o qualche atleta di sentirà offeso, e di questo mi dispiace e chiedo scusa. Non è mia intenzione offendere nessuno nel suo lavoro o nei suoi sforzi. Ma sono convinto che questa sia la realtà attuale e non ho paura di dichiararlo apertamente e pubblicamente. La kickboxing è cambiata, e non in meglio. L’ingresso sulla scena di pseudo-maestri e promoter vari ha portato linfa nelle casse, ha portato la ribalta delle luci e del clamore dei media. Ma la kickboxing è uno sport. Solo conseguentemente un businnes. E lo sport in tutto questo ha perso qualcosa. M° LUCIO PEDANA
Posted on: Fri, 22 Nov 2013 10:34:54 +0000

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