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da 1 poeta ad un altro da 1 paese ad un altro Fabrizio De Andrè - Fabrizio De André (Indiano) (1981) 1) Quello che non ho - 00:00 2) Canto del servo pastore - 05:30 3) Fiume Sand Creek - 09:06 4) Ave Maria - 14:40 5) Hotel Supramonte - 20:10 6) Franziska - 24:46 7) Se ti tagliassero a pezzetti - 30:14 8) Verdi pascoli - 35:14 Personnel Fabrizio De André - Acoustic guitar in Franziska and Hotel Supramonte, vocals Gabriele Melotti - Drum kit Pier Michelatti - Bass guitar Tony Soranno - Acoustic and electric guitars Mark Harris - Keyboards Aldo Banfi - Synthesizer Pietro Pellegrini - Oberheim Maurizio Preti - Percussions Andy J. Forest - Harmonica in Quello che non ho Bruno Crovetto - Acoustic bass guitar in Franziska and Hotel Supramonte Paolo Donnarumma - Acoustic bass guitar in Canto del servo pastore Massimo Luca - Acoustic guitar in Franziska Claudio Bazzari - Electric guitar in Se ti tagliassero a pezzetti and Canto del servo pastore Sergio Almangano - Violin in Hotel Supramonte Cristiano De André - Violin and hoopoes verse in Fiume Sand Creek Dori Ghezzi, Mara Pacini, Massimo Bubola, Mark Harris, Oscar Prudente and Fabrizio De André - Choirs Side A Quello che non ho – 5:51 Canto del servo pastore – 3:13 Fiume Sand Creek – 5:37 Ave Maria – 5:30 Side B Hotel Supramonte – 4:32 Franziska – 5:30 Se ti tagliassero a pezzetti – 5:00 Verdi pascoli – 5:18 Fabrizio De André (Lindiano) Studio album by Fabrizio De André Released July 21, 1981 Genre Blues, pop Length 40 min 02 s Label Ricordi Producer Mark Harris, Oscar Prudente Professional ratings Allmusic 4.5/5 stars Fabrizio De André is an album released by Italian singer-songwriter Fabrizio De André, released in 1981. The songs were written by Fabrizio De André and Massimo Bubola. It is better known as LIndiano (The Indian) due to the picture of a Native American on the cover. The picture is a Frederic Remingtons painting named The Outlier. Overview The album is a comparison of two peoples, Sardinians and Native Americans. Fiume Sand Creek (Sand Creek river) refers to the Sand Creek massacre in 1864. Hotel Supramonte refers to the kidnapping of De André and Dori Ghezzi in 1979 in the Supramonte area of Sardinia. Musicisti Gabriele Melotti - batteria Pier Michelatti - basso elettrico Tony Soranno - chitarra acustica ed elettrica Mark Harris - tastiere Aldo Banfi - programmazione sintetizzatori Pietro Pellegrini - programmazione Oberheim Maurizio Preti - percussioni Andy J. Forest - armonica in Quello che non ho Bruno Crovetto - basso acustico in Franziska e Hotel Supramonte Paolo Donnarumma - basso elettrico in Canto del servo pastore Massimo Luca - chitarra acustica in Franziska Claudio Bazzari - chitarra elettrica in Se ti tagliassero a pezzetti e Canto del servo pastore Fabrizio De André - chitarra acustica in Franziska e Hotel Supramonte Sergio Almangano - violino in Hotel Supramonte Cristiano De André - violino pizzicato e verso dellupupa[13] in Fiume Sand Creek Dori Ghezzi, Mara Pacini, Massimo Bubola, Mark Harris, Oscar Prudente e Fabrizio De André - cori Testi e musiche di Fabrizio De André e Massimo Bubola, tranne dove diversamente indicato Lato A Quello che non ho – 5:51 Canto del servo pastore – 3:13 Fiume Sand Creek – 5:37 Ave Maria (rielaborazione di un canto popolare sardo; adattamento di Fabrizio De André/Albino Puddu) – 5:30 Lato B Hotel Supramonte – 4:32 Franziska – 5:30 Se ti tagliassero a pezzetti – 5:00 Verdi pascoli – 5:18 Fabrizio De André Artista Fabrizio De André Tipo album Studio Pubblicazione 21 luglio 1981 Durata 40 min : 02 s Dischi 1 Tracce 8 Genere Blues, Musica dautore, Folk rock, Blues rock Etichetta Dischi Ricordi SMRL 6281; Metronome 0065.025 (stampa tedesca) Arrangiamenti Mark Harris, Oscar Prudente Registrazione Registrato e mixato tra giugno e luglio 1981 agli Stone Castle Studios di Carimate « Passerà questa pioggia sottile come passa il dolore » (Hotel Supramonte) Fabrizio De André è il decimo album in studio dellomonimo cantautore genovese, meglio conosciuto come Lindiano a motivo della copertina dove compare limmagine di un nativo americano a cavallo. Si tratta di unopera dellartista statunitense Frederic Remington (1861 - 1909), The Outlier, del 1909. Lalbum è stato inciso nel 1981 ed è stato scritto in collaborazione con Massimo Bubola, con cui De André aveva già collaborato per lalbum precedente, Rimini; come in Rimini, laccordo tra i due cantautori prevedeva che le canzoni presenti nellalbum avessero la firma di entrambi, pur essendo in realtà il contributo alla scrittura non sempre identico per i due autori (fa eccezione Ave Maria, che è un canto tradizionale sardo già noto nellincisione di Maria Carta). Lalbum è stato pubblicato, nello stesso anno, in Germania Ovest dalla Metronome. Tra i coristi che hanno preso parte alla registrazione del disco vi è Mara Pacini, cantante beat nota negli anni sessanta come Brunetta. Il disco Il tema dellalbum è il confronto tra due popoli per certi versi affini e per certi altri molto diversi, il popolo dei sardi e quello dei pellerossa, entrambi chiusi nei loro mondi. Le canzoni Quello che non ho Il primo brano, dotato di un ritmo che richiama il blues, mette in evidenza le differenze tra i popoli autoctoni e quelli che rappresentano gli oppressori, rappresentate dalle cose che non si hanno (quello che i popoli oppressi, a differenza degli oppressori, non hanno). Introdotto da spari e urla registrati durante una caccia al cinghiale in Gallura (come riportato nelle note sul retro di copertina), il pezzo è scandito dallo shuffle di una chitarra elettrica e accompagnato dallarmonica a bocca; nella parte finale entrano anche le tastiere di Mark Harris. Nel 2000 il varesino Kaso ha riproposto il brano in chiave rap nel disco Preso Giallo, riprendendo alcune rime dalla canzone di De André. Nel 2012 il gruppo rock Litfiba ha riproposto il brano in chiave rock in occasione dellomonima trasmissione Quello che (non) ho di Fabio Fazio e Roberto Saviano. Il canto del servo pastore Nel brano la natura viene cantata in prima persona da un servo pastore, uomo semplice che non conosce neanche il proprio nome e le proprie origini, ma, vivendo separato dalla comunità umana e immerso nellambiente incontaminato, possiede una grande sensibilità per la realtà che lo circonda tanto da fondersi con essa («Mio padre un falco, mia madre un pagliaio»). La canzone è ambientata nelle lande dellentroterra sardo; il cisto e il rosmarino, le sughere, le fonti e i rivi contribuiscono a delineare il paesaggio come spesse pennellate di colore. Fiume Sand Creek Nella terza canzone De André paragona i sardi agli indiani che fanno la loro comparsa in Fiume Sand Creek, che ha per tema un reale massacro di pellerossa, avvenuto il 29 novembre 1864, quando alcune truppe della milizia del Colorado, comandate dal colonnello John Chivington, attaccarono un villaggio di Cheyenne e Arapaho, massacrando molte donne e bambini; lepisodio è raccontato attraverso il linguaggio innocente e forse un po surreale di un bambino vittima dellavvenimento. « Sognai talmente forte che mi uscì il sangue dal naso il lampo in un orecchio e nellaltro il paradiso » (Fiume Sand Creek) Lo stesso De André ha dichiarato di aver tratto i maggiori spunti per il brano da Memorie di un guerriero Cheyenne[6], libro/intervista che raccoglie le memorie del guerriero Cheyenne Gambe di Legno. Rispetto allepisodio storico, De André e Bubola cambiano il grado e letà del quarantenne colonnello Chivington, che diventa un generale di ventanni. Il pezzo termina, in terza persona, nel modo più doloroso possibile: « Ora i bambini dormono sul fondo del Sand Creek » Nel 2000 Luciano Ligabue interpreta il brano nel concerto omaggio Faber, amico fragile. Il brano sarà successivamente inciso nel doppio cd contenente le registrazioni dellevento. Nel 2007 Shel Shapiro ha inciso nel suo album Storie, sogni e rocknroll una traduzione in inglese di questa canzone, intitolata River Sand Creek; il testo inglese, opera dello stesso Shapiro, è il frutto di una serie di traduzioni che lex leader dei Rokes ha realizzato per un progetto di Patti Smith legato alla sua incisione di canzoni italiane. Ave Maria Lattenzione torna sul popolo sardo con Ave Maria (da non confondersi con la canzone dallo stesso titolo ma del 1970, contenuta nellalbum La buona novella), cantata da Mark Harris per la voce alta e potente, in lingua sarda. De André interviene solo come seconda voce nei cori. È un canto tradizionale sardo ispirato alla Ave Maria precomposto - in italiano - dal gesuita Innocenzo Innocenti (1624-1697) come strumento adatto alla catechesi tra i ceti popolari. Successivamente è stato tradotto in sardo e ne esistono varie versioni. Il brano di De André riprende, piuttosto fedelmente, tre di queste ultime. Hotel Supramonte Si tratta di un adattamento della canzone di Massimo Bubola Hotel Miramonti (scritta ad Alleghe allHotel Miralago, di cui era ospite); la versione originale viene a volte riproposta live dal cantautore veronese. Il brano parla del sequestro subìto da De André con la moglie Dori Ghezzi nellagosto del 1979 per mano dellAnonima sequestri. Il titolo è dato dal Supramonte, catena montuosa dellentroterra sardo, nascondiglio dei più famosi latitanti dellisola , inteso come una sorta di albergo in cui far soggiornare gli ospiti. Dal punto di vista musicale il pezzo è il più intimo dellalbum: la strumentazione usata è perlopiù acustica (chitarra, basso, violino), con un leggero tappeto darchi elettronici. In occasione del concerto in memoria di De André, Roberto Vecchioni ha interpretato una sua versione che poi sarà incisa, nel 2003, nellalbum Faber, amico fragile. Vecchioni inciderà nuovamente la canzone nel 2011 nel CD Chiamami ancora amore. Franziska Riguardo a questa canzone, De André affermò di essersi ispirato ai racconti dei suoi rapitori. Vi si narra la difficile storia vissuta da una giovane e dal suo uomo, un bandito che si è dato alla macchia. La vicenda è ancora una volta ambientata nella dura realtà sarda. La ragazza è costretta quasi alla clausura per la gelosia del fidanzato (i suoi occhi come due cani) e, al contempo, è costretta alla solitudine perché lui è latitante. Il suo dolore si acuisce quando vede anche lultima delle sue sorelle sposarsi. Daltra parte, nemmeno il bandito ha unesistenza serena, costretto a spostarsi di continuo, sempre lontano dalla sua amata: la notte, solo il rosario di lei gli fa compagnia, attorcigliato al suo fucile. Se ti tagliassero a pezzetti Se ti tagliassero a pezzetti una canzone damore e insieme un inno alla libertà. Quando veniva cantata dal vivo, il verso signora libertà, signorina fantasia veniva spesso modificato in signora libertà, signorina anarchia, così come il verso il polline di dio, di dio il sorriso veniva spesso modificato in il polline di un dio, di un dio il sorriso. La paternità della canzone è di Bubola, per quanto probabilmente il testo sia stato integrato e sicuramente reso proprio da De André. Verdi pascoli Questa canzone parla del paradiso secondo gli Indiani dAmerica, che viene descritto da De André con molta libertà e fantasia. Review by Mariano Prunes (ALLMUSIC) For his 1981 eponymous release, Fabrizio De André picks up where his last album, Rimini, left off. Pursuing the fruitful collaboration with Massimo Bubola, with whom De André co-wrote the totality of the material, this album extends the country & western musical and thematic references introduced in Rimini into a full-blown analogy between two oppressed communities, the Native American Indians and that of the Sardinians. In fact, the record is usually referred to as Indiano, since its cover features a Frederic Remington painting of a Sioux hunter on a horse. In addition, the key track, Fiume Sand Creek, depicted through the eyes of an Indian child, tells of the harrowing massacre of his tribe at the hands of the U.S. Cavalry. Based on an actual historical event, this song became a De André concert staple. De André moved to Sardinia in the mid-70s and was profoundly impressed by the history and landscape of the island. Appropriately, many of the songs in this album tell stories of people chased from their own lands and forced to seek shelter in the hills. Community disintegration left them with very few options available: shepherding, banditism, a nomadic existence full of deprivation and loneliness. However, De André often adds a noble, if not definitely romantic, quality to his characters in associating them with nature and independence. By virtue of being pretty much forgotten by country, society, and its institutions, left alone in the wilderness, these individuals are thus able to attain true freedom, albeit in isolation. A sort of pastoral-by-force album, Indiano contains a few of the most truly beautiful, delicate, and strangely uplifting songs in his canon, such as Canto del Servo Pastore and Se Ti Tagliassero a Pezzetti. At any rate, its centerpiece is undoubtedly Hotel Supramonte, inspired by the most traumatic event of De Andrés life. In 1979, he and his companion, singer Dori Ghezzi, were kidnapped by Sardinian bandits and held captive for four months until a ransom was arranged. Hotel Supramonte is the euphemism used to refer to the hideouts in the mountains where victims of kidnapping (a sad and long-lasting business in Sardinia) are kept. Surprisingly, De André only gives away the subject matter of his song in its title. Indeed, rather than a chronicle, Hotel Supramonte reads as a love song to someone who is absent and whose return is uncertain. Set to the most sparse arrangement of the album, Hotel Supramonte refuses to cave in to the feelings of anger, bitterness, or fear that such a dramatic experience may evoke, and chooses instead understanding and compassion, a sense of desolate tenderness that becomes all the more touching with every listen. Another exceptional De André album, Indiano is also noteworthy for being the last traditionalsinger/songwriter album he would make. Starting with 1984s groundbreaking Creuza de Mä, for the remaining 15 years of his career De André would embark on an ethnic musicologist research voyage and record very sporadically. [Ricordi reissued the album as an import in 2002.] Recensione di Morfeo (DeBaser) (5 stars) Cerano queste cassette, che mio babbo metteva sempre quando mi portavano ai funghi. Una parlava di nani e oculisti, mentre laltra aveva uno strano pellerossa con la faccia di pietra in copertina, e parlava di massacri indiani e donne fatte a pezzetti. Odiavo andare per funghi, odiavo alzarmi presto e odiavo tutta quella strada piena di curve che inevitabilmente mi faceva star male di stomaco. Però la musica che sputava lautoradio mi piaceva, anche se ne allora ne capivo ben poco, e pazienza se durante il lungo tragitto la cassetta ripartiva infinite volte, a me andava bene continuare ad ascoltarla guardando fuori dal finestrino per ore e ore. Quellalbum con il pellerossa dalla faccia di pietra era Fabrizio de André, ma per tutti è LIndiano. LIndiano, registrato nel 1981 e che vede di nuovo la collaborazione di Massimo Bubola (probabilmente questo album è il prodotto più felice della collaborazione dei due cantautori), nasce dallidea di de André di creare un parallelo tra la storia dei pellerossa e quella dei sardi. Due popoli fieri, chiusi, trovatisi improvvisamente a contatto con genti diverse che, in maniere differenti, li hanno assoggettati. Data questa premessa ogni canzone del disco può avere una doppia chiave di lettura, a partire dalla prima traccia, Quello che non ho, un pezzo blueseggiante che può avere come protagonista tanto il cantautore genovese quanto lindigeno sardo, il cui stile di vita ed i cui bisogni si contrappongono a quelli dei ricchi forestieri che invadono lisola con le loro ville, le Ferrari, e i motoscafi. Già alla seconda traccia ci si rende conto che il ritmo di quel pezzo era nientaltro che un inganno, la musica diventa dolce e il sodalizio tra de André e Bubola mostra i suoi frutti maturi con una lirica a dir poco struggente. È il Canto del Servo Pastore. Qui la contrapposizione tra i due mondi diviene implicita: a parlare è un pastore a cui nessuno ha mai nemmeno imparato il nome ma che nondimeno mostra una sensibilità straordinaria nei confronti di tutto ciò che lo circonda, ammantandolo di poesia. Nonostante questo, però, rimane sempre un servo. Il terzo pezzo è probabilmente il più famoso dellalbum, Fiume Sand Creek. I sardi vengono messi da parte per cantare di un vero massacro di indiani, avvenuto nel 1864 ad opera del colonnello Chivington, e visto con gli occhi innocenti di un bambino. La prima metà dellalbum si chiude con un canto tradizionale sardo, una Ave Maria che pare anticipare la Smisurata Preghiera che de André scriverà molti anni dopo. La seconda parte si apre con uno dei pezzi più sofferti, e più belli, della produzione del cantautore genovese. QuellHotel Supramonte dedicata al rapimento dellautore stesso e di Dori Ghezzi, nellestate del 79. Attraverso una lirica intensa ed una musica dolce e pacata de André mostra innanzi tutto una delle risposte del popolo sardo alla invasione che è costretto a subire: il banditismo. Ma intrecciato a questo lautore riesce a tessere un altro tema, lamore, e le sue sono le parole di un innamorato il cui unico pensiero è lamata che in quel momento si trova a soffrire con lui e per lui. Ogni descrizione ulteriore sarebbe inutile, lunica è ascoltarla, per rendersi conto della forza che assumono le sue parole, le sue metafore (E le metafore sono pericolose, ammoniva Kundera, da una sola di esse può nascere lamore). Mi limito a riportare ununica strofa: E ora siedo sul letto del bosco che ormai ha il tuo nome ora il tempo è un signore distratto è un bambino che dorme ma se ti svegli e hai ancora paura ridammi la mano cosa importa se sono caduto se sono lontano perché domani sarà un giorno lungo e senza parole perché domani sarà un giorno incerto di nuvole e sole ma dove dovè il tuo cuore, ma dove è finito il tuo cuore. Il discorso sullamore continua anche nel pezzo successivo, Franziska, ma con una sorta di ribaltamento: Lamore cantato stavolta è quello tra una ragazza ed un bandito alla macchia, un marinaio di foresta, e si traduce unicamente in solitudine e dolore, senza neanche la possibilità di un contatto fisico tra i due innamorati (e in tema di contrapposizioni è da notare anche la musica quasi gioiosa che fa da contraltare alla tetraggine di ciò che viene cantato). E lamore ritorna anche nella canzone che segue, un altro momento altissimo dellalbum, Se ti tagliassero a pezzetti. Come spesso accade con de André lamore cantato è un amore finito ma non per questo meno assoluto, totale. La doppia lettura si fa in questa canzone più fine ma a ben vedere ancora visibile: chi canta de André, una donna in carne ed ossa o la sua amata di sempre, la Libertà? Qualunque sia la risposta che si vuole dare, certo non è un caso che dal vivo il verso signorina fantasia diventasse spesso signorina anarchia. Lalbum si chiude con la classica eccezione alla regola: Verdi Pascoli è una sorta di dedica ai figli da parte di un padre troppo distratto dai propri concerti, e se ne scorre via allegra e festosa. Come tutte le opere di de André è impossibile non consigliare anche questa. È un album di metafore e speranze, ogni canzone una perla che si mostra a chi la vuole scoprire. E, a volte, quando il disco finisce puoi ritrovarti un po più confuso a guardare fuori dal finestrino, pensando che là, proprio dietro quegli alberi, gli indiani si stiano prendendo la rivincita. Recensione di Maurizio Bianchimano (estatica) (4.5 stars) Nel 1981 esce questo long playing che viene denominato Lindiano per via della copertina, continua la collaborazione in fase di scrittura con Massimo Bubola. Gli argomenti trattati in questa opera sono principalmente due la natura e luomo, raccontati tramite due popoli gli indiani e i sardi. Si parte con il blues di Quello che non ho, caratterizzata da chitarra elettrica e armonica che profumano di America il brano. La seconda traccia Canto del servo pastore è una ballata che vede il mondo sotto gli occhi di uno degli ultimi nella scala sociale ed è ricca di simbolismi e immagini bucoliche. Fiume Sand Creek è un brano ritmato dedicato alluccisione da parte dellesercito di unintera tribù, ma fatto vigliaccamente (quando gli uomini erano fuori per la caccia al bisonte), levento viene visto tramite gli occhi di un bambino. Ave Maria è un canto sardo riadattato e alla voce troviamo Mark Harris. La seguente Hotel Supramonte è ispirata allesperienza del sequestro subita da Faber assieme alla moglie Dori Ghezzi, è un brano senza rancori di sorta e risulta il più intimista tra quelli presenti in questo lp. Franziska è uno stupendo mid tempo dalle influenze messicane che narra dellamore tra una ragazza e un bandito. La settima traccia Se ti tagliassero a pezzetti è una splendida ballata, che attraverso le metafore e le immagini riesce a sembrare sia una canzone damore e un inno alla libertà. Si chiude il tutto con lagreste e bucolica Verdi pascoli. Con questo lavoro Faber ci regala uno tra i suoi lavori più riusciti, dove un sottile filo conduttore lega ogni traccia alle altre . La collaborazione con Massimo Bubola risulta nuovamente proficua ed aggiunge elementi nuovi alla già stupenda musica del cantautore genovese, inserendo accenni alla musica americana tanto cara ala menestrello rock veronese. Recensione di Bonzo (DeBaser) (4 stars) Fabrizio De André - Lindiano (1981) Mentre continui sospiri mi accerezzano le orecchie, mi domando quale umore possano aver restituito, a quei fortunati interlocutori, gli occhi di Fabrizio De André, allalba degli anni 70, a cavallo degli anni 80 o completamente adagiati nellultimo decennio del 900. Probabilmente umori tanto distanti tra loro, quanto variegata è la differenza tra la luce invernale e quella primaverile. Pescare alla cieca, nella discografia di Faber, vuol dire imbattersi in lavori che paiono tali inconcepibili manifesti di un uomo che ribolliva di passione e capacità creative al di là del normale. Un orecchio in perenne ascolto, degli occhi disperati di lacrime e una mano pronta a raccontare il mondo, le labbra a farsi mezzo, da un punto di vista privilegiato, seduto su di unaltra sfera. Proseguendo il discorso iniziato con Rimini e con Massimo Bubola sempre al suo fianco, in veste di fidato co-autore dei testi (e a volte anche qualcosa in più) e abile cesellatore di sonorità ancora una volta improntate sulla tradizione folk-rock americana, Faber si tuffa nuovamente in quel suo modo di parlare alla gente che tanto ama. Il concept album, vero e proprio fiore allocchiello della discografia del cantatuore genovese. Certamente lontani dallintramontabile Buona Novella e dalla sua sterminata e altrettanto buona verbosità, LIndiano è ancora una volta un lavoro basato su un tema portante, figurato nel raffronto della condizione di vita del popolo sardo e delle barbarie subite dagli Indiani dAmerica. (da qui, il quadro della splendida copertina, La Sentinella, di Frederic Remington). Il rapimento, inevitabilmente, segnò brutalmente la stesura dellalbum, così come i temi umorali trascinati tra le righe o sputati in tutta franchezza. Faber, con la spinta propria di una mente senza confini, utilizzerà levento stesso, per raccontare amorevolmente la terra che per alcuni mesi lha rinchiuso, per rivestirla di passione e per discolparla. Questo ce lo dice il tema stesso scelto e la profonda concordia che Fabrizio pare aver acquistato, tra i solchi di questo lavoro (E pensare che si trovò, anni addietro, ad un passo dalladdio. Folgorante e decisivo, fu, in questo senso, il tour con la PFM). La presenza di Bubola e del suo orientamento più votato al rock, dicevo, appare evidente sin dal brano introduttivo, Quello Che Non Ho, dalla carica e dallincedere prepotente, accompagnato da unintro di spari e corsa alla selvaggina, in qualche disperata prateria indiana, ove si racconta di come la venuta delluomo bianco, abbia snaturato la perfetta coesione con la natura e con la vita, che gli Indiani dAmerica avevano sposato, così distanti da beni materiali, dei quali, in fondo, possiamo benissimo fare a meno. Quello che non ho, è questa prateria, per correre più forte, della malinconia..., canta Fabrizio, con voce mesta di chi, sa daver perso il bene più prezioso, a scapito del progresso coatto. Percussioni in prima linea, basso incalzante e una splendida outro sinfonica, per un inizio allarma bianca. E la confisca della prateria. Gli Indiani dAmerica sono annientati come una tiepida notte primaverile. Per un brano dedicato ai pellerossa, si passa al raffronto col popolo sardo, tanto caro, con la delicata Canto Del Servo Pastore, struggente ballata sullapertura ai dilemmi dellesistenza, ora così pacificamente chiari nella loro essenza ed importanza, sulla bocca di chi, il servo pastore sardo, racconta di come la più selvaggia e diretta vita a contatto con le cose della natura, labbia portato ad essere alloscuro anche delle sue origini. Qualè il mio vero nome, ancora non lo so. Natura che però trasporta in ogni ciclo, un frammento della sua vita, Sopra ogni cesto da qui al mare, cè un po dei mie capelli. Insieme al rifiuto cosciente e coerente dellavvento della società tecnologica, cè però, anche la struggente riflessione sugli amori mancati, Lamore delle case, lamore bianco vestito, io non lho mai saputo e non lho mai tradito. Il tutto si regge su tenui note al piano, delicati arpeggi, flauti distanti e sulla voce, poche volte tanto illuminata, di Fabrizio. Fiume Sand Creek, racconta di un eccidio vergognoso, ahinoi, realmente perpetrato, ai danni dei pellerossa. Lintro, così esile eppure grandiosa, echeggia di momenti passati, nelle verdi praterie, che fecero da teatro alla sanguinosa e impari lotta. La canzone è un fiorire di immagini angoscianti, dal retrogusto però, tremendamente dolce. Basti pensare alla figura del nonno, che rassicura il nipotino terrorizzato, raccontandogli un oceano di bugie. Ora i bambini dormono, nel letto del Sand Creek. Strumentalmente, anche in questo caso, un intreccio di chitarre acustiche, percussioni varie, cori, e linimitabile tono caldo e languido di Fabrizio, trascinano la canzone, che diverrà un cavallo di battaglia nei concerti. Lamore per quella terra incontaminata, la Sardegna, emerge da De Andrè, in tutto il suo fulgore, nellintrigante e atipica, Ave Maria. Si tratta di un canto popolare sardo, riadattato splendidamente e innalzato fino in cielo, dalla splendida voce di Mark Harris. Lintro, che ricorda un po i Pink Floyd di Animals, ci porta alla prima osservante preghiera, Deus, Deus ti salve Maria. E una delle poche canzoni, dove non si senta la voce di Fabrizio (se non nei cori). Eppure è una delle più intense. Dimostrazione di come egli fosse anche un grandioso direttore dorchestra e uno sperimentatore. La canzone che meglio restituisce il De André post-rapimento, è forse Hotel Supramonte. Il luogo che ospitò Fabrizio e Dori, viene qui reinventato con un dolce appellativo, sintomo di come quei mesi trascorsi legato e bendato, accanto alla sua compagna, debbano aver svegliato un nuovo uomo. E una ballata struggente, delicata, voce e chitarra, alle quali si aggiunge un violino singhiozzante, che ripercorre le tappe salienti di quei giorni, con Fabrizio circondato di natura, sospiri, pioggia e Dori, che invoca teneramente più e più volte nella canzone. Come ebbe modo di affermare, senza lei al suo fianco, probabilmente non ce lavrebbe fatta a sopportare tutto quello. Nella tremenda esperienza, lo stesso Fabrizio arrivò a consigliare o sperare per tutti una vicissitudine simile, che come nientaltro, riavvicina ai bisogni essenziali e alle cose allapparenza minute della vita, ai piccoli piaceri, alle banali conquiste. E inoltre evidente il perdono, utile ribadirlo, che pende dalle labbra di questa canzone, per i rapitori. Dopo un quartetto dintensità cruda, si torna ad apparenti atmosfere più solari, con Franziska, che racconta la storia della donna di un furfante, costretta a vivere sola e nel suo misero ricordo, in quanto lamato, è costretto a darsi alla macchia. Divertente, ma cruda, filastrocca, di nuovo adagiata sul ritmo scanzonato e sulla voce di Fabrizio. Parlare del sogno della libertà, come di una donna fatta a pezzetti e ricomposta di speranza, dagli elementi del cosmo, è un certo tipo di farina sacra, che solo personaggi come De André potevano buttar fuori. Se Ti Tagliassero A Pezzetti è, a parere di chi scrive, forse la migliore traccia dellalbum, una vera e propria storia damore daltri tempi, tra Fabrizio e la libertà, raccontata con immagini primaverili, quasi bucoliche, con una malinconica linea di chitarra, che in ogni verso si staglia alle spalle del cantato, quasi ad annunciare quella nuvola di dubbi. E dopo linevitabile richiamo alle ali della libertà, inevitabile quando si parla di pellerossa, si chiude con la descrizione scherzosa della vita che sarà, in Verdi Pascoli. Come il titolo lascia intendere, con un ritmo ipnotico e aperta da un inaspettato ma breve drum solo, Fabrizio si lascia trasportare in una descrizione del Paradiso degli Indiani, che segna forse la fine delle soffernze ...presto la notte se ne andrà, con le sue perle stelle e strisce in fondo al cielo. La sofferenza dei pellerossa finisce, ma forse inizia quella dellascoltatore, che vorrebbe sentire le ultime note ricongiungersi istantaneamente a quei cori da caccia, per rigettarsi in questo agrodolce affresco di efferatezza umana e antico richiamo della natura. Denunciare leccessiva mercificazione commerciale di De André, avvenuta secondo alcuni in questo album, avviluppato in trame lessicali allapparenza meno ricercate e immaginifiche e arrangiamenti dannatamente curati e poco da chansonnier, vuol dire privarsi di un amico fragile molto ispirato. E sarebbe un peccato che nessuna alba laverebbe mai, per un lavoro senza punti deboli, fresco e molto attuale. Recensione di Mac La Mente (libera-mente) Il disco del mese – Fabrizio De André (L’indiano) di Fabrizio De André Il mese di Febbraio è giunto al termine ma prima dell’arrivo di Marzo, eccoci giunti al nostro appuntamento mensile con la grande musica: Il disco del mese. In questa occasione voglio rendere ancora una volta omaggio all’indimenticabile Fabrizio De André, non solo per l’affetto e l’ammirazione che provo per lui – lo considero uno dei più grandi poeti-cantautori della musica italiana – ma per un motivo a cui tengo ancor di più: il settantesimo anniversario della sua nascita. Anche se scomparso più di dieci anni fa, il 18 febbraio del 2010, De André avrebbe compiuto settant’anni. L’album che mi accingo a raccontare è del 1981, conosciuto dalla maggior parte delle persone come L’indiano anche se il nome completo è Fabrizio De André – L’indiano. E’ il secondo album che De André realizza con la collaborazione di Massimo Bubola sia per le musiche che per i testi. Il duo per questa occasione compone otto canzoni che analizzano e sovrappongono due civiltà così diverse tra loro eppure così simili: quella degli indiani americani e quella del popolo sardo – in qualche modo legata allo stesso De André. L’album è importante per ciascuna delle sue tracce, ma su tutte spicca Hotel Supramonte, scritta dal Cantautore ricordando il sequestro subito, da lui e da Dori Ghezzi, parecchi anni prima proprio in Sardegna. L’indiano comincia con un brano blueseggiante: Quello che non ho, dove il protagonista potrebbe essere non solo il cantautore ma anche il “famoso” indiano o l’abitante dell’isola italiana che elenca tutto quello che vede arrivare nella sua terra e che lui non possiede. Il paragone con il tempo attuale viene spontaneo, il protagonista della canzone non ha ville, Ferrari, beni di lusso ecc. ma vive la sua vita e sta bene. Quello che non ho è uno dei brani più movimentati del disco e il contrasto con la seconda traccia, Canto del servo pastore, si sente perché ben definito: il ritmo è più lento. In Canto del servo pastore è il servo che parla, un servo a cui non è stato insegnato neanche il proprio nome. Anche qui, proprio come nel primo bano, tutto ciò che circonda il protagonista è accettato con benevolenza. Proseguendo l’ascolto, è la volta di una delle canzoni più conosciute: Fiume Sand Creek. Si fa un passo avanti nel racconto (e nel disco), il protagonista questa volta è un bambino che con i suoi occhi descrive la strage degli indiani avvenuta nel 1864 ad opera di un colonnello, strage che non può passare inosservata e che tocca così tanto il cuore da dedicare il quarto brano a una preghiera: Ave Maria. La canzone in realtà è un canto tradizionale sardo che per effetti e atmosfera ricorda molto lo stile di un grandissimo gruppo: i Pink Floyd – spero di non aver esagerato, chiedo scusa se così, ma il paragone mi viene spontaneo. Arrivati alla quinta traccia L’indiano subisce un cambiamento, come se si dividesse in due e cominciasse a raccontare altri mondi pur rimanendo sullo stesso tema. Le canzoni infatti sembrano diverse ma non lo sono, il legame c’è e lo si sente solo con un ascolto approfondito. Hotel Supramonte è il primo brano che si incontra in questa seconda parte del disco e come anticipato in precedenza, narra del sequestro del cantautore e della moglie (Dori Grezzi), della loro prigionia e dei giorni che trascorrevano nel dubbio e nell’incertezza sul futuro. “E ora siedo sul letto del bosco che ormai ha il tuo nome / ora il tempo è un signore distratto è un bambino che dorme / ma se ti svegli e hai ancora paura ridammi la mano / cosa importa se sono caduto se sono lontano / perché domani sarà un giorno lungo e senza parole / perché domani sarà un giorno incerto di nuvole e sole / ma dove dov’è il tuo cuore, ma dove è finito il tuo cuore.” …non sono solo versi, è poesia! In Franziska avviene una cosa strana, un capovolgimento, il narratore diventa una ragazza che racconta e parla dell’amore per un uomo, per un bandito che purtroppo non potrà mai star con lei. “Franziska è sola e stanca di aspettare“. Ma l’amore finisce? Assolutamente no, come qualsiasi grande sentimento ritorna e questa volta lo fa in maniera dolce e allegra ma anche amara proprio come la storia che viene descritta in Se ti tagliassero a pezzetti. Il brano di chiusura Verdi pascoli è un reggae. L’intro è affidato a Lele Melotti, alla batteria. Questa canzone è una sorta di confessione, dedica, da parte di un padre distratto ai suoi figli, la volontà di star loro vicino e di giocare senza perdere troppo tempo. Fabrizio De André – L’indiano è un album il cui ascolto è consigliatissimo non solo per la presenza di canzoni fantastiche ma perché il De André qui rappresentato, pur conservando la poesia a cui siamo abituati, canta canzoni così diverse che la sorpresa è garantita e molto molto gradita. Recensione di Morfeo (tutankemule) (5 stars) Cerano queste cassette, che mio babbo metteva sempre quando mi portavano ai funghi. Una parlava di nani e oculisti, mentre laltra aveva uno strano pellerossa con la faccia di pietra in copertina, e parlava di massacri indiani e donne fatte a pezzetti. Odiavo andare per funghi, odiavo alzarmi presto e odiavo tutta quella strada piena di curve che inevitabilmente mi faceva star male di stomaco. Però la musica che sputava lautoradio mi piaceva, anche se ne allora ne capivo ben poco, e pazienza se durante il lungo tragitto la cassetta ripartiva infinite volte, a me andava bene continuare ad ascoltarla guardando fuori dal finestrino per ore e ore. Quellalbum con il pellerossa dalla faccia di pietra era Fabrizio de André, ma per tutti è LIndiano. LIndiano, registrato nel 1981 e che vede di nuovo la collaborazione di Massimo Bubola (probabilmente questo album è il prodotto più felice della collaborazione dei due cantautori), nasce dallidea di de André di creare un parallelo tra la storia dei pellerossa e quella dei sardi. Due popoli fieri, chiusi, trovatisi improvvisamente a contatto con genti diverse che, in maniere differenti, li hanno assoggettati. Data questa premessa ogni canzone del disco può avere una doppia chiave di lettura, a partire dalla prima traccia, Quello che non ho, un pezzo blueseggiante che può avere come protagonista tanto il cantautore genovese quanto lindigeno sardo, il cui stile di vita ed i cui bisogni si contrappongono a quelli dei ricchi forestieri che invadono lisola con le loro ville, le Ferrari, e i motoscafi. Già alla seconda traccia ci si rende conto che il ritmo di quel pezzo era nientaltro che un inganno, la musica diventa dolce e il sodalizio tra de André e Bubola mostra i suoi frutti maturi con una lirica a dir poco struggente. àˆ il Canto del Servo Pastore. Qui la contrapposizione tra i due mondi diviene implicita: a parlare è un pastore a cui nessuno ha mai nemmeno imparato il nome ma che nondimeno mostra una sensibilità straordinaria nei confronti di tutto ciò che lo circonda, ammantandolo di poesia. Nonostante questo, però, rimane sempre un servo. Il terzo pezzo è probabilmente il più famoso dellalbum, Fiume Sand Creek. I sardi vengono messi da parte per cantare di un vero massacro di indiani, avvenuto nel 1864 ad opera del colonnello Chivington, e visto con gli occhi innocenti di un bambino. La prima metà dellalbum si chiude con un canto tradizionale sardo, una Ave Maria che pare anticipare la Smisurata Preghiera che de André scriverà molti anni dopo. La seconda parte si apre con uno dei pezzi più sofferti, e più belli, della produzione del cantautore genovese. QuellHotel Supramonte dedicata al rapimento dellautore stesso e di Dori Ghezzi, nellestate del 79. Attraverso una lirica intensa ed una musica dolce e pacata de André mostra innanzi tutto una delle risposte del popolo sardo alla invasione che è costretto a subire: il banditismo. Ma intrecciato a questo lautore riesce a tessere un altro tema, lamore, e le sue sono le parole di un innamorato il cui unico pensiero è lamata che in quel momento si trova a soffrire con lui e per lui. Ogni descrizione ulteriore sarebbe inutile, lunica è ascoltarla, per rendersi conto della forza che assumono le sue parole, le sue metafore (E le metafore sono pericolose, ammoniva Kundera, da una sola di esse può nascere lamore). Mi limito a riportare ununica strofa: E ora siedo sul letto del bosco che ormai ha il tuo nome ora il tempo è un signore distratto è un bambino che dorme ma se ti svegli e hai ancora paura ridammi la mano cosa importa se sono caduto se sono lontano perché domani sarà un giorno lungo e senza parole perché domani sarà un giorno incerto di nuvole e sole ma dove dovè il tuo cuore, ma dove è finito il tuo cuore. Il discorso sullamore continua anche nel pezzo successivo, Franziska, ma con una sorta di ribaltamento: Lamore cantato stavolta è quello tra una ragazza ed un bandito alla macchia, un marinaio di foresta, e si traduce unicamente in solitudine e dolore, senza neanche la possibilità di un contatto fisico tra i due innamorati (e in tema di contrapposizioni è da notare anche la musica quasi gioiosa che fa da contraltare alla tetraggine di ciò che viene cantato). E lamore ritorna anche nella canzone che segue, un altro momento altissimo dellalbum, Se ti tagliassero a pezzetti. Come spesso accade con de André lamore cantato è un amore finito ma non per questo meno assoluto, totale. La doppia lettura si fa in questa canzone più fine ma a ben vedere ancora visibile: chi canta de André, una donna in carne ed ossa o la sua amata di sempre, la Libertà ? Qualunque sia la risposta che si vuole dare, certo non è un caso che dal vivo il verso signorina fantasia diventasse spesso signorina anarchia. Lalbum si chiude con la classica eccezione alla regola: Verdi Pascoli è una sorta di dedica ai figli da parte di un padre troppo distratto dai propri concerti, e se ne scorre via allegra e festosa. Come tutte le opere di de André è impossibile non consigliare anche questa. è un album di metafore e speranze, ogni canzone una perla che si mostra a chi la vuole scoprire. E, a volte, quando il disco finisce puoi ritrovarti un po più confuso a guardare fuori dal finestrino, pensando che là , proprio dietro quegli alberi, gli indiani si stiano prendendo la rivincita. Biografia di Claudio Fabretti (ondarock) Fabrizio De Andre - In direzione ostinata e contraria Ha stravolto i canoni della canzone italiana con le sue ballate, sempre sospese tra mito e realtà. E ha sfidato gli arroganti di ogni tempo con il linguaggio sferzante dellironia. Senza mai cedere alle leggi del branco. Retrospettiva su Fabrizio De André, uno dei grandi maestri del songwriting italiano. Fabrizio De André è uno dei capisaldi della canzone dautore italiana. Profondamente influenzato dalla scuola doltre Oceano di Bob Dylan e Leonard Cohen, ma ancor piu da quella francese degli chansonnier (Georges Brassens su tutti), e stato tra i primi a infrangere i dogmi della canzonetta italiana, con le sue ballate cupe, affollate di anime perse, emarginati e derelitti dogni angolo del mondo. Il suo canzoniere universale attinge alle fonti piu disparate: dalle ballate medievali alla tradizione provenzale, dallAntologia di Spoon River ai canti dei pastori sardi, da Cecco Angiolieri ai Vangeli apocrifi, dai Fiori del male di Baudelaire al Fellini dei Vitelloni. Temi che negli anni si sono accompagnati a unevoluzione musicale intelligente, mai incline alle facili mode e ai compromessi. De Andre usava il linguaggio di un poeta non allineato, ricorrendo alla forza dissacrante dellironia per frantumare ogni convenzione. Nel suo mirino, sono finiti i benpensanti, i farisei, i boia, i giudici forcaioli, i re cialtroni di ogni tempo. Il suo, in definitiva, e un disperato messaggio di liberta e di riscatto contro le leggi del branco e larroganza del potere. Di lui, Mario Luzi, uno dei maggiori poeti italiani del Novecento, ha detto: De Andre e veramente lo chansonnier per eccellenza, un artista che si realizza proprio nellintertestualita tra testo letterario e testo musicale. Ha una storia e morde davvero. Le musiche delle sue prime canzoni, radicate da Nicola Piovani dentro la tradizione popolare italiana, sono state negli anni contaminate da altre culture. Il suo linguaggio si e gradualmente evoluto verso il sincretismo. E proprio la valorizzazione dei dialetti gli e valsa il Premio Govi. In una nazione giovane come lItalia i dialetti sono indispensabili - ripeteva spesso -. Rappresentano un desiderio di identificazione nelle proprie radici che si fa tanto piu forte quanto piu si diffonde lidea di una mega-statalizzazione europea. E poi litaliano, se non fosse nutrito delle frasi idiomatiche, diverrebbe un linguaggio adatto solo a vendere patate o a litigare nei tribunali. Fabrizio De Andre nasce a Genova il 18 febbraio 1940. Leggenda narra che sul giradischi di casa suo padre avesse messo il Valzer campestre di Gino Marinuzzi, dal quale, oltre venticinque anni dopo, il figlio trarra la canzone Valzer per un amore. Con il padre braccato dai fascisti, il resto della famiglia, scoppiata la Guerra, si rifugia nellastigiano, per poi tornare nel 45 a Genova, dove De Andre porta avanti gli studi fermandosi alluniversita (facolta di Legge) a sei esami alla fine. Questo perche, nel frattempo, era nata la sua vocazione musicale, tramite gli studi di chitarra e violino, e lesibizione in concerti jazz, fino alla composizione di propri brani originali. Una vocazione che, grazie al successo dellinterpretazione nel 68 da parte di Mina della sua Canzone di Marinella, gli permette di continuare il mestiere di musicista. Il brano, uno dei suoi capolavori, e una tenera fiaba sospesa nei fumi del tempo e ispirata dalla storia vera della morte di una prostituta. Non sara la prima volta che un episodio di cronaca verra sublimato da De Andre in musica. Proprio la realta quotidiana, infatti, da linfa alle sue prime composizioni, che tradiscono la passione per la letteratura francese: Proust, Maupassant, Villon, Flaubert, Balzac, su tutti. Sono gli anni in cui la Scuola di Genova sforna canzoni dautore con Paoli, Bindi, Lauzi e soprattutto Luigi Tenco. Lamicizia di De Andre con questultimo nasce in una balera di Genova. Tenco gli si avvicina dicendo: Sei tu che vai in giro a dire che Quando lhai scritta tu?. Si, lavevo detto in giro per prender della figa, la replica di De Andre. Tenco si mette a ridere. La notte del suicidio di Tenco a Sanremo, De Andre rimarra insonne davanti un foglio di carta, scrivendo la struggente Preghiera in Gennaio per lamico scomparso (un tema, quello del suicidio eroico, gia caro al Cohen di Who By Fire e che ricorrera spesso nel canzoniere di De Andre). Il primo vero 45 giri attribuito al cantautore genovese e pero Nuvole Barocche (1958), un brano dimpostazione tradizionale sulla falsariga della canzone melodica dautore di Domenico Modugno. Gia dai singoli successivi, tuttavia, emerge il vero De Andre. La guerra di Piero e la sua canzone anti-militarista per eccellenza, quasi la risposta italiana agli inni pacifisti di Bob Dylan e Joan Baez. La citta vecchia e una summa a ritmo di mazurca di tutti i quartieri malfamati dellumanita. Delitto di paese e una ballata noir in cui miseria e morale bigotta sono immersi in un clima baudelairiano da Fiori del male. La Ballata dellAmore cieco, parabola crudele della vanita femminile, sembra uscita da una delle leggende dei Nibelunghi. La Canzone dellamore perduto e interpretata con tono fatalista su una musica del compositore tedesco Georg Philipp Telemann: il tema del concerto per tromba e orchestra in Re maggiore. La ballata medievale di Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers (scritta con Paolo Villaggio) e degna dei monologhi storici piu oltraggiosi del teatro di Dario Fo. E poi ancora Via del campo e Bocca di rosa, filastrocche incantate in cui la prostituzione viene ancora una volta redenta in chiave mitica. A colpire è anche linterpretazione di De André, che - come Cohen - indulge sulle tonalità più basse, grazie alla sua voce profonda e baritonale, aggiungendo un tocco di drammaticità. Con questi brani, De Andre demolisce, ad uno ad uno, tutti i clichè della canzone tradizionale coronando, in Italia, unoperazione paragonabile a quella compiuta da Dylan negli Stati Uniti. Se non avessi mai conosciuto le canzoni di Fabrizio, non avrei mai cominciato a scrivere le mie, ha detto, per esempio, Francesco De Gregori. E anche Franco Battiato si e detto debitore delle ballate di De Andre, tanto che nel suo album Fleurs ha voluto incidere due cover (La canzone dellamore perduto e Amore che vieni, amore che vai) tratte dal primo repertorio dellartista ligure. Quelle di De Andre sono storie ironiche e senza tempo, con personaggi che sembrano quasi schizzare fuori dai versi, con la loro carica di umanita, inquietudine, disperazione. La canzone italiana scopre finalmente temi sociali e politici. Inevitabile pertanto che De Andre - suo malgrado - diventi uno dei riferimenti della contestazione giovanile, nonche lincubo dei burocrati televisivi, che non sanno fin dove la censura puo colpire storie cosi sottili e metaforiche, eppero altrettanto esplicite nella loro denuncia sociale. La fine del decennio Sessanta e uno dei momenti topici della carriera dellartista ligure. Escono infatti Fabrizio De Andre - Volume I, che raccoglie alcuni dei suoi piu fortunati singoli, seguito lanno dopo dal sontuoso concept-album Tutti Morimmo A Stento. E un viaggio in un girone dantesco della desolazione umana, tra drogati, impiccati, ragazze traviate e bambini impazziti, sulle note di unorchestra sinfonica diretta dai fratelli Reverberi. Disco fin troppo ridondante e barocco, influenzato dai primi vagiti del progressive italiano, Tutti morimmo a stento rappresenta tuttavia uno dei momenti piu alti della carriera di De Andre. I brani si susseguono senza pause, scanditi dagli Intermezzi, in un crescendo che trova il punto piu alto nel Recitativo e si scioglie nel coro finale. Attraverso la Leggenda di Natale, favola delicata ispirata da un testo di Brassens in cui la semplicita dei giri daccordi e delle rime baciate riesce a creare unatmosfera magica e rarefatta, si perviene alla Ballata degli impiccati, centro ideale di questa architettura. I versi di De Andre - sempre scarni, ruvidi, sarcastici - non cedono mai alla retorica del sentimentalismo: Dai diamanti non nasce niente/ dal letame nascono i fiori (Via del campo) e il suo credo. Cosi anche i condannati a morte della Ballata degli impiccati (ispirata dalla Ballade des Pendus di Villon) si trasfigurano in creature mitiche, animate da un disperato, smisurato rancore (Chi derise la nostra sconfitta/ e lestrema vergogna ed il modo/ soffocato da identica stretta/ impari a conoscere il nodo. Chi la terra ci sparse sullossa/ e riprese tranquillo il cammino/ giunga anchegli stravolto alla fossa/ con la nebbia del primo mattino/ La donna che celo in un sorriso/ il disagio di darci memoria/ ritrovi ogni notte sul viso/ un insulto del tempo e una scoria). A dare una nota scenografica al disco e Inverno, che rinnova la tradizione delle poesie stagionali in voga nellInghilterra del Settecento: linverno e limmagine della natura che si annulla nel bianco della neve e nel nero degli alberi scarni, segnando la fine ciclica di tutte le cose. Seguira un periodo particolarmente prolifico, in cui De Andre produrra quasi un album allanno. Prevale, nelle sue canzoni, la preferenza per toni musicali attutiti, smorzati, in minore, che accompagnano una versificazione che riecheggia la ballata di tradizione e di lontana provenienza medievale. Ma negli anni i riferimenti del suo repertorio aumentano. I Vangeli apocrifi sono alla base della Buona Novella, il disco che De Andre considerava il piu riuscito, in cui lannuncio del Salvatore si trasforma in atto di fede laico. LAntologia di Spoon River e lo spunto per Non al denaro, non allamore ne al cielo, in cui brilla quella metafora sarcastica di tutte le invidie e le bassezze umane che e Un giudice. In Italia, sono gli anni caldi della contestazione. De Andre si professa anarchico e sembra quasi cedere alla tentazione eversiva in Storia di un Impiegato, uno dei suoi album piu controversi. Il disco narra la vicenda di un travet che, sullonda del Maggio francese, e contagiato dal fuoco rivoluzionario. E una cupa profezia sulla degenerazione della contestazione in terrorismo che, di li a poco, infettera la storia italiana. Mai cosi crudo e realistico, De Andre ricorre a un linguaggio moderno che - come scrive Roberto Dane nellintroduzione - si stacca dalla forma di racconto per approdare a immagini di tipo psicologico fino a figure oniriche di stampo reichiano. Uno stile che pervade il pezzo-manifesto dellalbum La bomba in testa, brano drammatico e trascinante, che denuncia il conflitto lacerante tra lansia di cambiamento e le sirene lugubri della violenza. Lalbum e un susseguirsi di canzoni dal ritmo sincopato, accompagnate da un linguaggio involuto, carico di metafore ricorrenti e ossessive. Con questo disco De Andre, forse inconsapevolmente, scende nellagone politico. Lestrema sinistra gli da del qualunquista; la destra lo accusa di propaganda eversiva. Ma lui si ostina a ripetere: Il mio identikit politico e quello di un libertario, tollerante. Se poi anarchico lhanno fatto diventare un termine orrendo... In realta vuol dire solo che uno pensa di essere abbastanza civile da riuscire a governarsi per conto proprio, attribuendo agli altri, con fiducia, le stesse capacita. Canzoni (1974) segna il ritorno a uno stile piu pacato e a un linguaggio piu letterario, grazie a una manciata di cover di Dylan (Desolation Row), Brassens (il recitato di Morire per delle idee e la splendida ballata Le Passanti) e Cohen (Suzanne e Giovanna dArco): quasi una summa dei suoi riferimenti artistici. Il successivo Volume VIII (1975), nato dallincontro con Francesco De Gregori, segna unaltra tappa nellevoluzione della canzone italiana degli anni Settanta, nel segno di una poesia cantata, impreziosita da un linguaggio sempre piu ricercato. De Gregori porta il suo tipico stile da fiaba metropolitana, De Andre accentua, esasperandolo, luso di figure retoriche, fantasie e nonsense. Uno stile che tocca il suo vertice nella struggente Amico fragile, metafora di chi si oppone per coltivare i suoi sogni solitari, e Giugno 73, epigrafe del matrimonio borghese e delle sue convenzioni. Sono canzoni costruite quasi solo sui versi, in cui la musica non ha quasi altro senso se non quello di suggerire il tono da seguire. La musica di De André si fa più ricca e sostenuta con lapprodo nella Rimini (1978) felliniana dei Vitelloni. Lalbum, composto insieme a Massimo Bubola, segna pero una caduta di tono, cedendo a tratti al richiamo del facile ritornello e del ritmo accattivante. La traduzione in italiano (con strane variazioni lessicali in una sorta di immaginario dialetto meridionale) di Romance in Durango di Dylan, per il quale il cantautore americano si complimentò di persona con De André è unintuizione brillante. Ma alcuni brani sembrano costruiti solo sulleco delle prodezze passate. Andrea e Sally, comunque, sono due filastrocche magiche, degne del periodo di Marinella. Fa da suggello alluscita dellalbum un tour con la Pfm, testimoniato da un album doppio in cui i classici del cantautore genovese, magistralmente riarrangiati in chiave rock, trovano nuova linfa. Due donne segnano la vita di Fabrizio De Andre: Enrica Rignon detta Puny, che sposa nel 62, e Dori Ghezzi, che diviene la sua compagna dal 75 in poi. E con lei che decide di ritirarsi in quella fattoria dellAgnata in Gallura (Sardegna), che gli ricorda la Liguria degli anni 40, in cui cerano piu alberi che case, piu animali che uomini. Ed e sempre con Dori Ghezzi che vive lesperienza drammatica dei quattro mesi di sequestro. Unesperienza che segna parte dellalbum senza titolo che sara poi ribattezzato LIndiano. Neanche di fronte ai suoi rapitori De Andre perde il vizio di rovesciare la morale comune su colpevoli e giudici. I malviventi sardi, cosi, diventano marinai di foresta o indiani Sioux, criminali e oppressi al contempo. Sono stato rapito da una banda di Cherokee - raccontava - che, prima ancora di volere i soldi, voleva dimostrare il coraggio di rapire una persona. Il disco tuttavia e uno degli episodi meno convincenti della sua carriera, infarcito di canzoni ripetitive e pedanti, prive di quella magica ispirazione che aveva caratterizzato il decennio 70. Fa eccezione la struggente danza indiana di Fiume Sand Creek, che evoca il massacro perpetrato dagli uomini di un certo colonnello Chiwington, il quale venne poi eletto al Senato degli Stati Uniti. Quando sembra che la sua vena poetica si stia inaridendo, De Andre sorprende tutti gettandosi in un progetto tanto ambizioso quanto originale: Crueza de ma, nato dalla collaborazione con Mauro Pagani e scritto integralmente in genovese, lidioma neolatino piu ricco di fonemi arabi. E linno a quella Genova che per De Andre rappresentava un piccolo continente a se, con il suo sapore di mare, il profumo della sua cucina, ma anche il puzzo del porto e del pesce marcio, quella Genova che aveva la faccia di tutti gli esclusi conosciuti nella citta vecchia, le graziose di via del Campo, i fiori che sbocciano dal letame. De Andre, infatti, pur essendo nato da una famiglia borghese, ha sempre prediletto i quartieri dove il sole del buon Dio/ non da i suoi raggi/ le calate dei vecchi moli/ laria spessa carica di sale/ gonfia di odori, descritti nella Citta vecchia. Crueza de ma e un viaggio appassionato nella musica mediterranea, dove gli strumenti della tradizione nordafricana, greca, occitana (dalla gaida macedone alla chitarra andalusa, dallo shannaj turco al liuto arabo) convivono con quelli elettrici in un universo poetico di rara intensita. Nascono cosi brani raffinati come la title track, Sinan Capudan Pascia, Sidun. Il disco segna una pietra miliare per lallora nascente world music italiana ed e premiato dalla critica come miglior album dellanno e del decennio. Intanto, De Andre collabora con laltro guru della scena genovese, Ivano Fossati, in vari brani (tra cui Questi posti davanti al mare) e sposa Dori Ghezzi nel 1989. Un anno dopo esce Le nuvole, album tutto sommato interlocutorio, se si eccettua la graffiante metafora della Domenica delle Salme e la beffarda ballata di Don Raffae in cui il protagonista, boss detenuto nella cella-reggia di Poggioreale, e assistito da un secondino-maggiordomo che e al servizio della mala non per disonesta, ma per la latitanza dello Stato, che si e inghiottito i suoi quaranta concorsi, seicento domande e novanta ricorsi. Segue un periodo di silenzio di quattro anni, finche nel 1996 Fabrizio De Andre torna con Anime Salve, frutto della collaborazione con Ivano Fossati. Quello che e destinato a rimanere come il suo testamento musicale e anche un disco splendido, un viaggio pieno di suggestioni, sapori, incontri. Da Bahia a Genova, passando per la Sardegna. E un percorso affollato di spiriti solitari, che abitano angoli appartati della Terra. Lisolamento - diceva De Andre - ti consente di non stare nel mucchio. E la sola condizione idonea a non essere contaminati da passioni di parte, uno stato di tranquillita dellanimo che permette di abbandonarsi allassoluto. Un obiettivo annunciato fin dal titolo dellalbum, che mantiene letimo tanto di animo quanto di salvo, ovvero spirito solitario. Interamente acustico, lalbum mescola sapori etnici, jazz, folk. La title track - in cui Fossati accompagna De André anche al canto, imprimendo la sua tipica andatura rallentata - è una ballata dolente. Mi sono visto di spalle che partivo, recita un verso: e un rifiuto dellidentita anagrafica, delluomo costruito dalla legge del branco, che impone a ciascuno dove e come stare al mondo. Un rifiuto simile a quello di Princesa (dallomonimo racconto-intervista di Maurizio Iannelli), il trans brasiliano che tenta di correggere la fortuna per finire tra ingorghi di desideri maschili. Una straordinaria invenzione letteraria e musicale costruita su ritmi bahiani (una fusione di jazz, pop e bossanova ) e colori tropicali. Altra solitudine volontaria e libera e quella dei Rom, descritti tramite la tribu serbo-montenegrina dei Khorakhane, raminga per il mondo tra le fiamme dei fiori a ridere e a bere. E unaltra ballata acustica, che sfocia in un finale epico, cantato in lingua rom da Dori Ghezzi. Non scampano a un destino di solitudine neanche la tenerissima Dolcenera e il pescatore di Le acciughe fanno il pallone, che insegue limpossibile sogno di pescare il pesce doro. E quando la corsa del tempo spariglia destini e fortune, nasce linvidia e la faida di Disamistade, che non ha pieta di nessuno, innocenti e assassini. Il disco si chiude con la solenne invocazione di Smisurata Preghiera (ispirata dal Gabbiere di Alvaro Mutis), che e quasi il testamento spirituale dellintera opera di De Andre. E la testimonianza di chi ha vissuto sempre uno splendido isolamento, presupposto necessario per consegnare alla morte una goccia di splendore, di umanita. Sono episodi di grande intensita emotiva, racchiusi in arrangiamenti raffinati, in bilico tra suoni morbidi e una ritmica prepotente. La chitarra di De Andre e circondata da un mare di strumenti antichi e nuovi, dalle disparate origini geografiche, nel segno di un sincretismo culturale che si riflette anche nella scelta delle lingue, con brani cantati in italiano, romanes, brasiliano, genovese. E la sua voce profonda, seppur offuscata dal fumo e dagli anni, riesce sempre a incantare. Nel tour successivo, labbraccio con i figli, Cristiano e Luvi. Con questultima, si rinnova sul palco il magico duetto di Geordie. Ho unestrazione borghese e mi sono adagiato un po su questo materasso di piume. Avrei potuto dare molto di piu se fossi nato alla Foce, da un pescivendolo, diceva spesso De Andre scherzando sulla sua proverbiale pigrizia. Una pigrizia che faceva disperare i discografici: quasi impossibile strappargli unintervista (tuttal piu, come nel mio caso, qualche risposta scritta, ndr), molto difficile vederlo in tournée. Eppure uno scherzo del destino ha voluto che proprio la sua ultima estate fosse la piu densa di appuntamenti. Una sfilza di concerti in tuttItalia che doveva rilanciarlo, dopo la firma del contratto-anti-pigrizia, come aveva ribattezzato laccordo fino al 2002 con la Ricordi. Adesso - aveva annunciato - dovro decidermi a fare il disco di cover dedicato ai cantautori brasiliani che ho in mente da tempo. Con i miei ritmi non ce la farei a registrarne uno tutto mio. Fabrizio De Andre e morto l11 gennaio 1999, allIstituto dei Tumori di Milano. Lascia alla cultura italiana versi e suoni da ricordare; alle cronache musicali, una folla innumerevole di imitatori. I suoi estimatori gli dedicheranno i versi che Fabrizio aveva scritto per lamico Luigi Tenco la notte in cui sera ammazzato: Ascolta la sua voce/ che ormai canta nel vento/ Dio di misericordia, vedrai, sarai contento. E la Preghiera in gennaio di tutti quelli che hanno amato Fabrizio De Andre. La carriera quasi quarantennale di Fabrizio De André è stata degnamente ricordata nel triplo box In direzione ostinata e contraria (2005): cinquantaquattro brani, tutti demasterizzati, per riassaporare laroma originario, imperfezioni incluse. youtube/watch?feature=player_detailpage&v=Vh9hGRnKpIo
Posted on: Sun, 17 Nov 2013 13:30:49 +0000

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