di Maria Bertone NAPOLI - Arriva vestito di blu da capo a piedi, - TopicsExpress



          

di Maria Bertone NAPOLI - Arriva vestito di blu da capo a piedi, camicia, bermuda e mocassini, abbronzatissimo. “Foto solo a mezzo busto, eh, fa troppo caldo e non ce l’ho fatta a mettermi il vestito”. Entra in redazione e, alla vista di decine di persone con il capo chino sui computer, si lascia sfuggire un “Azz”. Detto da Federico Salvatore fa un certo effetto, è innegabile. Ma sarà l’unico in quasi due ore di piacevolissima conversazione. Quei tempi, quelli di Azz in tutte le salse, sono finiti da un pezzo, e da un pezzo lui sperimenta, realizza, crea cose nuove. “Peccato che me lo abbiano fatto pesare, e non poco - dice nella redazione di ‘Cronache’, dove ieri si è fermato prima di raggiungere Caserta per lo spettacolo “Se io fossi San Gennaro” - E i primi sono stati i miei fan”. L’evoluzione dell’artista partenopeo è cominciata poco dopo l’enorme successo datogli dalla sua partecipazione al ‘Costanzo Show’, a cui è seguito il Festival di Sanremo. “Sono stato conteso da Maurizio Costanzo e da Pippo Baudo, incredibile - sorride - ma poi hanno cominciato a chiedermi cose che non me la sentivo più di fare. Mi hanno proposto persino ‘Gesù di Càbaret’, di riproporre continuamente gli sketch di Federico e Salvatore, Azz, Ninna Nanna... ma potevo arrivare a 54 anni e cantare ancora ‘Incidente al Vomero’? Sia chiaro, io lo faccio nei miei spettacoli, non rinnego niente, ma per me era impensabile non crescere, rimanere legato ai clichè”. Già, i clichè. Contro quelli che ingabbiano Napoli e la sua gente Salvatore ha ingaggiato una vera e propria lotta. I napoletani che fanno ridere, i napoletani imbroglioni, i napoletani sfaticati ma felici, o’ sole, a’ pizza e o’ mandulino. “Se io fossi San Gennaro è nato dall’amarezza, ma non tutti l’hanno capito - continua - L’hanno scambiata per ingratitudine, forse. Enrica Bonaccorti, nel presentarmi al Festival di Napoli, si dissociò: avete mai sentito qualcuno che si dissocia da una canzone? Poi fui riabilitato alla grande da Funari, che mi volle ospite fisso della sua trasmissione, e che capì quello che volevo dire. Cominciarono a capirlo pure altri. Arrivarono le prime targhe, taaante targhe, mai una macchina, però…”. Che sia ‘discolo’ o impegnato, intellettuale o frivolo, la verve è intatta e più fresca che mai. E’ simpatico di natura, Salvatore, ti prende. Ed è un uomo di cultura. Racconta dei suoi libri, della sua collezione di cd, dei suoi tic (“Sono in ordine di tempo i dischi e in ordine alfabetico i testi”), ma pure delle vacanze appena trascorse con la famiglia. “A Pisciotta, bellissimo. Dovevamo stare una settimana e ci siamo rimasti dieci giorni: tre me li ha dati in omaggio il direttore del villaggio per un’improvvisata che ho fatto una sera, allo spettacolo dei bambini. Tre minuti di ‘Livella’ di Totò a memoria. Ho detto a mia moglie: se succede una cosa così ogni tre minuti di Livella ci siamo sistemati per la vita”. Tra una battuta e l’altra, torna spesso a fare capolino il dispiacere. Per quel treno perso, per la fatica a far ‘passare’ certi discorsi, per la difficoltà a realizzare certi sogni. “C’è una cosa a cui penso spesso - rivela mentre fuma l’immancabile sigaretta - Sono stato l’unico napoletano all’apice del successo che non ha fatto un film. Ho accarezzato il sogno da vicino, era tutto pronto. Ci ho lavorato per due anni, durante i quali mi ero ritirato dalle scene per dedicarmi anima e corpo a questo progetto, scritto a quattro mani con Fausto Brizzi. Ho avuto pure i primi finanziamenti. Poi è morto colui da cui dipendeva tutto, una polmonite ad agosto. Il faldone con il progetto, che prima era in cima alla pila di incartamenti sulla scrivania è scivolato in fondo, e addio. Ho perso il treno, uagliù, è così”. Col cinema non è andata, con la tv è stato solo un flirt, (“E’ stato Giorgio Gaber in persona a dirmi: limita più che puoi! Che serata, quella che ho trascorso con lui. Due sigarette eterne”). Il teatro, invece, è la sua dimensione ideale. “La televisione ti impone, il teatro ti sceglie. Il pubblico viene per te, solo per te. E io a ogni applauso in più che ricevo aggiungo qualcosa alla mia vita. ‘Se io fossi San Gennaro’ mi ha dato enormi soddisfazioni, ma a ottobre sono pronto a partire con il nuovo progetto. S’intitolerà “E noi zitti sotto”, una citazione per Massimo Troisi, l’ultimo napoletano grande”. Nell’album che ne deriverà ci sarà un solo pezzo non in lingua napoletana “e sarà la metafora della condizione che oggi vive Napoli, che vive tutto il Sud”. E’ impossibile, quando si parla con questo napoletano del quartiere Stella (“Oggi trasferito a Portici, per colpa di mia moglie”), non percepire la sua essenza. Federico Salvatore è ‘fatto’ di Sud. “La mia formazione è ben definita. Eduardo, Viviani e Ferdinando Russo. I napoletani più ‘popolari’. Perché, come diceva Elio Vittorini, l’intellettuale è quello che arriva pure al garzone del bar. Sono nato in un quartiere popolare, ma papà m’a fatt sturià: in collegio dai Barnabiti fino alla maturità classica, come semiconvittore. Bacchettate sulle mani a ogni errore. Ma conosco la strada, me la sono sempre saputa cavare. Conosco certi linguaggi, certi codici, e questo mi ha aiutato tanto. Ma tanto ha fatto la cultura”. Non a caso il suo sogno nel cassetto è un’opera buffa. Il testo è già pronto, “sarà molto goliardico, in rima, ma con una morale, come tutte le cose che faccio”. Lo capiranno, stavolta, i napoletani, o succederà “il macello che ho combinato con Se io fossi San Gennaro”? “Ci sono voluti dieci anni per far passare il messaggio - sottolinea Salvatore - Ma il problema non è solo la sensibilità personale. Qui a Napoli, in Campania, la cultura manca. Manca perché le radici vengono calpestate, perché il nostro patrimonio, che è immenso, viene ignorato. Manca perché tra gli stessi artisti non c’è collaborazione, non esistono cenacoli culturali, è finito il confronto. Un tempo c’erano Accademie per tutto. A Napoli, dalle parti di Santa Lucia, c’era persino l’Accademia dell’ova toste. Sì, le uova sode, si faceva la gara tra chi riusciva ad ingoiarne di più. Si giocava. Oggi invece e ll’ova toste mangiamo le aragoste, ma non ci divertiamo più”. E allora, se tu fossi San Gennaro, che cosa faresti per la tua città? “Vorrei eliminare per sempre l’apatia del napoletano. Questo vivere con l’eterna indolenza che non ci fa crescere. Per citare Raffaele La Capria, che io adoro: “Aspettiamo da secoli che accada qualcosa, ma è da secoli che non facciamo nulla per farla accadere””. Ma come non succede nulla? Tra un po’ a Napoli c’è il Forum internazionale delle Culture, il sindaco ha pure nominato come superconsulente per gli eventi il boliviano Andres Neumann…. “Il Forum nel senso di foro, di buco? E cu tutt ‘e buche che ci stanno a Napoli ce ne serviva pure un’altra? Vabbuò, torniamo seri, su… Ah, un consulente boliviano… per Napoli… Scrivi così, scrivi: “Federico vive di parole, ma è rimasto senza parole”.
Posted on: Wed, 31 Jul 2013 11:19:13 +0000

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