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lectio magistralis da putin? L’articolo del Washington Post sulla lettera di Putin MOSCA — Eventi recenti in Siria mi hanno spinto a parlare direttamente al popolo americano ed ai loro leader politici. È importante farlo, in un momento di insufficiente comunicazione fra le nostre società. Le relazioni fra noi sono passate per diversi stadi. Siamo stati nemici durante la guerra fredda. Ma siamo stati anche alleati un tempo, ed abbiamo sconfitto i Nazisti insieme. L’organizzazione universale internazionale – l’ONU – fu quindi stabilita per far sì che una tale devastazione non succedesse mai più. I fondatori dell’ONU capirono che le decisioni riguardanti guerra e pace avrebbero dovuto essere approvate solo all’unanimità, e – con il benestare dell’America – fu inserito nello Statuto dell’ONU il diritto di veto dai membri permanenti del Consiglio di sicurezza. L’immensa saggezza di questo atto ha sostenuto la stabilità delle relazioni internazionali per decenni. Nessuno vuole che l’ONU subisca il destino della Società delle Nazioni, che crollò poiché non disponeva di un effettivo potere. Questo è possibile se paesi influenti bypassano l’ONU e lanciano iniziative militari senza l’autorizzazione del Consiglio di sicurezza. Il potenziale attacco dagli Stati Uniti contro la Siria, nonostante la forte opposizione di molti paesi e principali leader politici e religiosi, fra cui il Papa, causerà altre innocenti vittime ed un’intensificazione del conflitto, potenzialmente propagandolo ben oltre i confini della Siria. Un attacco aumenterebbe la violenza e rilascerebbe una nuova ondata di terrorismo. Potrebbe danneggiare sforzi multilaterali per risolvere la questione nucleare iraniana ed il conflitto arabo-israeliano e destabilizzare ulteriormente il Medio Oriente ed il Nord Africa. Potrebbe far saltare gli equilibri dell’intero sistema di diritto internazionale. La Siria non sta assistendo ad una battaglia per la democrazia, ma un conflitto armato fra il governo e l’opposizione in un paese multireligioso. Ci sono pochi esempi di democrazia in Siria. Ma ci sono combattenti di Al Qaeda ed estremisti di ogni frangia a sufficienza in lotta con il governo. Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha definito il Fronte di Al Nusra e lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante, i quali combattono fra le fila dell’opposizione, come organizzazioni terroristiche. Questo conflitto interno, alimentato da armi straniere fornite all’opposizione, è uno dei più sanguinosi al mondo. Mercenari dai paesi Arabi coinvolti nella guerra e centinaia di militanti da paesi occidentali ed anche dalla Russia, rappresentano una questione di nostra profonda preoccupazione. Potrebbero non tornare ai nostri paesi, dopo l’esperienza in Siria? Dopo tutto, dopo aver combattuto in Libia, gli estremisti si sono spostati in Mali. Questo ci spaventa tutti. Non stiamo proteggendo il governo siriano, ma il diritto internazionale. Dobbiamo usare il Consiglio di sicurezza ONU e crediamo che salvaguardare la legge e l’ordine nel mondo complesso e tumultuoso di oggi sia uno dei pochi modi per evitare che le relazioni internazionali scivolino nel caos. La legge è ancora la legge, e dobbiamo seguirla che ci piaccia o meno. Secondo il diritto internazionale in vigore, l’utilizzo della forza è permesso solo per autodifesa o per decisione del Consiglio di sicurezza. Tutto il resto è inaccettabile secondo lo Statuto ONU e costituirebbe un atto di aggressione. Nessuno dubita che il gas tossico è stato usato in Siria. Ma c’è ogni ragione per credere che è stato usato non dall’Esercito Siriano, ma dalle forze di opposizione, per provocare l’intervento dei loro potenti sostenitori stranieri, che si sarebbero schierati con i fondamentalisti. Resoconti su un altro attacco in via di preparazione da parte dei militanti – questa volta contro Israele – non possono essere ignorati. È allarmante che l’intervento militare in conflitti interni di paesi stranieri sia diventata una misura ordinaria per gli Stati Uniti. È nell’interesse a lungo termine dell’America? Lo dubito. Milioni di persone in giro per il mondo vedono sempre più l’America non come modello di democrazia ma come un soggetto che conta solamente sull’uso della forza, formando coalizioni sotto lo slogan “o con noi o contro di noi.” Ma l’uso della forza si è dimostrato improduttivo e privo di senso. L’Afghanistan sta barcollando, e nessuno può prevedere che cosa succederà dopo la ritirata delle forze internazionali. La Libia è divisa in tribù e clan. In Iraq la guerra civile continua, con dozzine di persone uccise ogni giorno. Negli Stati Uniti, molti hanno messo in luce un’analogia fra l’Iraq e la Siria, e chiedono perché il proprio governo vuole ripetere recenti errori. Non importa quanto siano limitati gli attacchi o sofisticate le armi, vittime fra i civili sono inevitabili, compresi gli anziani e i bambini che gli attacchi dovrebbero proteggere. Il mondo reagisce chiedendo: se non puoi contare sul diritto internazionale, allora devi trovare un altro modo per accertarsi della propria sicurezza. Quindi un crescente numero di paesi cerca di acquisire armi di distruzione di massa. È logico: se hai la bomba, nessuno ti tocca. Siamo lasciati con discorsi sul bisogno di rafforzare la non proliferazione, quando in realtà questo sta venendo eroso. Dobbiamo smettere di usare il linguaggio della forza e tornare sul sentiero della soluzione diplomatica e politica. Negli scorsi giorni è emersa una nuova opportunità di evitare l’azione militare. Gli Stati Uniti, la Russia e tutti i membri della comunità internazionale devono approfittare della disponibilità del governo siriano di porre il proprio arsenale chimico sotto controllo internazionale per seguente distruzione. A giudicare dalle dichiarazioni del presidente Obama, gli Stati Uniti vedono questa via come un’alternativa all’azione militare. La mia relazione lavorativa e personale con il presidente Obama è contrassegnata da crescente fiducia. Apprezzo questo. Ho analizzato attentamente il suo discorso alla nazione martedì. E non sono d’accordo con una tesi che ha portato avanti sull’eccezionalità americana, affermando che il modo di fare degli Stati Uniti è “quello che rende l’America diversa. È quello che ci rende eccezionali.” È altamente pericoloso incoraggiare le persone a sentirsi eccezionali, a prescindere dalla motivazione. Ci sono paesi grandi e piccoli, ricchi e poveri, quelli con lunghe tradizione democratiche e quelli ancora sulla propria strada verso la democrazia. Anche le loro politiche sono diverse. Siamo tutti diversi, ma quando chiediamo la benedizione del Signore, non dobbiamo dimenticare che Dio ci ha creati uguali.
Posted on: Sat, 14 Sep 2013 17:07:51 +0000

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