2013 - Anno della fede Vivere con Maria Riflessioni di paf - TopicsExpress



          

2013 - Anno della fede Vivere con Maria Riflessioni di paf “trascinate” da riferimenti ai Vangeli Gennaio “La vergine si chiamava Maria” (Lc 1,27) Dio mandò il suo angelo ad una giovane donna, promessa sposa di un giovane. ma quei due giovanetti ancora non erano andati ad abitare insieme… Il grande disegno del Signore trova il suo inizio in una gravidanza umanamente inspiegabile. È il disegno della salvezza, della redenzione dell’umanità che, con la disubbidienza di Eva ed Adamo, non poteva essere più erede del Paradiso. Il Creatore vuole la salvezza di ogni sua creatura ma il grande progetto di salvezza dovrà passare attraverso la venuta sulla terra di un “Salvatore-Redentore”. È lo stesso Dio che vuole realizzare, attraverso il suo stesso figlio che si farà uomo, questo progetto. La salvezza passerà attraverso una vita umana che raggiungerà il suo culmine nell’ignominia della croce che, però, diventerà la gloria della croce. Dio per farsi uomo ha voluto aver bisogno di una donna che gli desse le sembianze umane. A Dio nulla sarebbe stato impossibile, ma Egli sceglie la strada umana della vita, proprio perché la creatura trovi in un’altra creatura, esentata dalla macchia originale, quella collaboratrice a cui nel compimento della sua missione, dall’alto della croce, Dio stesso fatto uomo, potrà dire “Ecco vostra madre”. Febbraio “Non temere…perché hai trovato grazia presso Dio…” “Avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1,30…38) L’animo della Giovinetta si spaventa, si disorienta…non comprende la portata delle parole dell’angelo. È lo Spirito di Dio stesso che, in quel momento, amandola, la rassicura: “Non temere!...” Venti secoli dopo, quel Dolce Cristo in terra di Giovanni Paolo II ripeterà a tutti noi: “Non abbiate paura, varcate le soglie della speranza”. Speranza e fiducia portano all’abbandono completo alla volontà divina. Se ci si abbandona a Lui non si ha paura, non si ha timore: e la giovane Ebrea si abbandona completamente a quella suprema volontà esprimendo il suo “Eccomi!” Se nelle angosce, nelle paure, nelle incertezze, nei dubbi, nelle sofferenze, ci si affida alla Sua volontà, accettandola, allora le tribolazioni, se non scompaiono, diventano certamente più sopportabili. Quante volte sentiamo dai tanti pellegrini che si son recati a Lourdes o nelle altre località mariane che la “grazia o miracolo richiesto non è arrivato ma quanta serenità del cuore ho trovato…” È una serenità del cuore che arriva come risposta certa a quel saper dire con accettazione: “Eccomi Signore, eccomi!” Marzo “Maria si mise in viaggio verso la montagna…” (Lc. 1,39) Maria che porta già nel Suo grembo il Bambino Salvatore si mette in viaggio verso i luoghi, ben lontani, dove vive la cugina Elisabetta che aspetta da sei mesi Giovanni il Battista precursore. Anche Elisabetta ha saputo esprimere, nella sua vecchiaia, il suo “SI” ai disegni di Dio. E Dio si reca da lei ancora prima di venire alla luce umana. È Maria che lo porta a Lei. Maria quasi “ministro dell’Eucarestia” che si reca da chi aspetta Gesù senza potersi da Lui recare. “Maria donna in cammino” la invocherà Don Tonino Bello. Donna in cammino verso la montagna, donna in cammino poi verso Betlemme per portare il Nascituro ai pastori ed ai Magi perché potessero adorarLo. Donna in cammino ancora verso l’Egitto, per portare in salvo dai pericoli il Bambino minacciato da Erode. Aspettiamola anche noi questa Donna in cammino perché anche a noi porti “Gesù”, perché anche noi possiamo arrivare a Lui attraverso Lei. “Ad Jesum per Mariam” ci ha insegnato la Chiesa. Ed a Gesù andiamoci, in questo anno della fede, portati per mano da questa Donna in cammino. “Vieni o Madre, in mezzo a noi… Cammineremo insieme a Te!” Aprile “Nulla è impossibile a Dio!” (Lc 1,37) Elisabetta era ritenuta sterile ed invece era già al sesto mese di gravidanza. Maria era incinta pur essendo rimasta intatta nella sua “verginità” e la Chiesa, con il suo dogma, ci insegna che tale verginità resterà persino dopo il parto. A Dio nulla è impossibile. Lo afferma l’Angelo a Maria e ben lo sappiamo dalla nostra stessa fede professata nel “Credo”…- credo in Dio Padre onnipotente – onnipotente cioè che tutto può. Ma l’onnipotenza di Dio non può essere intesa come una specie di “power on demand” diremmo oggi con linguaggio “self-service”. Dio è onnipotente ma è anche infinitamente giusto, giusto ma anche infinitamente misericordioso e soprattutto ama in maniera infinita le sue creature. La grazia divina non può arrivare a chi non la richiede o addirittura la respinge. Per noi l’amore di Dio, con la sua grazia, non potrà mancare perché ci sono stati promessi e Dio è fedele alle sue promesse. Ma Dio si aspetta dalle sue creature che sappiano dire con la sincerità del cuore “Padre nostro dacci oggi il nostro pane quotidiano…”. Ma “dacci il pane” dobbiamo richiederlo dopo aver detto anche “sia fatta la tua volontà e non la mia”. Lo dirà lo stesso Gesù nel Getsemani nel momento della sua agonia. Se Maria ci terrà per mano per noi sarà più facile dire “sia fatta la tua volontà”. Maggio “L’anima mia magnifica il Signore” (Lc 1,46) Esulta la Giovane Fanciulla, esulta in Dio lodandolo e magnificandolo. Elisabetta l’aveva salutata, ispirata dalla Spirito, come la “Benedetta” e si era chiesta: “A che devo che la Madre del mio Signore venga a me?” Maria la Madre del Signore! Compare nella Sacra Scrittura la parola “Madre” riferita a Maria e “Madre del Signore” È la conferma del Mistero, la conferma del grande disegno divino che si sta realizzando. E la protagonista come reagisce? Semplicemente “lodando e magnificando” Dio. Lei sarà, da quel momento, chiamata “beata” ma, umile e sottomessa, afferma che solo il “Suo” nome, il nome di Dio, è santo. Ma la santità il Signore l’ha promessa anche alle sue creature ed il “Signore è fedele e non si pente” recita il salmista. La santità, la salvezza, la dobbiamo desiderare e meritare. Meritare con una fede sincera che dovrà essere la forza di saperci rialzare quando cadiamo, saper riprendere il giusto cammino quando ci accorgiamo di aver sbagliato strada, di saper pregare con la lode al Signore oltre che con la richiesta di perdono, oltre che con una umana insistente richiesta di aiuto. Che bello saper dire anche nell’ora dell’angoscia e del dolore: “Signore grazie per quello che mi hai dato!” e non solo “Signore perché mi hai tolto quello che credevo di avere!”: Giugno “Andarono e trovarono Maria e Giuseppe e il Bambino” (Lc 1,16-19) Sembra l’inizio di un pellegrinaggio verso i tanti Santuari Mariani odierni. I Pastori vanno, spinti sì dall’annuncio dell’Angelo, ma vanno soprattutto per vedere ed adorare il Messia Bambino. Ed i Pastori diventano “missionari” perché tornano e riferiscono a tutti ciò che hanno visto ma, soprattutto, ciò che è stato detto loro. La parola assume quel grande significato di annuncio, di messaggio di redenzione, di nuova profezia. Gesù non veniva per abolire la “vecchia legge”, veniva a perfezionarla. Quel Bambino era il Messia di giustizia sì ma anche e soprattutto Messia di amore , di perdono, di misericordia. E i pastori, come subito dopo i Sapienti Magi dell’Oriente, avevano accolto con “fede” l’annuncio a loro pervenuto. “E Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. Serbare nel cuore la parola misteriosa di Dio. Serbarla senza disattenderla. Serbarla e meditarla. La meditazione sincera e profonda rafforzerà la fede, la vera fede. Quella fede che, come dirà poi l’apostolo Giacomo, si accompagnerà, si dovrà accompagnare alle opere. Luglio “Figlio perché ci hai fatto questo?” (Lc 2,49) Il saggio Simeone, quando, nel tempio, Maria ed il silenziose ma attento Giuseppe gli avevano presentato, come la tradizione voleva, il Bambino Gesù, le aveva profetizzato “Una spada ti trafiggerà il cuore!” Ma non era questo il momento del dolore per la giovane Mamma. Questo era solo uno dei momenti di grande preoccupazione che Lei viveva mentre quel bambino cresceva. Gesù si era fermato tra i dottori del tempio perché, ancorché ancora dodicenne, doveva “occuparsi delle cose del Padre Suo”. Eppure Maria, con Giuseppe, si era preoccupata. Poteva essersi smarrito, perduto…bisognava cercarlo e trovarlo subito e ad ogni costo. Maria, questa donna, che l’umanità avrebbe per sempre poi invocata come “Madonna – mia domina mia signora – suo figlio - i suoi figli, noi suoi figli - non può perderlo. Lo cerca e lo ritrova. Lo ritrova e lo rimprovera anche. “Perché ci hai fatto questo!” Nel vangelo le parole di questa mamma non sono tante anzi sono veramente poche. Aveva pronunziato poche parole con l’Angelo del Signore a Nazareth ed aveva finito col dire “Avvenga di me secondo la tua parola”. Con Gesù, per la prima volta leggiamo riportata una sua parola. Ed è una parola, sì di affettuoso rimprovero, ma è solo di preoccupazione e di apprensione. Una parola che scaturisce unicamente dal compito che il grande progetto divino le ha affidato: preoccuparsi di suo figlio e aver cura di lui. Aver cura di tutti noi! E questo apparirà chiaro quando poi la spada veramente le trafiggerà l’anima, sul Calvario, ai piedi della croce. Agosto “Non hanno più vino” (Gv 2,5) A Cana di Galilea c’è una festa nuziale, c’è gioia, allegria. C’è soprattutto un bel momento conviviale e nessuno si accorge di un qualcosa che non va. È un bel problema e Maria, attenta e vigile come sempre, lo percepisce dai visi spauriti e allarmati del cantiniere e degli addetti al servizio di sala, come li definiremmo oggi. Non hanno più vino! Gli sposi, i padroni di casa, sono in difficoltà: aiutali tu! Ed anche questa volta la giovane mamma si ritrova rimproverata da questo figlio ormai uomo e pronto per “andar via di casa”. “Non è giunta ancora la mia ora!” Invece la sua ora era giunta ed a noi sembra quasi di percepire che quella Mamma attenta e vigile glielo voglia ricordare. Un poco come quando il giovanetto si attarda a dormire la mattina mentre l’ora della scuola si avvicina. “Svegliati è già tardi” par che dica. E come il giovanetto si solleva dal letto e si appresta ad affrontare la sua giornata di studio o di lavoro che sia, così Gesù, l’Uomo-Dio, il Maestro, docile e ubbidiente, accoglie la richiesta della madre. Una richiesta non specificamente espressa. Una richiesta di intervento portata a Lui come un dolce grido di preoccupazione per quegli sposi. Non hanno più vino. Come devono fare? Sarà un momento difficile per loro! Che figura faranno? Forse si lasceranno prendere dalla disperazione! Aiutali! E il dolce grido di preoccupazione, anche se trova, solo come apparente riscontro, un rimprovero, va a segno e l’aiuto richiesto arriverà con immediatezza. D’altra parte un Figlio alla Mamma sua può mai dire di no? Settembre “Fate quello che egli vi dirà” (Gv 2,5) Non hanno più vino – Fate quello che vi dirà. Maria sa bene che il suo Divin Figliolo non la deluderà e subito allerta la servitù del banchetto nuziale perché si adegui alle disposizioni di Gesù. Ma è solo in questo modo che dobbiamo leggere quel “fate quello che vi dirà? Non è piuttosto la raccomandazione della mamma premurosa al figlioletto che si reca a scuola e gli raccomanda l’opportunità di adeguarsi a quello che il suo maestro gli dirà di fare durante il percorso scolastico che si appresta ad intraprendere? Non è piuttosto l’affettuosa tenera ma ferma raccomandazione a tutti noi di fare quello che Egli ci ha detto e che continua a dirci durante tutta la nostra vita? E che cosa Lui ci dice, ci ha detto o ci dirà? Nulla di più ma anche nulla di meno di ciò che i quattro Evangelisti ci hanno raccontato. Proviamo a leggere quel brano di Matteo capitolo cinque quando Gesù sulla collina parla delle beatitudini. E se vogliamo avere per noi quello stato di grazia detto beatitudine non possiamo far finta che non sia proprio necessario essere mite di cuore, misericordioso, costruttore di pace…capaci di accogliere e perdonare anche chi ci insulta e ci maltratta a causa della nostra fede. Proviamo a leggere quel brano del capitolo 13 della prima lettera di Paolo ai cristiani di Corinto dove, con estrema chiarezza, ci dice come deve essere la nostra carità, il nostro amore per gli altri. Ma questo è il Vangelo canonico. Certo è il Vangelo secondo Matteo, secondo Marco, secondo Luca, secondo Giovanni.. È la parola di Dio secondo Paolo. Ma è la parola di Dio, niente altro che la parola di Dio. Ogni altra diversa lettura diventerebbe solo un comodo “vangelo secondo mestesso”. Ottobre “Donna ecco tuo figlio” (Gv 19, 26) Ad aver avuto qualche dubbio circa il fatto che il Signore ci ha assegnato come “particolare patrona” la Madonna, queste parole del Vangelo di Giovanni cancellano nettamente quel dubbio. Nelle sue ultime parole terrene Gesù, indicando Giovanni, afferma, rivolto alla madre “Ecco tuo figlio”. È il più giovane degli apostoli che diventa figlio di quella Madre dei dolori a cui “una spada stava trafiggendo il cuore”. Ma quel Giovanni sono tutte le creature del Signore, siamo tutti e ciascuno di noi. Non conosciamo se Maria abbia pronunziato delle parole di consenso ma possiamo ben immaginare che ancora una volta dal cuore di Maria esce un “Eccomi”. Un silenzioso ma accorato “eccomi” . A Cana di Galilea, durante il banchetto nuziale al suo “Non hanno più vino” aveva trovato un Gesù, pronto ad accogliere la sua inespressa preghiera, che aveva provveduto a quanto necessario in quella particolare situazione. Ora è Gesù, in agonia nella sua natura umana, ad affidarle il compito gravoso di accogliere il “suo figlio”. Maria noi siamo tuoi figli. Lo siamo e desideriamo essere tali per sempre. Vogliamo esserlo quando siamo al banchetto della gioia, quando magari siamo su di giri per un successo, quando tutto ci va bene e ci mostriamo incapaci di guardare ciò che ci circonda.. Soprattutto in quei momenti Maria, mamma affettuosa, stai accanto a noi perché anche le gioie e i successi siano da noi vissuti con umile serenità. E stai accanto a noi anche quando il giorno si fa buio, quando la tristezza e il dolore si impadroniscono di noi, quando la ruota del nostro vivere gira un poco all’incontrario. In quei momenti di prova non farci mancare il Tuo aiuto, fa che possiamo sempre avvertire la tua materna protezione. Novembre “Ecco la tua madre” (Gv 19,27) Dall’alto della croce Gesù ha detto a Maria “Ecco tuo figlio!” Aggiunge subito però, rivolto a Giovanni “Ecco tua madre!” Se in Giovanni il racconto evangelico invita a riconoscerci tutti e ciascuno, allora non possiamo se non leggere che il Crocifisso ha detto a tutti: “Ecco vostra Madre”. E si origina da quel momento la nostra confidente familiarità con questa figura di donna. Era stata fanciulla timida e spaurita a Nazareth, sposa affettuosa e riconoscente nel lungo cammino verso Betlemme, educatrice attenta di un figlioletto che cresceva, custode ansiosa e preoccupata nel viaggio verso Gerusalemme, essere umano a cui una spada trafiggeva il cuore nei giorni della Parasceve, diventava ora e per sempre la “madre” dell’intera umanità. Abbiamo imparato a invocarla “ Santa Maria Madre di Dio” ma quante volte l’appelliamo con familiare semplicità “Ave Maria Mamma di Dio”. Mamma e non madre soltanto. “Mamma” ci fa sentire più intimamente suoi figli, suoi piccoli figli desiderosi e bisognosi di protezione, di amore. Nel pericolo o nella sofferenza esce dalle nostre labbra e dal nostro cuore, con la stessa tensione fiduciosa e affettiva, sia quel “mamma mia!” e sia quel “Madonna mia!” D’altra parte come si può non sentirla “mamma” nel suo più profondo significato, quando lo stesso suo Divin Figlio ci ha detto “Ecco la tua madre!” E sono state quelle le ultime parole della vita umana di un Crocifisso morente, ma ancora assetato e non solo di quel fiele che consentiva l’adempimento delle Scritture; era un morente ancora assetato di amore e desideroso di donare amore. Dopo resterà solo il “Tutto è compiuto”. Dicembre “…la prese nella sua casa” (Gv 19,27) Giovanni prese Maria nella sua casa, Ma già Maria aveva preso Giovanni nel suo cuore. Così come aveva accolto nel suo grembo l’annunciato Messia; così come aveva accolto nelle sue braccia la cugina Elisabetta nel salutarla e nello starle vicino durante la gravidanza; così come aveva accolto nei suoi pensieri le preoccupazioni degli sposi che non avevano più vino; così come aveva accolto la sofferenza, che una madre dei dolori doveva provare nel vedere perseguitato, flagellato e crocifisso il proprio figlio; così come in fondo aveva accolto la stessa “Parola di Dio” pronunciando il suo “Eccomi”. Oggi, cara Mamma Maria, nel concludere questo percorso annuale di fede, da Te condotti per mano, vogliamo ritornare bambini e sentirci fra le tue amorose braccia, al calduccio di quella mangiatoia di Betlemme. Essere pargoletti con la speranza ed il desiderio che la nostra anima si senta e sappia rimanere fanciulla, pura e innocente. Siamo certi che continuerai a tenerci tra le braccia come bimbi appena nati, portati per mano quando daremo i primi nostri passi incerti, pronta a sostenerci per non farci cadere. Ti preghiamo stai accanto a noi soprattutto quando, smarriti e timorosi, non riusciamo a ritrovare la strada giusta di casa. È allora che certamente vogliamo sentirti e ti sentiremo accanto mentre starai lì a svolgere quel compito ”Ecco i tuoi figli”- che Gesù, nel momento della sua passione gloriosa ti ha assegnato. Anche a noi, tuoi figli, resterà un compito non facile, quello di meritare la Tua materna protezione.
Posted on: Sat, 07 Sep 2013 06:49:50 +0000

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