Contro la Costituzione e i suoi paladini borghesi. Per la - TopicsExpress



          

Contro la Costituzione e i suoi paladini borghesi. Per la rinascita dell’organizzazione sindacale di classe fuori e contro i sindacati di regime. Lo strato sabbioso di benessere accumulato nelle società di un pugno di paesi nel mondo è da anni sottoposto all’azione erosiva della crisi economica che sta facendo riaffiorare sempre più la vera pietra di cui è fatta la società capitalistica: proletariato da un lato, borghesia dall’altro. La crisi economica non è un fatto transitorio: è un processo iniziato fin dalla metà degli anni ’70, da allora in continuo avanzamento, e che sta portando sempre più velocemente i lavoratori di tutto il mondo verso la miseria e la guerra. La crisi sociale del Nord Africa e del Medio Oriente è un episodio di questa medesima crisi mondiale che colpisce l’Europa, gli Stati Uniti, il Giappone e la stessa Cina. Le cause della crisi non risiedono in qualche malfunzionamento del sistema economico a cui si possa rimediare con una particolare diversa politica. La crisi è parte della vita stessa del capitalismo. E della sua morte. A generarla sono ineliminabili contraddizioni interne, le cui manifestazioni principali sono la sovrapproduzione e il calo del saggio del profitto. Queste due malattie del capitalismo sono incurabili e degenerative e provocheranno il collasso della sua economia. Con la crisi e la rovina delle cosiddette classi medie sta morendo il mito di un capitalismo dal volto umano, in cui i lavoratori non sarebbero stati più proletari, ma cittadini al pari dei borghesi, e la politica non sarebbe più stata la lotta fra le classi ma la pacifica conciliazioni dei loro interessi per la difesa di un inesistente bene comune. In nome di questo mito ai lavoratori è richiesto di sacrificarsi in modo sempre più gravoso per salvare l’economia nazionale o l’azienda. La pretesa conciliazione degli interessi si sta risolvendo in un progressivo sacrificio per il Capitale di ogni singolo aspetto della vita dei lavoratori salariati. La crisi della cosiddetta sinistra – che altro non è che la sinistra borghese - è il riflesso politico di questo processo economico. L’opportunismo (che in Italia furono PCI e PSI), sulla base materiale della ripresa economica nel secondo dopoguerra, ha ingannato e diseducato alla lotta la classe operaia, pretendendo che le conquiste salariali e normative di quegli anni non erano frutto solo dei duri scioperi condotti, che non erano legate a una fase transitoria dell’economia capitalistica, e sempre sotto minaccia d’essere attaccate dal padronato, ma erano il risultato di un capitalismo nuovo, diverso, riformato, e, in politica, della Democrazia e delle sue regole, fin dalla sua osannata Costituzione. Questa mistificazione della realtà, che è certamente la più forte ideologia dell’epoca contemporanea, più del fascismo o del falso comunismo di marca staliniana, sta crollando. Il capitalismo sta facendo macerie di tutti i pretesi diritti inviolabili, distruggendo lo Stato sociale, garantendo ai giovani lavoratori di lavorare fino alla morte o di morire di stenti con una pensione da fame, aumentando senza fine i ritmi di lavoro da un lato e la disoccupazione dall’altro, il tutto col sostanziale avvallo della sinistra. Si sta dimostrando che non era la democrazia la base dello sviluppo economico, ma, al contrario, era quest’ultimo che, creando le condizioni per la pace sociale, ha permesso alla borghesia di mascherare la dittatura del Capitale sui lavoratori con la finzione democratica. Ieri, con la forte crescita economica del dopoguerra, la borghesia, costretta dagli scioperi dei lavoratori, ha concesso alcune briciole dei suoi profitti, e l’opportunismo ha potuto appropriarsi del merito di queste conquiste dandovi una veste parlamentare, giuridica, normativa. Oggi, con l’avanzare della crisi, la borghesia cerca di riprendersi quanto prima ceduto e all’opportunismo non resta nulla su cui speculare. La sinistra borghese non ha, e non può avere, alcuna proposta politico-economica alternativa alla destra per il semplice fatto che oggi esiste solo una ricetta per mantenere in piedi capitalismo: aumentare lo sfruttamento della classe lavoratrice. Ecco perché in Spagna e in Grecia sono governi di sinistra a farsi carico dei più drastici provvedimenti contro i lavoratori . Ecco perché in Italia l’abolizione della scala mobile, con la conseguente perdita del potere d’acquisto dei salari, la demolizione del sistema previdenziale, l’introduzione e l’allargamento dei contratti precari, sono stati tutti provvedimenti sostenuti dalla sinistra e dai sindacati di regime. Ecco perché la sinistra borghese cerca di camuffare la natura antioperaia della sua politica dietro alla cortina fumogena dell’antiberlusconismo e della questione morale. Norme, leggi e Costituzioni non hanno mai prodotto ma solo sancito ciò che la classe operaia ha conquistato, o perso, con la forza. Non sarà con la loro invocazione che i lavoratori riusciranno a difendersi ma solo con la reale mobilitazione in potenti scioperi. Questo è esattamente ciò che non vogliono fare i paladini della Democrazia e della Costituzione perché accettare di scendere sul piano dei rapporti di forza è la negazione pratica dell’ideologia democratica, che droga i lavoratori illudendoli possa esistere un sistema di regole a difesa dei loro interessi e che non sia invece necessario organizzarsi per condurre lotte sempre più dure. Il capitalismo spingerà i lavoratori a tornare apertamente alla lotta, non per scelta ideale, ma quale unico mezzo per difendersi. Come già tante volte in passato la classe fronteggerà quali suoi nemici non solo i padroni, i loro governi e il loro Stato, ma anche i sindacati confederali, compresa la CGIL, in cui dalla fine degli anni ’70 ogni possibilità di ritorno ad un’azione sindacale classista è definitivamente tramontata. I lavoratori più combattivi devono porsi fin da oggi sulla strada della ricostruzione della loro organizzazione sindacale di classe fuori e contro i sindacati di regime (CGIL-CISL-UIL). Il Sindacato di classe è lo strumento indispensabile per unificare le singole lotte dei lavoratori, divise per stabilimento, azienda, categoria, in un generale movimento di difesa, a partire dalla categorie più sfruttate, perseguendo gli obiettivi comuni di sempre: difesa del salario, riduzione dell’orario, salario ai lavoratori disoccupati. Un tale movimento può essere condotto solo sulla base di un principio d’azione opposto a quello dei sindacati di regime: la difesa intransigente delle condizioni di vita dei lavoratori, rifiutando ogni responsabilità verso l’economia aziendale e nazionale, cioè capitalistica, perché consapevole che se questa affonda, la classe lavoratrice non muore con essa, ma ha invece la grande possibilità storica di prendere in mano la società e liberarla dalle leggi economiche del Capitale e dal lavoro salariato. La ricostruzione del sindacato di classe ha oggi, fra gli altri, due principali ostacoli: la sinistra CGIL e la frammentazione del sindacalismo di base. La sinistra CGIL in 30 anni, dalla “svolta dell’EUR” ad oggi, passando per il movimento degli “autoconvocati” a metà degli anni ’80 e per la “stagione dei bulloni” del 1992-’93, non solo non è riuscita nell’intento di “cambiare la CGIL”, ma nemmeno ne ha impedito il continuo spostarsi su posizioni di aperto corporativismo. Di fatto, non ha cambiato la CGIL ma l’ha puntellata, ha consumato sane energie operaie in questo compito fallimentare, ed ha così impedito e ritardato la formazione di una nuova organizzazione sindacale di classe. La sua azione, poi, non si differenzia nella sostanza da quella della maggioranza CGIL. Partito Comunista Internazionale international-communist-party.o...ublications.htm
Posted on: Thu, 24 Oct 2013 11:12:10 +0000

Trending Topics



Recently Viewed Topics




© 2015