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DA FREY A CONCA D’ORO, MEZZO SECOLO DI PASSIONE LUIGI BIZZETI, UNA VITA PER IL TROTTO di Antonio Berti E’ più di due anni che Luigi Bizzeti ci ha lasciato e questo pomeriggio, domenica 20 novembre, è la seconda volta che Ippodromi & Città ne ricorda la figura dedicando, alla sua memoria, un intero convegno: Memorial Luigi Bizzeti, il centrale, ed i premi di contorno, due, intitolati alle sue due scuderie, la San Paolo e la Settignano, e gli altri ad alcuni dei cavalli più significativi che portarono in pista i colori verde arancio della famiglia Bizzeti. Una famiglia che aveva il trotto nel sangue a cominciare da papà Mario e che esplose in pieno in Luigi che della passione per i cavalli ne fece, quasi, una ragione di vita. Intendiamoci, Gigi non fu solamente un turfman. Gigi fu un bravo avvocato, un professionista serio e molto preciso, fu un uomo leale e generoso, fu uno che amava il vivere in tutti i suoi aspetti, fu un italiano orgoglioso di esserlo, fedele al tricolore, quello verde, bianco e rosso, per tutta la vita. Senza mai tradirlo. E non è poco in questo bel paese e di questi tempi. Fu anche un goliardo eccezionale – fu tra i fondatori della Vacca Stupefatta, l’ordine goliardico della Facoltà di Giurisprudenza dell’Ateneo Fiorentino – un animatore della vita studentesca del capoluogo toscano ed un personaggio a successo nella Firenze spensierata degli anni ’50. Certo, però, il trotto fu la sua vera grande passione per tutta la vita e, diciamolo, insieme alla tavola. Riconosceva a prima vista se un cavallo meritava attenzione e se un guidatore era una promessa. E raramente si sbagliava, anzi, quasi mai. Famosa fu la sua scommessa su Nello Bellei quando Ivan era ancora il signor nessuno. E sapeva apprezzare, da vero buongustaio, la buona cucina, talvolta, anche esagerando. Andare a cena con Gigi dopo un convegno di corse in notturna era veramente uno spasso. Arrivavi a notte fonda senza renderti conto del tempo che passava perché la sua presenza si sentiva, eccome se si sentiva, e ti divertiva. Ecco questo, in sintesi, era Luigi Bizzeti che chi scrive ha conosciuto in giovanissima età. Ai tempi dei pantaloni alla zuava che segnavano il periodo di trasformazione da bambini ad uomini. Già, a quell’epoca, il passaggio d’età non era così…traumatico come ai giorni nostri. Oggi, infatti, si smette i pantaloni corti e si mette subito quelli lunghi per cui, in genere, si diventa uomini troppo presto…Con tutte le conseguenze del caso, e generalmente, negative. No, allora, la “metamorfosi” da bambini ad uomini era più graduale. Era appunto l’epoca dei calzoni alla zuava, calzettoni scozzesi e scarpe di para o carro armato. Poi a 18 anni, età fatidica, i pantaloni lunghi. Lo conobbi, naturalmente, alle Mulina, alla fine degli anni ’40, con i calzoni alla zuava. Lui era già un esperto del trotto, io un neofita che, però, non tardò a farsi prendere dalla febbre delle redini lunghe. E lui tirava fuori tutta la sua cultura ippica, parlava entusiasta di Egisto Tamberi che, anche lui, quasi sicuramente, non aveva conosciuto, ma di cui lui sapeva tutto, ci parlava della splendida selleria di Dino Fabbrucci, piena di finimenti di ogni tipo con i quali. il driver Peretolino, riusciva a far trottare perfettamente i cavalli più intrattabili. E a proposito di Dino Fabbrucci ci raccontava del famoso match fra Aulo Gellio, guidato da Dino Fabbrucci, e Jago Clyde, guidato dal Cavalierone Nello Branchini. Il match si disputò all’ippodromo bolognese dell’Arcoveggio dopo un convegno in notturna. C’era gran rivalità fra i due cavalli e così i due proprietari, per porre fine alle discussioni, e vedere qual era il migliore, decisero di sfidarsi a singolar tenzone , cioè, misurarsi in un match. Ciascuno dei due proprietari mise una cifra che sarebbe poi andata interamente al vincitore. L’incontro ci fu e lo vinse Dino Fabbrucci con Aulo Gellio. Dino, ci raccontava Gigi, andò in testa, mise il cavallo quasi di passo, i due si controllavano a velocità ridottissima, poi, di colpo, Fabbrucci richiamò Aulo Gellio, scappò via al momento giusto e vinse. Ebbene eravamo nella seconda metà degli anni ’30 e Gigi era nato nel 1935. Eppure sapeva tutto, come se lui si fosse trovato lì a vedere il confronto, ed era tutto vero. E lo sapete perché? Perché lui, giovanissimo, era amico degli anziani e da questi apprendeva tutto quello che c’era da apprendere e poi, nella maturità, diventò amico dei giovani, degli amici dei suoi figli, ai quali cercava di trasmettere la sua passione e la storia passata arricchita dalla sua esperienza, che non era poca. E a Dino Fabbrucci fu affidato Frey, uno dei primi cavalli importanti della Scuderia San Paolo, la formazione di Casa Bizzeti. Prima al sud, con Cicognani, poi con Jonello Chiaverini, Frey, alla fine degli anni ’40, fu dato in allenamento, appunto, a Dino Fabbrucci che con questo figlio del velocista Schnapps e di Leila si stancò di vincere fra la Toscana, Roma, Napoli e Bologna. Per questo cavallo, Gigi, che aveva già messo i…pantaloni lunghi, come del resto noi, ci stravedeva e noi tutti a fare il tifo. Tempi irripetibili. E, come si era prima accennato, Gigi si sbagliava raramente quando dava un giudizio su un driver o su un cavallo. E, così, dopo il tifo sfegatato per Birbone, Vivaldo Baldi e la Scuderia Maria Luisa, che, nella metà degli anni ’50, trionfando su tutti gli ippodromi d’Italia, portarono ai vertici nazionali il trotto fiorentino, un’altra stella sorgeva alla periferia di Firenze e questa stella si chiamava scuderia Kyra. E quando la Kyra, dopo i grandi successi conseguiti con Oriolo e Assisi e la guida di Brighenti, passò agli ordini di Nello Bellei per Gigi fu il massimo. Una scuderia fiorentina sotto la regia di un Nello Bellei sul quale Gigi aveva scommesso fin dai….primi attacchi. Ed ebbe ragione. Il primo grande nome fu Steno e Gigi, spesso, ne seguiva le imprese sui vari ippodromi d’Italia dove il figlio di Oriolo andava a mieter vittorie. E di Steno ho un ricordo personale. Il portacolori della Kyra era andato a New York a correre l’International Trott, dove giunse secondo dopo una rottura e un grande inseguimento, insomma, la vittoria morale fu sua. Era una sera di corse a Montecatini dell’estate 1965 e quella sera era previsto il rientro di Steno che era già arrivato in Europa con l’aereo. Il van sarebbe dovuto arrivare a mezzanotte circa. Andai anche io, ma alle una e mezzo mollai la presa e salutai tutti. Lui no, rimase lì. E fu premiato perché, verso le due , mentre io viaggiavo sull’autostrada in direzione di Firenze, proprio vicino al Grill di Serravalle, in direzione mare, vidi il van del Peri con il suo prezioso carico che stava rientrando alla base. Io persi quella bella occasione, lui no. E quando nel 1967 i rapporti fra Bellei e la Kyra si interruppero e Bellei rimase con due soli cavalli in scuderia, Valpiana e Traspontina, Gigi si dette da fare e insieme a Vanni Parenti, Ilma e Gino Cacialli, Gianfranco Checcucci ed altri si inventò la Scuderia degli Amici ed in breve Bellei si ritrovò con la scuderia piena. Furono i tempi della vittoria di Valpiana in una batteria del Lotteria napoletano e nel Città di Montecatini, di Pierfranco e di Petra. Poi, nel 1970, Bellei tornò alla Kyra e Gigi tornò a fare il tifo per il suo idolo e la formazione fiorentina. Correvano gli anni di Sem, di Scellino, di Sarcasmo. Ma Gigi, che fu anche gentleman appassionato, ricordo bene la prima vittoria con Dananda Bri agli inizi degli anni ‘60, aveva il “bernoccolo”, come si dice noi in Toscana, del talent scout. E in questo ruolo non sbagliava mai. Alcuni nomi ? Eccoli: Abitibi Gis, con il quale vinse una corsa a pariglie in coppia con Cacicco Ip, la velocissima Nagà Dalva, l’irruente Infuocato, la bisbetica Bambaissa, il positivo Noguar, fino all’attuale Conca D’Oro. Questa, figlia di Majer Art, era una cavallina come tante, ma Gigi, che era convinto delle qualità di riproduttore del campione dei Matarazzo, ci vide del buono, convinse tutti e fu da lui acquistata insieme ai figli e ad alcuni amici. E’ stato l’ultimo squillo di Gigi che l’acquistò quando il male lo stava già logorando. E Conca D’Oro gli regalò l’ultima soddisfazione. Poche ore prima di morire, Gigi ricevette la telefonata di Vanni Parenti che gli comunicava che Conca D’Oro, pochi minuti prima, ad Alberga, aveva migliorato il proprio record. E le ultime parole di Gigi, furono Poco dopo prese sonno e non si svegliò più. E anche questa volta aveva avuto ragione perché Conca D’Oro tutti hanno visto che cavalla è, proprio d’oro. Ma noi siamo sicuri che Lui, da lassù, specialmente quando corre Conca D’Oro, una sbirciatina alle corse la darà di certo, sicuramente insieme ad Egisto Tamberi e Dino Fabbrucci e in compagnia anche di tanti altri amici trasferitisi ai…piani superiori. E magari, come accadeva ai bei tempi, si entusiasmerà, anche se di un entusiasmo contenuto perché lassù non si può esagerare…. Ecco, Gigi, a noi piace ricordarti così, pieno di entusiasmo e di ottimismo e, stai tranquillo, non ti dimenticheremo mai perché i personaggi come te non si dimenticano mai. In particolare se, dopo Mario e Luigi, i figli Luca, Claudio, Biancamaria e Cristina continueranno la grande passione di famiglia per il trotto.
Posted on: Mon, 19 Aug 2013 15:20:44 +0000

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