Diario di viaggio – Egitto: 23.03.2013/01.04.2013 Se penso agli - TopicsExpress



          

Diario di viaggio – Egitto: 23.03.2013/01.04.2013 Se penso agli eventi di questi giorni posso dire di ritenermi fortunato per essere stato in Egitto recentemente con mia moglie, mio figlio Fabio e i miei amici carissimi Giuseppe e Agnese (mia figlia Sara c’era già stata nell’ ottobre del 2012 col suo ragazzo Fabio). Il ricordo di quel viaggio ora è più coinvolgente. Una sensazione strana, particolare che avevo già prima di partire perché non riuscivo ad immaginare il mio stato d’animo in Egitto senza mio fratello Adriano. Avevo paura delle mie sensazioni, una volta arrivato in Egitto, quale poteva essere la mia reazione in quei luoghi che avevo visitato l’ultima volta con Adriano? Infatti resta un ricordo memorabile quel viaggio del 2000 in Egitto che ho avuto la fortuna di condividere con Adriano e una quarantina di persone di Comunanza e non solo. C’ero già stato nel 1996 ma Adriano lavorava per gran parte del giorno e quindi potevo “sfruttarlo” solo nel pomeriggio e la sera! Con Adriano si aprivano tutte le porte in Egitto e ci sentivamo, in un certo senso, invidiati perché certamente privilegiati oltre che protetti. Perché Adriano ci accompagnava per il Suk del Cairo, sulla piana di Giza, alla Cittadella, al villaggio dei morti, a Hurgada sul mar rosso, a Luxor, nella valle dei Re, nella valle delle Regine, lungo il Nilo, Edfu, Esna, File, Comombo, Assuan, Abu simbel. In ogni luogo lui aveva amici. Anche a noi ha fatto provare la sensazione del giro, con la feluca, sul Nilo. Il viaggio più bello della mia vita ma credo lo sia stato anche per Adriano perché ci disse che quello era per lui il primo viaggio in Egitto da turista. Aveva ragione lui quando diceva:” Impossibile descrivere, bisognerebbe vedere”. In effetti Adriano mi rimproverava sempre il fatto che io non ero mai andato a trovarlo in Egitto durante le sue missioni che erano iniziate già nel 1987. Lui mi diceva sempre che se ci fossi andato una prima volta poi ci sarei ritornato volentieri altre volte, così è stato per me. Come al solito aveva ragione lui. In queste occasioni Adriano mi ha fatto conoscere alcune persone bellissime, che poi sono diventate fratelli per Adriano ed anche per me, come Father Maximous El Antony, Gamal Khalil Ibrahim e Francis Amin. Quindi sono partito per l’Egitto il 23 marzo 2013 con i miei dubbi ma convinto. Partenza da Roma Fiumicino, scalo al Cairo e poi arrivo a Luxor, l’antica Tebe. Luxor, la città che Adriano adorava, la città che si fa amare per come è, la città che amo anche io perché trasmette sensazioni positive. Adriano mi confidò che stava cercando una casa da acquistare a Luxor, per viverci anche quando non lavorava in Egitto (questo me lo ha confermato anche il mio amico Francis Amin). A Luxor ti viene voglia di restarci per sempre. Forse questa voglia deriva dal fatto che a Luxor si respira ancora la presenza di Adriano, in qualche negozio del Suk, in qualche villaggio lungo la strada che porta verso la valle dei re e delle regine, non saprei descrivere…….” Impossibile descrivere, bisognerebbe vedere”. Lo Sheraton Luxor Resort Hotel, sulla sponda del Nilo, davanti a te questo grande fiume che scorre lento e imponente, era il paesaggio di ogni alba e tramonto, ogni giorno. Indescrivibile. Il tramonto è bellissimo perché tutto diventa rosa, il cielo, la sabbia, le case. Avresti passato tutto il giorno in Hotel perché il paesaggio, già da solo, ti appagava. Durante questo soggiorno ho potuto riabbracciare il mio amico e fratello Gamal, sempre a nostra disposizione, sempre presente e che finiva sempre nel raccontarmi di Adriano. Quella di Gamal è una famiglia bellissima, sua moglie, i suoi figli Matthew, Mark e Mira. Andare in giro per Luxor con Gamal è come andare a spasso per Comunanza, nessun problema perché è conosciuto, rispettato e stimato da tutti, ti senti al sicuro. Lui è il Direttore dell’Egyptair Cargo in luxor. In giro per il Suk di Luxor, magari al buio (da qualche tempo ogni sera c’è il solito black out), nessun problema anzi, atmosfera perfetta. Seduti davanti ai negozi degli amici di Adriano, a bere un caffè turco o un tè, sentire il profumo del tabacco che brucia sui narghilè, non ha prezzo. Gamal che ricordava a tutti che io ero il fratello di Adriano, allora baci e abbracci ma quelli veri perché io guardavo i loro occhi e gli occhi non mentono. In queste vie strette del Suk con tantissimi negozi ma pochissimi turisti, questa è stata la prima cosa che ho notato perché io il Suk di Luxor me lo ricordavo affollatissimo. Poi ho riabbracciato il mio amico e fratello Francis, sempre impegnato nei suoi studi. Lui è la prima guida turistica in Egitto (anche sua moglie è una guida turistica), è un professore, è uno studioso, un archeologo, un egittologo. Io non saprei come definire Francis ma lui ti legge i geroglifici con una semplicità e rapidità che è disarmante. Lui ti racconta la storia millenaria dell’Egitto con una capacità di sintesi impressionante. Lui ti diceva: “ vai in quell’angolo preciso, scatta una foto e poi vedi che esce fuori!”. Conosce ogni punto di osservazione perché lui fa parte di quel contesto, è a casa sua. Per noi il tempo lo ha trovato! La cosa curiosa è che lui accompagnava solo noi cinque e quando incrociavamo altri gruppi, ma composti da tante persone, le guide ci dicevano che eravamo fortunati perché avevamo la guida numero uno e tutta per noi. Io già lo sapevo che era un privilegio che Francis ci aveva riservato. Poi capitava che all’improvviso si fermava a riflettere per un attimo, appoggiato magari alla statua di Ramesse II, oppure ad una colonna di granito e cominciava a raccontarmi anche lui di Adriano, delle loro scoperte, intuizioni, progetti. Ammirare il Tempio di Luxor di notte è indescrivibile, le luci che esaltano l’imponenza di tutto quello che ti circonda…… poi ci siamo fermati davanti all’ultimo restauro eseguito in quel luogo da Luigi De Cesaris, anche lui scomparso, carissimo amico e collega di Adriano…. Al Tempio di Karnak Francis ha portato con se anche la sua dolcissima moglie e per noi questo è stato un gesto bellissimo, un piacere. Mi ha colpito il fatto che io ho ringraziato il Direttore del Tempio di Karnak per averci salutato e ospitato gratuitamente e lui invece ringraziava me, “il fratello di Adriano”, per essere andato a visitare il Tempio. Ricordo che Francis disse a mio figlio Fabio: “ è vero che tu non dici mai a scuola quello che ha fatto tuo zio Adriano in Egitto e nel mondo?”.. e poi continuò dicendo:” qui tutti sanno chi era Adriano e cosa ha fatto e tutti lo devono sapere!”. Mi disse Francis che era stato Adriano ad insegnargli come si ricavavano i colori nell’antico Egitto ed io gli dissi che magari era stato lui ad insegnarlo ad Adriano. Lui mi disse:” no no, è stato lui che lo ha insegnato a me”. Grande Francis. Alla valle dei Re Francis ci disse di visitare ancora una volta la tomba di Tutankhamon perché forse un giorno verrà chiusa per sempre, così abbiamo fatto. Alla valle delle Regine, sempre con Francis, ci siamo seduti all’ingresso della tomba di Nefertari, l’emozione è stata forte perché ho avuto la fortuna di entrarci due volte con Adriano, il luogo lo ricordavo perfettamente, nulla è cambiato. A dire il vero una cosa è cambiata, all’ingresso della tomba di Nefertari c’è una gigantografia con Adriano mentre restaura gli affreschi di quella che è considerata la tomba più bella in assoluto. Mio figlio Fabio in quel momento cosa pensava? Che tipo di emozioni provava? Io non ho avuto la forza di chiederglielo. Una mattina prendiamo la feluca e ci lasciamo cullare dal Nilo, quando sei in mezzo a quel fiume ti rendi conto della sua maestosità e capisci perché l’Egitto vive grazie ad esso. Lo attraversiamo e raggiungiamo un’isola naturale che si è formata in mezzo al Nilo, l’isola delle banane. Si chiama proprio così perché l’isola è tutta coltivata con piante di banane e la gente è cordialissima, un piccolo punto di ristoro, una mangiata di banane colte al momento, si riprende la feluca, si riattraversa il Nilo e si ritorna in Hotel. Ero in Egitto, me ne rendevo conto, quindi dovevo andare a tutti i costi al Monastero di Saint Anthony a Zafarana, sul mar rosso, per incontrare Abuna Maximous El Antony. Lui viene ogni anno a trovarmi a Comunanza e quindi io dovevo incontrarlo in qualche modo in Egitto. Troviamo un pulmino con l’autista e partiamo all’alba dallo Sheraton Luxor Resort Hotel, destinazione deserto assoluto! Tante ore di viaggio, 1.300 chilometri in un solo giorno, decine di check point con dossi rallentatori e garitte con guardie armate, tratti di strada asfaltata e tratti di strada sterrata, all’orizzonte sempre deserto, montagne, poche soste in qualche punto di ristoro ma tutto era così bello e pieno di significato… lo rifarei ancora! Arriviamo a Hurgada e la sosta è più lunga, ci riposiamo qualche attimo in più per poi affrontare ancora tanta strada. Ancora deserto e poi cominci a vedere il mar rosso, segno che ci stiamo avvicinando alla meta. Bisogna fare benzina e l’autista si ferma in uno dei pochissimi distributori che si incontrano lungo l’unica strada che si percorre. Una fila lunghissima di autocarri e macchine che attendono in fila per fare rifornimento. E’ paradossale ma in Egitto in questo momento scarseggia il gasolio e la benzina. In quel momento ho pensato: “qui finisce il viaggio, non arriveremo mai al monastero”. Poi ti accorgi che tutti ti fanno passare, ti danno la precedenza perché eravamo turisti, anche da queste cose capisci la bontà della gente del luogo. Tutto questo è curioso perché , mentre fai il pieno, guardi i pozzi petroliferi in mezzo al mare e le petroliere che solcano il mar rosso ma anche questo è l’Egitto che ami. Abuna Maximous ogni tanto mi chiama al cellulare: ”dove siete?” e l’autista mi fa cenno con la mano….ancora due ore! Arriviamo a Zafarana, lasciamo il mar rosso alle nostre spalle e ci addentriamo ancora di più nel deserto. Ora il paesaggio è ancora più selvaggio ma sai che alla fine ti si presenterà, come un miraggio, il monastero di Saint Anthony ai piedi di una montagna, tutto intorno il nulla. Finalmente arriviamo al monastero e Padre Maximous ci abbraccia e gli si legge negli occhi la felicità che gli abbiamo donato. La felicità è soprattutto nostra perché ritorno al Monastero per la seconda volta, però questa volta Adriano non c’è, non può esserci. Invece mi sbagliavo, Adriano c’è ancora, la casa dove lui viveva è rimasta come l’ha lasciata lui l’ultima volta. Ci sono ancora le sue cose, i suoi pennelli, le sue foto, i suoi CD, i reperti archeologici che lui trovava sotto la sabbia, il calendario 2004 voluto da Alfredo Prosperi e che Maximous ha appeso sul salone principale…. La sua camera con due lettini, uno per Adriano e l’altro per il suo amico e collega Luigi De Cesaris…. Sulla parete, dalla parte del lettino di Luigi, c’è ancora disegnato un ragno che sembra vero. Era uno scherzo di Adriano fatto a Luigi perché Luigi era terrorizzato dai ragni. Capisco che per Maximous è come se il tempo si fosse fermato con la morte di Adriano e poi di luigi. Capisco anche quanto affetto, amicizia, stima e ricordi riempiono quella casa dentro al monastero, in mezzo al deserto, nella tranquillità assoluta. Mio figlio Fabio che si guarda intorno, gira per tutte le stanze, riconosce suo zio Adriano dalle cose e dagli oggetti che vede e poi, in disparte, mi chiede:” ma questo è proprio il letto di zio?, ma zio viveva qui?”. Fabio si è sdraiato su quel letto in solitudine. Mi sono commosso ma senza farmi scoprire! Facciamo pranzo a casa di Adriano e Luigi (così la chiama Maximous) ed è tutto squisito perché Maximous è anche un ottimo cuoco e la cucina è tassativamente italiana. Dopo pranzo visitiamo il monastero e Maximous ci precede con un grande mazzo di chiavi in mano ed apre per noi tutte le porte. Lui cammina con la sua figura autorevole, con il suo sguardo che trafigge e i pellegrini che incrociamo si fanno da parte e chinano il capo. Noi lo seguiamo con imbarazzo perché tutti ci guardano sorpresi, avranno pensato: ”chi sono questi al seguito di Abuna Maximous, uno che ha rischiato di diventare il nuovo Papa copto dopo la morte di Shenouda III”. Beviamo l’acqua della sorgente di Saint Anthony poi Maximous ci dice:” Adriano, nelle pause di lavoro, andava sempre sul tetto della chiesa che stava restaurando per rilassarsi, bere un caffè e guardare il deserto oltre le mura antiche del monastero”. A quel punto Maximous dice a Fabio di seguirlo sul tetto della chiesa con la macchina fotografica. Padre Maximous si ricordava dove Adriano si sdraiava appoggiato al muretto e quindi scatta una foto a mio figlio con la stessa posa che assumeva Adriano. Anche qui mi sono commosso ma senza farmi scoprire! Mi promette che verrà a trovarmi a Comunanza, è quasi tramonto, tutto intorno si è colorato di rosa, il deserto, il cielo, il monastero. Lo abbracciamo e risaliamo sul pulmino, direzione Luxor, con un velo di malinconia. Si fa subito notte e allora succede quello che mi aspettavo e che sapevo già. Di notte si guida tutti a fari spenti, la luce è quella della luna che distingue il deserto dall’asfalto! Ogni tanto si lampeggiano ma mica sempre! La mia paura era quella di trovare all’improvviso un cammello o un asino in mezzo alla strada, come sarebbe andata a finire? Comunque arriviamo all’Hotel a tarda notte, stanchi ma soddisfatti e consapevoli di aver fatto una cosa bellissima che era doveroso fare. Arriva domenica, domani si riparte per l’Italia, decidiamo di andare a messa nella chiesa francescana a Luxor, dove andava sempre mio fratello. Davanti la chiesa la solita garitta col militare armato per garantire la sicurezza dei cristiani che vanno a messa, questo è normale in Egitto. E’ una chiesa con annessa una scuola e un orfanotrofio, il tutto gestito dalle suore francescane. A messa c’erano turisti tedeschi, americani, inglesi, di italiani solo noi e tanti egiziani del luogo. E’ stato bello ascoltare le canzoni in italiano, le stesse canzoni che sentivo nella chiesa di Comunanza, quelle dirette da Nicola Auletta. Nei primi banchi ho notato una suora che aveva tutta l’aria di essere la superiora, era circondata da tante bambine tutte egiziane, tutte ben curate e vestite con la divisa della scuola francescana o dell’orfanotrofio, non so. Al termine della messa mi sono avvicinato a lei e gli ho sussurrato: “sono il fratello di Adriano”, lei ha capito subito, si è commossa e mi ha abbracciato. Era proprio la superiora e mi ha raccontato tante cose su mio fratello, di quando andava ogni domenica a messa, di come le aiutava, in che modo le aiutava. Eravamo circondati da tanti bambini e bambine e la superiora ne teneva ben stretta una piccolissima. Mi disse: “vedi questa bambina? Lei è la più piccola di tre sorelle (e mi indicò le altre due), sono state tutte abbandonate dal padre dopo la morte della mamma”. Una cosa in particolare mi colpì, erano bambini sorridenti, bellissimi, educatissimi e ci dicevano: “ buon giorno”. Quelli che piangevano eravamo noi………e loro ci sorridevano ancora di più. Queste suore a Luxor, me lo raccontava Adriano, vivono la giornata così, vanno in giro per i villaggi e fanno da medico, da infermiere e poi raccolgono i bambini abbandonati a se stessi e li portano nella loro sede francescana, in questa chiesa-scuola-orfanotrofio a Luxor. La superiora mi disse: “ a questi bambini noi garantiamo un tetto, il cibo, i vestiti e la scuola. Insegniamo loro qualche piccolo mestiere perché quando saranno più grandi, se vorranno, potranno ritornare a vivere la loro vita. In Egitto si vive con poco e se sai fare qualche piccolo mestiere sopravvivi. Questi bambini non sono cristiani, non sono musulmani, sono semplicemente bambini…”. Di queste suore in prima linea non se ne parla mai (le suore non fanno notizia!) ma a loro va bene così, non cercano la gloria, cercano solo qualsiasi forma di aiuto per distribuirlo a tutti quei bambini…..”quelli che ti fanno piangere ma che ti sorridono sempre”. L’unico conforto è che in Egitto la comunità cristiana è molto grande e soprattutto molto solidale, in Egitto la carità è il gesto di ogni giorno per un cristiano. Ho lasciato quella chiesa con un senso di malinconia ma anche di gioia, ognuno di noi aveva gli occhi lucidi, forse perché pensavamo che il giorno dopo dovevamo ripartire per l’Italia, non so…..non credo… Ora il mio pensiero va a tutti questi miei amici egiziani, ogni giorno ci sentiamo (facebook è una grande cosa!), ogni giorno ci scambiamo notizie perché non potrei stare senza sapere come va al Cairo, a Luxor…. Devo sapere come sta Fady, come sta Gamal e la sua famiglia, Francis e la sua famiglia, Maximous e il suo monastero, le suore francescane di Luxor con i loro bambini….”quelli che ti fanno piangere ma che ti sorridono sempre”. La mia valigia è sempre pronta e, appena la situazione lo consentirà, ritornerò in Egitto. Im sure. (Damiano Luzi).
Posted on: Sun, 03 Nov 2013 22:01:45 +0000

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