Domenica 1 settembre, Genesi 28,10-19, pastore Emanuele - TopicsExpress



          

Domenica 1 settembre, Genesi 28,10-19, pastore Emanuele Fiume Genesi 28,10-19 Giacobbe partì da Beer-Seba e andò verso Caran. Giunse ad un certo luogo e vi passò la notte, perché il sole era già tramontato Prese una delle pietre del luogo, se la mise per capezzale e lì si coricò. Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima toccava il cielo; e gli angeli di Dio salivano e scendevano per la scala. Il Signore stava al di sopra di essa e gli disse: «Io sono il Signore, il Dio d’Abraamo tuo padre e il Dio d’Isacco. La terra sulla quale stai coricato, io la darò a te e alla tua discendenza. La tua discendenza sarà come la polvere della terra e tu ti estenderai a occidente e a oriente, a settentrione e a meridione, e tutte le famiglie della terra saranno benedette in te e nella tua discendenza. Io sono con te, e ti proteggerò ovunque tu andrai e ti ricondurrò i questo paese, perché io non ti abbandonerò prima di aver fatto quello che ti ho detto». Quando Giacobbe si svegliò dal sonno, disse: «Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo!» Ebbe paura e disse: «Com’è tremendo questo luogo! Questa non è altro che la casa di Dio, e questa è la porta del cielo!» Giacobbe si alzò la mattina di buon ora, prese la pietra che aveva messa come capezzale, la pose come pietra commemorativa e vi versò sopra dell’olio. E chiamò quel luogo Betel, mentre prima di allora il nome della città era Luz. Giacobbe sogna, dormendo con la testa su una pietra. Era scappato di casa dopo aver imbrogliato il padre ai danni del fratello. Un manigoldo. Qualcuno ha detto che il sogno è la via maestra verso l’inconscio, Nell’inconscio Giacobbe forse vorrebbe essere solo, ma evidentemente non è solo. Giacobbe sogna, e il luogo di un sogno diventa la porta del cielo, il luogo decisivo della fede di Giacobbe. Non nella morale, non nella ragione, ma nell’irrazionale, nel non gestibile Giacobbe trova la parola di Dio. Giacobbe sogna. La comunicazione con Dio avviene in questo stato, oggi territorio di caccia degli psicanalisti. Nell’antichità il sogno era considerato un momento di libertà dell’anima in cui si facevano esperienze che non era dato di fare da svegli. In tutto l’Antico Testamento la visione di Dio è così terribile da provocare la morte. Mosè lo può vedere solo da dietro; Isaia lo vede, ma è mandato a predicare un messaggio di morte. Perciò, quello che Giacobbe vede in sogno, non era possibile vedere da svegli. Anche noi possiamo sognare anche di essere in situazioni difficili e passiamo queste vicende del sogno senza veramente rischiare. Questo sogno è il grande sogno dell’umanità credente: la scala che porta a Dio, “Più presso a te, Signor”. Questa scala che non vediamo nella vita da svegli – anche se siamo fermamente certi che ci sia – si materializza nel sonno di Giacobbe, e il patriarca può vedere – seppure in sogno – quello che tutti noi speriamo, cioè di essere in comunicazione con Dio e di essere sempre più vicino a lui. Da svegli non possiamo tollerare la presenza della scala, perché l’idea di una comunicazione diretta con Dio ci farebbe impazzire. Nel sogno, Giacobbe vede la verità che dev’essere nascosta a chi è sveglio. Dio parla a Giacobbe e gli rivolge una promessa di benedizione. Questo è il contenuto del sogno. Giacobbe aveva scippato la benedizione al fratello Esaù imbrogliando il vecchio padre Isacco, era fuggito dalla vendetta del fratello. Ma proprio questo manigoldo sogna la scala di Dio e riceve una benedizione non estorta, nemmeno meritata, ma donata da Dio con pienezza. Il contenuto della benedizione è una terra su cui vivere, e l’assicurazione di Dio è di portare a termine questa promessa. La promessa della terra è il dono di Dio per la sua vita e la sua felicità. Da un popolo nomade come quello dei Patriarchi, il possesso della terra era visto come garanzia di ricchezza e di sopravvivenza. In più, significava avere uno spazio proprio, un luogo in cui riconoscere la propria casa. I patriarchi, tutti nomadi, cercano questo luogo promesso da Dio, il luogo che è benedizione concreta e vera, il luogo dove il popolo potrà vivere e prosperare. Per un nomade la promessa della terra è il cambiamento, il riposo e la fine di un viaggio infinito perché si è trovato il luogo in cui vale la pena vivere. E questo è il luogo di Dio. Giacobbe ritroverà se stesso trovando Dio. La reazione di Giacobbe al suo risveglio è dettata dal riconoscimento del luogo dov’è. “Betel” significa “casa di Dio”. Giacobbe riconosce un luogo dove Dio dimora e dove c’è la porta del cielo, e ne ha paura. La presenza di Dio è sempre temuta, perché davanti a Dio avviene il nostro giudizio e ci riveliamo piccoli davanti all’Altissimo. Ma Giacobbe lascia un ricordo di questo sogno santificando un monumento commemorativo. Il sogno di Giacobbe diventa storia e geografia, lascia un segno non solo nella vita del patriarca, ma nella storia di tutto il suo popolo e nella geografia del medio oriente. Quella località non si chiama più Luz, ma Betel, e questo cambiamento è avvenuto anche nella coscienza personale di Giacobbe. Giacobbe l’imbroglione ora rifonda la sua vita sul sogno della scala, del contatto con Dio che scuote profondamente la sua vita e influenza quello che farà. Il sogno della benedizione e della presenza di Dio redime una vita che rischiava di essere soltanto una fuga dal fratello. Il fuggiasco è trasformato nel padre di un popolo. E il luogo. Non più Luz, ma Betel. Il sogno si confronta con la realtà, e vince il sogno. Quel sogno di avere un luogo e una discendenza in cui la protezione e la benedizione di Dio si rivelino come realtà concrete e vere. Oggi il messaggio del sogno di Giacobbe, del sogno della rivelazione e della vicinanza a Dio può offrire delle facili scappatoie da questo mondo crudele. E’ troppo facile dire semplicemente di sperare nel sogno “più presso a te, Signor”, è anche troppo facile – e pericoloso – identificare la realtà con il male e il sogno come il bene. Come se la scala fosse fatta apposta per farci fuggire dal mondo e dai nostri problemi. Qui il problema è un altro. Il problema è che da almeno un secolo il sogno di Giacobbe riemerge come un fiume carsico nei momenti più inaspettati della storia dell’occidente, proprio in quei momenti in cui succedono cose enormi, impreviste, che cambiano la vita a tutti. Nessuno l’aveva previsto, e il sogno di Giacobbe, quel sogno che annuncia che la rivelazione di Dio non è nelle nostre mani, non è nella mano della moralità e non è nella mano della razionalità, quel Vangelo di Giacobbe nel sogno, viene a dirci: “Ehi, c’è qualcuno e qualcosa al di fuori dei tuoi programmi, e così sarà fatto, come questo ti dirà e non come tu vuoi”. Siamo disposti ad accettare che un sogno determini la realtà? Siamo disposti non a rifugiarci nei sogni, ma a credere che il sogno di Giacobbe può cambiare il mondo? Cent’anni fa, poco più, Il Titanic si inclina, l’orchestra suona un inno con la musica di quello che abbiamo appena cantato, ma le parole inglesi sono una parafrasi del sogno di Giacobbe. Una famosa cartolina dell’epoca mostra il Titanic inclinato e, accanto, la scala con gli angeli e la scritta “Nearer, my God, to Thee”. Cioè, la fine delle vite che avevano creduto fermamente nel progresso, nell’evoluzione sociale e culturale, nell’ottimismo, nella civiltà, nell’”andrà sempre meglio”. Hai ancora pochi minuti prima di morire annegato o congelato, il pavimento dei tuoi valori, cui hai fortemente creduto per tutta la vita e che hai ritenuto inaffondabili, si inclina e ti spinge in acqua, e tu chiudi gli occhi a questo mondo con le parole del sogno di Giacobbe, dell’irrazionale di Dio che si rivela liberamente al peccatore, al di fuori della morale, al di fuori della ragione. Cinquanta anni fa: “I have a dream” (io ho un sogno) diceva il pastore Martin Luther King, e questo sogno non svaniva al momento del risveglio, ma camminava con le gambe dei neri americani che andavano a piedi per boicottare gli autobus pubblici, ancora divisi tra bianchi e neri. Questo sogno ha fatto la Storia degli Stati Uniti d’America, e anche la Storia dell’umanità. Se avete qualche dubbio sulla forza reale di questo sogno, accendete la televisione e guardate la faccia del presidente degli Stati Uniti d’America. Dodici anni fa. Domenica 16 settembre 2001 milioni di credenti hanno ascoltato la lettura del testo del sogno di Giacobbe e la predica dei rispettivi pastori, come prevedeva il lezionario biblico più diffuso nelle chiese evangeliche. Erano scossi da quello che era avvenuto martedì 11 settembre 2001. E tutte le domande, tutte le considerazioni sul come e sul perché, non ancora esaurite dopo dodici anni, hanno lasciato spazio al Vangelo del sogno di Giacobbe, al rinnovamento della vita e del mondo sopra, nonostante e contro quelle macerie che la violenza di altri e l’indifferenza nostra avevano prodotto. Ground zero, l’inferno, davanti agli occhi, ma il sogno di Giacobbe, la scala di Dio, nelle orecchie. Che cosa siamo? Siamo gli schiavi della Storia o siamo i chiamati, i liberati, i rinnovati dal sogno di Giacobbe, dalla scala del cielo, dalla promessa del luogo, del pane, della vita e della libertà? Come è restata la pietra commemorativa, come Luz e diventata Betel, così il sogno di Dio trova il suo spazio nella storia del mondo e lascia la sua traccia. La scala di Giacobbe c’è, ma tu puoi vederla soltanto chiudendo gli occhi, soltanto quando sogni. Puoi essere un imbroglione, puoi essere in fuga da tuo fratello dopo averlo fregato, ma non puoi scappare dalla scala, non puoi sfuggire al Dio altissimo che con la sua parola ti fa diventare qualcuno, qualcun altro da quello che eri prima. Questa scala non ha paura della tua miseria. Tu sì, e scappi, scappi da te stesso, scappi dal tuo peccato. La scala non si toglie da lì dove è il tuo profondo e dove non sei solo. E se non la sali perché hai paura, allora una voce scenderà fino a te. E solo in qual momento capirai qualcosa della tua vita, di quello che sei e di quello che sarai. Perché questo accada devi sognare, cioè devi lasciare che Dio ti parli oltre la ragione, oltre l’emozione oltre la morale. Devi essere tu, e non solo una parte di te, ad ascoltare la sua parola e a ricevere una promessa.
Posted on: Sun, 01 Sep 2013 15:07:21 +0000

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