Dossier statistico immigrazione 2013 13/11/2013 Viene - TopicsExpress



          

Dossier statistico immigrazione 2013 13/11/2013 Viene presentato oggi, 13 novembre 2013, il Dossier Statistico Immigrazione 2013 che conferma, nonostante la crisi, una crescita dell’immigrazione ma anche dei flussi di persone in fuga. Nell’Unione Europea, tra gli otre 500 milioni di residenti, vi sono, all’inizio del 2012, quasi 50 milioni di nati all’estero e 34,4 milioni di cittadini stranieri, il 6,8% della popolazione totale. Secondo l’UNHCR (l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) ogni giorno ci sono 23mila persone in fuga, più del doppio di dieci anni fa. Fuggono da guerre, da regimi totalitari, da eventi climatici disastrosi (vedi il tifone che ha colpito le Filippine in questi giorni portando con se morti e distruzioni), da povertà endemiche…. In Unione Europea vi sono 1,3 milioni di rifugiati e di richiedenti asilo e nel 2012, secondo Eurostat, sono 335.380 i richiedenti protezione internazionale, di cui 17.350 in Italia. L’Italia, nonostante il prolungato periodo della crisi economica e le pesanti conseguenze che porta con se, continua a registrare un aumento della presenza straniera: da poco più di 3 milioni di residenti stranieri nel 2007 si è passati a 4.387.721 nel 2012, pari al 7,2% della popolazione complessiva. Nello stesso arco di tempo i soggiornanti non comunitari sono passati da 2,06 milioni a 3.764.236 e, secondo la stima del Dossier, la presenza straniera regolare complessiva è passata da 3.987.000 persone a 5.186.000, non solo per l’ingresso di nuovi lavoratori ma anche per via dei nati direttamente in Italia e dei ricongiungimenti familiari. Tra le provenienze continentali, secondo la stessa stima, prevale l’Europa con una quota del 50,3% (di cui il 27,4% da ricondurre ai comunitari), seguita dall’Africa (22,2%), dall’Asia (19,4%), dall’America (8,0%) e dall’Oceania (0,1%). Queste le grandi collettività non comunitarie: Marocco (513mila soggiornanti), Albania (498mila), Cina (305mila), Ucraina (225mila), Filippine (158mila), India (150mila) e Moldova (149mila). Tra i comunitari, invece, la prima collettività è quella romena (circa 1 milione). Tra le aree di residenza continuano a prevalere le regioni del Nord (61,8%) e del Centro (24,2%), mentre le province di Milano e Roma, da sole, detengono un sesto dei residenti (16,9%). Sono diminuiti gli ingressi per lavoro e i visti rilasciati per motivi di lavoro subordinato sono scesi da 90.483 nel 2011 a 52.328 nel 2012 . Naturalmente è rimasto libero l’ingresso per gli altamente qualificati o le categorie fuori quota, come gli infermieri (Carta Blu Ue e art. 27 T.U. Immigrazione). Rilevante, anche nel 2012, è stato il numero dei bambini stranieri nati direttamente in Italia (79.894, 14,9% di tutte le nascite), cui si affiancano i 26.714 figli di coppie miste (il 5% del totale). Nell’insieme, tra nati in Italia e ricongiunti, i minori non comunitari sono 908.539 (il 24,1% dei soggiornanti) e si può stimare che almeno 250mila siano i comunitari. I matrimoni misti, frontiera della nuova società, nel 2011 sono stati 18.005, l’8,8% di tutte le unioni celebrate nell’anno, quelli con entrambi gli sposi stranieri 8.612 (4,2%). Per i ricongiungimenti familiari sono stati rilasciati 81.322 visti nel 2012 (quasi pari agli 83.493 del 2011) e i motivi familiari incidono ormai per il 40,9% sui non comunitari titolari di un permesso a scadenza e per il 44,3% sui nuovi permessi rilasciati nel 2012. Inoltre, continuano a crescere, tra i non comunitari, i soggiornanti di lungo periodo, autorizzati a una permanenza a tempo indeterminato: oltre due milioni di persone, pari al 54,3% del totale (otto punti percentuali in più rispetto al 2010), una quota che raggiunge o sfiora i due terzi per diverse collettività (Macedonia, Bosnia-Erzegovina, Albania, Tunisia, Marocco e Senegal) e non arriva al 40% per altre (la Moldavia, ad esempio). Risultano in crescita anche i flussi di ritorno, per necessità più che per scelta, come effetto della crisi e delle ridotte capacità occupazionali del paese. Complessivamente, nel 2012 i permessi di soggiorno scaduti senza essere rinnovati sono stati 180mila, di cui ben oltre la metà per lavoro e per famiglia: un numero consistente, ma diminuito rispetto al 2011. Gli occupati stranieri sono aumentati arrivando a incidere per almeno il 10% sull’occupazione totale. Si tratta, nel 2012, di 2,3 milioni di occupati, con una crescente concentrazione nel terziario (62,1%). Più in generale, si tratta di impieghi a bassa qualificazione (e bassa retribuzione), poco ambiti dagli italiani. Nonostante la crescita degli occupati, il tasso di disoccupazione degli stranieri è aumentato di due punti percentuali nell’ultimo anno (14,1% e 382mila persone coinvolte), superando di 4 punti quello degli italiani, e il tasso di occupazione (60,6%), pur rimanendo più alto rispetto a quello calcolato tra gli italiani (56,4%), è anch’esso diminuito di quasi 2 punti. La disoccupazione non solo è in aumento, ma è di lungo periodo; in oltre la metà delle famiglie straniere (62,8%) è occupato un solo componente, mentre è del 13,0% la quota di quelle in cui non è presente alcun occupato (erano l’11,5% nel 2011). Le imprese straniere sono 477.519, il 7,8% del totale nazionale, con un aumento annuale del 5,4%, nonostante il maggiore costo degli interessi sui prestiti da loro fronteggiato. Si tratta di imprese che producono un valore aggiunto stimato di 7 miliardi di Euro. Gli aspiranti imprenditori immigrati sono disponibili all’impegno in campi innovativi e predisposti ad attività di import/export che possono essere di beneficio tanto per l’Italia quanto ai Paesi di origine. Il rapporto tra la spesa pubblica per l’immigrazione, da una parte, e i contributi previdenziali e le tasse pagate dagli immigrati, dall’altra, mostra che, anche nell’ipotesi meno favorevole di calcolo (quella della spesa pro-capite), nel 2011 gli introiti dello Stato riconducibili agli immigrati sono stati pari a 13,3 miliardi di euro, mentre le uscite sostenute per loro sono state di 11,9 miliardi, con una differenza in positivo per il sistema paese di 1,4 miliardi. Gli studenti stranieri nell’a.s. 2012/2013 sono 786.650, l’8,8% del totale (ma il 9,8% nella scuola dell’infanzia e in quella primaria). Sono aumentati di 30.691 unità (+4,1%) nell’ultimo anno e sono molto numerosi soprattutto per alcune collettività (i romeni sono 148.002, quasi un quarto del totale, gli albanesi e i marocchini rispettivamente circa 100mila). In 2.500 scuole (il 4,6% del totale nazionale) superano il 30% degli iscritti, e, a questo proposito, lo stesso Ministro dell’Istruzione Carrozza ha raccomandato di non ingigantire le difficoltà e di ricorrere, nel definire i numeri e la composizione delle classi, a una flessibilità commisurata alle situazioni e ai mezzi disponibili, tanto più che il 47,2% degli studenti stranieri è nato in Italia (quota che sale al 79,9% nella scuola dell’infanzia e al 59,4% in quella primaria) . Nel Dossier, confrontando i dati relativi alla popolazione italiana e a quella immigrata secondo criteri uniformi, si evidenzia che in Italia l’aumento delle denunce verso stranieri è stato costantemente più contenuto rispetto all’aumento delle presenze; gli stranieri regolarmente presenti hanno un tasso di criminalità equiparabile a quello degli italiani; tra gli irregolari incidono molto i reati legati allo stesso status di irregolarità; il numero degli stranieri su cui calcolare il tasso di criminalità è molto più ampio rispetto a quello solitamente utilizzato, includendo anche i non iscritti in anagrafe. Si può quindi riaffermare che l’esposizione alla devianza degli immigrati è connessa a condizioni di marginalità sociale e irregolarità giuridica. I migranti sono portatori di differenze che non raramente suscitano resistenze o aperta opposizione, in particolare quando i tratti esteriori ne rendono evidente l’origine straniera o quando professano religioni diverse e con una spiccata visibilità nello spazio pubblico (come l’islam). I Rom (circa 150mila tra italiani e stranieri) sono l’emblema della stigmatizzazione, additati come “abitanti dei campi”, “estranei”, “premoderni”. Gli ambiti in cui gli stranieri riscontrano maggiori resistenze, fino ad atti di razzismo, sono: la casa; il lavoro (il sottoinquadramento, una condizione che riguarda il 41,2% degli occupati stranieri; la diffusione del lavoro sommerso; l’acuirsi del lavoro sfruttato e paraschiavistico nonostante un elevato tasso di sindacalizzazione, il cui aumento sembra però essersi arrestato a causa della crisi - oltre 1 milione gli iscritti ai sindacati confederali, l’8,1% di tutti gli iscritti - ; l’offerta prevalente di lavori a carattere temporaneo; il ridotto inserimento in posti qualificati; l’elevata incidenza degli infortuni -15,9% del totale - , la cui riduzione in valori assoluti sembra dovuta più al calo delle ore lavorate conseguente alla crisi che a una maggiore cultura della prevenzione - senza parlare dei cosiddetti “infortuni invisibili”, perché non denunciati: 164mila in tutto secondo l’Inail -) ; la scuola; la sanità (Ancora si riscontrano lentezze e indecisioni, in assenza di direttive precise, nell’iscrizione al Servizio Sanitario dei minori figli di immigrati senza permesso di soggiorno; ambito giuridico-istituzionale (Ricadono su questo piano gli effetti discriminatori riconducibili all’azione delle istituzioni pubbliche. I giudici di merito e la stessa Corte costituzionale si sono pronunciati su diverse fattispecie di esclusione dei cittadini stranieri, in particolare rispetto all’erogazione di prestazioni di welfare, ma non solo: il bonus bebè; il contributo per chi vive in case in affitto; le prestazioni sanitarie e in caso di disabilità; l’assegno per le famiglie numerose; l’iscrizione anagrafica; l’accesso al pubblico impiego; l’accesso alle libere professioni; l’ammissione al servizio civile. Inoltre, la pesantezza della burocrazia è essa stessa inquadrabile come una forma di discriminazione. A sciogliere alcuni di questi nodi, è intervenuta la legge europea 2013 (n. 97/2013), che ha sancito che non devono sussistere ostacoli per l’accesso al pubblico impiego (per posizioni che non comportino l’esercizio dei pubblici poteri) dei titolari di permesso di soggiorno CE, dei familiari di cittadini UE, dei rifugiati e dei titolari di protezione sussidiaria, così come nei loro confronti non possono essere applicate restrizioni, più o meno indirette, per l’accesso alle prestazioni assistenziali; appartenenza religiosa; nel quotidiano e nello sport (Secondo l’ENAR (European Network Against Racism), oltre alle discriminazioni dirette, è il caso di parlare di un razzismo quotidiano diffuso e crescente che consiste in atteggiamenti, comportamenti, modi di relazionarsi umilianti e inferiorizzanti. Si riscontrano atti di discriminazione nell’accesso ai pubblici esercizi, nonché una certa sovrarappresentazione statistica degli immigrati nel controllo dei documenti, nelle perquisizioni e nelle verifiche amministrative. In altri casi si parla di “razzismo utilitarista”, quello che porta ad accettare il cittadino straniero solo nella misura in cui “ci serve” e non avanza ulteriori esigenze. Non è esente dal razzismo il mondo dello sport. Nel campionato di calcio 2012-2013, ad esempio, sono stati 699 gli episodi di razzismo che hanno coinvolto le tifoserie (tra serie A, serie B, 1a e 2a divisione, Coppa Italia, Campionato Primavera e gare amichevoli), con ammende pari a quasi mezzo milione di euro e 29 società coinvolte. (liberamente tratto da Dossier Statistico Immigrazione 2013 - IDOS – dossierimmigrazione.it)
Posted on: Sat, 23 Nov 2013 17:07:12 +0000

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