Ho visto indagini, magari quelle non destinate a finire sui - TopicsExpress



          

Ho visto indagini, magari quelle non destinate a finire sui giornali ma importanti per chi vi è coinvolto, fatte con disattenzione e sciatteria. E al contrario processi-trampolino subito utilizzati per la carriera. Guido Salvini svela tutte le ombre della magistratura in unintervista ad Affaritaliani.it: Anm e Csm sono sempre stati molto determinati determinati a proteggere lautonomia esterna dei magistrati dal potere politico ma, secondo Salvini, non altrettanto a proteggere lautonomia interna, cioè quella dei singoli giudici dalla magistratura come istituzione, dalle sue correnti e dai suoi gruppi di potere. Trasferimenti, promozioni e punizioni sono tutte influenzate. Su Piazza Fontana: Quando ho riaperto il caso non ho avuto il minimo aiuto, si percepiva anzi il poco interesse e quasi il fastidio del procuratore DAmbrosio. Non è più possibile nascondersi dietro i Servizi segreti, è stata la magistratura ad auto-depistarsi e su questo, per una ragion di Stato interna, si è sempre preferito tacere. Guido Salvini, si legge spesso di una “guerra” in corso tra politica e magistratura. In questa “guerra” la magistratura è solo vittima degli assalti esterni o ha anche qualche colpa? La magistratura italiana ha grandi meriti ma non può continuare ad attribuire le disfunzioni della giustizia solo alla classe politica o ai vari governi. Proprio i suoi meriti rischiano di elevarla a quello che i greci chiamavano Hybris, la mancanza di critica e dell’onestà di guardarsi dentro, la convinzione eccessiva di essere nel giusto e la magnificazione autoreferenziale. E nel pensiero greco Hybris era contrapposta a Dike, la giustizia. In più di trent’anni di carriera ho visto tante negligenze. Ho visto indagini, magari quelle non destinate a finire sui giornali ma importanti per chi vi è coinvolto, fatte con disattenzione e sciatteria. E al contrario processi-trampolino subito utilizzati, anche prima e indipendentemente dai loro esiti, per carriere politiche o incarichi prestigiosi. Ho visto spesso presunzione e quasi arroganza nei confronti degli interlocutori, imputati, vittime e difensori. Un atteggiamento che purtroppo l’autocelebrazione della magistratura ha trasmesso soprattutto ai magistrati più giovani. Essere vincitori del nostro concorso dà per tutta la vita, e non è poco, il diritto di giudicare gli altri. Ma nessuno controlla che chi vince questo concorso sappia anche ascoltare. LINQUIETANTE VICENDA DEL FABBRO FANTASMA SalviniFoto da gettalarete.it Tra le tante vicende raccontate dal giudice Guido Salvini nel suo libro “Office at Night” trova posto quella del “Fabbro fantasma” del Palazzo di Giustizia. Una storia che può sembrare piccola ma che nasconde aspetti inquietanti e che lo stesso Salvini ha descritto in un articolo apparso anche sul sito Getta la Rete. Nel 2010 Salvini si era reso disponibile a un’applicazione temporanea a Cremona, sede a corto di personale. “Sapevo di essere poco gradito a Milano ma non lo era nemmeno, chissà perché, questa mia libera scelta di dare una mano altrove”, racconta Salvini. “Tanto poco gradita che il Consiglio Giudizario, espressione delle Correnti, aveva dato parere contrario, con buona pace delle esternazioni sull’aiuto alle sedi disagiate”. In una tarda sera di gennaio Salvini torna al suo ufficio di Milano “ancora con atti da scrivere e mandare a Cremona, non robetta ma omicidi, provvedimenti di libertà personale, Calcio-scommesse e intercettazioni urgente”. A questo punto l’incredibile sorpresa: “Ho trovato la serratura dell’ufficio magicamente cambiata da un Fabbro fantasma”, racconta il giudice. “Di nascosto, con tutto, fascicoli e computer dentro. Sono rimasto fuori, in cortile, con la borsa in mano. Qualche giorno dopo, sempre in segreto, un ordine dai piani alti ha fatto disattivare la mia linea telefonica che faceva funzionare il fax necessario per mandare i provvedimenti a Cremona: non assegnata ad altri proprio “congelata” e da quel giorno rimasta inutilizzata. L’importante era che non la usassi io. Per completare mi è stato inibito di usare la fotocopiatrice”. “Ho cercato vanamente di protestare per questa situazione e subito è partito il procedimento disciplinare”, conclude Salvini. “Contro di me, non contro chi aveva mandato il Fabbro fantasma. Ovviamente sono stato assolto ma dopo due anni di viaggi Roma al CSM per spiegare questa vicenda incredibile, di sofferenza e di esclusione dai concorsi. Una storia che spiega molto bene come un magistrato che preferisce non far parte di gruppi possa venire isolato all’interno del suo stesso ufficio. All’esterno la magistratura richiede, giustamente, autonomia. Ma la magistratura è autonoma al suo interno? L’Anm e il Csm sono sempre stati molto determinati, e anche giustamente, nel difendere l’”autonomia esterna”. L’indipendenza dei giudici da qualsiasi tentativo di controllo da parte del potere politico o di altri poteri è un principio voluto dalla Costituzione. Ma non hanno avuto lo stesso impegno, anzi direi che hanno avuto spesso un impegno contrario, nel tutelare l’ “autonomia interna”, cioè quella dei singoli giudici dalla magistratura come “istituzione”, dalle sue correnti, dai suoi gruppi di potere. Il vero padrone di ogni magistrato, molto più del Ministro di Giustizia, è il Csm, occupato saldamente da correnti che funzionano come centri di potere e dalle quali ciascuno dipende per ogni più piccolo dettaglio della sua vita professionale. Trasferimenti, promozioni, punizioni sono tutte influenzate dalla’appartenenza o meno a un gruppo. Questo sistema di controllo “interno” favorisce conformismi e piaggerie nella speranza di beneficiare di qualche vantaggio e trasforma i mediocri in grandi magistrati cui affidare incarichi direttivi se “militano” nel gruppo giusto. Io credo invece che il cittadino sarebbe più garantito se si trovasse sempre di fronte non all’esponente di un aggregato politico-correntizio di magistrati con la sua “linea” ma a un giudice singolo del tutto libero, che non deve rispondere a nessuno, nemmeno all’interno della sua categoria. Un giudice che sa decidere in solitudine e solo secondo coscienza. Io preferisco un giudice libero pensatore. Tra le tante indagini che ha seguito nel corso degli anni spicca quella su Piazza Fontana. Quando riaprì quell’indagine si aspettava un sostegno diverso da parte della Procura di Milano? Quando nel 1991 ho riaperto il caso non ho avuto il minimo aiuto, si percepiva anzi il poco interesse e quasi il fastidio del Procuratore aggiunto d’Ambrosio. Come se non fosse gradito che qualcuno, tra l’altro un Giudice Istruttore e non l’ufficio della Procura, andasse oltre i risultati raggiunti negli anni ‘70 a cui la sua figura era legata. Forse anche per questo l’incarico di seguire Piazza Fontana è stato affidato a un sostituto appena arrivato che non aveva mai condotto un’indagine di terrorismo e che si è impegnato soprattutto a cercare di togliermi di mezzo bersagliandomi di esposti al Csm. La conseguenza è stata semplicemente quella di paralizzare gli sviluppi dell’indagine. E per quanto avvenuto negli anni ‘90 non è più possibile nascondersi dietro l’operato dei Servizi segreti. È stata la magistratura ad “auto depistarsi” da sola e su questo, per una “ragion di Stato” interna, si è sempre preferito tacere. Proprio nelle scorse settimane è stata disposta una nuova archiviazione su Piazza Fontana. È stata una decisione giusta? Vent’anni dopo si è riproposto lo stesso copione con gli stessi protagonisti. Nel 2009 sono emersi nuovi e promettenti spunti di indagine. Ne parlo nel libro Office at night. Ma a Milano non è stato fatto nulla e l’indagine è stata bruciata subito. Ad esempio non è stato consentito ai Carabinieri, gli stessi che avevano lavorato con me e che si occupano ancora della destra eversiva, nemmeno di svolgere i primi accertamenti. E sarebbe stata un’indagine a costo zero perché era sufficiente affiancarsi al lavoro che la Procura di Brescia sta ancora conducendo con determinazione sulla strage di Piazza della Loggia e praticamente sugli stessi ex-ordinovisti al centro della strage di Piazza Fontana. È avvenuto il contrario di quanto nel 2009 il presidente Napolitano a Milano, nel quarantennale della strage, aveva esortato i magistrati a fare: “continuare a cercare ogni frammento di verità”. Senza titolo 1OFFICE AT NIGHT, IL LIBRO DI GUIDO SALVINI (edizioni Getta la Rete) ora disponibile con una nuova postfazione. (Per info: gettalarete.it) Anni di indagini e di vita all’interno del Palazzo di Giustizia di Milano possono essere, per chi sa usarlo, un osservatorio privilegiato sulla città e sulla magistratura, un’istituzione quasi ‘sacrale’ di cui dall’esterno è facile percepire le luci ma meno le ombre”. Comincia così l’introduzione di “Office at Night. Appunti non ortodossi di un giudice”, il libro di Guido Salvini edito da Getta la Rete. Il titolo è quello di un quadro di Edward Hopper, che rappresenta un uomo solo, nel suo ufficio, di sera, intento a leggere alcuni fogli alla sua scrivania. Quadro che appare, significativamente, nella copertina del libro (qui a fianco, ndr). Il Gip di Cremona, Giudice istruttore dal 1989 al 1997 nella nuova inchiesta milanese su piazza Fontana, ha raccolto in un unico volume una serie di riflessioni e scritti pensati “quasi sempre a tarda sera nel Palazzo ormai deserto”. Appunti che vanno dal caso Tobagi al processo Ruby, dal caso Sallusti all’inchiesta sulla strage del 12 dicembre 1969. Un libro importante e coraggioso, che non ha paura di andare al di là delle luci e descrivere anche le ombre. Le ombre delle invidie e degli auto depistaggi della magistratura. Le ombre che ancora nascondono la verità sulla strage delle stragi, quella di piazza Fontana. LA MAGISTRATURA – Tra i tanti temi affrontati da “Office at Night” un posto di rilievo ce l’ha, ovviamente, la magistratura. Una magistratura della quale Salvini, giudice indipendente non affiliato a nessuna Corrente, non ha paura di sottolineare i pregi e insieme portarne alla luce i difetti. Il tutto accompagnato da una serie di proposte che potrebbero migliorare il sistema giudiziario. Un esempio è quello delle nomine del Csm che, secondo il giudice, non verrebbero decise con l’ imparzialità richiesta: “Non si tratta più di concorsi, ma di decisioni prese riservatamente in altre sedi, le segreterie delle Correnti”. Un primo rimedio? “Sottrarre al Csm la designazione diretta dei vincitori dei posti direttivi”, lasciandogli solo “l’indicazione di un’ampia rosa di idonei tra i concorrenti, al cui interno un onesto sorteggio porterebbe al vincitore”.
Posted on: Wed, 20 Nov 2013 20:06:10 +0000

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