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In memoriam PETER HODGSON (27 nov.1928 - 8 dic. 2008) LA RICERCA SCIENTIFICA COME ATTIVITÀ UMANA Convegno Internazionale di Gorizia, 2-5 ottobre 2008 Castello di Gorizia Lo studio della pratica effettiva della ricerca scientifica è interessante, in primo luogo perché forni-sce un esempio di un’attività tipicamente umana che non è stata ancora compresa in modo perfetto, e in secondo luogo perché il modo in cui gli scienziati giungono a credere all’esistenza di un fenomeno naturale dà un’utile intuizione riguardo alle modalità in cui si formano le credenze in altri ambiti della conoscenza umana. La ricerca scientifica viene talvolta descritta come un processo piuttosto meccanico consistente nella raccolta di fatti e nel loro utilizzo quale base induttiva per produrre ipotesi, e in seconda battuta teorie dotate di generalità crescente. Se così fosse, chiunque potrebbe fare ricerca, anche un robot o un computer, e non si spiegherebbe affatto perché alcune persone possano praticarla, e altre no. L’indagine relativa al modo in cui gli scienziati di fatto scoprono le cose mostra molto chiaramente che questo tipo di spiegazione fallisce completamente nel rivelare gli aspetti umani della ricerca scientifica. Lo scienziato deve prima decidere quali fenomeni studiare, il modo in cui egli si accinge a farlo, cosa misurare, come predisporre le apparecchiature sperimentali, cosa fare se queste non funzionano, quanto accuratamente effettuare le misurazioni e come valutare il loro significato. Una volta effettuate le misurazioni, egli deve utilizzarle per ottenere una qualche comprensione di ciò che sta accadendo. Egli deve elaborare un’ipotesi che non è affatto logicamente deducibile dai dati sperimentali. Non si tratta per nulla di un processo logico: si tratta di un salto nel buio, e alcune per-sone possono farlo e altre no. L’ipotesi quindi deve essere formulata in termini matematici, in modo che essa possa essere utilizzata per calcolare cosa accadrebbe in determinate circostanze. Queste conseguenze vengono poi comparate con i dati sperimentali: se vi è concordanza, la prima verifica è stata soddisfatta, in caso contrario si dice solitamente che l’ipotesi deve essere abbandonata, ma questo non è ciò che accade. Anziché abbandonare l’ipotesi, lo scienziato prova a vedere se essa possa essere modificata per ripristinare la concordanza. Solo nel caso in cui sopravvenga un’ipotesi migliore, la precedente viene scartata. Il passo successivo consiste nel dedurre alcune nuove conse-guenze dall’ipotesi e nel vedere se queste concordano con i nuovi dati sperimentali. Il contrassegno di un’ipotesi coronata da successo non è soltanto la sua concordanza con gli esperimenti già esisten-ti, ma la sua capacità di prevedere i risultati di esperimenti che non sono stati ancora effettuati. Questo processo va avanti di continuo e l’ipotesi viene gradualmente rifinita e confermata. Allo stesso tempo, altri scienziati stanno misurando fenomeni abbastanza differenti, e formulano ipotesi allo scopo di spiegarli. Allora, con un ulteriore balzo di immaginazione, uno scienziato realizza che le ipotesi proposte in entrambi i campi possono essere unificate in un’ipotesi più generale. Ancora una volta, certe conseguenze di tale ipotesi vengono sottoposte a verifica con nuovi esperimenti. A questo punto, le ipotesi sono sufficientemente dotate di portata esplicativa [ampie] per poter essere chiamate teorie. A titolo di esempio, i fenomeni elettrici e quelli magnetici furono dapprima studiati indipendentemente gli uni dagli altri, e in una fase successiva unificati dalle equazioni di Maxwell del campo elettromagnetico. Ci sono altri modi di condurre la ricerca scientifica. Ad esempio, Aristotele credeva che la semplice contemplazione della natura gli consentisse di penetrare nella conoscenza della sua essenza. Così egli riteneva che i corpi celesti fossero una forma perfetta di materia, che il cerchio fosse la curva più perfetta, e che dunque le loro orbite fossero cerchi attraversati a velocità uniforme. Egli riteneva inoltre che i corpi materiali tendessero verso il loro luogo naturale e che le loro velocità verso di esso fossero proporzionali alle loro masse. Egli disprezzava la matematica e riteneva gli esperimenti indegni di un filosofo, col risultato che la sua cosmologia era completamente sbagliata, e avrebbe costretto la fisica in una camicia di forza per i successivi duemila anni. In modo simile, Cartesio pensava di poter prendere le mosse da idee chiare e di dedurre ogni altra cosa da esse. Egli applicò questo principio al movimento e formulò alcune idee base chiare. Come si addice a un francese e a un grande matematico, egli ne dedusse le conseguenze con logica impec-cabile, senza affatto pensare che fosse necessario sottoporre a convalida i suoi risultati tramite la pratica sperimentale. Se l’avesse fatto, avrebbe compreso che la sua teoria era completamente errata. Newton formulò delle ipotesi sul movimento, ne calcolò le conseguenze e le comparò poi con gli esperimenti. Egli faceva fisica: non così Aristotele e Cartesio. Per approfondire e ampliare questa descrizione piuttosto astratta del modo in cui procede la scoperta scientifica, è utile considerare differenti esempi. Il primo è la credenza, diffusasi attraverso i secoli, che tutta la materia sia composta da atomi. Il secondo è una spiegazione dettagliata del modo in cui gli scienziati stabiliscono l’esistenza di una nuova particella elementare. L’esempio scelto concerne quel che in origine venne chiamato il mesone tau, ma che ora è conosciuto come uno dei più rari modi di decadenza del caone. Questi esempi mostrano che il processo della scoperta scientifica non è un processo meramente lo-gico, ma la coerenza graduale di un numero di indicazioni individuali che puntano tutte insieme nella stessa direzione. Questa è la caratteristica del processo del raggiungimento di credenze in molte altre aree, e getta luce su differenti caratteristiche del comportamento umano. Ciò ci rende capaci di spiegare come è possibile che persone di buone intenzioni possono ancora essere in disaccordo sulle conclusioni da trarre riguardo a una questione dibattuta. Vi sono molte caratteristiche personali della ricerca scientifica che sono al di là della portata della logica. Gli esperimenti non sono così semplici, come potrebbe sembrare dalla lettura di articoli scientifici. Essi sono più come un’abilità che viene a svilupparsi gradualmente, lavorando a fianco di un maestro. Grandi scienziati come Rutheford sapevano istintivamente come farlo, mentre molti altri no; in molti casi essi cercarono di effettuare gli stessi esperimenti, ma fallirono. In modo simile, il balzo d’immaginazione grazie a cui uno scienziato vede improvvisamente come tutto si tenga insieme, va al di là di ogni analisi razionale. I grandi scienziati hanno l’abilità di vedere attraverso i dati sperimentali la realtà che sta al di sotto di essi. È questo ciò che li rende capaci di progettare un esperimento cruciale e di analizzarne i risultati. Come Polanyi ha sottolineato, sappiamo più di quanto possiamo dire. Inevitabilmente, gli scienziati sono tenuti a descrivere i loro risultati, e se questi sono letti da qualcuno che sia privo di familiarità con la scienza, costui inevitabilmente fallisce nel cogliere la realtà che sta al di sotto di essi. Io ho trascorso circa sessant’anni studiando reazioni nucleari, sia dal punto di vista sperimentale che teorico. I nuclei sono piccoli in modo inimmaginabile, circa 10 (-12) centimetri di diametro, e alcune reazioni hanno luogo in 10 (-22) secondi, vale a dire nella diecimila milioni di milioni di milionesima parte di secondo. La portata della mente è tale che queste reazioni possono essere ben comprese, in modo che in molti casi è possibile prevedere anticipatamente cosa accadrà in una situazione data. Se qualcuno viene a dirmi che la credenza nella realtà di tali reazioni è soltanto il risultato di condizionamenti sociali ed è priva di basi obiettive, gli rispondo con una sola parola: Alamogordo. Quando a Rutheford venne detto durante una cena che le particelle alfa non sono altro che costrutti mentali inventati per unificare dati sensibili, questi esplose in collera e dichiarò: “Io posso vederli di fronte a me, quei piccoli farabutti!”. E infatti egli poteva farlo. A volte accade che una teoria scientifica ben stabilita si riveli gradualmente inadeguata, e in questo caso essa viene sostituita da una teoria dotata di maggiore portata esplicativa. La vecchia teoria è ancora valida e utile per trattare i fenomeni su cui essa si basa, ma non è in grado di render conto di un ambito più ampio di fenomeni. È errato dire che la vecchia teoria è stata confutata, semplicemen-te abbiamo trovato i limiti della sua applicazione. Un esempio è la sostituzione della dinamica di Newton con quella di Einstein. Questo processo è affine a un mutamento di credenze filosofiche, o a una conversione religiosa. È abbastanza semplice comprendere come persone prive di esperienza di prima mano nel campo della ricerca scientifica abbiano un’idea irrealistica del modo in cui essa di fatto è praticata. Durante la ricerca scientifica, lo scienziato incontra molte difficoltà, e l’intero processo è caratterizzato da false partenze, vicoli ciechi e apparecchiature mal funzionanti. In generale, è tutto abbastanza caoti-co, ma fuori dalla confusione gradualmente emergono alcune idee che resistono a ulteriori verifiche. In modo simile, il lavoro del teorico è caratterizzato da speculazioni sbagliate e da calcoli che si ri-velano intrattabili. Alla fine lo scienziato, può credere che la strada che conduce dalle osservazioni al risultato finale sia liscia e spianata: il suo articolo descrive come gli sarebbe piaciuto che l’esperimento fosse andato, non il modo in cui è andato effettivamente. Se egli lo facesse, questo sa-rebbe tanto lungo e illeggibile che nessun editore vorrebbe pubblicarlo. Coloro che scrivono recen-sioni di articoli ne leggono migliaia e li tessono in una storia coerente. Gli scrittori di manuali sem-plificano ulteriormente, spesso riscrivendo questa storia per scopi pedagogici, per cui, inevitabil-mente, chi si limita a leggere il risultato finale non ha nessuna idea del modo in cui la ricerca scien-tifica viene effettivamente praticata.
Posted on: Wed, 27 Nov 2013 08:51:05 +0000

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