László Krasznahorkai Melancolia della resistenza Traduzione di - TopicsExpress



          

László Krasznahorkai Melancolia della resistenza Traduzione di Dora Mészáros e Bruno Ventavoli Zandonai Editore, Rovereto 2013 I corpi smisurati delle balene hanno riempito la storia della letteratura di avvenure epiche e scontri apparentemente impari tra giganti e piccoli ostinati pescatori. Come ci ricorda Philip Hoare, nel suo prezioso studio su Moby Dick, intitolato Leviathan: or the Whale (2008), recentemente tradotto in italiano (Leviatano ovvero La Balena, a c. di Duccio Sacchi e Luigi Civalleri, Einaudi), sin dal Leviatano del Libro di Giobbe e dalle avventure di Giona, i cetacei hanno simbolizzato l’enormità quasi innaturale, una sorta di ombra che nel mare sfida e aggredisce l’uomo che vuole ucciderli per ricavarne ogni genere di beni preziosi: olio, spermaceti, carne, grasso, ossa, fino alla profumata “ambra grigia”. Una grossa balena è anche la protagonista involontaria del capolavoro dello scrittore magiaro László Krasznahorkai Melancolia della resistenza (1994), assai apprezzato da W. G. Sebald, Imre Kertéz e Susan Sontag. Il cetaceo giunge, imbalsamato e piuttosto malconcio, dentro un camion, al seguito di uno sgangherato circo in una piccola cittadina della provincia ungherese. La sua muta e inquietante presenza, al centro della piazza del paese, urta la sensibilità degli abitanti, molto diffidenti verso qualsiasi novità, e scatena una paura irrazionale che si concluderà in una devastante danza macabra. A provocarla è un grottesco Movimento per la Pulizia e l’Ordine (che ricorda molto da vicino certi gruppi populisti che hanno preso campo nell’Europa Centrale) che soffia sul fuoco del disagio della gente sostenendo che la balena sarebbe foriera di sventure. L’unico che vede lucidamente precipitare la situazione è il Signor Eszter, “intellettuale malinconico” che da anni prevede disgrazie e se ne sta disteso a letto, cercando inutilmente di smorzare gli entusiasmi del solo che lo ascolti: il giovane e ingenuo Valuska, che apprezza la balena e non riuscirà a salvarsi. Da questo romanzo, il regista Béla Tarr ha tratto un intenso film in bianco e nero: Le armonie Werckmeister (Mokép, Budapest 2001: il DVD ha anche i sottotitoli in italiano). Quello di Krasznahorkai e Tarr è un sodalizio che dura da anni. Quasi tutti i romanzi del primo sono stati trasposti in film dal secondo, con un’attenta sua collaborazione alla sceneggiatura, a partire dal drammatico Sátántangó (Il tango di Satana, 1985), dal quale è stato ricavato l’omonimo film (1994) della durata di oltre tre ore. Sia i romanzi che i film hanno un passo lentissimo: pagine di racconto con pochi dialoghi che, come i lunghi piani sequenza, sembrano non avere nessuna azione, ma che poi, quasi all’improvviso, fanno scoprire che tutto è successo. Si apprezza lo stile poetico con il quale son scritte le pagine e la fotografia implacabile che caratterizza i film, ma, per gustare a fondo queste opere di grande valore artistico e intellettuale, ci si deve abituare a una scansione temporale della narrazione che ormai ci è poco familiare. L’impossibile armonia del mondo; il continuo intervento del Male (le varie incarnazioni di Satana: ad esempio, il Principe, nella Melanconia della resistenza); il Caos dilagante sono i temi che accomunano queste storie scritte e filmate. Con la differenza che Krasznahorkai ritiene che il cinema sia menzogna, mentre la letteratura, seppur “si possono fare dei trucchi con le parole” sopporta fino a un certo punto le bugie (il rapporto tra lo scrittore e il regista si è andato così esaurendo e l’ultima loro collaborazione, soltanto cinematografica, è il film ispirato all’episodio dell’impazzimento di Nietzsche, La carrozza a cavalli di Torino). La chiave della filosofia di Krasznahorkai (che sostiene avrebbe voluto fare di mestiere il musicista; ha trascorso lunghi periodi in Cina e Giappone ed è stato grande amico di Allen Ginsberg), è forse proprio nel motto che apre il suo romanzo Melanconia della resistenza: “Scorre ma non passa”. Quasi un completamento del celebre frammento di Eraclito, che allude a una situazione paludosa della realtà nella quale oggi si vive, illusa dall’ apparenza e sostanzialmente ancorata a un eterno ritorno dei soliti, nefandi, miasmi. Francesco M. Cataluccio "il Sole24Ore", 29/IX/2013
Posted on: Mon, 30 Sep 2013 14:56:57 +0000

Trending Topics



Recently Viewed Topics




© 2015