Offensive e rastrellamenti nazifascisti[modifica | modifica - TopicsExpress



          

Offensive e rastrellamenti nazifascisti[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Repubblica dellOssola e Repubblica partigiana di Alba. Partigiani in azione durante la difesa della repubblica dellOssola Alla fine di ottobre 1944 i tentativi alleati di superare le difese tedesche sulla linea Gotica ed irrompere nella pianura Padana ebbero termine con un insuccesso strategico complessivo, provocando un inatteso prolungamento della guerra in Italia e aggravando gravemente la situazione delle forze partigiane combattenti nei territori occupati che durante lestate, in previsione della vittoria alleata, erano passate alloffensiva allargando notevolmente il territorio controllato e costituendo numerose zone libere[166]. Fin dal 1º ottobre il feldmaresciallo Kesselring fu infatti in grado di diramare i primi ordini alle sue forze per organizzare unoperazione coordinata di repressione e rastrellamento sistematico per schiacciare finalmente i partigiani, rioccupare le zone libere e intimorire con metodi di lotta aggressivi la popolazione apparentemente favorevole alla resistenza[167]. Già in settembre le forze nazifasciste erano passate alloffensiva antipartigiana attaccando le forze della resistenza asserragliate in difesa sul monte Grappa in posizioni statiche: supportati da artiglieria ed armi pesanti i tedeschi attaccarono i partigiani distruggendo la brigata Italia libera e disperdendo con perdite i reparti garibaldini e delle Matteotti. Entro la fine del mese i nazifascisti completarono il rastrellamento sul Grappa costellato di rappresaglie, devastazioni e violenze sui civili[168]. Dopo questo primo successo Kesselring sferrò quindi il grande rastrellamento globale su tutte le posizioni partigiane con limpiego di sei divisioni tedesche, quattro della Repubblica di Salò e le varie milizie di partito; gli attacchi iniziarono simultaneamente contro le repubbliche della Carnia e dellOssola. Lattacco alla repubblica dellOssola, la più importante delle zone libere partigiane, ebbe inizio il 9 ottobre e venne condotto da circa 13.000 uomini in grande maggioranza fascisti repubblicani, affiancati solo da un piccolo gruppo di tedeschi. Loffensiva, favorita da una netta superiorità numerica e di mezzi, ebbe subito successo: i nazifascisti penetrarono nella repubblica attraverso la valle Cannobina, mentre a Domodossola si diffuse il panico e la confusione[169]. Ebbe quindi inizio lesodo della popolazione verso il confine svizzero per evitare le rappresaglie, mentre lo stesso comandante della Divisione Valtoce, Alfredo Di Dio, venne ucciso in unimboscata. Dopo unaspra resistenza il 13 ottobre da parte di reparti della Valtoce e della Valdossola, i fascisti raggiunsero e occuparono Domodossola il 14 ottobre entrando in una città deserta, mentre 35.000 civili fuggivano verso nord. Gli ultimi scontri si ebbero il 19 ottobre, mentre i reparti nazifascisti devastavano il territorio e i capi politici dellOssola fuggivano in Svizzera. I resti delle forze partigiane si frammentarono in tre gruppi: Superti si diresse in val Divedro, i garibaldini della Redi in parte ripiegarono in val Formazza e in parte riuscirono, al comando di Livio (Paolo Scarponi) e del colonnello Delli Torri (Giuseppe Curreno), a raggiungere ai primi di novembre la Valsesia dove confluirono nelle formazioni di Moscatelli[170] Partigiani autonomi del 1º Gruppo Divisioni Alpine del comandante Mauri Il 2 novembre ebbe inizio lattacco nazifascista, rafforzato con le forze dellintera 34ª divisione tedesca, alla repubblica di Alba; dopo linatteso passaggio da parte nemica del Tanaro sullunico ponte rimasto, i partigiani si trovarono in difficoltà e Mauri abbandonò Alba, ripiegando opportunamente sulle colline, dove gli autonomi e i garibaldini combatterono con efficacia ed abilità. Ben riforniti di armi dai lanci aerei alleati, i partigiani di Mauri (Martini) e Nord (Balbo), guidati da ufficiali effettivi, condussero per oltre un mese una serie di scontri nei vari abitati collinari, resistendo alle superiori forze nemiche fino al 20 dicembre, perdendo oltre 100 morti e 100 feriti ma infliggendo dure perdite ai tedeschi e rallentandone lavanzata[171]. Dopo i duri scontri nelle Langhe le forze tedesche e fasciste furono rafforzate e riorganizzate, e il 2 dicembre sferrarono lattacco nellAlto Monferrato; le forze partigiane in questa repubblica, guidate da Ulisse (Davide Lajolo) e Augusto (Francesco Scotti), avevano ottenuto due successi a Bruno il 20 ottobre e a Bergamasco il 4 novembre, ma, di fronte alla potenza delle forze nemiche decisero questa volta di rinunciare alla lotta frontale e passare alla fase di sganciamento. I garibaldini di Ulisse evitarono la distruzione ma le truppe nazifasciste ripresero il controllo del territorio e nelle settimane seguenti estesero le loro operazioni su tutte le vallate alpine dove i partigiani si batterono accanitamente in condizioni meteorologiche proibitive[172]. Davide Lajolo Ulisse, comandante garibaldino della Repubblica dellAlto Monferrato La più violenta, sanguinosa e prolungata offensiva nazifascista si diresse dal 27 settembre contro la repubblica della Carnia e coinvolse oltre 40.000 soldati tedeschi, fascisti repubblicani e un insieme di reparti etnici, croati, georgiani, francesi collaborazionisti e cosacchi del Don e del Kuban[173]. Lattacco venne sferrato inizialmente lungo il corso dellIsonzo a Faedis, difesa dai garibaldini della Divisione Natisone e dalle Divisioni Osoppo. I partigiani si batterono validamente, ma dopo poche ore il 28 settembre dovette essere dato ordine di sganciamento di fronte alla potenza di fuoco nemica. La manovra venne intercettata e i tedeschi inflissero pesanti perdite agli osovani e ai garibaldini, tutta la zona libera ad ovest del Tagliamento venne rastrellata, con gravi devastazioni, incendi di villaggi, deportazioni e rappresaglie[174]. La seconda fase delloffensiva nazifascista in Friuli ebbe inizio tra il 2 e l8 ottobre (operazione Waldlaufer[175]) sia a nord del Tagliamento sia nellansa del fiume. la brigata Carnia venne decimata mentre nella zona Frisarco-Redona i tedeschi vennero sorpresi dal fuoco dei partigiani e dovettero ripiegare. Dopo una sosta gli attacchi ripresero il 27 novembre e le truppe da montagna tedesche effettuarono una manovra daggiramento attraverso la Clautana, mentre le Waffen-SS attaccarono i garibaldini e i battaglioni della Decima MAS Barbarigo e Valanga puntarono su Redona. Oltre 30.000 nazifascisti respinsero lentamente i 5.000 partigiani osovani e garibaldini che, guidati da Ninci (Lino Zocchi) e Andrea (Mario Lizzero) ripiegarono su un terreno di montagna impervio e quasi disabitato, e sferrarono contrattacchi in cui si distinsero anche gli ex prigionieri sovietici del battaglione Stalin[176]. Infine il 7 dicembre il comandante delle Osoppo, Verdi (Candido Grassi) diede ordine di sganciamento e i superstiti attraversarono le linee nemiche per trovare riparo in pianura. La repubblica della Carnia era finita; le perdite furono pesanti per entrambe le parti, le devastazioni provocate dai rastrellamenti ingenti e le rappresaglie e deportazioni da parte particolarmente dei reparti cosacchi furono numerose, mentre nascosti nelle grotte delle montagne più disagiate rimasero piccoli nuclei di partigiani[177]. Crisi e ripresa della Resistenza[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Proclama Alexander e Battaglia di Porta Lame. Il 13 novembre 1944, mentre nellItalia Settentrionale le massicce operazioni di repressione nazifasciste provocavano dure perdite nelle fila partigiane, il generale Alexander diramava via radio un suo proclama ai combattenti del movimento della Resistenza attraverso cui li invitava ad interrompere le azioni contro il nemico e a ripiegare, per rimanere sulla difensiva in attesa della ripresa alleata di primavera. Il proclama, sebbene corretto dal punto vista operativo, ebbe effetti deprimenti e demoralizzanti sui combattenti partigiani ed innescò reazioni polemiche inducendo i vertici comunisti e giellisti del movimento a respingere le posizioni attendiste e rinunciatarie delle forze conservatrici e del generale Cadorna ed a stimolare invece una concezione più attiva della guerra partigiana al fine di scongiurare uneventuale dispersione o disgregazione generale dei reparti[178]. Arrigo Boldrini Bülow, comandante delle formazioni garibaldine nel ravennate che collaborarono attivamente con le forze alleate Nonostante le direttive dei capi partigiani e la resistenza dei nuclei più solidi, linverno del 1944 fu molto difficile per i partigiani: le dure e spietate operazione di repressione, le sconfitte, la mancanza di sostegno alleato, il tempo inclemente in montagna provocarono una grave crisi del movimento. Molte formazioni si sciolsero o di dispersero; lamnistia proclamata dal regime di Salò il 28 ottobre 1944 e le offerte tedesche di clemenza in cambio di un arruolamento come lavoratori nellOrganizzazione Todt, appoggiate in alcuni casi anche dalle gerarchie ecclesiastiche, ottennero risultati, ed in gruppi o individualmente molti combattenti abbandonarono le armi e si consegnarono[179]. I partigiani attivi a dicembre scesero a soli 50.000 elementi ancora effettivamente in azione[180]. Altre fonti riducono il numero dei combattenti ancora in azione a soli 20-30.000 uomini[181]. Anche i quadri dirigenti del movimento furono duramente colpiti dalla repressione nazifascista, che riuscì a smantellare numerose strutture di comandò nelle città; in Piemonte vennero catturati il colonnello Contini e Gino Barocco, capo di stato maggiore del comando regionale, e soprattutto venne arrestato e ucciso a Cuneo Duccio Galimberti. Il suo posto di responsabile di tutte le formazioni gielliste piementesi venne assunto da Dante Livio Bianco. A Milano venne catturata una parte dei componenti del comando generale del CVL, tra cui Sergio Kasman, il liberale Argenton e lo stesso Ferruccio Parri; a Ferrara i fascisti repubblicani arrestarono e uccisero sommariamente tutti i componenti del CLN locale.[182]. Una violenta repressione, costellata di violenze ed esecuzioni, si abbatté sulla resistenza gappista nelle città dellItalia. La profonda crisi della Resistenza richiese nuove decisioni operative da parte delle strutture di comando centrali; su iniziativa soprattutto del comandante Colajanni Barbato, venne quindi presa la decisione di attuare la cosiddetta pianurizzazione. Questa scelta strategica, in realtà imposta anche dallimpossibilità pratica di continuare a combattere in montagna a causa delle difficoltà di rifornimento, della pressione nemica ed anche dellostilità di una parte delle popolazioni locali, esasperate e terrorizzate da rappresaglie e repressioni nazifasciste, prevedeva quindi che le formazioni partigiane ancora attive scendessero in pianura lasciando in alta montagna solo piccoli nuclei rifugiati nei territori più impervi[183]. La pianurizzazione divenne, a seconda dei casi, una ritirata, con la dispersione in gruppi piccoli, poco efficienti e prevalentemente passivi, nascosti spesso nelle cosiddette buche, o una vera espansione aggressiva, come nel caso delle formazioni di Moscatelli nella pianura di Novara e Vercelli. Nel Monferrato si trasferirono invece i garibaldini di Barbato, mentre nelle Langhe rifluirono, accanto agli autonomi di Mauri ed ai garibaldini di Nanni, i reparti giellisti della Val Grana[184]. Nonostante la profonda crisi nelle file della Resistenza in alta Italia, i partigiani riuscirono ancora a partecipare attivamente ai combattimenti autunnali: in particolare in Emilia, il 7 novembre i gappisti bolognesi coordinati da Ilio Barontini organizzarono a Porta Lame una dura ed efficace resistenza contro le superiori forze fasciste, e ripiegarono dopo unintera giornata di combattimenti che costarono perdite al nemico[185]. In dicembre Arrigo Boldrini Bülow, comandante dei garibaldini nel ravennate, preparò un piano di battaglia per la liberazione di Ravenna, in parte adottato dal comando alleato; i suoi partigiani collaborarono attivamente alla liberazione della città[186]. Oltre a questi successi, i partigiani dovettero subire anche sconfitte e nuove repressioni: a Guselli, nel piacentino e nella battaglia di Monte Caio, mentre nellOltrepò pavese i gruppi vennero quasi completamente dispersi[187]. Partigiani impegnati sul passo del Mortirolo La Resistenza riuscì a superare le gravi difficoltà per la saldezza della sua dirigenza politico-militare, per la combattività del nucleo costitutivo formato dai cosiddetti partigiani dei due inverni[181] e soprattutto per la situazione generale del conflitto mondiale ormai decisamente favorevole alle potenze alleate. Si moltiplicarono inoltre i segni di disgregazione nel campo nazifascista, nonostante un ultimo momento di fiducia nel periodo della offensiva delle Ardenne, contemporanea al ritorno di Mussolini a Milano il 16 dicembre[188]. Decisivo fu infine il grande potenziamento degli aiuti delle potenze anglosassoni che, più solleciti alle necessità della lotta partigiana, secondo le indicazioni del nuovo comandante in capo generale Clark, e desiderosi di un sostegno nelle retrovie tedesche in vista delloffensiva finale, fornirono armi, vettovaglie ed equipaggiamenti in abbondanza che permisero di ricostituire le formazioni partigiane, di equipaggiarle adeguatamente e trasformarle in unità più omogenee, meglio organizzate e preparate[189]. Nei primi mesi del 1945 le forze nazifasciste sferrarono nuove operazioni di rastrellamento principalmente con piccoli reparti leggeri; le cosiddette escursioni antipartigiane del gennaio e febbraio 1945 non ottennero però risultati di rilievo ed incontrarono la crescente opposizione delle forze partigiane in fase di crescita e rafforzamento. In Valle Maira i giellisti della 2ª divisione alpina sorpresero alcuni reparti della divisione Monterosa; a Cantalupo i garibaldini respinsero unincursione nazista, mentre nel bosco del Cansiglio una colonna tedesca subì pesanti perdite. Anche lattacco sul passo del Mortirolo dei militi della Tagliamento venne respinto dallefficace difesa dei partigiani delle Fiamme Verdi della Tito Speri[190]. Mentre fronteggiavano con successo le ultime offensive repressive nazifasciste, le formazioni partigiane organizzarono anche la cosiddetta guerra di corsa in pianura: nel basso Monferrato lungo le strade per Asti e Milano, dove erano in azione il GMO (Gruppo Mobile Operativo) giellista ed i matteottini di Piero Piero; nella pianura tra Vercelli e Novara, dove le forti brigate Garibaldi di Moscatelli e Gastone arrivarono fino alle porte di Pavia; nel Veneto, dove i garibaldini della Nanetti intralciarono pesantemente le comunicazioni tedesche verso lAustria e lUngheria[191]. Insurrezione generale e la liberazione[modifica | modifica sorgente] « Bisogna dire alle masse che la libertà va conquistata con le nostre forze e non ricevuta in dono dagli alleati » (Proclama del CLNAI, aprile 1945[192]) Primavera 1945[modifica | modifica sorgente] Secondo le stime diffuse dal Corpo volontari della libertà nel 1972 il numero di partigiani ai primi di marzo del 1945 aveva raggiunto la consistenza di circa 80.000 combattenti[193][194]; nelle settimane successive, mentre su tutti i fronti europei erano in corso le grandi offensive finali degli Alleati e lArmata Rossa marciava su Berlino, si assistette ad un grande aumento di questi effettivi dovuto anche allafflusso di elementi entusiasti ma in pratica non combattenti od entrati nel movimento anche per motivi opportunistici[195]. Per laprile 1945 lo stesso comando generale del CVL calcolò una forza attiva di 130.000 partigiani; mentre nei giorni dellinsurrezione si raggiunse ufficialmente un numero di circa 250.000-300.000 uomini e donne[193]. In realtà dal punto di vista operativo nei giorni dellinsurrezione le forze partigiane effettivamente attive e combattenti ammontarono a circa 100.000 uomini e donne, con le formazioni più numerose in Piemonte (30.000), Lombardia (9.000), Veneto (12.000), Emilia (12.000). Di questi 100.000 combattenti attivi, circa 51.000 appartenevano alle unità comuniste delle Brigate Garibaldi[196]. Queste formazioni, ora ben armate, equipaggiate e teoricamente unificate, nonostante la forte persistenza tra i partigiani del settarismo partitico originario, erano molto più efficienti delle vecchie bande uscite quasi distrutte nel 1944[197]. Cino Moscatelli, al centro, insieme ai partigiani garibaldini della Valsesia Il numero di partigiani effettivi alla fine della guerra è tuttavia oggetto di dibattito. Una stima governativa del 1947 quantifica in 223.639 il numero di combattenti e in 122.518 il numero di individui accreditati come patrioti per la loro collaborazione alla lotta partigiana. Il dato è tuttavia da considerare come approssimativo rispetto alla consistenza reale del fenomeno[198]. In questa fase finale della guerra, nonostante i segni di dissoluzione presenti a livello della truppa ed anche dei comandi, le forze nazifasciste erano ancora consistenti numericamente e meglio armate ed equipaggiate delle formazioni partigiane. LEsercito tedesco era sempre in gran parte impegnato sulla linea del fronte per cercare di contenere linevitabile offensiva alleata, ma manteneva ancora nove divisioni di riserva nella valle del Po con circa 90.000 soldati, i reparti della Repubblica di Salò impegnati nella repressione disponevano di 102.000 uomini, divisi tra 72.000 nella Guardia Nazionale Repubblicana, 22.000 nelle Brigate Nere, 4.800 nella Decima MAS, 1.000 nella Ettore Muti, rimanevano infine circa 35.000 uomini inquadrati nelle quattro divisioni regolari del maresciallo Graziani. Tutti questi reparti fascisti mostravano, nellaprile 1945, cedimenti del morale e segni di disgregazione[199]. A livello della dirigenza politico-militare della RSI si prepararono piani per un trasferimento dellamministrazione a Sondrio, per organizzare un rifugio sicuro in Svizzera, per costituire, secondo i progetti di Alessandro Pavolini, un ridotto fortificato in Valtellina dove combattere lultima battaglia[200]. Nelle settimane prima delloffensiva finale alleata le formazioni partigiane sferrarono una serie di costosi attacchi non sempre coronati da successo: a Busca con un fortunato colpo di mano i giellisti di Bocca e Macciaraudi sorpresero i reparti della Littorio; mentre in Valsesia i garibaldini di Gastone e Moscatelli liberarono i centri di Fara e Romagnano ma subirono perdite a Borgosesia. Il 15 aprile i partigiani vennero respinti ad Arona, mentre altri reparti guadagnarono terreno in Liguria. Fin da febbraio i capi della Resistenza al nord, il CLNAI ed i vari CLN studiarono i piani dellinsurrezione generale, ritenuta indispensabile soprattutto dai comunisti e dagli azionisti per anticipare gli alleati e dimostrare la volontà democratica ed antifascista del popolo italiano. Piani furono quindi approntati per salvare, con laiuto degli operai, le centrali elettriche e gli impianti industriali dalle distruzioni preparate dai tedeschi; a Genova divenne essenziale evitare la distruzione del porto, a Milano e Torino vennero preparati piani dettagliati per larrivo delle brigate partigiane di montagna sulle due città ed impedire la fuga delle truppe nazifasciste[201]. Durante le ultime settimane della guerra si presentarono anche gravi difficoltà politiche per la Resistenza: linviato del governo di Roma, il sottosegretario Aldobrando Medici Tornaquinci, paracadutato al nord, chiarì definitivamente al CLNAI, durante un teso incontro, lintenzione alleata di disarmare le formazioni e assumere i pieni poteri, mettendo da parte i CLN. Si moltiplicarono inoltre le manovre della Chiesa per favorire accordi tra i moderati e i fascisti ed evitare uninsurrezione nel timore di una presa del potere comunista, mentre gli alleati invitarono a limitare le azioni al sabotaggio e manifestarono preoccupazioni sugli obiettivi delle forze partigiane[202]. Inoltre nello stesso tempo erano in corso i colloqui segreti tra il generale Wolff e il capo dellOSS in Svizzera Allen Dulles per affrettare la resa separata delle forze tedesche in Italia, abbandonando al loro destino i fascisti della Repubblica di Salò[203]; liniziativa di Wolff cercava di sfruttare i timori antisovietici degli alleati e provocò anche un duro scontro al massimo livello tra i Tre Grandi[204]. In questa atmosfera confusa (lo storico Roberto Battaglia ha definito la fitta rete di intrighi, sospetti, incontri da parte delle forze moderate per intralciare in questa fase finale la Resistenza, il nido di vipere[205]) Mussolini arrivò a Milano la sera del 18 aprile[206] con pochi fedelissimi apparentemente per organizzare, nonostante lo sfacelo in corso, lultima difesa del fascismo[207]. Insurrezione[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Sacca di Fornovo. Loffensiva finale alleata ebbe inizio il 9 aprile 1945 e si sviluppò rapidamente; le forze tedesche vennero rapidamente sconfitte e, dopo un tentativo di resistenza sulle linee dei fiumi perpendicolari alla via Emilia, iniziarono il ripiegamento in disordine. La mattina del 14 aprile reparti del Gruppo di Combattimento Friuli entrarono ad Imola, subito seguiti dai polacchi del generale Wladyslaw Anders, accolti festosamente dalla popolazione[208]. Tra il 17 e il 19 aprile il fronte tedesco venne definitivamente sfondato nel settore di Argenta e le mobili colonne alleate dilagarono nella valle Padana. Il 10 aprile il Partito Comunista diramò la sua Direttiva n. 16 riguardo linsurrezione generale; il 16 aprile il CLNAI comunicò le direttive insurrezionali a tutte le forze della Resistenza e decretò anche la condanna a morte per Mussolini e tutti i gerarchi. Quindi il 19 aprile 1945, mentre gli Alleati dilagavano nella valle del Po, i partigiani diedero il via allinsurrezione generale con la parola dordine Arrendersi o perire!. Dalle montagne, i partigiani confluirono verso i centri urbani del Nord Italia, occupando fabbriche, prefetture e caserme. Nelle fabbriche occupate dagli operai entrati in sciopero insurrezionale venne dato lordine di proteggere i macchinari dalla distruzione. Le sedi dei quotidiani furono usate per stampare i giornali clandestini dei partiti. Mentre avveniva ciò, le formazioni fasciste si sbandavano e le truppe tedesche battevano in ritirata; si consumava il disfacimento delle truppe nazifasciste, che davano segni di cedimento già dallinizio del 1945. I partigiani a Milano il 28 aprile 1945, si riconoscono Cino Moscatelli (con il cappello da alpino) e sulla sua sinistra, Pietro Secchia e Luigi Longo Dal 19 aprile la divisione partigiana Bologna guidata da Aldo Cucchi Jacopo diede inizio allinsurrezione nel capoluogo emiliano, mentre altri reparti scendevano dalle montagne; la mattina del 21 aprile, furono però i soldati italiani del gruppo da combattimento Friuli ad entrare per primi a Bologna, passando per la Porta Maggiore. In giornata giunsero anche i polacchi del generale Anders con gli abruzzesi della Brigata Maiella, il Legnano e altri gruppi. Dopo scontri allinterno dellarea cittadina da parte di partigiani e forze regolari contro franchi tiratori e centri di resistenza fascisti, entro la serata venne completata la liberazione della città[209]. Il 21 aprile ebbe inizio linsurrezione a Ferrara e il 22 a Modena; le brigate cittadine affrontarono aspri scontri contro le truppe tedesche in ritirata e contro i reparti fascisti, in attesa dellarrivo delle colonne motorizzate alleate. I partigiani discesero dalle montagne e si impegnarono a cercare di bloccare le truppe tedesche in rotta a Casaltone ed a Fornovo, dove, in questultima località, si uniranno nelle ostilità con le truppe Alleate brasiliane già impegnate nella campagna dItalia, nellultima grande battaglia campale in territorio italiano, conosciuta come la Battaglia della Sacca di Fornovo. Tra il 24 ed il 25 aprile gli alleati liberarono anche Reggio Emilia e Parma, dove la resistenza cittadina aveva già preso in parte il controllo dei luoghi più importanti, e il 29 aprile Piacenza. Nel complesso in Emilia, le forze partigiane di montagna furono in parte sorprese dalla velocità dellavanzata alleata e quindi giunsero in ritardo nelle città già liberate dalle truppe regolari anglo-americane con il concorso delle formazioni GAP e SAP cittadine[210]. A Genova il comandante della piazza, generale Günther Meinhold, cercò di trattare, senza successo, con i partigiani della Divisione garibaldina Pinan-Cichero (guidati da Aldo Gastaldi Bisagno) appostati sulle montagne che dominano la città, mentre il capitano di vascello Bernighaus organizzava la distruzione del porto. Violenti scontri si accesero al centro della città tra le squadre GAP e i reparti tedeschi e fascisti, mentre i garibaldini della brigata Balilla guidata da Battista raggiunsero Sampierdarena. Il generale Meinhold firmò la resa del presidio alle ore 19.30 del 25 aprile nelle mani del capo del CLN locale, loperaio Remo Scappini[211], dopo che tutte le vie di uscita erano state bloccate dai garibaldini di Bisagno. Il capitano di vascello Berlinghaus ed il capitano Mario Arillo della Decima MAS continuarono tuttavia la resistenza, decisi a eseguire le distruzioni previste; dopo nuovi scontri con i partigiani delle Divisioni Cichero e Mingo (comandati da Miro e Boro) scesi in città la sera del 26 aprile anche gli ultimi reparti nazifascisti si arresero. I partigiani avevano salvato il porto dalla distruzione e catturato 6.000 prigionieri che furono consegnati agli alleati giunti il 27 aprile a Nervi[212]. Solo la batteria tedesca di Monte Moro resistette ancora e si arrese alle truppe statunitensi in arrivo[213]. Sfilata di automezzi dei partigiani per le vie di Bologna In Piemonte le formazioni partigiane scesero dalle montagne e puntarono su tutte le città principali rischiando lo scontro frontale con le divisioni tedesche in ritirata: mentre le unità gielliste più forti si diressero su Cuneo, i garibaldini di Barbato e Nanni e gli autonomi di Mauri puntarono su Torino, nonostante linvito del colonnello britannico Stevens (comandante delle missioni alleate) di non muoversi, e le Brigate Garibaldi di Ciro e Moscatelli avanzarono su Novara. Il 25 aprile iniziarono gli scontri per Cuneo; dopo aver costretto alla resa le unità dellesercito di Salò (divisioni Monterosa e Littorio), i reparti partigiani giellisti di Ettore Rosa, Detto Dalmastro, Gigi Ventre, Nuto Revelli, Giorgio Bocca, affrontarono duri combattimenti con i tedeschi decisi a mantenere il controllo delle comunicazioni. Solo il 29 aprile, dopo alcune trattative con i tedeschi, finalmente le forze partigiane gielliste, a cui si erano uniti i garibaldini dei comandanti Comollo e Bazzanini e gli autonomi di Pietro Cosa, liberarono la città, mentre rimasero a distanza sulle alte valli i reparti francesi[214]. A Torino, mentre alcune colonne nazifasciste si avviavano verso Ivrea, per attendere gli alleati e arrendersi, i reparti fascisti repubblicani radunarono alcuni reparti e ingaggiarono aspri scontri con i partigiani che raggiunsero la città dalle montagne il 28 aprile. Le colonne militari tedesche del gruppo Liebe (due divisioni di fanteria) riuscirono a ripiegare, dopo violenti combattimenti, attraverso labitato. Quindi, mentre alcuni reparti repubblicani abbandonavano il capoluogo piemontese per avviarsi nella Valtellina, il grosso dei fascisti torinesi della Brigata Nera Athos Capelli rimasti in armi decideva di continuare a combattere. Le Brigate Garibaldi di Giovanni Latilla Nanni, Vincenzo Modica Petralia e Pompeo Colajanni Barbato (3.000 uomini), gli autonomi di Enrico Martini Mauri (1.000), i reparti Giustizia e Libertà (1.600), liberarono gran parte della città dopo violenti combattimenti e salvaguardarono i ponti in attesa dellarrivo degli alleati che giunsero a Torino il 1º maggio[215]. La brigata partigiana Buranello sfila a Sestri Ponente Fin da marzo a Milano era stato costituito un Comitato insurrezionale formato da Luigi Longo, Sandro Pertini e Leo Valiani che la mattina del 24 aprile, dopo le prime notizie provenienti da Genova, prese la decisione di dare inizio allinsurrezione nel capoluogo lombardo; la sera dello stesso giorno le brigate SAP diedero inizio ai combattimenti nelle fabbriche della periferia, mentre alcuni reparti garibaldini si avvicinavano da sud e da ovest[216]. Il 25 e il 26 i partigiani fecero notevoli progressi e raggiunsero la cerchia dei Navigli, mentre alcuni reparti fascisti avevano già abbandonato la città. I tedeschi restarono in armi nei loro quartieri, senza combattere secondo gli ordini del generale Wolff; la Brigata Nera Aldo Resega abbandonò le sue posizioni dentro la città, la Guardia Nazionale Repubblicana si sciolse spontaneamente. La Guardia di Finanza si unì agli insorti, mentre la Decima MAS, invece di ripiegare in Valtellina, rimase accasermata e si arrese senza combattere[217]. Il 27 aprile alle ore 17.30 arrivarono per primi in città con poche difficoltà i garibaldini delle brigate dellOltrepò Pavese guidate da Italo Pietra Edoardo e Luchino Dal Verme Maino. Il 28 aprile arrivarono i partigiani delle Brigate Garibaldi della Valsesia di Cino Moscatelli, provenienti a Novara, mentre altri reparti occuparono Busto Arsizio e le strade per la Valtellina su cui in teoria avrebbero dovuto ripiegare gli ultimi reparti della RSI[218]. Il pomeriggio del 28 aprile a Milano in piazza Duomo si tenne una grande manifestazione popolare per celebrare la liberazione e la vittoria della Resistenza con la presenza di molti capi partigiani e politici, tra cui Cino Moscatelli, Luigi Longo, Pietro Secchia, Giovanni Pesce. Le truppe alleate arrivarono a Milano il 1º maggio 1945. Il 25 aprile, giorno dellinizio dellinsurrezione a Milano, è stata assunta quale giornata simbolica della liberazione dItalia dal regime nazifascista e, denominata Festa della Liberazione, viene da allora commemorata in tutta la nazione. Fine della Repubblica Sociale e morte di Mussolini[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Operazione Sunrise, Caduta della Repubblica Sociale Italiana e Morte di Benito Mussolini. Pier Bellini delle Stelle Pedro, il comandante del reparto partigiano che catturò Mussolini e i gerarchi Disorientato dalla scoperta delle trattative segrete del generale Wolff con gli Anglo-americani, Mussolini, dopo un inutile tentativo nel pomeriggio del 25 aprile di trattare con gli esponenti del CLNAI con la mediazione del cardinale Schuster[219] alle ore 20 dello stesso giorno decise di abbandonare Milano in direzione del lago di Como, per motivi ancora non chiari[220]. Con la partenza del Duce, seguito da una lunga colonna di fascisti in armi e di gerarchi, le forze della Repubblica sociale a Milano si disgregarono. Giunto a Como la sera del 25 aprile, Mussolini ripartì il 27, percorrendo con i gerarchi e un reparto di SS della guardia del Duce al comando del tenente Birzer, la strada lungo la riva occidentale del lago; dopo un vano tentativo dei ministri Tarchi e Buffarini Guidi di entrare in Svizzera, bloccato dalle guardie di finanza, la colonna, a cui si erano aggiunti Pavolini e la Petacci, riprese verso nord, rafforzata dallarrivo di un gruppo di soldati tedeschi della contraerea. Alle porte di Musso, la colonna venne bloccata da reparti partigiani della 52ª Brigata Garibaldi guidati dal comandante Pier Bellini delle Stelle Pedro; dopo una lunga trattativa, i soldati tedeschi, compresa la guardia SS di Birzer, ottennero il diritto di passaggio verso la Germania, mentre gli italiani vennero abbandonati nelle mani dei partigiani. Nonostante un tentativo di travestimento da soldato tedesco, Mussolini venne riconosciuto e catturato[221]. Walter Audisio, il comandante Valerio guidò la cattura e la fucilazione sommaria di Mussolini Dopo essere stati condotti a Dongo, Mussolini e la Petacci vennero separati dagli altri gerarchi e portati a Giulino di Mezzegra; i due prigionieri vennero alloggiati per la notte in una casa contadina. Poche ore dopo Mussolini venne consegnato dai suoi catturatori ad un gruppo di partigiani inviati dal CLNAI di Milano, guidati da Walter Audisio e Aldo Lampredi, due importanti esponenti del Partito Comunista allinterno delle forze della Resistenza. Quindi, il 28 aprile 1945, Mussolini e la Petacci vennero uccisi, verosimilmente dopo le ore 16, da Audisio colonnello Valerio e dal partigiano Michele Moretti Pietro lungo un muro di cinta di una villa su una strada isolata[222] Dopo lesecuzione Audisio e Lampredi ritornarono a Dongo dove erano stati radunati i fascisti catturati insieme a Mussolini e alla Petacci; alle ore 17.17 i partigiani della 3ª Divisione Garibaldi-Lombardia, guidati dal comandante Alfredo Mordini Riccardo, fucilarono, davanti al muretto affacciato sul lago, quindici gerarchi, tra cui Pavolini, Barracu, Bombacci, Mezzasoma, Liverani, Zerbino, e il fratello della Petacci, Marcello[223] Solo il maresciallo Graziani, che aveva abbandonato la colonna in precedenza, riuscì a sfuggire e venne catturato dagli alleati al quartier generale delle SS a Cernobbio. I cadaveri di Mussolini, della Petacci e dei gerarchi fucilati vennero trasportati a Milano e esposti in piazzale Loreto, luogo di una precedente sanguinosa rappresaglia nazifascista, dove furono oggetto di oltraggi da parte della popolazione[224]. Il 29 aprile 1945 il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia diramò un comunicato in cui affermava che la fucilazione di Mussolini e dei suoi complici è la conclusione necessaria di una fase storica che lascia il nostro paese ancora coperto di macerie materiali e morali[225]. Il 29 aprile la Resistenza italiana ebbe formalmente termine, con la resa incondizionata dellesercito tedesco, e i partigiani assunsero pieni poteri civili e militari. Il 2 maggio il generale britannico Alexander ordinò la smobilitazione delle forze partigiane, con la consegna delle armi. Lordine venne in generale eseguito e le armi in gran parte consegnate, in tempi diversi nei vari luoghi in dipendenza dellavanzata dellesercito alleato, della liberazione progressiva del territorio nazionale, e del conseguente passaggio di poteri al governo italiano. Significato storico della Resistenza[modifica | modifica sorgente] A giudizio delle stesse autorità alleate, la Resistenza italiana giocò un ruolo importante per lesito della guerra in Italia e, a costo di grandi sacrifici umani, cooperò attivamente ad indebolire le forze nazifasciste, a minarne il morale ed a renderne precarie le retrovie, impegnando notevole parte delle unità militati o paramilitari del nemico[226]. Anche le fonti tedesche documentano che le forze partigiane furono causa di problemi e difficoltà militari per i comandi e le truppe della Wehrmacht[227]. Monumento al partigiano di Parma Nel complesso il movimento partigiano ebbe, a partire soprattutto dallestate 1944 con la costituzione del comando del CVL, una consistenza, coesione e capacità di combattimento notevoli, inferiori nel quadro della Resistenza Europa al nazismo ed ai collaborazionisti[228], solo allEsercito Popolare Jugoslavo[229]. Peraltro il modello jugoslavo, considerato costantemente dalla dirigenza partigiana ed in particolare dai comandanti comunisti delle Brigate Garibaldi, lesempio e il punto di arrivo ideale del movimento, rimase un mito ineguagliabile. Le differenze operative legate alle caratteristiche morfologiche del territorio, alla differente durata del fenomeno, alla diversa consistenza numerica; la presenza di modelli organizzativi caratteristici della situazione jugoslava e quindi difficilmente riproducibili in Italia, resero impossibile al movimento partigiano raggiungere lefficienza ed i risultati dellEsercito Popolare Jugoslavo che riuscì nella parte finale della guerra a divenire un vero esercito in grado di sostenere una guerra regolare contro la potenza occupante[230]. Oltre alla sua importanza militare la Resistenza ebbe grande importanza dal punto di vista morale e politico, dimostrando nei confronti degli Alleati, la capacità di ripresa, di sacrificio e di combattimento di almeno una parte degli italiani, e la loro nuova fiducia nei valori dellantifascismo. Inoltre le dimensioni, lidealità e lefficacia del movimento partigiano influirono sugli assetti istituzionali e sul futuro italiano; secondo lo storico Santo Peli: senza la resistenza armata, molto probabilmente, avremmo avuto un’Italia monarchica, e non sarebbe stata scritta una Costituzione profondamente innovativa sul piano della giustizia sociale[231]. Senza dubbio tuttavia le aspirazioni di gran parte degli elementi comunisti, socialisti e azionisti (largamente maggioritari nel movimento partigiano) a favore di un nuovo Stato democratico con il coinvolgimento delle masse popolari e con riforme strutturali, sociali ed economiche, non si realizzarono pienamente; in questo senso la Resistenza italiana non riuscì ad operare una rottura veramente profonda con il passato[232]. Secondo lo storico Miller[233], la Resistenza italiana fu un mito fondativo della Repubblica nellera post-bellica[234]. La guerra civile fu solo uno dei suoi inevitabili aspetti[235]. Tuttavia il più importante risultato della Resistenza non fu la liberazione di molte città italiane bensì la coabitazione forzata di formazioni politiche reciprocamente ostili: in due anni di combattimenti contro un nemico comune, i leader di questi movimenti si guardarono per la prima volta con rispetto. Tale mutua comprensione, nata durante la Resistenza, probabilmente salvò lItalia dal tipo di guerra civile che avviluppò invece la Grecia post-bellica. I fondatori della democrazia italiana strategicamente allargarono la definizione di resistenza per includere non solo coloro che combatterono ma anche quelli che appoggiarono la lotta contro il Fascismo, attivamente o passivamente, e persino coloro che avessero sofferto sotto il regime. Con questa definizione, la Resistenza divenne unautentica esperienza nazionale.[236] Secondo Miller, nonostante il mito fondativo sia stato poi abbattuto dalle strumentalizzazioni politiche da una parte e dalle revisioni accademiche dallaltra, esso può ancora offrire un insieme di valori degni di essere emulati in qualsiasi società democratica, rappresentando uno dei momenti più luminosi della storia dellItalia unita.[237] Le diverse anime della Resistenza[modifica | modifica sorgente] Fin dalla discussione sorta in seno ai partiti politici a seguito della lettera di intenti presentata dal Partito dAzione nel novembre 1944, si evidenziarono le profonde differenze di obiettivi e di metodi presenti allinterno delle forze antifasciste. Durante il cosiddetto dibattito delle cinque lettere, di fronte alle proposte azioniste di costituire un vero governo del CLNAI con poteri straordinari al nord, i comunisti, teoricamente in accordo, in pratica mantennero la posizione togliattiana di unità nazionale e di sostegno al governo unitario di Roma, i socialisti si limitarono a espressioni teoriche massimaliste, mentre la Democrazia Cristiana respinse nettamente le proposte, favorendo linstaurazione di una classica democrazia parlamentare[238] Nella dirigenza comunista apparentemente il segretario generale Togliatti, seguendo anche le indicazioni staliniane, aveva abbandonato propositi rivoluzionari immediati ed adottato una politica tendente a rafforzare linfluenza e la diffusione di massa del PCI ed a introdurre pacificamente riforme politiche e sociali avanzate con laccordo dei tre partiti popolari (comunista, socialista e democristiano)[239]. Per gli azionisti ed i socialisti invece il fulcro delle riforme consisteva nella estromissione della monarchia e di tutta la classe dirigente compromessa con il fascismo e del potere economico che del fascismo aveva beneficiato[240]. Per contro, le aspirazioni di Bonomi e De Gasperi, come rappresentanti di tendenze più moderate (socialdemocrazia per Bonomi e cristianesimo democratico per De Gasperi) erano di rendere questo processo il più morbido possibile, evitando una rottura traumatica con il passato[240]. Tuttavia nella Resistenza italiana, in una parte della componente maggioritaria comunista, erano ancora molto presenti elementi contraddittori come il mito di Stalin, accostato a ideali libertari («viva la libertà! viva Stalin!» fu il grido in punto di morte di molti partigiani) e della Unione Sovietica, alla quale si ascriveva il merito essenziale della vittoria e il cui modello di governo veniva descritto come «forma superiore di democrazia», nella quale si presumeva esistesse una apertura alla partecipazione popolare: alla contraddizione più evidente, quella fra il modello sovietico e la linea ufficiale del PCI, fu tentato di porre rimedio proponendo la democrazia sovietica quale chiave di interpretazione della democrazia progressiva di stampo occidentale che il partito propugnava per lItalia[241]. La posizione ambigua della dirigenza comunista non favorì labbandono definitivo di velleità combattentistiche fra coloro che consideravano la vittoria militare contro i nazifascisti solo il presupposto per un nuovo ordine politico, e che non abbandonarono la speranza di uno sbocco rivoluzionario della situazione politica del dopoguerra. Peraltro, sia da parte comunista che da parte azionista, sussisteva qualche diffidenza sulle intenzioni delle future istituzioni italiane, considerando necessario mantenere una funzione di vigilanza nel caso di un ritorno delle forze reazionarie. La consegna delle armi agli alleati fu quindi riluttante; rilevanti quantitativi di armi ed equipaggiamenti vennero in molti casi occultati, con la tacita approvazione dei capi partigiani comunisti del Nord Italia[242][243]. I contrasti interni al Partito dAzione, la politica togliattiana del compromesso e dellaccordo con la Democrazia Cristiana e la volontà dei partiti moderati (democristiani e liberali), supportati dagli Alleati occidentali, di frenare le spinte radicali del movimento partigiano e delle forze di sinistra provocarono la caduta del governo guidato da Ferruccio Parri, in carica dal 21 giugno 1945 al 4 dicembre 1945 ed espressione politica dei partiti del Comitato di Liberazione Nazionale, inaugurando la fase di governi guidati da De Gasperi, preludio alla svolta politico-elettorale dellaprile 1948 che avrebbe portato allemarginazione delle componenti progressiste maggioritarie allinterno della Resistenza[244]. I caduti della Resistenza e le vittime della repressione nazifascista[modifica | modifica sorgente] Strage fascista di Piazzale Loreto, 10 agosto 1944 Secondo alcune fonti i caduti per la Resistenza italiana (in combattimento o uccisi a seguito della cattura) sarebbero stati complessivamente circa 45.000; altri 20.000 sarebbero rimasti mutilati o invalidi[245]; i soldati regolari morti nelle formazioni che combatterono accanto agli Alleati nella Campagna dItalia furono invece circa 3.000[246]. Le donne partigiane combattenti sarebbero state 35 mila[247], mentre 70 mila fecero parte dei Gruppi di difesa della donna; 4.653 di loro furono arrestate e torturate. 2.750 furono deportate in Germania, 2.812 fucilate o impiccate; 1.070 caddero in combattimento; 15 vennero decorate con la medaglia doro al valor militare[senza fonte]. I civili deportati dai tedeschi furono circa 40.000, tra cui 7.000 ebrei; i sopravvissuti furono circa il 10%[248]; dei 2.000 deportati ebrei dal ghetto di Roma il 16 ottobre 1943 tornarono vivi solo in quindici. Tra i soldati italiani che dopo lArmistizio di Cassibile dell8 settembre si trovarono a combattere, privi di direttive precise, contro la Wehrmacht sul territorio nazionale o nelle regioni occupate morirono in circa 45.000 (esercito 34.000, marina 9.000 e aviazione 2.000): 20.000 nei combattimenti subito dopo larmistizio, 10.000 nei Balcani, 13.400 nei trasporti via mare[248][249]. Secondo alcuni studi, furono invece circa 40.000 i militari italiani che morirono nei lager nazisti, su un totale di circa 650.000 che fu internato in Germania e Polonia dopo l8 settembre[248][250] e che, per la maggior parte (il 90% dei soldati e il 70% di ufficiali), rifiutarono le periodiche richieste di entrare nei reparti della RSI in cambio della liberazione[251]. Si stima che in Italia nel periodo intercorso tra l8 settembre 1943 e laprile 1945 le forze tedesche (sia la Wehrmacht che le SS) e le forze della Repubblica Sociale Italiana compirono più di 400 stragi (uccisioni con un minimo di otto vittime), per un totale di circa 15.000 caduti tra partigiani, simpatizzanti per la resistenza, ebrei e cittadini comuni[252]; i civili non combattenti uccisi dalle forze nazifasciste in operazioni di repressione, rastrellamento e rappresaglia furono circa 10.000[248]. Aspetti controversi della Resistenza[modifica | modifica sorgente] Processi e copertura ai nazifascisti nel dopoguerra[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi CIA: Arruolamento di ex nazifascisti e amnistia Togliatti. Per diversi motivi molti procedimenti giudiziari relativi a queste stragi non furono mai portati avanti, in parte a causa di tre successive amnistie. La prima intervenuta il 22 giugno 1946 detta amnistia Togliatti[253]; la seconda approvata il 18 settembre 1953 dal governo Pella che approvò lindulto e lamnistia proposta dal guardasigilli Antonio Azara per tutti i reati politici commessi entro il 18 giugno 1948[254]; la terza approvata il 4 giugno 1966[255]. Inoltre la Germania Ovest era dal 1952 alleata con lItalia sotto lombrello della NATO, per cui non risultava politicamente opportuno dare risalto ad episodi ormai ritenuti parte del passato coinvolgenti cittadini tedeschi. Entrata delle Fosse Ardeatine, luogo del tragico eccidio nazista Cera poi il rischio giudicato imbarazzante per le istituzioni italiane che il precedente di un processo in cui si chiedeva la consegna dei criminali di guerra tedeschi avrebbe poi obbligato lItalia a consegnare a Stati esteri o a processare internamente i responsabili di crimini di guerra commessi dalle forze italiane durante il ventennio fascista e il periodo della Repubblica Sociale Italiana, sia in territorio nazionale che straniero, molti dei quali dopo la guerra erano stati riassorbiti allinterno dellesercito o delle pubbliche amministrazioni. Infine durante gli anni sessanta seicentonovantacinque fascicoli riguardanti le stragi nazifasciste in Italia vennero, per le ragione sopraesposte, archiviati provvisoriamente dal procuratore generale militare e i vari procedimenti furono bloccati, garantendo quindi limpunità per i responsabili ancora in vita. Solo nel 1994, durante la ricerca di prove a carico di Erich Priebke per la strage delle Fosse Ardeatine, venne scoperta lesistenza di questi fascicoli (trovati in quello che giornalisticamente è stato definito lArmadio della Vergogna) e alcuni dei procedimenti furono riaperti, ad esempio quello a carico di Theodor Saevecke, responsabile della strage di Piazzale Loreto a Milano, ove furono fucilati per rappresaglia 15 tra partigiani ed antifascisti. La maggior parte delle indagini e delle denunce contenute nei fascicoli non portarono tuttavia ad un processo, poiché molti degli indagati risultarono essere non perseguibili in quanto già morti o per lintervenuta prescrizione dei reati loro ascritti. Le esecuzioni post-conflitto e le tensioni in seno alla Resistenza[modifica | modifica sorgente] Palmiro Togliatti, in qualità di Ministro della Giustizia firmò lomonima amnistia per i reati politici Nel clima dellinsurrezione e con spinte rivoluzionarie tra la base partigiana comunista, si verificarono numerosi eccessi e esecuzioni sommarie principalmente di fascisti o collaborazionisti[256], ma anche di appartenenti a brigate partigiane di diverso colore politico, preti e semplici esponenti delle classi sociali conservatrici e anticomuniste. Una forte componente di lotta di classe fu presente durante tutta la Resistenza, soprattutto nelle formazioni garibaldine comuniste[257]. Nei mesi seguenti la liberazione si ebbero fatti sanguinosi, che con intensità calante proseguirono per alcuni anni. Talvolta i responsabili o gli accusati di questi omicidi trovarono rifugio in paesi filosovietici come la Cecoslovacchia o la Jugoslavia. Il numero degli uccisi di parte fascista dopo il 25 aprile è stato oggetto di un acceso dibattito con strumentalizzazioni in sede pubblicistica e politica; bisogna considerare in primo luogo che il termine effettivo delle ostilità con la Wehrmacht, con cui la RSI era alleata, si ebbe solo il 3 maggio. Gli uccisi di parte fascista tra il 25 aprile e il 3 maggio, quindi, andrebbero considerati come morti durante. Non si dispone allo stato attuale di cifre attendibili delle morti fasciste che distingua in modo chiaro tra esecuzioni immediatamente successive alla fine delle ostilità e omicidi, vendette e violenze verificatesi nei mesi seguenti nel clima ancora post-insurrezionale[258]. Da parte neofascista, lex ufficiale della Xª Flottiglia MAS e poi senatore del Movimento sociale italiano Giorgio Pisanò ha parlato di 34.500 morti di parte fascista[259], mentre Bruno Spampanato, aderente alla Repubblica sociale italiana, primo direttore del Secolo dItalia e deputato del MSI, ha parlato addirittura di 200 000 morti[260]. Queste cifre non sono mai state giustificate da fonti ritenute attendibili. A questo proposito, durante la seduta parlamentare dell11 giugno 1952, il ministro dellInterno democristiano Mario Scelba parlò di sole 1.732 persone uccise per motivi politici nelimmediato dopoguerra[261]. Dichiarazione di Luciano Lama sugli eccidi del secondo dopoguerra Il desiderio di vendetta non è un crimine, è un risentimento. Ricordo bene quando mi dissero che avevano fucilato mio fratello. La rabbia ti sale alla testa, te la senti nelle mani quando imbracci un fucile. Qualcuno ha resistito altri no. Magari volevi vendicarti, ma non potevi, non dovevi... Nessuno vuole giustificare i delitti del dopoguerra. Prima di giudicare però si deve sapere cosa accadde davvero. Una guerra qualunque può forse finire con il cessate il fuoco. Quella no. La Resistenza fu una battaglia terribile, disperata e atroce. Vivevamo nascosti nelle buche dei campi di granoturco, eravamo circondati da nemici: non erano solo tedeschi e fascisti, cerano le spie, ti potevano tradire in ogni momento. Vedevamo sparire i nostri compagni, fucilavano famiglie intere. Eravamo sopraffatti dal dolore, dalla rabbia... Altrimenti non avremmo potuto... Non saremmo riusciti a sparare a chi ci guardava in faccia. Una cosa è tirare una cannonata, unaltra è uccidere chi ti sta di fronte. Ripugna. Si può fare solo se ci si crede ciecamente. Aiutano lodio, la paura, lutopia. Concita De Gregorio, Ora è il momento di ricordare, la Repubblica, 8 settembre 1990 Secondo unindagine della Direzione generale di Pubblica sicurezza svolta alla fine del 1946, invece, le persone uccise perché politicamente compromesse con il regime fascista sarebbero state 8197, a cui vanno aggiunte le 1167 prelevate e presumibilmente soppresse, per un totale di 9364[262]. Queste cifre si accorda con lentità di quelle dichiarate nel 1948 al Senato da Parri, che parlò di un numero di morti compreso tra 10.000 e 15.000[263], secondo le indagini da lui fatte condurre quando era al governo. Gli storici contemporanei nel complesso concordano con queste cifre e valutano i morti fascisti o simpatizzanti a 10-12.000[258] Le ragioni di questi comportamenti sono molteplici: desiderio di vendetta dopo tanti lutti e sofferenze, e odio sociale e ideologico; si può ritenere anche che i partigiani temessero, dopo la fine della fase insurrezionale, una punizione poco efficace o una totale impunità per i gerarchi fascisti che si erano macchiati di gravi crimini[264][265]. Successivamente alla normalizzazione postbellica, alcuni partigiani vennero sottoposto a processi per presunte stragi e assassinii compiuti nella Liberazione: il tema della persecuzione dei partigiani da parte della magistratura e delle forze politiche su cui si fondava la Repubblica divenne un argomento di discussione ricorrente per molte forze di sinistra, soprattutto causa il contrasto con limpunità di cui godettero molti ex fascisti che si erano macchiati di reati molto gravi. I governi della Repubblica effettuarono una epurazione molto parziale soprattutto nella pubblica amministrazione e nelle strutture economiche capitalistiche, a causa di necessità politiche di pacificazione che ebbero il loro culmine nellamnistia firmata dallallora Ministro di Grazia e Giustizia Togliatti il 22 giugno 1946, seguita, il 7 febbraio 1948, da un decreto del sottosegretario alla presidenza Andreotti con cui si estinguevano i giudizi ancora in corso dopo lamnistia. Tra gli importanti personaggi della RSI che videro ridotte le loro pene: i funzionari fascisti che collaborarono alla cattura di[senza fonte] Giovanni Palatucci (il commissario di polizia che aiutò la fuga di migliaia di ebrei); il comandante della Xª Flottiglia MAS Junio Valerio Borghese; il maresciallo Rodolfo Graziani. Episodi di conflittualità allinterno del movimento resistenziale[modifica | modifica sorgente] Questa voce non è neutrale! Questa voce o sezione sullargomento storia è ritenuta non neutrale. Motivo: Già mesi fa ho segnalato gli errori fattuali allinterno di questo paragrafo, relativi alla Strage della missione Strassera e alleccidio di Porzus. Nonostante quanto affermi il sito dellANPI (che è pieno di errori, sbagliando pure il nome del presidente che graziò Moranino), mai la prima fu dichiarata legittimo atto di guerra, e la lunga controversia di cui si parla nel paragrafo, in realtà si concluse con una dura condanna, cui Moranino si sottrasse fuggendo in Cecoslovacchia. La testimonianza di Moretti su Porzus è del tutto congetturale, non suffragata da alcun documento, eppure qua è presentata addirittura in prima battuta. Cè uno studio dello storico sloveno Goradz Bajc sul tema, basato sulla documentazione alleata: nessun elemento nemmeno minimo emerge a confortare Moretti. Anche qui sono stati celebrati vari processi, conclusisi con dure condanne cui la maggior parte degli imputati si sottrasse fuggendo in Jugoslavia e in Cecoslovacchia. I contatti fra Osoppo e X Mas sono stati sviscerati varie volte, e mai è stato dimostrato che gli osovari accondiscesero alle richieste di Borghese e i suoi. Di più: durante il processo lUnità si scagliò varie volte contro lOsoppo, accusandola in pratica di essere stata un covo di reazionari fascisti, dopo di che venne fuori da alcune testimonianze che un famoso caso di collaborazione locale sul campo fra osovari e militi della GNR aveva coinvolto anche dei garibaldini. Infine è da rilevare che Elda Turchetti non militava nellOsoppo (comè scritto qui): era stata consegnata dai garibaldini al comando della brigata Osoppo perché venisse giudicata, in quanto sospettata dessere una spia: lei si era presentata spontaneamente ai partigiani. Il relativo processo si svolse pochi giorni prima delleccidio, e si concluse con unassoluzione. Per contribuire, correggi i toni enfatici o di parte e partecipa alla discussione. Non rimuovere questo avviso finché la disputa non è risolta. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento. Luccisione del comandante Libero Riccardi, avvenuta nella tarda primavera del 1944, da parte di una fazione di partigiani romagnoli che non condivideva le modalità di conduzione della lotta armata sin lì adottate da Libero e ne giustificò leliminazione con accuse (da alcune fonti considerate infondate) di diserzione e furto. Esecuzione di Dante Castellucci, avvenuta il 22 luglio 1944 su accuse, secondo le ultime ricerche, di un probabile infiltrato OVRA[266] nelle file del movimento partigiano. Ciò corrisponderebbe alle dichiarazioni di Laura Seghettini, fidanzata di Facio[267]. La Strage della Missione Strassera, avvenuta il 26 novembre 1944. Lepisodio provocò forti contrasti politici nel dopoguerra e rimane oggetto di opposte valutazioni. Il più importante imputato della strage, il comandante garibaldino comunista Francesco Moranino, dopo una lunga controversia politica e giudiziaria, venne graziato dal presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, ottenendo il riconoscimento che lepisodio di cui era stato accusato era da considerare un atto di guerra (nellambito della guerra di Liberazione) e quindi giuridicamente legittimo[268]. Eccidio di Porzûs, avvenuto il 7 febbraio 1945. Considerato da alcune fonti un episodio di odio ideologico da parte di comandanti garibaldini comunisti inviati a sedare i contrasti tra i reparti osovani e le formazioni partigiane jugoslave[67], le testimonianze di monsignor Aldo Moretti, medaglia doro della Resistenza e fra i comandanti della Osoppo, riportate su Famiglia Cristiana nel 1997 e in seguito sui siti ANPI hanno riportato in evidenza elementi per interpretare i tragici fatti dellEccidio di Porzus in connessione con manovre dei servizi segreti alleati, allo scopo di ledere lunità delle forze partigiane ed evitare che nel dopoguerra in zona potesse prendere predominanza politica una unione fra cattolici e comunisti. I contatti effettivamente vi furono, patrocinati anche dal governo del Sud, allepoca legittimo governo italiano, che aveva inviato nel marzo 1945 Antonio Marceglia, uno dei partecipanti allimpresa di Alessandria e poi appartenente a Mariassalto, sbarcato a La Spezia, a cercare un contatto con gli ex compagni di reparto della X MAS; il 28 marzo Marceglia si incontrò a Venezia con Junio Valerio Borghese il quale gli disse che i contatti con la Osoppo, in quanto unica formazione partigiana autonoma erano stati presi, ma erano stati interrotti per ragioni di forza maggiore[269]. In precedenza, il 22 novembre 1944, il Partito Comunista Italiano (e non il CLNAI) aveva dato lordine ai partigiani italiani della zona di passare alle dipendenze del IX Corpus jugoslavo per favorire la creazione di (secondo le parole di Togliatti in una lettera a Vincenzo Bianco, rappresentante del PCI nel IX Corpus, « una condizione profondamente diversa da quella che esiste nella parte libera dellItalia. Si creerà insomma una situazione democratica[270] » La dipendenza fu accettata dai circa 3500 partigiani comunisti della divisione Garibaldi-Natisone ma non dagli autonomi della Osoppo, tra i quali militava una ragazza, Elda Turchetti, uccisa e ritenuta successivamente dai comunisti una spia della X MAS ma possibilmente anche un intermediario secondo altre fonti[270]. Lomicidio di Mario Simonazzi, il comandante Azor[271][272], comandante cattolico popolare e apprezzato, militante nelle Squadre di Azione Patriottica (SAP), ucciso quasi certamente qualche giorno prima della liberazione (il corpo venne ritrovato alcuni mesi dopo) e lagguato subito il 27 gennaio 1946 dal giornalista Giorgio Morelli, che accusò dellomicidio Azor i comunisti locali. Morelli morì poco tempo dopo, in seguito alle ferite riportate nellattentato del quale era rimasto vittima. Esecuzioni sommarie dopo la fine della guerra[modifica | modifica sorgente] Questa voce non è neutrale! Questa voce o sezione sullargomento storia è ritenuta non neutrale. Motivo: Qual è lesatto senso di questa sezione in questa voce? Secondo quale storiografia questi episodi farebbero organicamente e propriamente parte della Resistenza, ossia della guerra di Liberazione dalloccupazione nazifascista dellItalia? Cosa si intende dimostrare con questa lista a crescita libera? Per contribuire, correggi i toni enfatici o di parte e partecipa alla discussione. Non rimuovere questo avviso finché la disputa non è risolta. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento. Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi triangolo della morte (Emilia). Strage di Oderzo, avvenuta tra il 30 aprile e il 16 maggio 1945. Strage della cartiera di Mignagola, avvenuta tra aprile e maggio 1945. Eccidio di Codevigo, avvenuto tra il 30 aprile e maggio 1945. Eccidio dellospedale psichiatrico di Vercelli avvenuto tra il 12 e il 13 maggio 1945 Eccidio di Argelato avvenuto tra l8 maggio 1945 e l11 maggio 1945. Eccidio di Schio, avvenuto nella notte del 6 luglio 1945. Eccidio dei conti Manzoni, avvenuto il 7 luglio 1945, a Lugo di Romagna. 10 maggio 1945, dottor Carlo Testa, membro del CLN per la Democrazia Cristiana assassinato a Bomporto (Modena) a raffiche di mitra.[273] Eccidio di Valdobbiadene accaduto tra il 3 e il 5 maggio 1945, circa 50 prigionieri di guerra uccisi in tre campi di concentramento. Vittorio Malosti, avvenuto il 29 maggio 1945, a Castelnuovo Scrivia[274]. Giuseppina Ghersi, bambina di 13 anni[275][276][277]. Il 15 maggio 2006, nel discorso di insediamento come Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano ha parlato della resistenza, esaltandone i valori, ma parlando anche di episodi oscuri avvenuti nellambito di essa.[278] Città decorate per il contributo dato alla guerra di liberazione[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Città decorate al valor militare per la guerra di liberazione e Città decorate al merito civile. Alla fine della guerra di liberazione la neonata Repubblica ha sentito lobbligo di segnalare come degni di pubblico onore gli autori di atti di eroismo militare (come riporta il Regio Decreto 4 novembre 1932, n. 1423 e successive modificazioni, oltre che ai singoli combattenti, anche alle istituzioni territoriali, le Città, i Comuni, intere Regioni, Università, con la decorazione al valor militare. Anche medaglie al merito civile, istituite con L. 20 giugno 1956, n, 658, modificata dalla L. 15 febbraio 1965, n. 39, sono state conferite a città e province per il contributo dato alla guerra di liberazione. Note[modifica | modifica sorgente]
Posted on: Sun, 24 Nov 2013 23:12:13 +0000

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