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Osservatorio malattie rare - Home Emofilia Emofilia A, il rischio - inibitori non cambia se si usano plasma-derivati o ricombinanti Autore: Ilaria Vacca, 05 Nov 2013 inShare 3 Dott. Franchini: “Da quel punto di vista sono uguali, ma solo i ricombinanti mettono al riparo da virus non noti” MANTOVA - Un recente studio, svolto dal Dottor Massimo Franchini, Direttore del Dipartimento di Medicina Trasfusionale ed Ematologia – Centro Emofilia dell’Azienda Ospedaliera Carlo Poma di Mantova, ci ha aiutato a fare chiarezza su un argomento estremamente importante per i pazienti affetti da emofilia A: lo sviluppo degli inibitori. L’emofilia A, rara patologia genetica ereditaria legata al cromosma X, è caratterizzata dalla carenza o assenza dei fattori di coagulazione nel sangue. Nell’emofilia A il fattore carente o mancante è il fattore VIII della coagulazione. Tale carenza comporta emorragie spontanee e, se non trattata, il rischio di sviluppare l’artropatia emofilica. “L’artropatia è la principale complicanza di questa patologia – spiega Franchini - che consiste in versamenti ematici nelle articolazioni, che a lungo andare possono indurre disabilità grave. Per ovviare a tale complicanza e per offrire ai pazienti emofilici una vita normale, da più di 30 anni è disponibile la terapia profilattica. La profilassi consiste nella somministrazione ad intervalli regolari del fattore mancante, per fare in modo che la patologia possa regredire dalla forma grave alla forma lieve o moderata. Una patologia lieve-moderata cambia completamente la qualità e l’aspettativa di vita del paziente che può condurre una vita attiva e persino fare sport.” La profilassi viene dunque offerta a tutti i pazienti emofilici con deficit grave del fattore VIII, esiste tuttavia il rischio che alcuni di essi sviluppino uninibitore. Che cosa vuol dire? “Dal momento che queti pazienti non hanno il fattore VIII, con le infusioni dei concentrati può capitare che il sistema immunitario riconosca il fattore somministrato come sostanza estranea e che inizi a produrre anticorpi inibitori per inattivarlo (2). In questo modo - continua Franchini - la terapia diventa totalmente inefficace e no protegge il paziente dal rischio di sviluppare episodi emorragici anche gravi. Tale processo dipende da una serie di cause multifattoriali, in cui la genetica sicuramente gioca un ruolo importante. Sembra infatti essere la stessa mutazione che causa l’emofilia a determinare la probabilità dello sviluppo degli inibitori.” E’ vero però che negli ultimi anni la comunità scientifica si è concentrata sul ruolo delle diverse tipologie di concentrati di fattore VIII e sulla possibilità che siano essi a causare maggiore o minore probabilità di sviluppo degli inibitori. Per questo il Dott. Franchini ha realizzato una metanalisi, pubblicata sulla rivista internazionale Seminars in Thrombosis and Hemostasis, nella quale ha analizzato circa 30 studi, condotti su più di 1400 pazienti emofilici, per chiarire il ruolo dei diversi concentrati. “I prodotti concentrati sono sostanzialmente di due tipi – spiega Franchini - plasma-derivati (derivati dal plasma umano raccolto tramite donazioni) e ricombinanti (cioè derivati dalla tecnologia del DNA ricombinante). Questo studio evidenzia che tra le due tipologie di prodotti non c’è nessuna differenza in quanto a probabilità di sviluppo di inibitori. Con questa analisi infatti si confermano i dati provenienti dallo studio multicentrico RODIN coinvolgente un elevato numero di pazienti e dal registro europeo EHUASS. Tuttavia, anche se è vero che per porre una parola definitiva sulla questione dovremmo attendere lo studio randomizzato denominato SIPPET, ritengo che si possa tranquillamente affermare che dal punto di vista dello sviluppo dell’inibitore tra plasmaderivati e ricombinanti non ci sono differenze.” Come si sceglie quindi la terapia per un paziente affetto da emofilia A? “ I due prodotti non sono uguali – spiega Franchini – ed è impossibile dimenticare che i plasma-derivati negli anni 80 sono stati fonte di contagio per i virus HIV e HCV. Se da un lato è vero che per questi virus i plasmaderivati oggi sono assolutamente sicuri, è altrettanto vero che i prodotti ricombinanti ci mettono al sicuro anche da virus non noti. Questo aspetto fondamentale è riconosciuto nelle linee guida per il trattamento dell’emofilia dell’Associazione Italiana dei Centri Emofilia (AICE) in cui la terapia di scelta per i pazienti emofilici mai trattati precedentemente è appunto il prodotto ricombinante. In Italia si tende a incentivare i plasmaderivati sostenendo che sono a costo zero. Il “costo zero” non comprende però i costi sostenuti dai centri trasfusionali, oltre ai costi di lavorazione. E’ altresì vero che i prodotti ricombinanti hanno un costo molto elevato, ogni infusione costa tra i 1500 e i 3000 euro. “Fino a poco tempo fa – spiega l’esperto - si pensava che l’uso dei plasma-derivati comportasse minor rischio di sviluppo degli inibitori. Ora che questo argomento non è più valido è bene valutare attentamente la scelta della terapia, che deve essere comunque fatta insieme al paziente.” “I pazienti hanno un ruolo importante – conclude Franchini – Devono essere al corrente di tutto e la scelta terapeutica deve essere condivisa con loro. A loro deve essere fornita una corretta informazione e devono essere coinvolti attivamente nel processo di scelta.” Per approfondire: 1. Mannucci PM, Tuddenham EGD. The hemophiliac – from royal genes to gene therapy. N Engl J Med 2001; 344: 1773-9. 2. Astermark J. Overview of inhibitors. Semin Hematol 2006; 43(2 Suppl): S3-S7. 3. Franchini M, Coppola A, Rocino A, Santagostino E, Tagliaferri A, Zanon E, Morfini M; on behalf the Italian Association of Hemophilia Centers (AICE) Working Group. Systematic review of the role of FVIII concentrates in inhibitor development in previously untreated patients with severe hemophilia A: a 2013 update. Semin Thromb Hemost 2013;39:752-766.
Posted on: Tue, 05 Nov 2013 08:43:43 +0000

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