Pietro Aretino come agente[modifica | modifica sorgente] Il - TopicsExpress



          

Pietro Aretino come agente[modifica | modifica sorgente] Il rapporto più importante di quegli anni fu quello intessuto con Pietro Aretino, che nelle sue lettere e nei suoi scritti mise una vera e propria opera di promozione a favore del pittore cadorino, grazie anche ai suoi costanti rapporti con tutte le più importanti corti. Indubbiamente, anche il letterato trasse benefici non piccoli dal sodalizio, diventando in un certo senso lagente di Tiziano, promotore encomiastico della sua opera e aspro detrattore dei suoi rivali, il che gli garantì per lunghi anni una sorta di monopolio artistico in tutto lo Stato[64]. Anche di Pietro Tiziano fece un ritratto che, come scrisse lo stesso Aretino, «respira, batte i polsi e muove lo spirito nel modo chio mi faccio in la vita»[65]. Il matrimonio e il lutto[modifica | modifica sorgente] Nel 1525 Tiziano convolò a nozze con una giovane di Feltre, Cecilia Soldani, che gli aveva già dato due figli, Pomponio e Orazio. Il 6 agosto 1530 però essa morì nel dare alla luce la terza figlia, Lavinia. Tiziano, come scrivono le persone a lui vicine, rimase molto turbato e smise di lavorare per un certo periodo, affranto dal dolore. Solo nellottobre viene dichiarato in miglioramento. Non si risposò mai più e si dedicò in seguito allavvenire dei figli: Pomponio abbracciò la carriera ecclesiastica; Lavinia sposò Cornelio Sarcinelli, ricco gentiluomo della nobiltà di Serravalle; Orazio, il prediletto, collaborò con lui alla bottega[66]. Conte palatino (1531-1548)[modifica | modifica sorgente] Tiziano Vecellio, Ritratto di Carlo V a cavallo, 1548, Olio su tela, 332 x 279, Madrid, Museo del Prado La grande pubblicità che lAretino faceva dellamico e della sua arte contribuì senzaltro ad accrescerne la popolarità e quindi la domanda di opere[64]. Nel 1529 dopo la pace di Cambrai tra Carlo V e Francesco I, limperatore fu a Bologna con papa Clemente VII per accordarsi sullo stato dellItalia. Qui Carlo ricevette la conferma di più potente monarca europeo con la duplice incoronazione, di re dItalia e di imperatore (22 e 24 febbraio 1530)[67]. In quelloccasione, tramite lintermediazione dellAretino, Tiziano riuscì a entrare in contatto con limperatore, ponendo le basi per un rapporto privilegiato con la cortre spagnola destinato a durare ben quarantacinque anni[68]. Quattro anni dopo lambasciatore presso la Serenissima brigò per ottenere che Tiziano raggiungesse il monarca presso la sua corte: Carlo e la moglie, Isabella del Portogallo, volevano infatti farsi ritrarre. Probabilmente Tiziano non aveva voglia di lasciare Venezia per una corte cosmopolita dove non si sentiva a proprio agio: il doge, comunque, rispose negativamente e limperatore si rassegnò a una relazione a distanza (Tiziano lo ritrasse comunque di lì a poco di nuovo a Bologna[69]). Già da questo episodio che coinvolgeva non solo lartista e il committente, ma anche doge e ambasciatori, è possibile capire che il rapporto tra Carlo V e Tiziano, da semplice relazione tra pittore e mecenate, diventò col tempo un vero e proprio affare di stato[69]. Limpero moderno necessitava di unimmagine efficace che identificasse allo stesso tempo la persona di Carlo e il suo status di imperatore. Inoltre doveva coniugare insieme classicità e modernità, in modo che i diversi popoli e nuclei culturali e linguistici che componevano lenorme impero potessero senza difficoltà leggere limmagine e decodificarla[69]. Tiziano, autentico genio della comunicazione, riuscì in questopera delicatissima: ritrasse Carlo (Ritratto di Carlo V con il cane) e limperatrice (Ritratto di Isabella del Portogallo)[70] in pose ufficiose ma al tempo stesso domestiche. Poco dopo creò uno dei simboli più significativi e pregnanti di tutta la storia dellarte, il formidabile Ritratto di Carlo V a cavallo, che parlava ai sudditi e ai nemici dellimperatore in modo inequivocabile, mostrando nello stesso tempo la forza del guerriero, la saggezza del sovrano, la fatica delluomo[4]. Un tale modello ispirò per secoli pittori come Velázquez, Rubens, Rembrandt e Goya[68]. Allo stesso tempo ritrasse Carlo seduto, come uomo di pace, non più guerriero ma giusto giudice e generoso imperatore[17]. Dal canto suo Carlo nominò Tiziano conte del Palazzo del Laterano, del Consiglio Aulico e del Concistoro, Conte palatino e Cavaliere dello Sperone dOro; limperatore divenne il maggior committente dellartista, benché proprio il fatto di essere il pittore preferito della corte spagnola portasse a nuove richieste da parte di molti stati e famiglie nobili[17]. Lesecuzione di molti ritratti (la perduta serie degli Undici Cesari, il Ritratto di Isabella dEste, il Ritratto di Pietro Bembo) affinò la ricerca stilistica insieme di realismo e di serenità, con intonazioni coloristiche sempre più dense e corpose[17]. Urbino[modifica | modifica sorgente] Tiziano Vecellio, Venere di Urbino, 1538, Olio su tavola, 119 x 165, Firenze, Galleria degli Uffizi Nel 1508, estinta la dinastia dei Montefeltro, Francesco Maria Della Rovere, figlio di Giovanna da Montefeltro, era diventato duca e signore dUrbino. La piccola signoria marchigiana cominciò da quel momento una seconda bella stagione darte e di splendore[71]. Proprio i Della Rovere – Francesco Maria e la moglie Eleonora Gonzaga – furono i primi a comprendere che fasto e fama internazionali non si conquistavano più brandendo le armi e annettendo territori. Il generoso mecenatismo, la protezione accordata ad intellettuali ed artisti, lo splendore delle residenze, il dono diplomatico di opere darte e di prodotti unici dartigianato rese la piccola corte di Urbino un modello da seguire e imitare[71]. Tiziano, che al momento è un artista molto in voga, non poteva non essere coinvolto in questa nuova gestione del potere: il rapporto con i duchi di Urbino produsse il Ritratto di Francesco Maria Della Rovere, quello di Eleonora Gonzaga e la celeberrima Venere di Urbino[70]. La maggior differenza con la Venere di Giorgione stava nella consapevole e fiera bellezza e nudità della dea: essa è sveglia e guarda in modo deciso chi la osserva. Il colore chiaro e caldo del corpo contrasta con lo sfondo e con i cuscini scuri; la fuga prospettica è verso destra, sottolineata dalle fantesche e dai toni sempre più freddi, che fanno risaltare una linea obliqua. Si tratta della stessa modella della Bella e della Giovane in pelliccia[72]. Il confronto col Pordenone[modifica | modifica sorgente] In quegli anni Tiziano aveva nel frattempo spostato la propria bottega nei locali più ampi di Biri Grande, non lontano dalle attuali Fondamenta Nuove[68]. Non vi tenne una scuola, ma scelse collaboratori fidati e modesti per ruoli subalterni, in modo che i loro stili personali non influenzassero le opere finite[68]. Allapice della popolarità, Tiziano manteneva lincarico, lo stipendio e i favori di pittore ufficiale della Serenissima, ma lavorava pochissimo per la sua città, suscitando le rimostranze del Senato. Solo nel 1534 poté dedicarsi, e di buon grado, alla realizzazione di un grande telero con la Presentazione di Maria al Tempio, da destinare alla Scuola della Carità. Consegnato nel 1538, riscosse un ampio favore presso gli intellettuali, che esaltarono il suo operare rispetto a quello di un rivale nel frattempo giunto dal Friuli, il Pordenone[73]. I sostenitori di questultimo, lamentandosi dei continui ritardi di Tiziano nel consegnare la Battaglia di Cadore per Palazzo Ducale (opera poi distrutta in un incendio), ottennero la sospensione dellemolumento nel 1537[73]. Nel 1539 il Pordenone morì a Ferrara in circostanze poco chiare; in seguito gli scrittori veneziani passarono sotto il più completo silenzio la sua opera[74]. Una ventata di manierismo[modifica | modifica sorgente] Intorno agli anni quaranta arrivò a Venezia una «ventata di manierismo» portata da Salviati e Vasari, e allinsegna della ricerca di una «natura artificiosa»: Tiziano si adattò alle novità cercando un accordo tra il senso del colore e larte del disegno manierista[17]. In verità già in precedenza Tiziano aveva cercato un confronto con lopera di Michelangelo e Raffaello vista attraverso le incisioni, con larchitettura di Giulio Romano, con le collezioni veneziane di opere classiche. Tuttavia larrivo di Salviati e Vasari a Venezia danno una spinta decisiva allinfluenza manieristica sullartista veneto[75]. Come poi Tiziano riesca a «digerire» a modo suo queste influenze, come altre prima e dopo, è altro discorso. Come dice Panofsky, nessun altro artista fu tanto flessibile di fronte alle «influenze» come Tiziano e nessuno rimase tanto se stesso come Tiziano: operò una sintesi tra la ricerca accademica e il suo ricco cromatismo, cercando di fondere il disegno toscano con il colorito veneto[76]. Si può seguire lo sviluppo del confronto attraverso alcune opere (San Giovanni Battista, Allocuzione di Alfonso dAvalos, le tre Scene bibliche[77] e soprattutto la prima Incoronazione di spine): composizioni altamente drammatiche con evidenti rimandi alle forme classiche e a Michelangelo, filtrati attraverso la sua personalissima tecnica del colore[17]. Tiziano Vecellio, Danae (1545), Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte Roma e i Farnese: il colore[modifica | modifica sorgente] Nel 1545 Tiziano decide di compiere un viaggio in Italia centrale che culmina nel soggiorno romano, ospite del papa Paolo III Farnese e del suo potente nipote, il cardinale Alessandro Farnese. È naturale lincontro e il confronto con lartista che in quel momento domina Roma[38]: Michelangelo ha da poco terminato il Giudizio Universale. Lartista veneto sta lavorando sulla Danae e Michelangelo «lo comendò assai, dicendo che molto gli piaceva il colorito suo e la maniera, ma che era un peccato che a Vinezia non simparasse da principio a disegnare bene e che non avessero que pittori miglior modo nello studio»[78]. Vasari, daltra parte, non può che trasmetterci il suo stupore: visitando la bottega di Tiziano nel 1566 riporta che «il modo di fare che tenne in queste ultime [opere], è assai differente dal fare suo da giovane […] condotte di colpi, tirate via di grosso e con macchie, di maniera che dapresso non si possono vedere, e di lontano appaiono perfette»[78]. Anche la tecnica di interventi successivi, confermata dalle recenti radiografie, è già nella testimonianza di Marco Boschini che cita Palma il Giovane quale testimone: Tiziano abbozzava la tela con una gran massa di colore, lasciava il quadro anche per mesi, poi lo riprendeva e «se faceva di bisogno spolpargli qualche gonfiezza o soprabondanza di carne, radrizzandogli un braccio, se nella forma lossatura non fosse così aggiustata, se un piede nella positura avesse preso attitudine disconcia, mettendolo a lungo, senza compatir al suo dolore, e cose simili. Così operando, e riformando quelle figure, le riduceva nella più perfetta simmetria che potesse rappresentare il bello della natura, e dellarte»[79]. Dunque il colore, che arriverà a plasmare anche con le dita, come fosse creta: in questo forse, simile a Michelangelo, che trattò i suoi dipinti come sculture. Il maestro del perfetto disegnare e il maestro del perfetto colorire in fondo sono, se si vuole, al di là anche delle personali polemiche, meno distanti di quanto non abbiano essi stessi pensato[80]. Ritratto di Paolo III con i nipoti Alessandro e Ottavio Farnese (1546), Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte Roma e i Farnese: il ritratto[modifica | modifica sorgente] Oltre alla Danae Tiziano dipinse per i Farnese il Ritratto di Paolo III, il Ritratto di Ranuccio Farnese ed il Ritratto di Paolo III con i nipoti Alessandro e Ottavio Farnese[38]; il vecchio papa è seduto su di una sedia, con il nipote Ottavio, genuflesso, e dietro Alessandro in abito cardinalizio distratto. Il ritratto mette in evidenza anche i caratteri dei personaggi: il papa malato e curvo rimprovera con lo sguardo Ottavio, che si inchina per dovere formale (effettivamente successivamente tenterà di uccidere il proprio padre). Lo sfondo e la tovaglia sono scuri e luso di colori pastosi e di pennellate poco definite lascia un senso di oppressione e di tetraggine[81]. Tiziano sperimenta qui una nuova tendenza espressiva che troverà largo impiego nellopera tarda del maestro, e che afferma in modo deciso, proprio nel periodo di maggior contatto col manierismo romano, la supremazia del colore sul disegno. Perfino lAretino non comprende la portata della rivoluzione, definendo il ritratto a lui dedicato «piuttosto abbozzato che non finito»[17]. Tiziano è sicuramente il ritrattista principe del suo secolo. Il fondo scuro, già presente nel Quattrocento coi fiamminghi e Antonello viene portato alle sue ultime conseguenze, anzi Tiziano ne fa il suo tratto distintivo, insieme alla naturalezza delle espressioni e alla libertà da schemi preconfezionati. Il colore denso è, come sempre, lo strumento di cui si serve lartista per la rappresentazione, in questo caso psicologica, della realtà[82]. E la specialità di Tiziano è il ritratto di corte, con cui immortala sovrani, papi, cardinali, principi e condottieri generalmente a figura intera o più spesso a mezza figura, di tre quarti o seduti, in pose ufficiali o qualche volta in atteggiamenti più familiari. Lattenzione del pittore è posta alla fisionomia più che ai sentimenti; labbigliamento è sempre ritratto con cura a volte ricercata (velluti, broccati, gioielli, armature). Lo scopo è evidente: la rappresentazione del potere incarnato in una persona; ma siccome questa ricerca avviene attraverso un attento studio di espressioni, pose e gesti esaltati dalluso perfetto del colore, il risultato è spesso incredibilmente vero e reale, lobiettivo raggiunto in pieno[83]. Tra Ceneda e Cadore: la vicenda di Col di Manza[modifica | modifica sorgente] Nonostante limpressionante numero di grandi e moderne opere commissionategli a livello internazionale, Tiziano, in questi stessi anni, riceve anche commissioni in località della pedemontana trevigiana[84], sulle vie dei commerci della famiglia Vecellio, da parte di comunità che vogliono accrescere il proprio prestigio, approfittando della vicinanza del grande artista. Col di Manza: il lato nord della caséta del Tiziano Realizza in particolare due fondamentali opere di carattere sacro, entrambe concordate nel 1543, ma, causa il complicarsi delle trattative, consegnate solo tra fine decennio e primi anni cinquanta: la grande pala daltare Madonna con Bambino in gloria e santi Andrea e Pietro[85] per la chiesa di santa Maria Nova di Serravalle, città nella quale, a palazzo Sarcinelli, risiedeva la famiglia che presto avrebbe dato uno sposo allamata figlia Lavinia[86]; e il polittico di Castello Roganzuolo[87] per la chiesa dei santi Pietro e Paolo. Soprattutto alla commissione di questultimo si lega unimportante quanto poco nota vicenda: oltre al lauto quantitativo di denaro e vivande[88] che la comunità di Castello Roganzuolo dovette versare a Tiziano, gli accordi prevedevano la costruzione di una villa di campagna (lattuale Villa Fabris[89] di Colle Umberto), sul Col di Manza[90], la quale diventerà sede del pittore nei viaggi Venezia-Cadore, nonché luogo di produzione vinicola, in accordo con la natura imprenditoriale dei Vecellio. Col di Manza sarà, dunque, punto strategico in terraferma per diversi motivi: è a metà strada tra Cadore e laguna, è importante snodo per limprenditoria dei Vecellio, è vicino alla figlia Lavinia e, inoltre, è per lartista luogo di riposo e suggestioni coloristiche[91]. Lultima maniera (1549-1576)[modifica | modifica sorgente] Rientrato a Venezia sul finire del 1548, Tiziano percepisce che in patria qualcosa è cambiato. In sua assenza il giovane Tintoretto ha ottenuto la sua prima commessa pubblica, realizzando il Miracolo di san Marco[92]: lo stile enfatico e visionario del giovane Robusti incontra il gusto della nuova committenza veneziana. Daltra parte Paolo Veronese conquista in quegli anni il monopolio dei ricchi proprietari delle ville della terraferma[93]. Dalla metà del secolo limpegno veneziano di Tiziano progressivamente scema: non risponde al vero, quindi, quanto affermato dalla tradizione, che vuole il pittore cadorino incontrastato dominatore della scena artistica veneziana fino alla morte. Da questo punto in poi, invece, tutta lattività di Tiziano viene assorbita dalla committenza iberica, da Carlo V, cioè, e in seguito, soprattutto dal figlio Filippo[93]. Tiziano Vecellio, Venere e Adone, 1553 ca, olio su tela, 186 x 207 cm, Madrid, Museo del Prado Filippo II e le poesie[modifica | modifica sorgente] Dalla Danae dei Farnese previdentemente Tiziano aveva ricavato un cartone: il successo del dipinto è straordinario, per cui su Tiziano e la sua bottega piovono nuove commissioni per lo stesso soggetto[94]. In occasione delle nozze di Filippo II con Maria Tudor, il 25 luglio 1554, Tiziano spedisce al re di Spagna una seconda versione della Danae, leggermente diversa dalla prima[95]. Filippo ha in mente di allestire un camerino con opere di contenuto erotico, e la Danae si prestava senzaltro alla bisogna[94]. Della Danae Tiziano e la sua bottega eseguiranno nel corso degli anni ben sei diverse versioni: caratteristica questa di molte opere di questo periodo eseguite da Tiziano[96]. I soggetti di maggior successo venivano richiesti dai ricchi committenti, che venivano accontentati con dipinti ora di maggiore ora di minore pregio, ma tutti con caratteristiche leggermente diverse luno dallaltro, per cui tutti alla fine possedevano unopera unica[94]. In seguito Tiziano scrisse al re che, «perché la Danae, che io mandai già a vostra Maestà, si vedeva tutta dalla parte dinanzi, ho voluto in questaltra poesia variare, e farle mostrare la contraria parte, acciocché riesca il camerino, dove hanno da stare, più grazioso alla vista.[97]». Il dipinto che mostra «la contraria parte» è Venere e Adone, che inaugura la serie delle cosiddette «poesie», come le chiama lo stesso Tiziano[97]: quadri di soggetto mitologico che rappresentano una meditazione pensosa e malinconica – che diventa sempre più cupa e drammatica – sul mito e sulle antiche favole[98]. Il giovane Tiziano dei Baccanali che si dilettava a raccontare di sfrenati miti orgiastici non cè più: è meglio per luomo non avere a che fare con gli dei, perché solo sciagure gliene potranno derivare[98]. La caccia, metafora della vita, soggetta al caso e al capriccio e alla malvagità degli dei, è la causa della morte di Adone (Venere e Adone), ucciso dal cinghiale, di Atteone (Diana e Atteone), sbranato dai suoi stessi cani, della ninfa Callisto (Diana e Callisto), sedotta durante la caccia e brutalmente umiliata a causa della sua gravidanza. E poi Europa (Ratto di Europa), rapita da un dio maligno, Andromeda (Perseo e Andromeda), sacrificata al mostro marino da un implacabile Nettuno, di nuovo Atteone (Morte di Atteone), ferito dalla freccia della dea. Infine Marsia (Punizione di Marsia[99]), che finisce scuoiato per linvidia degli dei[100],una delle opere più discusse dellartista che, per la «particolare scelta iconografica, la critica ritiene unopera personale, quasi un testamento figurato dellartista stesso[101]». Il disegno ormai non esiste più, il cromatismo è smorzato e gioca sulla gamma dei marroni e degli ocra, le pennellate sono rapide, abbozzate, il colore è denso e pastoso[102]. Questa tecnica così rivoluzionaria e incomprensibile per i contemporanei fa di Tiziano, secondo molti, un antesignano di espressionisti come Kokoschka[103]: quel che è certo, comunque, è che lultimo Tiziano è notevolmente in anticipo sui tempi, punto di riferimento di tutti i maestri che dopo di lui verranno, da Rubens a Rembrandt a Velasquez fino allOttocento di Delacroix[104]. Tiziano Vecellio, Mater Dolorosa (1554), Museo del Prado, Madrid Opere religiose[modifica | modifica sorgente] Il 31 ottobre 1517 un frate agostiniano professore di esegesi biblica nella locale università, affigge 95 tesi alla porta della chiesa del castello annesso allUniversità di Wittenberg. Il nome del religioso tedesco è Martin Lutero e il gesto è gravido di conseguenze: di qui scaturirà la Riforma protestante che porterà alla rottura dellunità cristiana e di tutto il mondo culturale dellepoca, che dalla visione cristiana derivava in modo diretto e senza mediazioni[105]. Tra il 1545 e il 1563 il concilio di Trento rappresenta la risposta della cattolicità alla riforma: rinnovamento pastorale, certo, ma totale clericalizzazione della chiesa, azione moralizzatrice contro molte storture che alle tesi di Wittenberg avevano portato, ma anche ideologia militante contro leresia protestante e dunque atmosfera soffocante per i molti che anche in Italia avevano condiviso alcune istanze riformatrici[106]. Alcuni[107] hanno fatto notare come (attraverso lanalisi delle lettere proprie e dellamico Aretino) si possa giungere a definire ladesione di Tiziano e del suo circolo ad una forma di dissenso religioso che investì vasti strati del mondo culturale italiano. È un dissenso moderato, che sfugge alla logica degli «opposti estremismi», impaziente verso le norme formalistiche, che prende linfa dal pacifismo di Erasmo, che anela ad una religione comprensibile, inquieta, individualista. È ovvio che simile dissenso non può che essere «privato», dati i tempi, e dunque inquadrabile nel cosiddetto «nicodemismo», da Nicodemo, discepolo che visse la sua adesione a Cristo nel segreto del proprio privato fino al momento supremo della morte del maestro[107]. Deposizione nel sepolcro (1559), Madrid, Museo del Prado Non ci sono chiari documenti scritti che possano confortare questa ipotesi. Ci sono tuttavia i dipinti: dallanalisi di tutta la produzione dei grandi pittori veneziani e veneti – ma anche di tanti, più in generale, italiani – molti autorevoli critici hanno visto lo smarrimento e il dissenso, risolto poi in sperimentalismo e inquietudine piuttosto che rassegnazione e conformismo[107]. In questo senso va certamente letta la Deposizione nel sepolcro[108], in cui Tiziano si ritrae nei panni di un Giuseppe dArimatea, iconologicamente confuso, in tal caso, con Nicodemo, che sorregge Cristo: ci ricorda, questo Giuseppe-Nicodemo, un altro Nicodemo «fermato in piede»[109] – Nicodemo nascosto dal cappuccio, perché nascosta è la sua fede – Nicodemo autoritratto[110] del nicodemita Michelangelo[107]. Nel 1558 Tiziano invia ad Ancona una tragica Crocifissione realizzata con la tecnica a macchia, dove una Maria disfatta dal dolore fa da contrappunto ad un San Giovanni illuminato da un raggio proveniente da Cristo. Alcuni critici considerano questopera emblematica dellultima maniera tizianesca[111] Anche il Martirio di San Lorenzo[112], è emblematico di questo nuovo Tiziano: lo spettrale dipinto, tavola oscura su cui lampeggiano personaggi abbozzati dalla luce, rappresenta lultima e definitiva incarnazione della pala daltare rinascimentale, non più nitida e serena composizione ma invece convulsa scena in cui nulla conserva precisi contorni[113]: tutto è mosso, sgranato, incerto[17]. Così anche lAnnunciazione[114], Cristo e il cireneo[115], la Maria Maddalena penitente[116], il San Girolamo[117], fino allultima Pietà[118], non sono che stazioni di una lunga e sofferente via crucis, incompresa, per larga parte, dai contemporanei[17]. Tiziano Vecellio, Pietà, 1576, olio su tela, 352 x 349 cm, Venezia, Gallerie dellAccademia La Pietà[modifica | modifica sorgente] Anche nelle opere meno impegnative dal punto di vista drammatico, come Venere che benda Amore[119] o la Sapienza[120], lo stile è lo stesso, anche se qui giocato sui toni chiari[17]. Ai ritratti (Ritratto di Jacopo Strada[121]) sempre magistrali ma del tutto diversi dai classici[122], si aggiungono in questo periodo due Autoritratti[123]. Lartista è ormai teso alla conquista del nuovo mezzo espressivo, fatto di rapide e larghe pennellate, o anche di colore modellato con le dita, con un effetto finale simile al non finito di Michelangelo[17]. Tarquinio e Lucrezia[124], Ninfa e pastore[125], San Sebastiano[126] e poi ancora lIncoronazione di spine[127]: la tortura e la morte dellinnocente si traducono in toni di accorata sofferenza[128]. Al termine di questo percorso si colloca la Pietà[118], dipinta per la propria tomba ai Frari e in parte modificata dopo la morte dellartista da Palma il Giovane[129]. Sullo sfondo di un nicchione manierista, si trova la Madonna che regge con volto amorevole ed impassibile il Cristo, semisdraiato e sorretto da Nicodemo prostrato. Alla sinistra, in piedi si trova la Maddalena, vertice di un ideale triangolo. Un piccolo autoritratto orante con il figlio Orazio è posto alla base di una delle colonne che incorniciano il nicchione[128]. I colori sono lividi, scuri, le pennellate sono imprecise, abbozzate, latmosfera spettrale e drammatica. La disperazione per lincombente aura di disfacimento che pervade la tela culmina con linquietante braccio proteso ai piedi della Sibilla, estrema richiesta dellartista prossimo alla morte[128]. La peste uccide Tiziano il 27 agosto 1576. Un mese prima aveva portato via anche il figlio Orazio. Gli è stata risparmiata la fossa comune ma, dati i tempi, i funerali si svolgono in fretta e furia. In seguito basteranno cinque anni al figlio Pomponio per dilapidare tutto il patrimonio del pittore più ricco della storia[104]. Tiziano non ha lasciato allievi[104]. Ma la sua lezione e i suoi colori hanno attraversato cinque secoli, perché anche noi possiamo rivivere quellemozione, «quellequilibrio di senso e di intellettualismo umanistico, di civiltà e di natura, in cui consiste il fondamento perenne dellarte di Tiziano[130]». Fonti su Tiziano[modifica | modifica sorgente] La sua biografia e il suo itinerario creativo trovano importanti fonti documentarie negli scrittori a lui contemporanei: Pietro Aretino (Epistolario[131]), Ludovico Dolce (Dialogo di pittura[132]), Paolo Pino[133], Giorgio Vasari (la seconda edizione delle Vite[134]) riportano molteplici dati e spunti critici che lo riguardano, oltre, naturalmente, alle lettere da lui stesso scritte ai vari committenti, in particolare alla corte spagnola. Nel secolo successivo proseguono le note biografiche e gli studi critici (Anonimo del Tizianello[135], Boschini[136], Ridolfi[137]) che costituiscono un notevole «giacimento» di fonti contemporanee che di rado è dato ritrovare. Omaggi[modifica | modifica sorgente] Tiziano è citato nellOrlando furioso di Ludovico Ariosto: « Tizian, chonora non men Cador, che quei Venezia e Urbino » (Ludovico Ariosto, Orlando furioso, Canto XXXIII) A Tiziano è stato dedicato un cratere di 121 km di diametro sul pianeta Mercurio[138]. La casa di Tiziano a Pieve di Cadore è citata nella canzone Scalo a Grado di Franco Battiato, nellalbum Larca di Noè (1982). Nel 1975, Tiziano venne raffigurato sulla banconota da 20.000 lire italiane. Opere[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Opere di Tiziano. Note[modifica | modifica sorgente]
Posted on: Fri, 29 Nov 2013 20:13:35 +0000

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