Pratiche commerciali scorrette: la Direttiva 2005/29/CE Le recenti - TopicsExpress



          

Pratiche commerciali scorrette: la Direttiva 2005/29/CE Le recenti pronunce della Corte di Giustizia UE Con la Circolare n. 27 del 9 Settembre 2013, dando seguito al lavoro intrapreso con la Circolare 28/2011, Assonime analizza le principali pronunce della Core di Giustizia UE in tema di pratiche commerciali scorrette. Le pronunce oggetto di analisi sono relative all’interpretazione della direttiva 2005/29/CE sulle pratiche commerciali scorrette nei rapporti tra imprese e consumatori adottate negli ultimi diciotto mesi. Clausole vessatorie e validità del contratto - La prima delle sentenze prese in esame da Assonime è quella relativa alla causa C-453/10, del 15 marzo 2012, concernente l’interpretazione della Direttiva 93/13/CEE sulle clausole abusive nei contratti con i consumatori e il suo rapporto con la direttiva sulle pratiche commerciali scorrette. Il caso riguardava la stipula di un contratto di credito al consumo tra consumatori e un istituto bancario (che utilizzava modelli standardizzati) nel quale si prevedeva un TAEG (tasso annuo effettivo globale) inferiore a quello reale. La Corte di Giustizia UE rinvia al giudice nazionale la “competenza” di stabilire, nell’adozione della normativa interna (che, come noto, può prevedere disposizioni più severe per garantire un livello di protezione più elevato per i consumatori essendo la Direttiva 93/13/CEE una direttiva di armonizzazione minima delle disposizioni nazionali), se un contratto contenente una o più clausole abusive, come quella utilizzata nel caso in esame, possa essere mantenuto in vigore in assenza di dette clausole, non considerando come elemento unico e decisivo il vantaggio ottenibile dal consumatore dall’annullamento del contratto. Inoltre, se la menzione di un TAEG inferiore a quello reale induce o è idonea a indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare, si può parlare di pratiche commerciali scorrette, ai sensi dell’art. 6, paragrafo 1 della direttiva 2005/29/CE, senza che ciò infici direttamente la validità del contratto. Le pratiche commerciali incentrate sui premi -La Corte UE, interpretando il punto 31, dell’allegato 1, della Direttiva 2005/29/CE (pratiche considerate in ogni caso sleali) ha affermato che costituisce una pratica commerciale scorretta il fatto di esigere che un consumatore sostenga costi quando compie un’azione volta a reclamare ciò che gli viene presentato come premio o altra vincita equivalente. Tale affermazione è valida anche nel caso in cui il costo in capo al consumatore sia irrisorio. Secondo Assonime, la tesi di qualificare sempre come pratiche aggressive la prospettazione della vincita di un premio subordinata al sostenimento di costi da parte del consumatore appare rigida, specie nei casi in cui i costi sostenuti dal consumatore siano irrisori. Si rende necessaria una valutazione caso per caso. Divieti di pratiche commerciali nella normativa degli Stati membri – Nel definire la competenza degli Sati membri a prevedere ulteriori fattispecie di pratiche commerciali scorrette, la Corte di Giustizia UE afferma che in virtù dell’armonizzazione completa operata dalla direttiva 2005/29/CE, gli Stati membri non possono adottare misure più restrittive di quelle definite dalla direttiva stessa, neppure al fine di assicurare un livello superiore di tutela dei consumatori. L’eccezione è rappresentata dai servizi finanziari, in relazione ai quali dall’articolo 3, paragrafo 9, Direttiva 2005/29/CE prevede che gli Stati membri possono imporre obblighi più dettagliati o vincolanti di quelli previsti dalla direttiva. In base alla disposizione richiamata è un divieto giustificato, dunque, il divieto di offerte congiunte che comprendono almeno un servizio finanziario. Autore: Redazione Fiscal Focus
Posted on: Tue, 10 Sep 2013 07:58:46 +0000

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