Questa è la realtà della nostra Sicilia: Tornavo qualche sera fa - TopicsExpress



          

Questa è la realtà della nostra Sicilia: Tornavo qualche sera fa da Palermo, dall’aeroporto Falcone e Borsellino, bisogna attraversare tutta la città per accedere all’autostrada che conduce alla parte più a sud della costa siciliana: raggiungevo la mia città, Agrigento, e dopo di noi, ci sono, infatti, le isole, le Pelagie, e poi l’Africa. Si era fatto già notte, l’aereo era atterrato alle 11 e vai, con le operazioni di sbarco, prendi la macchina al nolo, percorri quei 150 Km circa di notte attraversando le strade più brutte d’Italia, sempre funestate da incidenti gravissimi, strade che tutti noi, provenienti da città prive di Università, abbiamo sempre fatto per proseguire i nostri studi, affidati solo, noi e i nostri figli, alle preghiere dei nostri cari, da casa. Ed era il buio della notte, mentre percorrevo le strade dell’entroterra siciliano, a permettermi di vedere la mia bella terra, la Sicilia, in tutta la sua miseria, quando miseria è sinonimo di privazione: strade prive di luci, di segnaletica, strade tortuose che si ostinano a chiamare “a scorrimento veloce”, ma di veloce trovi solo qualche macchina che, guidata da un incosciente, rischia di venirti addosso affrontando, in un doppio senso di circolazione, una curva, effettuando un sorpasso sempre azzardato. Strade prive di qualsiasi struttura per sostare e riposare, una comunissima stazione di servizio per rifornimento di carburanti, strade buie e silenziose, che ti fanno sentire il posto che devi raggiungere molto più lontano di quanto effettivamente sia, perché il tempo si allunga nel silenzio lunare che avvolge le nostre strade di notte. Il pensiero è uno solo quando il sole non illumina il tuo bel mare e tu sei lì di notte e devi affrontare tutti quei chilometri per raggiungere casa tua, tanto agognata, i tuoi amici che hai lasciato lì a sonnecchiare, e per questo ti sembrano più fortunati di te, ed è un pensiero che genera rabbia: la Sicilia sarà sempre una terra abbandonata e dimenticata, che non vede progresso e non intravede alcuna speranza di un futuro migliore. E’ un pensiero che genera rabbia, ripeto, e meno male, perché questo sentimento che devi gestire all’una di notte mentre guidi, ti tiene sveglio, ti aiuta a non andare contro un muro, ti fa riflettere con la lucidità che non hai quando sei lontano, e allora dici: è per questa terra che io non trovo quiete quando sono sù, in quel Nord dove sono stato apprezzato e ho trovato il modo di impiegare le mia risorse, di essere me stesso, rinunciando a chiedere, a fare il portaborse del tizio politico, privandomi della mia dignità? E la stessa rabbia mi porta a pensare ad una questione meridionale sempre esistente, mai risolta, che vede i politici sempre più corrotti ed una classe dirigente inadatta a risollevare le sorti del Sud, interessata a mantenere quelle condizioni di perenne disoccupazione dei nostri giovani, di difficoltà ambientali che, ancora oggi, sono causa di isolamento geografico ed economico, vedi mancanza di aeroporti, di infrastrutture e di strade percorribili senza rischi, magari elevate al grado di autostrade. Ripercorrendo le fasi della questione meridionale, dalla nascita dell’Unità d’Italia (anno 1861), è evidente che alla base di tale questione ci sia stato un divario tra Nord e Sud, che ha visto forze economiche e industrializzazione concentrate al Nord, mentre era costante l’impoverimento delle masse contadine, la loro arretratezza culturale e la loro dipendenza dai ceti dominanti, il cui unico obiettivo era quello di controllarne il consenso e assoggettarle ai loro bisogni. Molti furono i fautori di una politica che sanasse le storture del sistema italiano e le sperequazioni tra Nord e Sud, sottolineando la necessità di una programmazione di interventi a favore del Sud, che non furono mai realizzati. Il loro fallimento servì solo a dimostrare la debolezza di tutte le operazioni di rilancio per il Sud, segnando il destino amaro di questa Regione. Ad oggi, possiamo dire che non è cambiato niente, la Sicilia rimane l’ultima regione d’Italia nelle varie voci: industrie, infrastrutture, strade, occupazione, attività culturali e moderna alfabetizzazione, perché priva di risorse economiche e investimenti di ricchezze che facilitino la sua industrializzazione, e aiutino la nostra Regione a sanare il gap che ancora esiste tra Nord e Sud. Ma, come farà la Sicilia ad emergere, a superare questo divario con le sue sole forze, turismo, clima, se lascia scappare i suoi giovani migliori che, appena laureati, cercano occupazione, emancipazione da queste ataviche schiavitù che hanno segnato per secoli la loro regione, in Regioni del Nord, dove non sentiranno parlare più dei nuovi politici della loro terra, dove loro si sentono discriminati solo da una posizione sociale che sa di corruzione: tu non hai nessun politico alle spalle, quindi non puoi andare avanti! I nostri giovani che vanno via portano con sé tanta amarezza, ma non smettono di coltivare in cuor loro la speranza di ritornare per spendere le loro energie nella loro terra, realizzare quel cambiamento che ancora si attende dall’Unità d’Italia e da oltre 60 anni dall’ultima guerra, che faccia finalmente superare questo divario tra Nord e Sud e si possa costruire, così, una vera unità nazionale.
Posted on: Thu, 12 Sep 2013 19:30:42 +0000

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