Senza costrizione non vi è riduzione in schiavitù Non scatta - TopicsExpress



          

Senza costrizione non vi è riduzione in schiavitù Non scatta il reato di riduzione in schiavitù a carico di chi, in questo caso il proprietario di un circo, offra un lavoro in condizioni anche “raccapriccianti” se manca la compromissione della capacità di autodeterminazione della persona che dunque accetta di svolgere la prestazione e non è privata della libertà. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza 44385/2013, accogliendo il ricorso del proprietario del circo condannato dalla Corte di assise a cinque anni e quattro mesi di reclusione per aver ridotto in schiavitù una intera famiglia di origine bulgara. La Suprema Corte ricorda che il reato di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù di cui all’articolo 600 del codice penale, nel testo novellato dall’articolo 1 della legge 11 agosto 2003 n. 228, “integra tipica fattispecie delittuosa multipla ed a forma libera, per la cui configurazione occorre, a mente del disposto di cui al primo comma, o l’esercizio su una persona di poteri di signoria corrispondenti a quelli del diritto di proprietà, sicché la persona sia ridotta a mera res, oggetto di scambio commerciale; ovvero la riduzione od il mantenimento di una persona in stato di soggezione continuativa, costringendola a prestazioni lavorative o sessuali ovvero all’accattonaggio o, comunque, a prestazioni che ne comportino lo sfruttamento”. “Con l’importante soggiunta - prosegue la sentenza -, al comma secondo, che la riduzione od il mantenimento nello stato di soggezione ha luogo quando la condotta è attuata mediante violenze, minacce, inganno, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità, o mediante la promessa o la dazione di somme di denaro o di altri vantaggi a chi ha autorità sulla persona”. Dunque, simili condizioni sono “ineludibili”. Ora, la sentenza impugnata “non dà compiuta ragione della ritenuta sussistenza di siffatti presupposti, limitandosi a valorizzare le precarie condizioni igienico-sanitarie in cui il nucleo familiare bulgaro era costretto a vivere…; il carattere asseritamente raccapricciante di alcuni numeri circensi…; la costrizione a lavori defatiganti senza il rispetto degli ordinari tempi lavorativi”. Ma se tutto ciò può essere sintomatico di una situazione di soggezione, non è di per sé, sufficiente a dimostrare che agli stessi abbia fatto riscontro una significativa compromissione della capacità di autodeterminazione della persona, tale da integrare il reato. Cassato anche il secondo capo di imputazione, quello relativo alla condanna per maltrattamento di animali in quanto mancava adeguata motivazione circa la “crudeltà” ed “assenza di necessità” che sono elementi anch’essi ineludibili per la configurazione del reato.
Posted on: Mon, 02 Dec 2013 11:48:59 +0000

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