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homepage > economia e finanza > l’intervista 06 agosto 2013 L’INTERVISTA EIZENSTAT: «È DRAGHI IL VERO EROE EUROPEO» Genova - «Se c’è un “eroe” in Europa quello è Mario Draghi. La sua chiara affermazione che avrebbe fatto tutto il necessario per salvare l’Euro lo ha davvero salvato». Parola di Stuart Eizenstat, ex vicesegretario del Tesoro americano durante l’amministrazione Clinton, quindi sottosegretario all’Economia e ambasciatore degli Stati Uniti presso l’Unione Europea dal ’93 al ’96. Un veterano di Capitol Hill, profondo conoscitore dei meccanismi che regolano la politica e l’economia americana. Lo abbiamo raggiunto al telefono a Washington, per parlare di economia americana, della successione alla presidenza della Fed, della crisi economica globale ed europea. Ora Eizenstat è socio presso lo studio legale Convington & Burling. Il Secolo XIX lo ha intervistato. Ambasciatore, quale è al momento lo Stato dell’economia americana? «Credo che abbiamo finalmente una ripresa sostenibile e duratura invece che una falsa ripartenza come nei tre anni passati. Ma è una ripresa molto più lenta rispetto alle passate crisi. Risultato non stiamo creando tutti i posti di lavoro che servirebbero, cioè fra i 250mila e i 300mila al mese. Ed è per questo che il prossimo capo della Fed dovrà essere estremamente cauto nel non sopravvalutare la ripresa. Un ripresa influenzata da molti fattori interni, ma non da ultimo anche dal fatto che l’economia mondiale sta rallentando e le nostre esportazioni soffrono. Sta rallentando la Cina, sta rallentando l’India, l’Europa è ferma, non c’è una grande economia che al momento faccia da traino». Crede che dall’Europa, anche per gli Stati Uniti ci siano ancora dei rischi? «Credo che l’Europa sia uscita dal guado per quello che riguarda il rischio di un collasso dell’Euro, ma che sia ancora molto lontana dall’uscirne per quanto riguarda la prospettiva di una crescita sostenibile. C’è ancora questa battaglia per l’austerità condotta dalla Germania, in Italia e Francia mancano le riforme strutturali, c’è una società vecchia con tassi di natalità molto bassi, scarsi livelli di innovazione e dinamismo. Insomma sono molto preoccupato per il rischio di un rallentamento lento e prolungato dell’economia europea. E non parlo necessariamente di recessione, visto che l’anno prossimo l’Europa dovrebbe avere una leggera crescita. In questo quadro credo che però l’accordo di libero scambio fra Europa e Stati Uniti potrebbe avere un effetto positivo per l’economia europea». Prima menzionava la Fed: i due candidati in pole position per la successione a Bernanke sono Janet Yellen, attuale vicepresidente, e Larry Summers, ex segretario del Tesoro con Clinton, che lei conosce bene. «Io ho lavorato con Larry a lungo, per la prima volta quand’ero Sottosegretario di Stato per gli affari economici e poi al Tesoro, quando io ero vice e lui Segretario. Ho visto Larry al lavoro e credo che non sia un’esagerazione dire che era la vera forza intellettuale dal punto di vista economico. Sto parlando del periodo in cui avemmo a che fare con la crisi finanziaria asiatica. È freddo, calmo, preparatissimo, e ha la capacità di risolvere i problemi, tutte caratteristiche importantissime per un presidente della Fed. Insomma credo che sia un nome davvero molto adatto per quella carica. Ma anche Yellen è un nome di altissima levatura economica». Quali sono le differenza fra il capo della Fed e quello della Bce? «Varie. Draghi opera con l’handicap di una serie di Stati sovrani che controllano la Bce, per esempio. La Germania, cardine dell’economia europea, ha avuto un’influenza enorme in tutte le decisioni sull’austerità. Una delle cose fondamentali che Bernanke ha potuto mettere in campo per la ripresa americana è il programma di acquisto di titoli di Stato da 85 miliardi di dollari al mese. Anche se Draghi avesse voluto mettere in campo qualcosa del genere avrebbe avuto delle enormi difficoltà per via dell’opposizione tedesca. Noi abbiamo poi un sistema bancario molto centralizzato, mentre l’unione bancaria europea è lungi dall’essere perfetta. Draghi insomma è stato eroico nell’ambito di quello che la sua posizione gli permetteva di fare». Quale sarà il principale compito del prossimo presidente della Fed? «Sarà un compito molto delicato: quello di evitare di terminare in maniera prematura la politica di stimolo monetario e fiscale. Abbiamo già visto come hanno reagito i mercati quando Bernanke ha fatto capire che il piano prima o poi sarebbe finito. Il suo successore dovrà allentare questo piano di aiuti all’economia evitando che venga danneggiata una ripresa che è ancora molto fragile». Federico Simonelli
Posted on: Wed, 07 Aug 2013 00:59:33 +0000

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