A “REPORT”: Il crac della banca e i soldi in nero: ma Verdini - TopicsExpress



          

A “REPORT”: Il crac della banca e i soldi in nero: ma Verdini è ancora lì LA CARRIERA DELL’EX MACELLAIO: DAI FINANZIAMENTI DELLA BCC FIORENTINA A CARBONI E DELL’UTRI di Carlo Tecce L’inchiesta Bianco, rosso e Verdini di Sigfrido Ranucci, trasmessa ieri sera da Report, ci consegna un copione per una serie televisiva, anche a puntate, più documentario che finzione. Il protagonista è un ragioniere, settore macelleria, di Campi di Bisenzio, paesone in provincia di Firenze: “Quelli che sono bravi a scegliere le parti migliori di una bestia”. Un signore con la scorza dura e le maniere dure che, in vent’anni o poco più, è diventato un uomo daffari, un banchiere ricercato, un editore multiplo, un politico influente, coordinatore Pdl e selezionatore di candidati. E IN VENT’ANNI o poco più ci sono milioni di euro che girano, passano di mano e in mano e tornano al mittente; 800.000 euro in nero da un costruttore siciliano emigrato (e lui ammette), Ignazio Arnone; 800.000 euro di un faccendiere Flavio Carboni per il giornale (in realtà, leolico in Sardegna), che taglia di sbieco la storia dItalia; le solite garanzie finanziarie di Silvio Berlusconi (7,5 milioni), una fideiussione; il soccorso di Angelucci (10 milioni). E ancora: lo scoperto infinito sui conti di Marcello DellUtri, centinaia di milioni di euro distribuiti tra i soliti imprenditori di area, e soprattutto a Riccardo Fusi per le sue operazioni immobiliari nei comuni toscani. Il teorema Denis Verdini è semplice: da banchiere seleziona gli imprenditori da finanziarie e li porta agli amministratori che da politico ha fatto eleggere. E poi se c’è un affare ci si infila. Il Giornale della Toscana e il Credito Cooperativo Fiorentino sono falliti, ci sono dei processi in corso. E non stupisce che, soltanto 4 anni fa, per i 100 anni di una banca creata per offrire liquidità ai toscani, ci fosse l’ignaro Fiorello a spegnere le candeline con Verdini, allora insospettabile, allora come oggi, un potente. A cantare, a scherzare, a subire una battuta che rende benissimo il personaggio Denis: “Grazie a Fiorello. Vedrà quando l’assegno è scoperto! Ride meno! Noi a volte lo facciamo, agli amici, solo agli amici”. La genesi di Denis, racconta Ranucci: “L’ascesa politica di Verdini comincia nel ‘90, quando da semplice commercialista, diventa presidente del Credito cooperativo fiorentino, una banca nata a Campi Bisenzio nel 1909, come cassa rurale. Verdini in poco tempo apre filiali, anche a Firenze, che vengono inaugurate dall’allora presidente del Senato, Giovanni Spadolini”. LE ACCUSE DI BANCA dItalia: 100 milioni di euro di finanziamenti senza adeguate istruttorie. Risposta: “Una cazzata”. Tra i sindaci che dovevano controllare cerano i legali e il commercialista di Verdini. La fonte di Ranucci rivela la natura dei legami tra Verdini e Giuliano Ferrara e tra Verdini e Marcello DellUtri. Lex senatore Pdl, lamico Marcello del Cavaliere, voleva fare un centro benessere: “Una legittima aspirazione che s’infrange, però, contro l’ennesimo procedimento penale. DellUtri è rimasto coinvolto nel crac della banca di Verdini. Il coordinatore Pdl gli ha concesso un fido di oltre 3 milioni di euro, nonostante fosse esposto con il sistema bancario per oltre 7 milioni. Ma perché Verdini invece di far credito agli imprenditori toscani, aiuta l’ex senatore che ha interessi a Milano?”. Aveva aiutato anche Ferrara per la candidatura al Mugello nel 1996 e aveva adottato il Foglio. Il Credito Cooperativo Fiorentino raccoglieva 418 milioni di euro e ne erogava 410. Ma non per sollevare leconomia locale: no, i soldi erano divisi tra 50 (e fortunati) nomi. Per avere credibilità e nobiltà, Verdini ha coinvolto nellimpresa editoriale il principe Strozzi. Lincontro tra Ranucci e la principessa Irina è meraviglioso, una via di mezzo tra Fantozzi e Woody Allen. A Irina Strozzi quel Denis non piaceva, non voleva che il padre e le loro diagonali generazionali con Guicciardini e la Gioconda si confondessero con lex macellaio. La carta, finché non l’hanno inquisito, era leldorado di Verdini: “Il banchiere Verdini ha finanziato il Verdini editore per circa 12 milioni di euro. Per accedere al massimo dei contributi statali, avrebbero gonfiato fatture e tiratura così per 10 anni avrebbero ingannato la presidenza del Consiglio, raccogliendo circa 22 milioni di euro”. VERDINI FORGIA gli uomini per la Toscana, il collaboratore Massimo Parisi è stato spedito a Montecitorio e pare che il porcellum, esportazione toscana, fosse un patto tra la sinistra e la destra che condizionava pure le nomine al Monte dei Paschi. Anche la parte di Ettore Verdini, il fratello, è sublime: gestisce un patrimonio immobiliare per circa 30 milioni di euro, a Prato, ne affitta uno a Equitalia per 220.000 euro l’anno. Verdini ha esteso i suoi interessi, tre appartamenti a Crans Montana. I prelievi e i bonifici sono frequenti, dà segnalare 166.000 euro per le perdite del Foglio. Ma chi paga la morte del Credito Cooperativo? Parla Augusto DellErba, presidente del fondo di garanzia Bcc: “Noi ci siamo accollati 15 milioni di sbilancio patrimoniale, 78 milioni di partite anomale (...) abbiamo anticipato 25 milioni di imposte differite che sono crediti fiscali (...) e poi abbiamo dato garanzie alla banca cessionaria per un pezzo di certi crediti di incerta definizione per 32 milioni”. Verdini è ancora lì, a palazzo Grazioli, a fare e rifare i conti. E spesso, come nel giorno della sfiducia a Enrico Letta, gli riescono male.
Posted on: Tue, 22 Oct 2013 05:33:51 +0000

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