Affermava il grande Eduardo: “Teatro significa vivere sul serio - TopicsExpress



          

Affermava il grande Eduardo: “Teatro significa vivere sul serio quello che gli altri, nella vita, recitano male”. Fare teatro vuol dire, allora, rappresentare i tesori più autentici che ogni persona porta con sé, riuscire a far esprimere in scena quella magia unica e individuale che non si può spiegare, solo così il teatro può avere un significato, può diventare un luogo importante di confronto e crescita personale sia per coloro che sono sul palcoscenico sia per quelli che guardano seduti in platea. Da molti anni mi sforzo di inculcare e far comprendere, in un gruppo teatrale, a livello amatoriale, i concetti testè esposti, nonché l’idea del rispetto reciproco, ma per alcuni ancora non sono chiari o non vogliono esserli. Una buona volta, per tutte, puntualizziamoli non per tutti, naturalmente, ma per coloro che sono sordi, o meglio, vogliono esserli, perché non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Sgombriamo, però, subito il campo da ogni equivoco: fare Teatro amatoriale non significa fare spettacoli hard. Tutt’altro, perché le compagnie amatoriali presentano quasi sempre spettacoli per tutti, sia che si tratti di commedie, sia che si tratti di cabaret. Fare Teatro amatoriale significa recitare per hobby, per divertirsi, senza scopo di lucro, anzi, contribuendo spesso di tasca propria. Significa anche recitare per beneficenza, vale a dire presentare gratuitamente spettacoli presso centri anziani, parrocchie, ospedali e associazioni di assistenza. Significa, soprattutto, recitare perché si ama il teatro. Se non si è disposti a sacrificare parte del proprio tempo libero per partecipare alle prove, che possono svolgersi in orari serali e anche in posti lontani dalla propria abitazione, se si pensa di andare alle prove quando non si ha “di meglio” da fare e solo per passare un paio di ore, se non si ha intenzione di dedicarsi a questo hobby con serietà e professionalità, si rinunci e subito. Quello dell’attore è stato definito il mestiere più bello del mondo, ma questa frase è stata detta da chi lo pratica, perché altri asseriscono che il loro è il mestiere più bello del mondo. L’ ho sentito affermare da calciatori, da piloti di aerei, da skipper, da piloti di auto e di moto da competizione e anche da un venditore. Se non è il mestiere più bello del mondo in assoluto, quello dell’attore è indubbiamente un gran bel mestiere e, nel caso nostro, è un gran bell’hobby. Ma chi è l’attore? L’attore è una persona che interpreta dei personaggi, vale a dire che li rappresenta sulla scena con gli aspetti umani, caratteriali e psicologici ideati dall’autore secondo le proprie fantasie e sensazioni. L’attore diviene quindi esso stesso il personaggio, che appare così del tutto naturale. Essere il personaggio, è il segreto per coinvolgere il pubblico. Essere sul palcoscenico il personaggio che interpreta, tragico o comico, sanguigno o timido, dolce o acido, questo deve essere l’attore. Ci sono alcuni che interpretano bene solo personaggi simili a se stessi, ma questi non possono dirsi attori. Chiunque è capace di interpretare se stesso. Un attore vero deve essere capace di impersonare vari personaggi tutti diversi. Ciò non vuol dire che debba essere in grado di ricoprire qualsiasi ruolo: la versatilità ha dei limiti, anche per i grandi professionisti. Si è detto di serietà e professionalità, (la professionalità, comunque, non deve essere confusa con il professionismo. In tutti i settori di attività ci sono molti che si autodefiniscono professionisti, ma che non sono affatto professionali) ora, anche se sembra un controsenso per un’attività svolta per hobby come quella dell’attore di teatro amatoriale, è importantissimo chiarire una volta per tutte questa semplice ma pregnante parola: PROFESSIONALITA’. Quando una persona decide di far parte di un gruppo teatrale, assume automaticamente degli impegni, dei doveri nei confronti del regista ma soprattutto dei colleghi. Non rispettarli significa creare problemi a tutta la compagnia, significa scarsa professionalità. Vediamo, in sintesi, allora, i principali impegni che devono assumere gli attori amatoriali. Reiterate volte sono stati esposti questi concetti, ma i nostri padri latini, con somma saggezza, ammonivano: repetita iuvant (le cose ripetute aiutano). Gli attori amatoriali, dunque: - DEVONO partecipare, salvo cause di forza maggiore (Es.: impreviste e inderogabili incombenze di lavoro, gravi motivi di salute o familiari), a tutte le prove, nonché al debutto e a tutte le repliche dello spettacolo. - DEVONO arrivare puntualmente all’orario stabilito per l’inizio delle prove e non devono andarsene prima che queste siano terminate. In caso di forzate assenze o ritardi alle prove, devono avvisare tempestivamente il regista. - DEVONO imparare a memoria la propria parte prima possibile. La memoria dovrebbe essere a buon punto già al termine della fase di lettura. Montare le scene con attori che ancora leggono il copione impedisce, infatti, la corretta esecuzione dei movimenti e della mimica. - DEVONO effettuare le loro prove con il massimo impegno e assistere a quelle dei colleghi nel più assoluto silenzio. - DEVONO seguire tutte le indicazioni e le disposizioni date loro dal regista. - DEVONO procurarsi gli abiti e gli accessori personali di scena indicati dal regista e dalla costumista. Come? Frugando tra le vecchie cose personali (o dei genitori o dei nonni), girando tra i mercatini, visitando i negozietti di roba usata e altro. -DEVONO far gruppo, dimostrando solidarietà verso i colleghi ed evitando invidie, contrasti e litigi. Non che tra i professionisti manchino invidie, contrasti e litigi, ma loro sono vincolati da un contratto e devono fare “buon viso a cattivo gioco”, magari con tanta ipocrisia. Nelle compagnie amatoriali, invece, qualcuno può offendersi e andarsene in barba all’impegno preso. Fare gruppo, perciò, significa anche instaurare rapporti di amicizia, o almeno amichevoli, ma soprattutto rispettarsi senza assumere atteggiamenti da superuomini o superdonne. - DEVONO collaborare al trasporto, al montaggio, alla sistemazione e al successivo smontaggio degli scenari e delle suppellettili in teatro, senza fare i lavativi e senza accampare a scusa: lombaggini, dolori reumatici, disturbi periodici e altre “gravissime” malattie. - DEVONO concentrarsi al massimo prima di entrare in scena. Ho assistito ad esibizioni penose di certi “attori” che avevano riso, scherzato e si erano dilungati in chiacchiere, invece di concentrarsi sulla loro parte. Al di là degli impegni, ma sempre in tema di professionalità, ci sono alcuni atteggiamenti che gli attori devono assolutamente evitare come, ad esempio: - Lamentarsi della parte assegnata: (“Non esistono piccole parti, ma solo piccoli attori”) se non piace o se la ritengono troppo breve sono liberi di non partecipare. - Andarsene appena terminate le prove in teatro o dopo lo spettacolo, senza aiutare i colleghi e soprattutto le colleghe a trasportare alle macchine i bagagli pesanti. - Farsi vedere dal pubblico prima dell’inizio dello spettacolo: distrae l’attore, toglie la sorpresa agli spettatori e, oltretutto, porta sfiga! Gli amici si salutano dopo il termine della rappresentazione. Chi fa parte di un gruppo teatrale non deve pensare che nell’ambito di questo si reciti solamente, perché per mettere in scena una commedia non necessitano solo attori, ma un gruppo, soprattutto amatoriale, deve poter contare di un certo numero di persone, in grado di svolgere varie mansioni, che si possono rendere necessarie per la messa in scena degli spettacoli e per la gestione generale. Funzioni che non sono da considerarsi marginali o complementari…anzi, da ritenersi necessarie, per non dire, fondamentali per la buona riuscita di una rappresentazione. Non si pretende che tali persone siano dei professionisti: tali mansioni vanno affidate ai componenti il gruppo disponibili a collaborare gratuitamente. Qui di seguito, cito solo alcune figure, forse le più essenziali: - Il direttore di scena: si preoccupa che gli attori si preparino in tempo ad entrare in scena, ne controlla l’abbigliamento e, al momento giusto, li invita ad entrare sul palcoscenico. Il direttore di scena, inoltre, deve accertarsi preventivamente che siano disponibili tutti gli elementi, i materiali e i costumi necessari. In realtà, dovrebbe anche dirigere il montaggio delle scenografie e controllarne la corretta esecuzione, ma non si può chiedere troppo a una persona che presta la sua opera gratuitamente. Saranno, quindi, il regista e l’eventuale aiuto regista (o qualche attore) che si assumeranno tale compito. Il direttore di scena deve conoscere il copione ed assistere almeno all’ultimo mese di prove, oltre che alle prove generali. - Il suggeritore: Ci sono attori che ricordano perfettamente la parte ed altri che possono avere dei vuoti di memoria. Qualcuno che suggerisca le battute, mentre ai primi può dare addirittura fastidio e distrarli, risulta spesso indispensabile per i secondi. Il suggeritore è una persona, che deve conoscere il copione ed effettuare i suoi interventi già nel corso delle ultime prove, in modo da fasarsi con gli attori e capire quando e come, nascosto dietro le quinte, dovrà intervenire. - Il/La costumista: Può essere una delle attrici che, d’accordo con il regista, sceglie i costumi da indossare in scena. Si tratterà sempre di costumi facilmente reperibili o “accrocchiabili” in qualche modo. Da evitare, quindi, le commedie che si svolgono in epoche passate, perché il noleggio degli abiti adatti costa caro. - La truccatrice: Gli spettacoli di cabaret e le commedie leggere, in genere non richiedono un trucco particolare per gli attori. Un minimo di trucco è, però, necessario sia per esaltare certe caratteristiche del personaggio, sia per evitare che le luci di scena facciano apparire lucidi i volti degli attori (spesso è sufficiente un po’ di cipria del colore adatto). Per questa funzione, non è difficile trovare una gentile signora che sappia truccare bene. - Il tecnico della musica e delle luci: Dovrebbe essere una persona in grado di preparare, con il computer, il cd contenete le musiche e le canzoni eventualmente previste per lo spettacolo. Questo è, secondo la mia modesta opinione, appartenere ad un gruppo e fare teatro. Ma perché si raggiungano questi obbiettivi è fondamentale che ciascuno si armi di quell’umiltà di cui si diceva in altro intervento, perché senza quel valore essenziale non si va da nessuna parte, e prima o poi si rimane isolati. Scrive Virgilio: ”Trahit sua quemque voluptas” (Ognuno è attratto dal suo piacere), colui o colei che si comporta, in un gruppo teatrale, ispirandosi all’assunto virgiliano, vuol dire che non ha interiorizzato per niente il concetto di gruppo. In sostanza, chi non possiede nemmeno un pizzico di quella piccola, grande, meravigliosa virtù che è L’UMILTA’, ma solo superbia, alterigia ed ha come unico obbiettivo seminare zizzanie tra i componenti, non solo non può far parte di un gruppo teatrale ma della società. Tutto ciò, Cui prodest? (A chi giova, interessa?) Cui bono? (Chi ne beneficia?) Ne dovrebbe trarre vantaggio colui…colei…coloro che non hanno inteso o non hanno voluto intendere il vero significato di gruppo e di teatro. Alla luce di quanto sopra: “Chi ha orecchie da intendere, intenda” e, come affermavano, saggiamente, i nostri avi: “chi se coce s’arrassa” ovvero chi si scotta o addirittura si brucia, sarebbe meglio che facesse, e subito, una salutare, tonificante e corroborante doccia di SEMPLICITA’ ed UMILTA’.
Posted on: Mon, 29 Jul 2013 22:12:04 +0000

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