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Alberto Lattuada Da Wikipedia, lenciclopedia libera. « La cinematografia è un tipo di scrittura che va coltivata con una certa irruenza: un film commerciale non è un peccato, importante è vivere certi momenti, accorgersi di tutto. » (da La Fiera Letteraria, n. 17, aprile 1973)) David di Donatello David di Donatello al miglior regista 1959 David di Donatello David di Donatello alla carriera 1994 Alberto Lattuada (Milano, 14 novembre 1914 – Orvieto, 3 luglio 2005) è stato un regista, sceneggiatore, attore e produttore cinematografico italiano. Intellettuale dalla personalità eclettica, appassionato di letteratura, arte e fotografia, era noto soprattutto per aver trasposto sullo schermo molti celebri romanzi e alcuni kolossal anche per il piccolo schermo. Fautore di uno stile personale e rigoroso, ha raccontato lindividuo senza scrupoli tutto teso al raggiungimento di uno scopo, esplorando inoltre un erotismo quasi mai fine a sé stesso (il corpo e la scoperta della sessualità femminile). Nella sua lunga carriera ha scoperto e lanciato molte attrici come Marina Berti, Carla Del Poggio (divenuta poi sua moglie), Valeria Moriconi, Jacqueline Sassard, Catherine Spaak, Dalila Di Lazzaro, Therese Ann Savoy, Nastassja Kinski, Clio Goldsmith, Barbara De Rossi e Sophie Duez. Indice [nascondi] 1 Biografia 2 Riconoscimenti 2.1 Premi cinematografici 2.2 Onorificenze 3 Filmografia 3.1 Regista cinematografico 3.2 Regista televisivo 3.3 Collaborazioni 4 Note 5 Bibliografia 6 Altri progetti 7 Collegamenti esterni Biografia[modifica | modifica sorgente] Figlio del compositore Felice Lattuada, crebbe fra la campagna lombarda e Milano. Durante gli studi liceali, nel dicembre 1932 fondò insieme ad Alberto Mondadori il periodico quindicinale Camminare... in cui svolse mansioni di critico darte, mentre Mario Monicelli si occupava di critica cinematografica. Lanno seguente ebbe la sua prima esperienza al cinema come scenografo del cortometraggio Cuore rivelatore, tratto da un racconto di Poe e diretto da un diciottenne Mario Monicelli. Insieme a Mario Baffico nel biennio 1935-1936, collaborò a Il museo dellamore come consulente per il colore (si trattava del primo mediometraggio italiano girato interamente a colori) e come assistente alla regia al lungometraggio La danza delle lancette. Entrato in contatto con Gianni Comencini (fratello del regista Luigi) e Mario Ferrari, si mise alla ricerca sistematica di vecchie pellicole, salvandole dal macero presso i magazzini dei distributori e ponendo le basi della futura Cineteca Italiana di Milano. Durante gli anni universitari si iscrisse ai GUF partecipando ai Littoriali della cultura e dellarte. In questo modo riuscì ad organizzare delle proiezioni retrospettive, giacché solo le sezioni cinematografiche dei GUF erano autorizzate a svolgere queste attività. Dopo la laurea in architettura, a partire dal 1938 iniziò a collaborare a diverse riviste: su Tempo Illustrato scriveva come critico cinematografico, su Domus scriveva di architettura e arredamento; su Frontespizio pubblicò alcuni suoi racconti letterari. Nel 1940, nel difficile clima bellico riuscì ad allestire una retrospettiva di film francesi per la Triennale di Milano; il tumulto che seguì alla proiezione de La grande illusione provocò la sospensione delle proiezioni e il gruppo organizzatore dovette mettere in salvo le pellicole nascondendole alle ricerche della polizia fascista. Nel 1941 organizzò anche una sua mostra e un libro di fotografie, Occhio Quadrato, ma passò subito al cinema a tempo pieno come aiuto regista per Mario Soldati (Piccolo mondo antico) e come sceneggiatore per Ferdinando Maria Poggioli (Sissignora). Tra il 1942 e il 1943 diresse i suoi primi due film, volutamente tratti da opere letterarie (il primo da Giacomo lidealista di Emilio De Marchi e il secondo da La freccia nel fianco di Luciano Zuccoli) e non da soggetti originali per evitare le maglie della censura; definiti dalla critica «esercizi di stile formali e calligrafici», in realtà contenevano già quasi tutti gli elementi stilistici del suo cinema futuro. Equilibrio interno dellinquadratura, uso sapiente delle luci e messa in risalto dei dettagli, calibrati movimenti di macchina e controllati stacchi di montaggio, saranno le cifre alle quali Lattuada rimarrà fedele. Giacomo lidealista segna lesordio di Marina Berti, la prima di una serie di figure femminili alle quali Lattuada affida il compito di tracciare una psicologia, una cultura, un clima sociale o unatmosfera. La freccia nel fianco, uno dei primi film italiani a esplorare (sia pure con tutte le prudenze di sorta) il mondo della sessualità infantile, ebbe anche una gestazione piuttosto travagliata; abbandonato dal regista dopo l8 settembre 1943, venne ripreso e completato da Mario Costa, che tuttavia non risulta accreditato nei titoli. Nellimmediato dopoguerra Lattuada si avvicinò al neorealismo con Il bandito, girato in una Torino devastata dai bombardamenti e dove sbandiera apertamente il suo amore per il cinema americano, e in particolare quello della gangster-story sullo stile di Scarface; su quel set debuttano in una parte drammatica la moglie Carla Del Poggio, da lui sposata il 2 aprile 1945 (da lei avrà due figli, Francesco, futuro direttore di produzione di fiction televisive, e Alessandro) e la sorella Bianca Lattuada come segretaria di edizione. Il film successivo, Il delitto di Giovanni Episcopo, tratto da DAnnunzio, si allontana da qualsiasi filone o corrente per iniziare a seguire la sua poetica base (lindividuo senza scrupoli in contrapposizione con una società inerte e indifferente a tutto) con maniacale puntiglio, organizzando alla perfezione scenografia e recitazione; in questo film si segnala in particolare quella di Aldo Fabrizi. Nel 1948, traendo suggestioni anche dal cinema francese, realizzò nella Pineta del Tombolo insieme a Tullio Pinelli e Federico Fellini, il celebre Senza pietà, descrizione di un paese in rovina dove, con gli aiuti americani, sbarcano violenza, contrabbando e malavita. Del 1949 è Il mulino del Po, tratto dal romanzo più famoso di Riccardo Bacchelli (che collaborò anche alla sceneggiatura). Curò la regia di Didone ed Enea di Henry Purcell al Teatro dellOpera di Roma e insieme a Federico Fellini, Michelangelo Antonioni, Carlo Lizzani ed Elsa Morante, cominciò a progettare una serie di pellicole su temi scottanti come lemigrazione, la speculazione edilizia, il sistema carcerario. Le pressioni della casa di produzione, che sceglierà poi di realizzare un film sul concorso di bellezza di Miss Italia e sul mondo dei fotoromanzi, lo spinsero a fondare una cooperativa insieme alla moglie, a Fellini e alla Masina, e a realizzare in totale autonomia Luci del varietà spaccato sul rutilante mondo dellavanspettacolo, al quale collaborarono anche il padre e la sorella. Il film però si rivelò un disastro finanziario. Con il film successivo, Anna Lattuada realizzò il suo più grande successo, grazie a protagonisti del livello di Silvana Mangano, Raf Vallone e Vittorio Gassman, e grazie a una canzone, El Negro Zumbon (ricavata da un vecchio standard ballabile cubano) che diventò un successo discografico mondiale. Riprendendo qualche tematica già presente in Riso amaro di Giuseppe De Santis, fornì più di uno spunto al successivo Mambo di Robert Rossen. Fu la prima pellicola italiana ad incassare oltre un miliardo di lire nelle prime visioni, e la prima ad essere presentata doppiata in inglese negli Stati Uniti. Il successo gli consentì di realizzare nel 1952 una delle sue opere più importanti, Il cappotto, dal racconto di Gogol, girato a Pavia, con protagonista Renato Rascel, uno dei primi film a svincolarsi definitivamente dal neorealismo, dove realtà e fantasia coesistono alla perfezione. Nel film successivo, La lupa tratto dal celebre racconto di Giovanni Verga, Lattuada continuò il viaggio dosservazione del corpo e della sessualità femminile che lo accompagnerà, tranne qualche eccezione, in tutta la sua filmografia. Nei film di Lattuada la forza della figura femminile rende per la prima volta esplicito laspetto della sottomissione delluomo, il quale di contro tende sempre al raggiungimento di un suo fine senza avere scrupoli morali: la proprietà, il denaro, il delitto e la vendetta. Con lepisodio Gli italiani si voltano, inserito in Lamore in città, Lattuada si fermò ad esaminare con la tecnica della candid camera il fenomeno del gallismo maschile; La spiaggia è antesignana della commedia di costume, critica feroce dellipocrisia borghese; Scuola elementare si basava sui desideri (economici e di donne) di un maestro e di un bidello (Billi e Riva), ma era anche una sorta di omaggio alla figura del padre, che era stato maestro elementare. Nel dittico Guendalina e I dolci inganni il regista seguiva la trasformazione sentimentale e sessuale di due adolescenti, interpretate rispettivamente da Jacqueline Sassard e Catherine Spaak. Ad esse si contrappongono i kolossal La tempesta e La steppa tratti dai prediletti autori russi, Puškin e Čechov. Gli anni sessanta furono caratterizzati da trasposizioni di opere letterarie di Guido Piovene (Lettere di una novizia), Niccolò Machiavelli (La mandragola) e Vitaliano Brancati (Don Giovanni in Sicilia), fino a giungere a Venga a prendere il caffè da noi, tratto dal romanzo La spartizione di Piero Chiara, satira di una certa borghesia provinciale ipocrita e sessuofobica, interpretato da Ugo Tognazzi. Nel 1970 Lattuada ebbe la sua seconda esperienza come regista lirico inaugurando il Maggio musicale fiorentino con La Vestale di Gaspare Spontini e fu inoltre membro della giuria del Festival di Berlino. Dopo due pellicole frutto di evidenti compromessi, Bianco, rosso e... con Sophia Loren, quasi un remake di Anna e Sono stato io!, dove Giancarlo Giannini, un anonimo lavavetri, immagina un gesto clamoroso che lo porti sulle prime pagine dei quotidiani, Lattuada dal 1974 volle trattare la tematica dellerotismo, a partire da Le farò da padre e proseguendo con Oh! Serafina da un romanzo di Giuseppe Berto, Così come sei sul tema dellincesto, fino agli ultimi suoi due film per il grande schermo, considerati artisticamente due fallimenti, La cicala e il tardo Una spina nel cuore, nuovamente tratto da Piero Chiara. Nel 1981 iniziò a dirigere Nudo di donna, che dovette abbandonare quasi subito a causa di dissapori con lattore protagonista, Nino Manfredi, che finì pertanto per dirigere sé stesso. Durante gli anni ottanta Lattuada firmò tre lavori per il piccolo schermo: il kolossal di successo Cristoforo Colombo, lintensa miniserie Due fratelli e il mediometraggio Mano rubata, tratto da un racconto di Tommaso Landolfi, che esplora il mondo spietato del gioco dazzardo. Nel 1994 fece una simpatica apparizione nel film Il toro diretto da Carlo Mazzacurati, e quattro anni dopo donò tutto il suo materiale darchivio alla Fondazione Cineteca Italiana di Milano, diretta allepoca da Gianni Comencini. Morì a novantanni nella sua casa di campagna a Orvieto, affetto da tempo dalla malattia di Alzheimer. Riconoscimenti[modifica | modifica sorgente] Premi cinematografici[modifica | modifica sorgente] David di Donatello 1957: Targa doro 1959: miglior regista (La tempesta) 1994: David speciale Onorificenze[modifica | modifica sorgente] Cavaliere di gran croce dellOrdine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di gran croce dellOrdine al merito della Repubblica italiana — Roma, 2 giugno 1995[1] Grande ufficiale dellOrdine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria Grande ufficiale dellOrdine al merito della Repubblica italiana «Di iniziativa del Presidente della Repubblica» — Roma, 27 aprile 1987[2] Filmografia[modifica | modifica sorgente] Regista cinematografico[modifica | modifica sorgente] Giacomo lidealista (1942) La freccia nel fianco (1943) terminato da Mario Costa nel 1945 La nostra guerra (1945) cortometraggio documentaristico Il bandito (1946) Il delitto di Giovanni Episcopo (1947) Senza pietà (1948) Il mulino del Po (1949) Luci del varietà (1950) co-regia di Federico Fellini Anna (1951) Il cappotto (1952) La lupa (1953) Lamore in città, episodio Gli italiani si voltano (1953) La spiaggia (1954) Scuola elementare (1954) Guendalina (1957) La tempesta (1958) I dolci inganni (1960) Lettere di una novizia (1960) Limprevisto (1961) Mafioso (1962) La steppa (1962) La mandragola (1965) Matchless (1966) Don Giovanni in Sicilia (1967) Fräulein Doktor (1968) Lamica (1969) Venga a prendere il caffè da noi (1970) Bianco, rosso e... (1972) Sono stato io! (1973) Le farò da padre (1974) Cuore di cane (1976) Oh! Serafina (1976) Così come sei (1978) La cicala (1980) Nudo di donna (1981) regia delle riprese iniziali, sostituito poi da Nino Manfredi Una spina nel cuore (1986) 12 registi per 12 città, episodio Genova (1989) documentario Regista televisivo[modifica | modifica sorgente] Fanciulle in fiore (1977) servizio televisivo per la trasmissione Odeon. Tutto quanto fa spettacolo di Brando Giordani ed Emilio Ravel Cristoforo Colombo (1985) sceneggiato televisivo Due fratelli (1987) miniserie televisiva Mano rubata (film) (1989) mediometraggio televisivo Collaborazioni[modifica | modifica sorgente] Cuore rivelatore, cortometraggio, regia di Alberto Mondadori e Cesare Civita (1933) - scenografia Il museo dellamore, mediometraggio, regia di Mario Baffico (1935) - consulente per il colore La danza delle lancette, regia di Mario Baffico (1936) - assistente regista Piccolo mondo antico, regia di Mario Soldati (1941) - aiuto regista e sceneggiatore Sissignora, regia di Ferdinando Maria Poggioli (1941) - aiuto regista e sceneggiatore Il cappello del prete, regia di Ferdinando Maria Poggioli (1944) - sceneggiatore Un eroe dei nostri tempi, regìa di Mario Monicelli (1955) - attore Il corpo della ragassa, regìa di Pasquale Festa Campanile (1978) - adattamento del romanzo di Gianni Brera Il toro, regìa di Carlo Mazzacurati (1994) - attore Note
Posted on: Sat, 09 Nov 2013 21:51:51 +0000

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