Cerco di rispondere dal freddo della mia tana emarginata e a volte indifesa, piccola tana, dalla quale ogni tanto, quando ho un po’ di fortuna esce e si avverte un canto, o almeno, io penso di sentirlo e con me forse qualcun’ altro. Non credo di essere specie protetta e in fondo in fondo, non so se ho torto o ragione, so solamente di non essermi mai riconosciuto nelle logiche del marketing (termine dalle mille definizioni e dalle mille sfaccettature). Sicuramente appartengo ad altro, a chi decide un bel giorno, per chissà quale motivo, di mettersi in viaggio portandosi dietro solo il necessario e una vaga idea di libertà. Registro come e quando posso le tappe del mio cammino, le voci e i suoni che incontro, gli odori, gli amori, l’indifferenza e a volte la pesantezza del nulla. Se queste registrazioni siano o non siano arte non so dirvelo, e in fondo in fondo non ha molta importanza. Posso dirvi che non ho mai maritato Cristo durante uno spettacolo d’intrattenimento e che piano piano ho cercato di imparare la grammatica, naturalmente per poi dimenticarla. Mi chiedo, mentre leggo gli spunti che Romano Masoni ci ha invitato a commentare, e ai quali dare una risposta, mi chiedo? Ma come potevamo pensare che l’ arte non venisse assorbita e inglobata dal marketing? Il marketing è un ramo dell’economia e da moltissimi anni tutto è economia; le case d’asta sono imprese, quindi - profitto, le agenzie pubblicitarie sono imprese, quindi - profitto e così le gallerie e i musei, fra poco anche la scuola sarà impresa, i critici son diventati i rappresentanti, gli agenti, i broker, hanno la valigetta piena di marchi piena di prodotti, sono i garanti del prodotto e a volte sono loro stessi il prodotto “ la transavanguardia sono io” ABO. Gli artisti ovviamente sono i prodotti nella valigetta del rappresentante. Un po’ cinico, un po’ sbrigativo, penserete, forse si, sicuramente sarebbero doverosi dei distinguo ma onestamente non penso di essere andato molto lontano dalla realtà delle cose. Vai a cercare la colpa, prova a dipanare questa matassa a trovare il capo del filo, complicato, complicatissimo, il profitto è il sole intorno al quale tutto ruota. L’ artista nella stragrande maggioranza dei casi decora appartamenti, oppure a seconda di chi possiede il suo marchio può permettersi di shockare e strabiliare nelle vaste platee delle capitali dell’ arte. Citate Damien Hirst e in verità non so cosa c’entri con l’arte, sicuramente c’entra molto la parte promozionale del collezionista e pubblicitario anglo-iracheno Charles Saatchi che dagli anni novanta fino al 2003 lo ha visto suo collaboratore e promotore. Hirst è un buon comunicatore di idee come molti da Warhol in poi, non più autore manuale e come lui stesso ammette vuole essere un brand, un marchio... la valigetta ora se la porta da solo. Duchamp ha segnato la svolta, sostituisce la pittura-pittura con la pittura-idea “A me interessavano le idee, non soltanto i prodotti visivi. Volevo riportare la pittura al servizio della mente...” “... la pittura non dovrebbe essere solo retinica o visiva...”. Bene, ma dietro a queste idee geniali, c’è stata e c’è una processione di mistificatori e avventurieri dell’idea, di piccoli filosofi del nulla e grandi venditori di fumo, con tutti questi il mercato è andato e va a nozze, ma si sà il mercato necessita di molta offerta, e nel catalogo, nella valigetta, devono esserci gli uni e gli altri per cui anche gli autori manuali, l’importante è che non rompano i coglioni, stiano al gioco siano riconoscibili per forme, colori e dimensioni e in silenzio a fine anno, vadano a prendere la loro parte di guadagno. Naturalmente se c’è, sennò avanti il prossimo. E io? E noi, poveri pittori della sensibilità “sempre con la testa piena di musica di arte e grandi amori” andiamo avanti, fuochi di resistenza, forse rivoluzionari, andiamo avanti verso Citera. E lo stupore caro Romano, amico mio, è bellissimo scritto sulla tua porta. Fulvio Leoncini, Novembre 2012 (Il Grandevetro)
Posted on: Sun, 15 Sep 2013 07:11:30 +0000
Trending Topics
Recently Viewed Topics
© 2015