Di Benedetto (M5S) : “Pantomima legislativa” Posted on October - TopicsExpress



          

Di Benedetto (M5S) : “Pantomima legislativa” Posted on October 1, 2013 by Felice Marra Signor Presidente, dopo un accorato e prolungato esame del decreto giunto alla Camera nelle ultime ore della giornata di giovedì scorso e dopo una proficua discussione in Commissione VII svoltasi nelle prime ore della giornata di venerdì, dopo ancora una attenta valutazione dei 134 emendamenti presentati al suddetto decreto, tutti metodicamente respinti nell’arco di ben 50 minuti di votazioni, siamo finalmente in Aula per l’ultimo atto di questa, lasciatemi passare il termine, ulteriore pantomima legislativa. Voglio subito sottolineare quanto sia da ritenere inopportuno e poco lungimirante l’uso della decretazione d’urgenza così come ormai viene utilizzata anche per interventi nei settori culturali e dello spettacolo, vittime da sempre proprio della stessa tendenza, per niente interrotta da questo decreto e da questo Governo, ad agire attraverso misure emergenziali e non piuttosto attraverso una pianificazione pluriennale, organica, completa ed efficiente che tali settori attendono e che, ahinoi, continueranno ad attendere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Presidente io, mi dispiace ricordarlo ogni volta, però se è possibile l’attenzione da parte del ministro dato che il decreto è sui beni culturali. Certamente non possiamo ignorare che, almeno nell’intento di alcune norme in esso contenute, si possano qui e là riscontrare interventi che vanno nella direzione auspicata di un impulso al settore della cultura, e in questo casi mi riferisco ad esempio al tax credit per il cinema, che è stato ripristinato, e anche al settore musicale, interventi su cui il MoVimento 5 Stelle aveva insistito molto durante la discussione del DL «del Fare» e che questo stesso Governo però ha rigettato e respinto i relativi emendamenti. Entrando nel dettaglio di quelle che sono le proposte emendative del MoVimento 5 Stelle, già a partire dall’articolo 1, vi è una norma che mira ad introdurre un direttore generale di progetto a capo della cosiddetta «unità grande Pompei», coadiuvato da uno staff di 25 persone e da un comitato di gestione. La commissione cultura del MoVimento 5 Stelle è stata in visita a Pompei nelle scorse settimane e ha potuto notare che la situazione del sito è da considerarsi critica, ma sicuramente non possiamo riconoscere come soluzione un vero e proprio commissariamento della struttura di gestione dell’area archeologica. Si, perché non si può definire in altro modo la scelta di giustapporre una figura, le cui mansioni sono peraltro appena abbozzate nell’articolato del decreto e rimandate ad un successivo intervento di matrice, chiaramente, governativa e ministeriale, con buona pace del requisito dell’urgenza che dovrebbe giustificare l’introduzione di tale provvedimento in questo decreto. Ciò che invece è emerso dalla visita è che Pompei, lungi dal necessitare di duplicazioni di competenze (tale sarebbe il risultato, con una Sovrintendenza fagocitata dalla presenza del direttore generale, senza esser esautorata però formalmente delle sue competenze) e della successiva paralisi nella gestione del Grande progetto Pompei, ha invece assoluto bisogno di formare un organico da applicare in pianta stabile al sito con il compito di occuparsi della manutenzione ordinaria. Già, perché al di fuori degli interventi urgenti che hanno occupato le cronache e di cui anche il MoVimento 5 Stelle si è fatto portavoce tramite una serie di interrogazioni trattate in quest’Aula, con la presenza dello stesso Ministro Bray, Pompei è una vera e propria città disabitata da 2.000 anni che necessita di manutenzione continua da parte di maestranze altamente specializzate e ha soprattutto bisogno di certezza nella fase delicatissima di realizzazione del Grande progetto Pompei in cui si trova. La nomina di un direttore generale e dell’apparato che recherebbe con sé non avrebbe alcuna utilità, se non quella già segnalata di generare confusione e conflitti di competenze. Le proposte emendative del MoVimento 5 Stelle, pertanto, vanno da un canto nella direzione di elidere la norma istitutiva del direttore generale di progetto, attraverso la soppressione dell’articolo 1 del decreto, dall’altro nel modificare il testo dello stesso articolo 1 nel senso di conferire più ampia libertà di gestione alla Sovrintendenza speciale e facoltà di assunzione di tirocinanti di cui al progetto «mille giovani per la cultura», nonché la facoltà di destinare parte degli introiti derivanti dalla vendita di biglietti di accesso al sito alla formazione di una scuola permanente di formazione di maestranza da destinare alla manutenzione ordinaria del sito. Questi correttivi ci appaiono gli unici in grado di affrontare in modo serio e responsabile la situazione di Pompei. Non certo un commissariamento zeppo di problematiche relative alle competenze e inutile sotto tutti i profili. . Quanto agli altri emendamenti all’articolo 1, sono finalizzati a ridurre i tempi stabiliti dal decreto al fine di stabilire compensi e mansioni delle strutture cui si intende dar vita; è evidente che, perlomeno, sarebbe auspicabile che il tutto si svolgesse in tempi assai più rapidi di quelli previsti, per provare, quantomeno, a giustificare un provvedimento del genere nel contesto di un decreto-legge. Si è tentato di emendare la norma pasticciata nel senso di assicurare trasparenza nell’incarico del direttore generale e della struttura di supporto, tempi certi di realizzazione degli interventi e regolarità nella fase di assegnazione degli appalti al fine di scongiurare infiltrazioni mafiose. Si è intervenuto nel senso di evitare che le sponsorizzazioni da parte di privati si traducano nell’appropriazione di fette di mercato sulla pelle di Pompei; il fast food all’interno dell’area archeologica, realizzato in luogo di preesistenti strutture crollate per l’incuria, non è degno di un Paese che si definisca civile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) e poco importa se l’azienda proprietaria del suddetto fast food paga un lauto canone per star lì dove sta. La proposta emendativa relativa all’articolo 2 (norma finalizzata alla realizzazione del programma «500 giovani per la cultura») è tesa a rendere raggiungibili gli obiettivi fissati dalla norma, attraverso un ridimensionamento dei compiti dei soggetti coinvolti nei tirocini. Quanto all’articolo 3-bis, atteso che la sede del Forum Mondiale UNESCO 2014 non è stata ancora univocamente stabilita, si è emendato il testo nel senso di congelare l’erogazione pari a 400 mila euro a Firenze fino al momento in cui tale assegnazione non sarà definitiva. In alternativa, tutto lascerebbe pensare che una tale erogazione vada a confluire nelle casse della «Biennale Florence»: insomma, una sorta di carezza, una delle tante che hanno farcito questo decreto. Per quanto riguarda l’articolo 3-quater, questo rappresenta un esempio di «condono fantasioso»: la norma è tesa a concedere, da un lato, un altro anno al fine di completare le opere relative alle autorizzazioni paesaggistiche quinquennali di cui al codice dei beni culturali e, dall’altro, a prolungare di ulteriori tre anni il termine per le autorizzazioni paesaggistiche medesime. L’articolo 5, nell’attuale formulazione, è a sua volta un esempio di distribuzione illogica di risorse, con evidenti iniquità; l’intervento è nel senso di conferire coerenza alla norma, ridistribuendo le somme stanziate con un occhio di riguardo ai beni culturali che presentino gravi rischi di deterioramento, piuttosto che a non meglio specificate «celebrazioni di particolari ricorrenze», che beneficerebbero di elargizioni stanziate formalmente per «interventi di particolare rilevanza», nonché diminuendo l’entità delle somme destinate ai Nuovi Uffizi, al Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah. La proposta emendativa ci pare tenere conto in modo più equo delle diverse esigenze e della molteplicità di soggetti che abbisognano di interventi urgenti per porre argine al loro deterioramento. L’articolo 5-bis, poi, è sintomatico dell’inversione di tendenza di cui tutti oggi hanno cantato le lodi perché prevede ben 500.000 euro l’anno per un triennio al centro Pio Rajna di Roma, centro che evidentemente sta particolarmente a cuore all’onorevole Narducci che ha presentato un testo di legge dal contenuto analogo a quello contenuto nell’articolo 5-bis, nella passata legislatura. L’articolo 6, nella attuale formulazione, è frutto di un lavoro del MoVimento 5 Stelle in Senato, che ha portato i suoi frutti ma che, se rimanesse così, presenterebbe degli aspetti che ne comprimerebbero fortemente la portata innovativa. Si tratta di una norma tesa a concedere in locazione, o concessione immobili pubblici inutilizzati a cooperative, associazioni di artisti, il tutto ad un canone simbolico non superiore a euro centocinquanta. Le entrate derivanti da tale canone confluiranno in un apposito fondo istituito per finanziare opere di manutenzione straordinaria degli stessi immobili con contributi a fondo perduto in proporzione all’entità delle spese sostenute per realizzarle. Tuttavia, il testo attuale pone un tetto massimo all’entità del Fondo di un misero milione di euro, non specificando peraltro dove dovrebbero confluire gli introiti ulteriori derivanti dalle locazioni e concessioni. È evidente che, così come impostato, il Fondo sarà poco più di un palliativo e sarà in grado di sostenere una minima parte delle opere di manutenzione straordinaria che invece potrebbero essere messe in atto, valorizzando a costo zero gli immobili locati o concessi. Inoltre, al comma 5, è stata introdotta una norma assai sospetta: essa infatti stabilisce che al Fondo di cui al comma 2 si provvederà tramite ”corrispondente riduzione della parte corrente dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge 31 marzo 2011, n.34, ovvero la norma che autorizza la spesa di 80 milioni di euro all’anno per interventi di manutenzione e conservazione dei beni culturali. È evidente che si tratta di una norma insensata: il Fondo, così come immaginato dal MoVimento 5 Stelle, si autoalimenterebbe; non necessita di gravare su alcuna voce di spesa. Si tratta di un provvedimento a costo zero, infatti, o meglio autofinanziato. La proposta emendativa è pertanto, da un lato, nel senso di sopprimere il comma 5 dell’articolo 6, ristabilendo il meccanismo di autofinanziamento del Fondo; dall’altro, nel senso di ancorare agli effettivi introiti derivanti dalle locazioni/concessioni degli immobili, l’effettiva entità del Fondo, stabilendo di destinare ad esso una quota fissa del 70 per cento degli introiti stessi. In tal modo, si innescherebbe un circolo virtuoso, tale per cui a maggiori locazioni, seguirebbero maggiori introiti e, ad essi, conseguentemente, maggiori interventi di manutenzione straordinaria degli immobili coinvolti. Infine, una notazione a parte merita il comma 5-bis del medesimo articolo: questo decreto-legge dispone – lo abbiamo ribadito più volte, ma evidentemente è corretto sottolinearlo ulteriormente – interventi urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali. È tra le priorità e le urgenze; non si dimentica il sostentamento permanente della Fondazione Maxi per cinque milioni di euro all’anno a partire dal 2014. Un ente, del resto, presieduto da una personalità politica che, nello specifico, coincide con l’ex Ministro Melandri. Presidente, questa – me lo conceda – è la cosa più lontana ad un cambiamento di rotta che il Presidente Letta, in primis, aveva promosso, ma che ultimamente non sembra dire la verità, e, successivamente, il Ministro Bray aveva confermato, e che tutti si aspettavano. Piuttosto, ci lascia sconfortati e ancora più amareggiati, l’immaginare che, se questo è il primo intervento dopo decenni dedicato alla cultura, evidentemente, c’è qualcosa che ancora non va. Andando all’articolo 11, volto a intervenire sul settore delle fondazioni lirico-sinfoniche, va rimarcato che la disciplina da esso introdotta prevede un profondo piano di risanamento, eccessivamente rigido, che non lascia scampo alle fondazioni in grave crisi. È necessario tenere presente che le Fondazioni lirico-sinfoniche per le loro peculiarità non possono raggiungere un attivo di bilancio e, pertanto, sono estremamente sfavorite da questa previsione legislativa e sembrano tutte destinate alla liquidazione coatta amministrativa. Risulta chiara la mancanza di visione in grado di portare ad una riforma sostanziale delle fondazioni lirico-sinfoniche, che nella condizione in cui versano adesso non sono in grado di effettuare piani a lungo termine, fondamentali in queste attività, né di aprirsi ad innovazioni, sia in termini di eventi proposti sia di servizi offerti. Ma anche qui, si preferisce ancora una volta tamponare piuttosto che riformare il sistema. Le fondazioni sono rimaste a metà tra il pubblico ed il privato, per via di una riforma errata e mai completata da parte dell’allora ministro Veltroni. Queste sono state trasformate da enti pubblici a fondazioni di diritto privato, finanziati in quota parte dal FUS. Ciò non è stato, però, accompagnato dalle corrette forme di agevolazioni per l’ingresso dei privati negli enti lirici, che imperversano in condizioni economicamente devastanti, dovute all’alto costo del personale e allo scarso apporto dei privati, unitamente ai continui tagli al FUS. Il piano di risanamento è, quindi, oltre modo rigido e non può in alcun modo aiutare le fondazioni a risollevarsi dalla crisi, introducendo il principio di pareggio di bilancio da raggiungere in tre anni e la creazione di un commissario governativo con eccessivi poteri di intervento in merito all’approvazione e all’integrazione dei piani di risanamento stessi. Gravissima, poi, la previsione che il personale licenziato non abbia certezza di essere ricollocato, creando una possibile schiera di disoccupati che ha capacità professionali molto specifiche e particolari. Difatti, le eccedenze previste dai piani di risanamento sono assorbite da Ales SpA, senza alcun rispetto per il criterio di prossimità geografica tra lavoratori e luogo di lavoro e, comunque, solo nelle eventuali vacanze di organico della società medesima. La riforma della governance non pare incisiva e non tiene conto dei rappresentanti delle categorie lavorative, prevedendo al contempo un organo monocratico nominato dal MIBACT che controlla la sostenibilità della gestione economico-finanziaria della fondazione e la regolarità degli atti adottati dal consiglio d’indirizzo. Sicuramente positivo, però, che finalmente si giunga ad una produzione su base triennale, ma al contempo ci si domanda se non sia eccessivo prevedere che una attività come questa sia in pareggio, anche perché, essendo fondazioni private, non concorrono al debito pubblico. Il ricorso ad entrate di indebitamento è concesso solo nell’accesso al Fondo rotativo dal MIBACT, pari a 75 milioni di euro, ovvero briciole visto che i teatri interessati al piano di risanamento sono, a detta dello stesso Ministro Bray, almeno 6 su 15 e che questi 75 milioni dovrebbero far fronte ad un buco di oltre 375 milioni di euro. Non si capisce, ancora una volta, la nomina di un commissario governativo che abbia ampi poteri di incidere sui piani di risanamento a lui proposti. Come al solito, viene scelta una modalità errata a monte. Le colpe della politica in questo disastro economico-finanziario sono abnormi e non possono affatto ricadere sulle spalle dei lavoratori di qualità del settore, tanto meno sulle spalle del settore culturale. In conclusione, Presidente, è necessario rimarcare che, in controtendenza con la linea tenuta dal Governo in relazione all’individuazione dei provvedimenti e delle risorse per sostenerli, tutte le proposte emendative del MoVimento 5 Stelle sono a costo zero, finalizzate a migliorare e a rendere più logico un provvedimento che, a parte qualche spunto interessante, si presenta come un provvedimento zoppo e decisamente inefficace. Forse, se questo decreto non fosse stato presentato alle Camere l’8 Agosto, esattamente l’ultimo giorno di lavoro della Camera dei deputati, prima della ripresa dei lavori d’Aula dell’8 Settembre, avremmo avuto un mese in più per intervenire su questo monco decreto considerando che, come spesso accade, sono stati molti i colleghi delle altre forze politiche che in Commissione hanno manifestato il loro apprezzamento per le molte proposte emendative che il MoVimento 5 Stelle ha presentato, ma che sono stati costretti ad ignorarle e a respingerle. Concludo veramente, Presidente. Se queste sono le soluzioni, le uniche che si sono trovate, se le accise sulle dipendenze e sui vizi sono le uniche coperture che siete riusciti a escogitare, se lo strumento del decreto è quello che ritenete migliore per risollevare il settore culturale e per restituirne la sua dignità, beh a questo punto lasciate perdere. Rispettate l’intelligenza di chi sta qui in Aula ma, soprattutto, l’intelligenza dei cittadini che vi sostengono, a meno che ne sia rimasto qualcuno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Posted on: Tue, 01 Oct 2013 23:10:30 +0000

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