Due revolverato per un pugno di legna NATALE 46, AL - TopicsExpress



          

Due revolverato per un pugno di legna NATALE 46, AL ROTONDINO La festa nella “ca dla slilia” Era cominciato a nevicare l8 dicembre, festa della Madonna ed a scuola, nonostante che la circolare del Ministero prevedesse lavvio del riscaldamento per il 25 novembre, giorno di Santa Caterina, i vetri erano ghiacciati, le tapparelle non scorrevano e le mani, gonfie di geloni, non riuscivano ad impugnare le matite per tracciare le prime lettere dellalfabeto. «È come in guerra, - sussurrava il maestro - pensano di risolvere tutto mandando una circolare, invece dovrebbero mandare della legna. La circolare potrebbe servire per avviare il fuoco...» La legna era il problema di tutti, non solo della scuola che poi lo risolveva con unaltra applaudita circolare: le lezioni venivano sospese, per causa di freddo maggiore, a tutto il 31 gennaio, ultimo giorno della merla. Al Rotondino il raffreddore era sconosciuto mancando gli sbalzi di temperatu-ra che lo provocano: in casa era come fuori, qualche volta un po più freddo. Di sera ombre sgusciavano furtive armate di accette ed asce, fuset e silot, fidando sulla discrezione delle tenebre, puntavano per far legna sui viali della periferia, i più spericolati su quelli dei giardini pubblici o in boschi privati; tanta paura per cercare un briciolo di calore. Qualche tempo prima, per procurarsi un po di legna da ardere, un uomo al Rotondino aveva ucciso il guardia canale che lo aveva sorpreso mentre tagliava un albero nel suo orto. Due revolverate che, rintronando nella notte, avevano fatto tornare le ansie e le angosce di momenti vicinissimi nel tempo ma lontani anni luce dai cuori e dalle menti; la gente voleva dimenticare,si aggrappava disperatamente al diritto naturale di essere arbitro del proprio destino; non una ricerca di oblio ma lansia primordiale, elementare, di poter vivere. Ma la paura era di casa, le notti trascor-revano insonni nel terrore che i mariti ed i padri fossero sorpresi con legna furtiva; spesso tornavano, dopo notti dagghiaccio, senza un ramo; erano stati beccati dagli addetti alla vigilanza «brave persone che non hanno fatto verbale e non ci hanno dato la multa e non ci hanno denunciato... hanno solo sequestrato la legna...» e se lerano portata gli addetti alla vigilanza, brave persone, a casa loro... Dopo la neve il sereno e, con il sereno, un gelo feroce. I rami degli alberi disegnavano braccia di ghiaccio e su alla Giordana, i campi erano così bianchi che di notte si vedeva come di giorno. La discesa del Rotondino, dal palazzo dellAustraliano fino alla casa di Tundin, era una lastra sulla quale i piccoli scivo-lavano con gli zoccoli di legno. Sul Po ghiacciato passavano i carri delle pregia-te ditte di ippotrasporto Vigino e Giordano che facevano la spola fra le cementerie del Ronzone e di Morano. Ed intanto il Natale si avvicinava. Era il primo Natale che io, avevo sei anni, trascorrevo con mio padre, fortunato reduce da 111 (centoundici!) mesi di naja che gli avevano consentito di girare gratis il mondo, conservando una invidiabile linea (pesava trentanove chili); come souvenir si era portato dietro una malaria perniciosa con febbri altissime che non di rado facevano temere il peggio. In quei momenti il Rotondino si mobilitava e quando arrivava trafelato il parroco don Grossetti con lOlio Santo, il Mario Artuffo e il Bigin dla Tillia lo fermavano con il palmo della mano steso ed aperto. «Reverendo, fermi i buoi, per questa cosa cè ancora tempo...» Ma don Grossetti, sia pure fermando i buoi-, non se ne andava, spesso per tutta la notte, fin quando la crisi rientrava. Vivevamo nellattesa del Gesù Bambino che certamente mi avrebbe fatto trovare, in fondo al letto, un orsacchiotto bianco, sempre lo stesso; il giorno di Santo Stefano misteriosamente spariva per poi tornare il Natale successivo; così il mio amico Aldo aspettava per il settimo anno consecutivo un fucilino da caccia e lami-co Franco, il cui padre era pompiere, per il quinto anno lo stesso modellino con scale, lance e serbatoi per spegnere gli incendi. Il Natale lavremmo passato insieme, nel senso che i grandi delle case del-lAustraliano si erano messi daccordo di unire quel niente che sarebbero riusciti a racimolare per fare una grande festa nel giorno di Gesù Bambino. Renato Bagian disegnò uno straordinario presepe, poi lo ritagliò ed incollò su sacchi di cemento usati, creando figure in rilievo; noi piccoli procurammo il muschio che cresceva abbondante lungo i fossi del canaletto. Il muschio serviva per il piano del pre-sepe, i campi, i prati. Fu realizzato su assi da muratore, piazzati su cavalletti, un piano lungo il muro in fondo al cortile ed il Renato sistemò i personaggi; sul muro pitturò lo sfondo con montagne, case, ruscelli ed un cielo pieno di stelle; cera anche, in alto, sulla capanna, la scritta Gloria in excelsis Deo illuminata da dietro con la luce vivida dì una citilene a carburo. Nella ucà a dla silia (è impossibile dare grafica al dialetto, lingua nata per analfabeti, per essere solo parlata dove i toni mutano i significati, i silenzi sottoli¬neano i toni; lingua dalle molteplici sfu¬mature che possono solo essere rese a voce, senza grafica...) era stato preparato un grosso fuoco. Questa cà era uno stanzone in un angolo del cortile dove le donne face¬vano bucato; cerano due grandi camini agli angoli con delle enormi catene che reggevano i pentoloni nei quali si face¬va bollire lacqua; con la cenere del fuoco le donne sbiancavano il bucato. Le donne cucinavano, preparavano con la farina di granoturco e quel poco di saccarina che qualcuno aveva trova¬to, dei dolci; mettendo insieme il grano spigolato dopo la mietitura ognuno si era fatto il suo sacchetto di farina bian¬ca con la quale furono preparati i fogli per le tagliatene. Dalla Giordana era arrivato il vino e qualche pollo. Lavorarono, le donne, per più di una settimana. Gli uomini curarono gli addobbi del cortile con drappeggi realizzati e colora¬ti, su sacchi di cemento usati, sempre del Renato Bagian. La vigilia di Natale il cortile di via Rotondino numero 23 sembrava un grande palcoscenico; nella casa del bucato era stato predi¬sposto un grosso tavolo fatto di assi e di tavolinetti per i più piccoli; doveva ospi¬tare quasi tutto il Rotondino per il pranzo di Natale. Verso mezzanotte le donne smisero i preparativi, infilarono il pastrano, ci pre¬sero per mano; cera la messa di Natale. Il cielo era terso, la terra scricchiolava sotto gli zoccoloni, unaria gelida arros¬sava la punta del naso. Come per incanto la collina ed il Rotondino si animarono di decine di per¬sone, tutte dirette alloratorio. Il Ronzone aveva due chiese; quella per antonomasia era la parrocchia su alla Morana, con casa parrocchiale e camposanto, origine storica del Ron¬zone rurale; verso la città, fra via Cerrano e via XX Settembre, cera la chiesa delloratorio. Era una chiesa unica al mondo, realiz¬zata nel 1922 dalla tenacia e dalla fede del parroco don Grossetti in un capanno¬ne, quello utilizzato per la cucitura dei sacchi di juta della vecchia cementeria Cerrano, allora di proprietà Marchino. La struttura del capannone non venne modificata; si sistemò il soffitto con una controsoffittatura di gesso e paglia; il campanile fu ricavato dalla torretta di un silos, appuntito nella cella campanaria; la facciata fu sagomata in maniera di dare garbo e stile appropriato alla nuova desti¬nazione. Era insieme una testimonianza di coraggio umano e di fede; era la testimo¬nianza storica dellevoluzione, o per lo meno del mutamento, di un popolo che da contadino diventava, scoprendo la realtà industriale, operaio, ma non voleva rinunciare alle sue tradizioni ed ai suoi riferimenti. Ora questa testimonianza straordinaria ed unica non cè più. La chiesa - capan¬none, intrisa di fatica e di speranza, è sta¬ta spazzata via, sacrificata sullaltare di chissà quale ambizione, senza che nessu¬no di quelli che potevano (sindaco?. Bel¬le Arti?, vescovo?) sia intervenuto per bloccare il delitto. Quella notte il parroco aveva pre¬parato la messa di Natale con il coro Venite... adoremus... Era¬no voci che venivano da lontano; cercavano Natali perduti nella vita che ricominciava piena di speranze. Si sareb¬bero accorti dopo, anche al Ronzone, che quello che era perduto, lo era per sempre e che la realtà che andava a prepararsi era ben lontana dalle speranze. Però quella notte era una notte magica. Io tenevo per mano mia mamma e mio padre, per la prima volta; laltra mano mio padre e mia madre se la stringevano forte... Come era bella quella notte di Natale... Poi nella notte furono finite le tagliatelle ed al mattino buttate a cuocere. La grande tavola nella stanza del bucato fu apparecchiata verso mezzogiorno; sì mangiarono tagliatelle, peperonata, vedova, una montagna di pane nero, la esenta, quel dolce, si fa per dire, un po gnecco senza zucchero e fatto con farina nera, quella che oggi costa un occhio del¬la testa. Oggi un pranzo così non lo servono nemmeno nelle mense aziendali; ma quel Natale del 1946 fu un pranzo fuori del normale, anzi: eccezionale; purtroppo unico; in seguito, poco per poco, il boom economico, il progresso, una maggiore disponibilità di denaro avrebbe allonta¬nato quella solidarietà; la speranza si sarebbe avvizzita nei piccoli egoismi quotidiani... ma tutto questo sarebbe avvenuto dopo. Allora il Natale al Rotondino si conclu¬se con il giradischi a molla che gracchiò le canzoni di Carlo Buti e di Natalino Otto. «E nella polvere di stelle vedo te, a braccetto con il cuor... sol per te, piccola.vivrò, bambina dagli occhioni blu...» E poi tutti, mio padre, il Carlin, il Geniu, il Jin, la Pinon, la Marietta, il Bìgin, il Suclon, il Pentu, quel magico artista che era il Renato Bagian, lUgo, la Duina, Uidin, intonarono, mentre il cielo imbruniva e dietro alla Giordana la neve pareva incendiarsi, intonarono lInno di Natale: «Tu scendi dalle stelle, o Re del Cielo...» Cantarono tutti, anche quelli che avevano messo piede in una chiesa per lultima volta il giorno del battesimo. Lo cantò anche il Jin, che era ateo e repubblicano storico, ma che il Padreter¬no lo stimava «in quanto galantuomo». GIANNI TURINO
Posted on: Sat, 02 Nov 2013 19:59:14 +0000

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