Ecco cosa importa a questo paese dei suoi tesori di poesia e - TopicsExpress



          

Ecco cosa importa a questo paese dei suoi tesori di poesia e bellezza. Il "grano", solo quello conta. Dal Manifesto di oggi. Residence Leopardi di Mario Di Vito RECANATI L’ermo di Recanati, tanto caro al poeta, rischia di essere trasfromato in una lottizzazione per ricchi turisti. Con i Beni culturali che, privi di fondi e personale, assistono impotenti allo scempio. L’ermo colle che sovra­sta Reca­nati e che fu sem­pre caro a Gia­como Leo­pardi rischia di scom­pa­rire sotto il peso di un resi­dence. Siamo nel 2012 quando, sfrut­tando il piano casa regio­nale, spunta fuori un pro­getto chia­mato «Piano di recu­pero di ini­zia­tiva pri­vata», che pre­vede, tra le altre cose, la tra­sfor­ma­zione della casa colo­nica sul colle da manu­fatto rurale a lotto resi­den­ziale: aumento delle volu­me­trie, metri cubi di cemento armato e locali inter­rati. Appresa la que­stione, i fun­zio­nari della sovrin­ten­denza dei Beni cul­tu­rali prima sbian­cano e poi fanno pre­sente ai costrut­tori che, su tutta l’area, esi­ste un vin­colo impo­sto dal mini­stero nel 1955. La ven­detta della moder­nità sulla poe­sia, però, si con­suma qual­che tempo dopo, in un’aula del Tar: il vin­colo è da scio­gliere, sull’ermo colle si può costruire, è pro­prietà pri­vata. A nulla sono ser­vite le parole dei tec­nici, secondo i quali «l’incidenza visuale deter­mi­nata dagli inter­venti in pro­getto si con­fi­gu­re­rebbe come un danno al patri­mo­nio pae­sag­gi­stico». Dall’altra parte si ribatte che «il colle così com’è non ha senso», che «la zona è abban­do­nata al degrado» e che la casa colo­nica è sol­tanto «un rudere», con­clu­dendo che, in ogni caso, i pro­prie­tari della zona hanno il diritto di disporre dei pro­pri averi come meglio cre­dono. La que­stione va avanti da anni, con l’amministrazione e la fami­glia Leo­pardi che si oppon­gono a oltranza al pro­getto della coun­try house al posto della veduta che ispirò quello che forse è il com­po­ni­mento più famoso del poeta di Recanti. Die­tro il pro­getto c’è una pro­prie­ta­ria ter­riera, Anna Maria Dalla Casa­pic­cola, tito­lare di una dimora «esclu­siva» nel reca­na­tese nata nel ’600 per ospi­tare i pel­le­grini diretti a Loreto e che ora dispone di tre camere dop­pie da 130 euro a notte. La signora, segna­lano le gaz­zette locali, qual­che tempo fa si esibì anche in un imper­di­bile «Corso di bon ton» nel quale lei «molto pre­pa­rata sull’argomento, essendo con­ti­nua­mente in con­tatto con per­so­na­lità di alto rango e del jet set inter­na­zio­nale, ha spie­gato con mode­stia, sem­pli­cità e com­pe­tenza le regole del buon vivere affa­sci­nando i par­te­ci­panti». Ogni manuale di let­te­ra­tura parla del rap­porto dif­fi­cile tra Leo­pardi e i suoi con­ter­ra­nei, ma il poeta, sicu­ra­mente, non si aspet­tava che i posteri avreb­bero avuto in serbo per lui un con­trap­passo tanto dolo­roso: la gine­stra si arrende alle «magni­fi­che sorti e pro­gres­sive», il tita­ni­smo nulla può davanti alla ben più pro­saica giu­sti­zia ammi­ni­stra­tiva e ai voleri di una donna che svende i pro­pri quarti di nobiltà a turi­sti con le tasche piene e la voglia di immer­gersi, almeno per qual­che ora, nel fascino per nulla discreto di un’aristocrazia affon­data dalla Sto­ria: altro che canto not­turno, que­sta è pro­prio la notte in cui tutte le vac­che sono nere. In Regione, d’altra parte, Leo­pardi torna utile sol­tanto quando c’è da far reci­tare qual­che suo verso a uno spae­sato Dustin Hof­f­man in un costo­sis­simo spot delle bel­lezze locali man­dato in onda qual­che anno fa. In Sovrin­ten­denza sono dispe­rati: «Non abbiamo i soldi, non abbiamo per­so­nale, non siamo in grado di gestire tutti i casi che ci arri­vano», e allora la signora Dalla Casa­pic­cola ha gio­cato sul vel­luto e, in poche udienze, ha otte­nuto il per­messo per fare quello che vuole con la casa colo­nica, che tra le altre cose è a un tiro di schioppo da un altro sim­bolo leo­par­diano: la torre del pas­sero soli­ta­rio. Un pro­blema — quello della man­canza di fondi — che si pre­senta sem­pre uguale davanti ad ogni que­stione che riguarda i beni cul­tu­rali sparsi lungo la peni­sola: Pom­pei cade a pezzi, ogni volta che dal sot­to­suolo delle città emerge qual­che testi­mo­nianza del pas­sato si pre­fe­ri­sce coprire tutto e con­ti­nuare i lavori, i pochi pre­cari della cul­tura che dispon­gono di un con­tratto hanno sti­pendi da fame. Il paese che, secondo diverse sta­ti­sti­che, dispone della mag­gior parte dei beni arti­stici e cul­tu­rali del pia­neta Terra pre­fe­ri­sce sem­pre vol­tarsi dall’altra parte. L’ultima carta da gio­care prima dell’arrivo del cemento è un ricorso al Con­si­glio di stato. La Sovrin­ten­denza sta lavo­rando a ritmo feb­brile per pro­durre una docu­men­ta­zione con­vin­cente da depo­si­tare entro i primi di otto­bre: biso­gna dimo­strare che, i pro­getti pre­sen­tati dalla signora Dalla Casa­pic­cola sna­tu­re­reb­bero un’area dall’indiscutibile valore sto­rico e cul­tu­rale, vin­co­lata da sessant’anni. Detta così potrebbe anche sem­brare una cosa sem­plice, ma il giu­di­zio espresso dal Tar è un pre­ce­dente inquie­tante. L’Infinito che sco­pre i suoi con­fini; un nau­fra­gare molto poco dolce, in que­sto mare di cemento.
Posted on: Sat, 24 Aug 2013 16:04:38 +0000

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