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Fine dell’evoluzione? ... di Marco Cattaneo «Penso che gli esseri umani abbiano smesso di evolversi». Buttata lì così, sembra una provocazione da non prendere troppo sul serio. Ma se la provocazione arriva per bocca del naturalista e decano della divulgazione scientifica in materia di biologia evoluzionistica, Sir David Attenborough, ha tutto un altro sapore. E, come è prevedibile, solleva un vespaio. «Se la selezione naturale», ha dichiarato Attenborough in unintervista a Radio Times, «è il principale meccanismo dellevoluzione, allora noi abbiamo fermato la selezione naturale. Lo abbiamo fatto da quando siamo in grado di crescere il 95-99 per cento dei nostri figli fino alletà riproduttiva. Siamo la sola specie che abbia messo un freno alla selezione naturale, di propria volontà». Non è la prima volta che lidea della fine dellevoluzione umana si affaccia nel dibattito scientifico, ma fino a oggi era rimasta confinata agli esperti. Già qualche anno fa cera chi sosteneva che la nostra evoluzione si fosse fermata con la colonizzazione del pianeta, ovvero quando le popolazioni umane avevano raggiunto i quattro angoli della Terra; in quella fase avevano mantenuto relazioni a sufficienza perché non si verificasse più lisolamento che è una condizione essenziale per la nascita di nuove specie. Ma levoluzione non è solo speciazione, per usare un termine tecnico. Tanto che Henry Harpending e John Hawks, dellUniversità del Wisconsin, hanno rilevato che da 5.000 anni a questa parte si è modificato almeno il 7 per cento dei nostri geni. Mentre Parvis Sabeti, ad Harvard, ha scoperto prove di cambiamenti recenti del nostro patrimonio genetico, che hanno aumentato le possibilità di sopravvivenza e riproduzione degli individui. Secondo Peter Ward, paleontologo e astrobiologo dellUniversità di Washington a Seattle, la velocità della nostra evoluzione potrebbe essere addirittura aumentata, negli ultimi 10.000 anni. E la causa di questa accelerazione sarebbe la diversità degli ecosistemi che abbiamo colonizzato, insieme ai cambiamenti delle condizioni di vita portati prima dallagricoltura e poi dallurbanizzazione. Nellultimo secolo, poi, cè stato un ulteriore cambiamento: con laumento dei flussi migratori, molte popolazioni che vivevano relativamente isolate sono entrate in contatto con gli altri gruppi. «Mai prima dora», sostiene Ward, «il pool genico umano ha affrontato un rimescolamento tanto vasto tra popolazioni locali che erano rimaste separate». Attenborough sembra invece aver fatto sua la tesi di Steve Jones, genetista gallese del prestigioso University College di Londra: «Per la nostra specie, le cose hanno smesso di migliorare o di peggiorare», sostiene Jones. Una resistenza ereditaria a malattie come lHiv potrebbe ancora conferire un vantaggio per la sopravvivenza, ma oggi è la cultura, non leredità genetica, il fattore che decide se i singoli vivono o muoiono. Per questo, concorda Attenborough, «fermare la selezione naturale non è poi tanto importante o deprimente, come potrebbe sembrare, perché il nostro processo evolutivo è culturale». Daltra parte, cè anche chi la vede in maniera ancora più negativa. Secondo un altro punto di vista, infatti, levoluzione genetica continua, ma in direzione opposta. La vita sedentaria, con lindebolimento dellapparato scheletrico, per esempio, è uno dei fattori che potrebbero renderci meno adatti alla sopravvivenza, in senso darwiniano. Ma ci sono altri fenomeni che potrebbero favorire unevoluzione al contrario: per esempio molti di coloro che frequentano università e dottorati ritardano la procreazione, mentre i loro coetanei non laureati fanno figli prima. Qualcuno sostiene dunque – con unequazione un po ardita – che se i genitori meno intelligenti facessero più figli, allora lintelligenza sarebbe diventata uno svantaggio darwiniano, e la selezione naturale potrebbe sfavorirla. Ma in questo caso, anche se contro di noi, la selezione continuerebbe implacabile la sua azione. Il partito che respinge la tesi di Attenborough è decisamente il più nutrito. Tra i più agguerriti cè Ian Rickard, antropologo evolutivo dellUniversità di Durham, che dal sito del Guardian non ha esitato nemmeno un giorno a bocciare senza mezzi termini lipotesi di Attenborough. «Così avremmo “messo un freno” alla selezione naturale?», si chiede. E risponde: «La risposta breve è “no”». Ma poi argomenta, precisando che non cè nessuna specie sul pianeta che si sia liberata delle forze della natura, né si vede come sarebbe possibile. Riconosce ad Attenborough e a Jones che per lazione della selezione naturale è necessario che ci sia variazione. Che alcuni individui prosperino più di altri. Ma anche se tutti sopravvivessimo fino alla stessa età, la variazione ci sarebbe comunque. «La selezione naturale», chiosa, «non si cura della sopravvivenza». E snocciola tutta una serie di esempi in cui la selezione naturale ha esercitato la sua forza occulta in tempi anche recenti, da punto di vista evolutivo. Per concludere: «La lezione che dobbiamo trarre da questa diversità globale (delle popolazioni umane, N.d.r.) non è che gli esseri umani divergeranno in specie differenti; dobbiamo invece riconoscere che limpredicibilità delle cose umane significa che ciò che sappiamo ora della selezione naturale in atto è completamente inutile a lungo termine». Considerazione condivisa da Catherine Woods, dellUniversità di New York, secondo la quale lumanità sta certamente evolvendo, ma «non necessariamente come ci aspettiamo». Ma cè anche una nuova scuola di pensiero, per quanto minoritaria, che vede in prima fila Daniel McShea e Robert Brandon, della Duke University, secondo la quale le strutture complesse degli organismi potrebbero essersi evolute soprattutto grazie alle mutazioni casuali, anche senza il soccorso della selezione darwiniana. Insomma, una cosa è certa. Se pure levoluzione umana per selezione naturale si fosse fermata, di sicuro il dibattito continuerà a lungo a infiammare la comunità scientifica. Repubblica
Posted on: Wed, 06 Nov 2013 11:16:46 +0000

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