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GRECIA - Storia antica (segue dai precedenti postati in data 17.11.2013) - Atene tra oligarchia e democrazia Prima di addentrarci nello studio della storia greca allindomani delle guerre peloponnesiache, vogliamo tuttavia fare un passo indietro, e tornare alle vicende che caratterizzarono Atene negli anni immediatamente seguenti al fallimento dellimpresa siciliana, un periodo a partire dal quale ripresero vigore quelle antiche tendenze politiche tradizionalistiche e oligarchiche che, per alcuni decenni, minarono le fondamenta stesse della costituzione democratica dei secoli precedenti. I tentativi di restaurazione oligarchica furono due, entrambi di breve durata e cronologicamente piuttosto vicini luno allaltro. E nonostante in entrambe le occasioni la democrazia ateniese - così come, poco più tardi, la sua potenza militare e commerciale - riuscisse a riaffermarsi, la situazione non sarebbe comunque mai più tornata (quantomeno nella sostanza, se non nella forma…) quella dei periodi precedenti alla sconfitta del 404. Troppo diverse infatti - come si vedrà - erano oramai sia le condizioni interne che quelle esterne alla città-stato attica. - Il primo ritorno alloligarchia negli anni finali della guerra (411 - 404) Come si ricorderà, Alcibiade si era dissociato da Atene nel corso della spedizione siciliana, per evitare di sottoporsi al giudizio dei magistrati, che lo avevano richiamato in patria - interrompendo così lo svolgimento della sua missione militare - per giudicarlo in merito allo scandalo delle erme. Egli difatti, aveva molto probabilmente buone ragioni per temere non solo per il futuro della propria carriera politica, ma anche per la sua stessa vita! Rifugiatosi a Sparta, egli aveva aiutato la città rivale a portare avanti la guerra contro Atene, favorendo inoltre il riavvicinamento della prima alla potenza persiana - ormai chiaramente divenuta lago della bilancia del conflitto intra-greco. Abbiamo già visto come Alcibiade, dopo essersi guastato anche con le autorità spartane, avesse tentato - peraltro con successo - un riavvicinamento alla potenza ateniese. E come inoltre egli avesse - di nuovo - cercato di favorire lavvicinamento di questultima alla Persia, seppure stavolta con minore profitto (ciò che portò, in ultima analisi, alla vittoria della fazione spartana e oligarchica su quella democratica e ateniese). Immediatamente dopo la disfatta siciliana, ovvero con linizio del declino della potenza ateniese, aveva inoltre avuto inizio, nella Lega marittima, una lunga serie di defezioni da parte di stati che - oltre a non credere più nella vittoria della coalizione democratica - approfittavano della debolezza dello stato guida, per sottrarsi allonere di tributi che (come si ricorderà) stavano diventando sempre più gravosi. Fu ovviamente in questo clima di sbandamento generale, che le forze oligarchiche ateniesi trovarono la forza necessaria a sovvertire - in modo peraltro surrettizio - lantica costituzione democratica, ritornando così a una costituzione ampiamente ispirata a quella del periodo draconiano (periodo nel quale, come si ricorderà, ebbero inizio le primissime riforme a favore dei ceti popolari). Nellorganizzazione costituzionale che fece seguito al colpo di mano guidato da Pisandro nel 411, la Bulè dei 500 (il pilastro stesso della democrazia ateniese) veniva abolita e sostituita da un Comitato di 400 individui incaricati di eleggere - ovviamente tra i cittadini delle fasce di reddito più alte - quei 5000 cui sarebbe toccato lesercizio dei poteri esecutivi. Il tutto era infine sottoposto allautorità di un Collegio costituente, composto di 30 cittadini (…tiranni) i quali, approfittando della condizione di provvisorietà (che al tempo stesso, surrettiziamente, tendevano ad alimentare) in cui si trovava la città, detenevano in realtà le vere leve del potere decisionale. E fu nello scontro tra la fazione più moderata e quella più intransigente allinterno della nuova élite di potere che si giocò il destino della rediviva oligarchia ateniese. Mentre difatti la seconda fazione cercava dimporre alla cittadinanza un programma di riavvicinamento politico alla potenza spartana (programma che, comportando la negazione di principi etici e politici ormai da decenni divenuti la base stessa della identità ateniese, venne praticamente rifiutato a furor di popolo), la prima - destinata invece a prevalere - sosteneva unidea di democrazia decisamente più moderata rispetto a quella in vigore nei periodi precedenti, secondo il programma (di stampo fondamentalmente soloniano) di uno stato retto sì dalle classi più abbienti, ma non esclusivamente nobiliari. Era insomma il ritorno ad una costituzione di tipo timocratico : ciò che comportava ad esempio la fine della retribuzione delle cariche pubbliche (misura, come si ricorderà, instaurata da Pericle), e che veniva incontro sia alle rinascenti inclinazioni politiche di stampo aristocratico che a quelle (ancora estremamente vive) di impronta democratica. Sappiamo come andassero poi le cose: dopo un breve periodo di ripresa della potenza ateniese - reso possibile anche dallabilità di Alcibiade, riuscito tra laltro ad ottenere una riabilitazione da parte dei suoi concittadini - si realizzava la definitiva vittoria del blocco spartano, una vittoria che tuttavia la diplomazia di Teramene (il principale leader politico di Atene in quegli anni) contribuiva a rendere meno aspra e umiliante. - Il secondo intermezzo oligarchico negli anni immediatamente seguenti alla pace (404 - 401) La seconda instaurazione di un governo di tipo oligarchico, si ebbe subito dopo il termine della guerra, e fu in sostanza un fatto imposto dalla potenza spartana, rappresentata da Lisandro, a quella ateniese, guidata da Teramene. (Ma Atene - come vedremo - non fu certo uneccezione : un po in tutta la Grecia infatti, si diffusero in quegli anni, ovviamente con lappoggio militare degli Spartani, dei governi di stampo oligarchico.) A capo del nuovo governo ateniese si pose allora un certo Crizia, in gioventù discepolo di Socrate (un personaggio, questultimo, del quale parleremo tra poco) divenuto successivamente sostenitore della linea politica di Pericle. Cardini dellazione di Crizia furono : lepurazione sistematica dellantica classe politica (unazione di cui cadde vittima lo stesso Teramene, condannato a morte con accuse pretestuose); lalleanza servile con Sparta (per la quale il governo di Crizia era essenzialmente uno strumento di dominio e di controllo della zona dellAttica… e nella quale inoltre Crizia aveva il suo più solido appoggio); una costituzione fondamentalmente simile a quella del primo esperimento oligarchico (basata cioè sul dominio di 30 tiranni, con funzione nominalmente solo costituente e provvisoria, e sullabolizione sia dei diritti politici popolari che delle più antiche istituzioni democratiche). Ma anche questo tentativo di restaurazione aristocratica era destinato ad avere vita molto breve. Già nel 403, infatti, due fuoriusciti - Trasibulo e Anito - guidavano una rivoluzione democratica che, fattasi presto strada tra la gente e ottenuto un cospicuo sostegno popolare, riusciva a destituire il governo dei Trenta, costringendoli a riparare presso il borgo di Eleusi, dove veniva costituito uno stato indipendente da quello Ateniese. Presso la capitale però, rimaneva un altro governo - composto da Dieci magistrati e detto quindi dei Dieci -, dai Trenta incaricato di intavolare una mediazione e di trovare un accordo con i rivoluzionari democratici, preparando così la propria riabilitazione. Per dirimere la controversia tra le due fazioni si chiese aiuto a Sparta, che inviò, in qualità di mediatore, il re Pausania. Alla fine dellintera vicenda, lantica democrazia di Clistene e Pericle (il che significa, tra laltro, la retribuzione delle cariche pubbliche) veniva restituita, mentre si concordava unamnistia generale tra oligarchici e democratici (permettendo così il ritorno dei fuoriusciti del 404) : unamnistia dalla quale veniva tuttavia escluso il gruppo dei Trenta tiranni, i quali - una volta espugnata Eleusi, nel 401 - venivano processati e giustiziati. Ma il ritorno della democrazia non era solo una vittoria delle antiche tradizioni, etiche e politiche, degli Ateniesi, bensì anche - fattore da non dimenticare - una cocente sconfitta dellautorità spartana, che dimostrava (ciò che sarebbe accaduto poi molte altre volte) la propria sostanziale incapacità a esercitare, in qualità di nuova potenza egemone, un saldo controllo della situazione. Negli anni successivi inoltre, in conseguenza dellalleanza strategica con la Persia (alleanza una volta di più patrocinata da Alcibiade), Atene sarebbe riuscita a riconquistare una parte almeno del suo antico splendore, sia economico che politico. In ogni caso (come si è già detto) essa non sarebbe mai più tornata quella che era stata prima della sconfitta del 404 e dello scioglimento del suo impero marittimo. Insomma, Atene era oramai in piena decadenza - così come, più in generale, lo erano le libere istituzioni delle poleis greche! Figura emblematica di un tale declino fu quella di Socrate, filosofo e uomo di cultura che pagò con la vita la sua opposizione alle nuove istituzioni democratiche e la sua fede in uno stato che fosse governato dai veri migliori… - Socrate Quella di Socrate, al pari peraltro di quella dei sofisti (una corrente di pensiero relativistica che cercava di insegnare larte retorica, ovvero linsieme delle tecniche alla base - secondo quanto essi sostenevano - dellarte di ottenere ragione nelle dispute - un tipo di professionalità, come si può immaginare, estremamente smerciabile in una società quale quella ateniese del quarto secolo…), fu un missione di natura essenzialmente educativa. A differenza dei sofisti tuttavia, Socrate non propugnava una visione della verità di carattere relativistico (visione secondo cui essa sarebbe qualcosa di soggettivo e inconsistente), andando al contrario alla ricerca di verità assolute, da porre a fondamento dellesistenza sia della singola persona che della vita associata. E fu proprio al fatto che, per lui, solo una ristretta minoranza di persone fosse predisposta a un tale tipo di ricerca, che si dovette lindirizzo - come tutti sanno, non certo popolare e democratico - del suo pensiero. La tecnica di ricerca usata da Socrate era la maieutica, e consisteva - come noto - nel sottoporre linterlocutore a una sorta di estenuante interrogatorio, volto a sondare la profondità e la solidità delle sue nozioni - in base allidea che una conoscenza vera dovesse per forza di cose essere anche logicamente inattaccabile (una convinzione pre-popperiana!?), quindi inespugnabile attraverso qualsiasi critica. Daltra parte, per Socrate, una conoscenza vera non poteva che essere il prodotto di una ricerca innanzitutto interiore (secondo il celebre motto: conosci te stesso), il prodotto insomma di quellatteggiamento che da sempre costituiva il valore supremo della civiltà greca: quello della libertà e dellindipendenza personale (non solo da ogni dominazione fisica, ma anche da qualsiasi vincolo che si volesse imporre al libero pensiero!) Scrive in proposito Giulio Giannelli: …egli insegnava che di fronte e al di sopra dei valori della polis, verso le sue tradizioni e la sua moralità statica e inerme, stanno per ciascuno i doveri verso se stesso, verso la propria anima e la proprio libera personalità umana. Un messaggio questo, che poteva risultare davvero scomodo in un clima di restaurazione democratica quale quello seguito alla cacciata dei Trenta tiranni, soprattutto per le implicazioni anarchiche e individualistiche che portava con sé (…non è forse da sempre, lindividualismo, avvertito dallestablishment politico come una pericolosa incognita per il proprio potere!?) A tale diffidenza si dovette, quasi certamente, il processo che venne istituito contro Socrate, e in seguito al quale egli fu mandato a morte (399). E tuttavia essenziale notare che - in realtà -, pur non essendo un sostenitore delle libere istituzioni democratiche (e ciò anche a causa, molto probabilmente, delle ben note scivolate populistiche del recente passato…), Socrate era certamente molto più devoto alla patria di quanto non lo fossero i suoi accusatori - cosa che dimostrò in primo luogo con la propria condotta, esemplare e finanche eroica in molte occasioni (soprattutto belliche). Quindi laccusa di corrompere la gioventù educandola al disfattismo e inducendola a rinnegare le antiche credenze religiose della città (si ricordi, a tale proposito, che in Grecia religione e politica erano realtà strettamente connesse…) fu del tutto ingiustificata. In realtà, fu proprio il libero pensiero ciò che, in Socrate, allarmò i benpensanti, preoccupati - dopo la recente restaurazione democratica - di istituire una sorta di acritico culto della democrazia, di fronte al quale egli ovviamente, si poneva in modo problematico e ironico (un atteggiamento anche più fastidioso forse, di unaperta ostilità). La condanna e la morte di Socrate dunque, ci dimostrano bene quanto fosse fragile - anche moralmente - la rinata democrazia ateniese. Né daltra parte avrebbe potuto essere altrimenti: nonostante infatti (come vedremo) limminente rinascita politica ed economica - anche se non militare - ateniese, la città non poteva non risentire del recente scioglimento della Lega marittima (che le aveva precedentemente fornito enormi ricchezze) e delle immani devastazioni della guerra appena terminata, ciò che generava uno sconforto generalizzato. Era insomma fin troppo chiaro agli ateniesi che, nonostante tutto, la loro città non sarebbe mai più tornata quella che era stata in passato. Socrate fu quindi in sostanza (ciò che spesso accade agli intellettuali) la cattiva coscienza del suo tempo e della sua nazione, un fatto di cui pagò le conseguenze con la morte. °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° 2- Il periodo dellegemonia spartana (404 - 371) Gli anni del predominio spartano (circa una trentina) furono anni caratterizzati da una grande incertezza politica: Sparta difatti, non aveva - come si è già detto - né i mezzi materiali né quelli morali e politici, per tenere insieme una compagine di stati quale quelli della Grecia continentale. In tale periodo perciò, si assisté a una recrudescenza degli antichi conflitti intestini (spesso patrocinati, come si vedrà, dalla vicina potenza persiana), un fenomeno che avrebbe peraltro preparato il terreno ad una nuova egemonia - quella tebana e beotica - ancora più debole della prima : ciò che avrebbe infine decretato, sotto lazione di un potente sovrano macedone (Filippo II), la definitiva perdita dindipendenza delle poleis greche. - Il debole dominio spartano e il rapporto con la Persia Qui avanti analizzeremo, da una parte, le tecniche di dominio utilizzate da Sparta (e, con ciò, anche le loro molte debolezze…) negli anni del proprio predominio, e dallaltra il tormentato rapporto che tale città - e, indirettamente, tutta la Grecia - intrattenne con la Persia: uno Stato col quale essa si era, per così dire, indebitata negli ultimi anni del conflitto contro la Lega ateniese. Solo la comprensione di questi elementi difatti, rende possibile intendere la situazione che seguì al conflitto peloponnesiaco, e i suoi successivi sviluppi. (a) Le basi dellegemonia spartana Il principale strumento di dominio di Sparta nei confronti degli altri stati greci negli anni della propria egemonia fu - secondo una tecnica, del resto, già usata ai tempi della Pentecontaetia (il cinquantennio di relativa pace interna, che aveva preceduto il vero e proprio conflitto peloponnesiaco) - lalleanza e lappoggio strategico dato ai poteri oligarchici locali. In tale periodo infatti, Sparta impose praticamente ovunque la soluzione oligarchica come metodo di governo. E difese tale soluzione instaurando dei presidi militari composti da spartani e da soldati di altre città del Peloponneso (sue più antiche e fedeli alleate), al cui capo si poneva un ufficiale chiamato armosto, cui era appunto assegnato il compito di vigilare sullordine interno di tali città. Ma una tale soluzione era già per se stessa un chiaro segno della debolezza della supremazia degli Spartani sul resto della Grecia. Era questo difatti, lunico possibile escamotage di dominio, per una città già costretta ad una strenua difesa dei propri territori, e nella quale inoltre sempre minore diveniva collandar del tempo il numero dei liberi cittadini (gli Spartiati), decimati non solo dalle guerre, ma anche molto spesso dalla povertà. [1] La grave carenza quindi di individui abili ad esercitare concretamente unazione di dominio, ma anche il rancore suscitato dallinstaurazione forzata di dominazioni già rifiutate (in tempi di libertà) dalle libere cittadinanze e dallepurazione di personalità politiche scomode in quanto ostili a un assetto di potere oligarchico (due fattori, questi ultimi, già analizzati a proposito di Atene nel precedente paragrafo): erano questi, in sostanza, i motivi più profondi della debolezza della supremazia spartana sul resto della Grecia. Alla carenza di mezzi materiali, si aggiungeva quindi quella di mezzi spirituali. Troppo spesso infatti Sparta si dimostrava incapace di suscitare un vero consenso politico nelle popolazioni assoggettate, e in particolare in quelle - la maggior parte - di recente sottomissione, con cui essa non aveva praticamente mai intrattenuto degli stretti rapporti economici, politici e culturali. A ciò si aggiunga infine, il fatto che una delle ragioni per cui molte città-stato avevano defezionato dalla Lega marittima ateniese era stata la speranza - in gran parte alimentata proprio da Sparta, sulla base del principio dellautonomia locale contro eccessive ingerenze esterne - di un trattamento fiscale più favorevole da parte della nuova dominatrice : promessa che invece nei fatti non era stata mantenuta. Si può facilmente intuire quindi lalto grado di insofferenza delle varie poleis greche nei confronti del nuovo dominio spartano. (b) Rapporti di Sparta (e della Grecia) con la Persia Un altro essenziale punto di insicurezza poi, era costituito dai difficili rapporti di Sparta con la vicina potenza persiana. Sparta difatti - come si ricorderà - aveva stretto con questa unintesa volta a ottenere un aiuto militare e finanziario contro la propria rivale. Tuttavia, già alcuni anni dopo il conflitto, i patti stipulati non avevano ancora trovato una piena attuazione: soprattutto, le città greche della costa ionica non erano ancora (quantomeno del tutto) ritornate sotto il giogo persiano. Era quindi del tutto naturale che, tra le due potenze, i rapporti fossero ora estremamente tesi - una situazione dalla quale ovviamente non avrebbe potuto nascere nulla di buono! Fu in una tale situazione, che presero vita gli eventi che descriveremo qui di seguito: eventi che si conclusero con la cosiddetta Pace del Re del 386: in sostanza un atto di sottomissione da parte della compagine greca allautorità del vicino impero asiatico. - Principali vicende del periodo dellegemonia spartana (404 - 371) La situazione di tensione tra i due blocchi, cui si è appena accennato, era difatti destinata a trasformarsi in guerra aperta a causa dellingerenza spartana in una delle molte lotte dinastiche interne allo stesso stato persiano: una lotta nella quale la potenza greca si era imprudentemente lasciata coinvolgere, nella speranza ovviamente di trarne dei vantaggi in un prossimo futuro. Il vicino colosso asiatico era infatti logorato, peraltro già da alcuni decenni, da un latente stato di conflittualità interna tra le classi che se ne spartivano i territori, le quali da tempo si combattevano per la conquista dei più alti poteri dello Stato, in una contesa dalla quale - come si vedrà - non era esclusa neanche la più alta carica di esso, ovvero quella regale. (a) La spedizione di Ciro contro Artaserse II e lingerenza di Sparta negli affari persiani Anche se alla morte di Dario II (il sovrano col quale gli spartani, guidati da Lisandro, avevano stretto unalleanza che ne aveva decretato la vittoria finale) la corona era legittimamente passata nelle mani di uno dei suoi figli, Artaserse II, il fratello di questi, Ciro, che rivendicava per sé tale titolo, aveva preparato una spedizione militare contro il rivale, presunto usurpatore. Secondo una tradizione militare tipicamente asiatica, Ciro aveva formato un esercito misto di soldati asiatici e di mercenari greci (e ciò non solo perché il suo dominio si estendeva nella zona più occidentale dalla Persia, ma anche per la fama di questi ultimi - peraltro giustificata - di essere dei soldati estremamente valorosi), ed aveva inoltre chiesto e ottenuto la collaborazione e lappoggio della potenza spartana per la propria impresa militare. Questultima poi aveva - come si è già detto - risposto positivamente a una tale richiesta, nella speranza di poter godere a vittoria ottenuta di particolari favori da parte del nuovo sovrano persiano. La spedizione non si era tuttavia conclusa con un successo né per i Greci né per Ciro, essendo questultimo caduto sul campo di battaglia di Cunassa, vicino a Babilonia, nel 401. A ciò era seguita una ritirata precipitosa e tragica degli eserciti greci. Essi inoltre, non riuscendo mai più a ritornare in patria, si sarebbero stabiliti in Tracia, dove avrebbero trovato asilo come mercenari presso un altro sovrano spodestato, un tale Seute. [2] Furono questi, eventi ai quali tutta la Grecia guardò con raccapriccio, e ciò sia perché vi perdeva in un solo colpo circa 13.000 dei suoi soldati, sia perché ad essi non avrebbe potuto che seguire una definitiva rottura tra Sparta - e quindi la Grecia tutta - e lautorità persiana (rappresentata sia dal Re Artaserse, che dallallora satrapo di Lidia, Tissaferne). Nonostante poi Sparta cercasse immediatamente di prendere le distanze da tale impresa, la pericolosità degli stati greci, potenzialmente capaci di iniziative lesive nei confronti della Persia, era ormai divenuta a questultima fin troppo chiara. Traendone quindi le logiche e inevitabili conseguenze, il Gran Re cercò negli anni successivi di indebolire la già vacillante compagine degli stati greci, nella speranza - secondo le proprie convenienze - di renderla meno temibile per i propri domini. E - come vedremo - il mezzo che egli adoperò a tale fine fu, dopo un breve periodo di scontro diretto sui mari, quello di favorire il propagarsi tra le vicine poleis greche di un diffuso stato di guerra. (b) Le guerre intestine greche e la Pace del Re (386) Una delle zone dellarea greca di maggiore interesse per la Persia, era costituita da sempre dalla costa ionica, una zona posta allincrocio di ricchissimi scambi commerciali in quanto punto di snodo dei traffici tra lest e lovest del mondo conosciuto; assieme a essa poi, la Persia aspirava ovviamente anche al controllo delle isole del Mar Egeo e delle rotte commerciali che vi si svolgevano. Per tale ragione, il primo attacco alla potenza spartana avvenne proprio nelle acque di quel mare, e fu portato avanti dai persiani con lalleanza di alcuni stati greci, tra i quali Atene (che fornì alla Persia il suo miglior generale, Conone) e Cipro (isola allora governata da Evagora, un sovrano che peraltro rivendicava una parziale autonomia dalla dominazione asiatica). A una tale fase, la prima, in cui il predominio spartano sulla Persia fu tutto sommato - per merito soprattutto del valore di Agesilao (sovrano e condottiero spartano) - mantenuto, ne seguì unaltra in cui il conflitto si spostò verso linterno della Grecia. La Persia difatti, vedendo la difficoltà di ottenere ragione del nemico sui mari, cercava di coinvolgere nel conflitto anche le altre città elleniche, e ciò sia facendovi affluire ingenti quantità doro, sia con la promessa di aiutarle in un processo di rinascita che andasse a scapito del giogo spartano (era difatti interesse della potenza asiatica - come già si è detto - indebolire la compattezza del fronte greco!). Atene, ad esempio, iniziava in questi anni, con gli aiuti economici e con la protezione della Persia, la ricostruzione delle proprie antiche mura (mirabile strumento di difesa), e cercava contemporaneamente - per iniziativa di Trasibulo - di rimettere insieme parte almeno del proprio antico impero marittimo. Nel 395, dunque, alcuni potenti stati della Grecia centrale (nella fattispecie le città di Corinto, Atene, Argo e altre…) erano già scesi in guerra contro i propri dominatori, e poco dopo (394) la flotta navale spartana subiva una disastrosa sconfitta presso lisola di Cnido. Anche molte oligarchie filo-spartane venivano poi spazzate via dalla forza della ribellione, a dispetto sia degli armosti che dei presidi che Sparta aveva posti a tutela di esse. Tali stati potevano così spesso, instaurare nuovamente dei governi democratici. La ripresa e la rinascita degli stati greci favorita dalla Persia, rischiava tuttavia in ultima analisi di tornare a sfavore proprio di questultima, data la tendenza in atto al ricostituirsi di quelle antiche Leghe o federazioni di stati che, smantellate dopo il 404, costituivano la forza stessa della Grecia sia nei propri territori che al di fuori di essi. La Persia tuttavia, che pur voleva effettivamente un indebolimento della potenza spartana, non desiderava certo una ripresa, ad esempio, dellantica potenza marittima ateniese (la quale oltretutto entrava in forte contrasto con le sue mire sullEgeo). Preso atto di tale tendenza dunque, lo Stato asiatico iniziava, allincirca nel 388, un riavvicinamento alla sua precedente alleata, Sparta, che terminava pochi anni dopo con la stipula di una pace generale tra gli stati greci, patrocinata appunto dal sovrano persiano. Una tale pace, detta Pace di Antalcida (386) dal nome del cittadino spartano incaricato di intavolare le trattative con Artserse II e la sua corte, o, più efficacemente, Pace del Re, visto che le condizioni di essa furono praticamente imposte da questi agli stati greci, che dovettero semplicemente prenderne atto (e ciò data ovviamente la sproporzione esistente tra le proprie forze e quelle persiane), segnò linizio di una sostanziale dominazione dello stato asiatico sulle poleis elleniche. Sparta, che pure traeva da tali condizioni i maggiori vantaggi, rimanendo lo stato nettamente egemone in Grecia, diveniva lo sgherro della Persia per ciò che riguardava lordine interno della compagine delle città-stato greche: queste ultime, infatti, erano ora costrette a rispettare rigorosamente un principio di reciproca autonomia [3] che le obbligava a non costituirsi più in Leghe di carattere politico e ancor più di carattere militare, restando ognuna per sé, secondo la chiara convenienza del loro dominatore esterno! Sparta, dal canto suo, rimaneva tra tutte la nazione ampiamente favorita, dal momento che, facendosi garante di una tale situazione di fronte al Gran Re, poteva trarne dei cospicui vantaggi di carattere politico. Le città della costa ionica, infine, passavano definitivamente sotto il giogo persiano, seppure a volte godendo di speciali concessioni in termini di autonomia, come nel caso dellisola di Samo. Con un tale risultato dunque, la Persia aveva largamente regolato i conti con Sparta e con la Grecia - conti che aveva aperto negli anni finali delle Guerre peloponnesiache. (c) Gli ultimi anni dellegemonia spartana Ricapitolando. Da un lato, Sparta traeva notevoli vantaggi dalla situazione che si era venuta a creare dopo la Pace del Re, dal momento che (col pretesto di far rispettare un principio di indubbio valore morale, e cioè il diritto allautodeterminazione di ogni singolo stato contro le ingerenze di altri stati) riusciva a realizzare un fine molto caro al suo orgoglio nazionale, quello cioè di costringere le altre nazioni - ovviamente sotto la minaccia di un intervento non solo del proprio esercito, ma anche di quello persiano - a sottomettersi alla propria autorità, e a fornirle inoltre uomini e mezzi necessari al mantenimento dello statu quo. Dallaltro lato però, una simile situazione di privilegio non poteva non suscitarle contro linvidia e le ire delle altre potenze greche. Oltre a ciò, Sparta traeva dal proprio predominio anche dei notevoli vantaggi di carattere economico, come dimostra il fatto che lafflusso di ricchezze straniere non fosse mai stato tanto intenso quanto lo fu in quel periodo - e ciò con la conseguenza inevitabile, di un notevole rilassamento di quei costumi austeri che, da sempre, la distinguevano dal resto degli stati greci! Ma locchiuta vigilanza spartana non poteva in ogni caso impedire la rinascita - seppure spesso su basi molto differenti rispetto al passato - di molte delle antiche leghe tra gli stati greci. Atene, per esempio, vista sfumare con la pace del 386 la possibilità di rifondare la sua antica Lega marittima (e ciò a causa, ovviamente, del suddetto principio di autonomia, assolutamente inconciliabile con le sue pretese di dominio sugli alleati…), avrebbe presto optato per una nuova forma di confederazione, nella quale ogni stato componente avesse eguale voce in capitolo nelle assemblee e nelle decisioni comuni, in cui le tassazioni fossero frutto di accordi tra gli stati membri, ecc. Insomma, Atene cercava di conciliare il bisogno di crearsi di nuovo una rete di potere economico e politico, con lesigenza di non irritare la suscettibilità persiana contravvenendo agli accordi presi. Né il vero pericolo del resto, sarebbe venuto negli anni seguenti a Sparta da Atene o dagli altri stati marittimi - la cui potenza era stata sufficientemente prostrata dalla recente guerra da impedir loro, quantomeno a breve, di riuscire oltre certi limiti a risollevarsi… -, bensì dalla rinata Lega beotica, cioè da quelle regioni centro-orientali la cui capitale era indiscutibilmente Tebe. Fondamentale inoltre, per lo sviluppo degli equilibri politici in Grecia, sarebbe stata lalleanza strategica tra le quelle che - assieme a Sparta - erano le due maggiori città-stato greche, cioè Atene e Tebe, per la riconquista dei loro antichi poteri territoriali contro il comune nemico spartano e persiano. E fu Tebe, la prima a sfidare le forze oligarchiche spartane e peloponnesiache, ottenendo delle vittorie che - soprattutto per leffetto che ebbero sul morale sia proprio che degli Ateniesi - si rivelarono poi molto significative. Nel 379 infatti, un gruppo di fuoriusciti tebani ostili al regime oligarchico filo-spartano (e la cui impresa venne peraltro sostenuta da Atene) prepararono uninsurrezione antispartana, al termine della quale veniva di fatto rifondata lantica Lega beotica. Cacciate dai ribelli le forze di occupazione nemiche, a Sparta non restava altro da fare che prendere atto della nuova situazione. Solo due anni più tardi, nel 377, anche Atene iniziava poi - come si è appena accennato - la ricostruzione dellantica Lega marittima, seppure sulla base di presupposti non più di dominio, bensì di parità con gli altri stati. Né scarseggiavano ad essa gli alleati: stati ansiosi di ritornare a una situazione simile a quella precedente le guerre del Peloponneso (e ciò sia per ostilità verso lopprimente predominio di Sparta, che per interessi di carattere economico e politico: interessi peraltro frustrati dalle recenti condizioni delle Pace di Antalcida). La prima isola che aderì alla nuova Lega marittima fu Chio, seguita poco dopo dalla quasi totalità delle isole delle Cicladi e da molti stati delle coste traciche (altro vecchio possesso ateniese), nonché più tardi da alcune isole ioniche occidentali. Tuttavia, la potenza militare ateniese - un fatto questo, su cui ritorneremo di nuovo più avanti - era stata pesantemente fiaccata (anche moralmente) dalla sconfitta del 404 e dalle pesanti condizioni di pace che le erano state imposte, ciò che impediva a essa di costituire un serio ostacolo allegemonia dei nuovi dominatori. Adesso era piuttosto Tebe, la forza politica e miliare emergente in Grecia. Non a caso, dopo un primo periodo di avvicinamento alla città beotica, Atene dava inizio ad un riavvicinamento - ovviamente in funzione anti-tebana - alla potenza spartana (lespansione di Tebe difatti, avrebbe negli anni successivi minato, oltre che il predominio militare degli spartani sugli stati ellenici, la stessa integrità della Lega ateniese). Fu però nel 371, che si giocò la partita decisiva nella guerra per il dominio tra Sparta e Tebe; e ciò attraverso una battaglia - quella di Leuttra - che portò la seconda a soppiantare il predominio della prima, ponendo in tal modo le basi stesse della propria egemonia sulla Grecia. Nel 371 infatti, Sparta tentava - col patrocinio, come al solito, della vicina potenza persiana - di dar vita a un accordo di pace tra le maggiori potenze greche (pace panellenica): ovvero Atene, Tebe e sé stessa. (E fu peraltro questo, uno dei tanti tentativi di istituire - sulla base dellidea di una pace comune, koinè eirene - degli accordi di mutuo rispetto tra le poleis, accordi volti a rimediare a quello stato di costante ostilità che dissanguava le energie morali e materiali dei Greci.) Tuttavia, mentre Atene, come si è già detto in fase di riavvicinamento a Sparta, accettava le clausole della pace senza opporvi eccessive difficoltà, Tebe al contrario se ne dissociava molto presto, in ragione del fatto di non veder riconosciuta la carica di beotarca (ovvero di capo della Lega beotica) al suo leader Epaminonda, e con ciò implicitamente - e coerentemente con gli accordi della Pace di Antalcida - lesistenza stessa di una tale Lega. Iniziata così una nuova guerra tra le due potenze rivali, gli eserciti spartani (fin troppo convinti forse della propria superiorità rispetto al nemico, anche a causa dellastensione militare degli Ateniesi) subivano nel 371, presso i campi di Leuttra, la più disastrosa sconfitta della loro storia. Lesercito peloponnesiaco, pur numericamente molto superiore, veniva infatti letteralmente annientato da quello tebano capeggiato da Epaminonda, in ragione soprattutto delle rivoluzionarie strategie belliche adottate da questultimo. Era questo il colpo di grazia definitivo assestato allegemonia spartana. E ciò anche perché, in seguito a una tale sconfitta, crollava tra i Greci il mito stesso dellinvincibilità spartana - un mito che da sempre aveva contribuito a rinsaldare la forza e il carisma di una tale città-stato sulle altre. Gli anni successivi avrebbero così visto : lo scioglimento di molti dei precedenti governi oligarchici filo-spartani nel Peloponneso, e con ciò lo sfaldamento stesso del fronte politico spartano peloponnesiaco; una rinascita della Lega marittima ateniese, questa volta peraltro sulla base dei suoi antichi presupposti imperialistici; nonché infine - e soprattutto - il trionfo di Tebe come nuovo stato guida della compagine greca. Ma tutto ciò non deve indurre a credere che questultima città-stato fosse effettivamente più potente di Sparta, quantomeno qualora ci si riferisca al periodo - che qui appunto stiamo esaminando - relativo alla sua egemonia. Tebe era difatti, infondo, una città povera, le cui ragioni di potenza - come vedremo meglio più avanti - stavano in parte nel vuoto di potere creatosi in Grecia con lannientamento dopo il 404 della potenza ateniese (un vuoto che la recente sconfitta di Sparta sui campi di Leuttra, aveva solo rafforzato), e in parte nella genialità militare di Epaminonda, il suo leader indiscusso. Sotto legemonia tebana, la compagine greca avrebbe di conseguenza vissuto un ulteriore indebolimento (cosa che peraltro, e come sempre, avvenne allombra e con la tacita approvazione del potente vicino persiano). Tutto ciò - assieme ad altri fattori concomitanti - avrebbe infine reso possibile nei decenni successivi un fatto del tutto inaspettato, cioè la conquista della Grecia e dellEgeo da parte del sovrano di Macedonia Filippo II, nonché successivamente le conquiste asiatiche e persiane di suo figlio Alessandro. [1] Oltre alle guerre difatti, vi era il problema della proprietà: ciò perché anche gli Spartiati col tempo, seppure a titolo di cittadini spartani (ovvero di membri di una casta di privilegiati, lappartenenza alla quale aveva un fondamento meramente etnico), avevano conosciuto la diffusione della proprietà privata delle terre. Per rimanere poi dei cittadini a pieno titolo (e non essere abbassati al rango di Perieci) era necessario riuscire a conservare una certa quantità di proprietà fondiaria. Ma una tale situazione aveva determinato col tempo un fenomeno analogo a quanto avveniva negli altri stati ellenici: ovvero la nascita di un ristretto gruppo di grandi proprietari i quali, attraverso le proprie influenze economiche e politiche, elidevano le proprietà dei più poveri. Per tale ragione, sempre più cittadini erano costretti a vendere almeno una parte delle proprie terre, riducendosi in miseria o comunque scendendo oltre la soglia necessaria per mantenere la condizione di Spartiati. Anche a un tale fenomeno, si dovette lassottigliamento delle classi egemoni spartane e, di conseguenza, una sempre maggiore difficoltà a mantenere il predominio sui territori delle popolazioni sottomesse. [2] Gli eventi di questa lunga impresa militare sono stati narrati da Senofonte in un celebre scritto, lAnabasi, che racconta sia le fasi precedenti alla battaglia di Cunassa (nella quale perse la vita Ciro, il pretendente al trono al cui seguito viaggiavano i mercenari greci), sia quelle successive, segnate dal tentativo di rimpatrio dei mercenari sopravvissuti. [3] Si noti per inciso, come il principio di indipendenza e autonomia delle città-stato fosse stata la bandiera ideologica di Sparta - contro Atene e la sua Lega Marittima - anche ai tempi delle guerre del Peloponneso.
Posted on: Tue, 19 Nov 2013 18:07:21 +0000

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