Giovedì 18 aprile inizieranno le votazioni per eleggere il - TopicsExpress



          

Giovedì 18 aprile inizieranno le votazioni per eleggere il successore di Napolitano, la prima carica dello Stato. E mentre nel Pd si consuma lo scontro fratricida tra la vecchia nomenclatura vicina Bersani e la corrente di Renzi, all’orizzonte si profila minacciosa l’ombra tondeggiante di Romano Prodi. L’approdo di Romano Prodi sul Colle al momento è il disegno di una parte del Partito democratico e degli alleati di Sel. Vendola, recentemente intervistato da Lucia Annunziata, ha prospettato per il Quirinale, per il governo e per il Paese, uno scenario di cupa restaurazione, spacciando come rinnovamento della politica logiche veterocostituzionalistiche stantie e reazionarie. Per il Pd, invece, la carta Prodi ha una duplice valenza: l’una in sé come progetto politico egemonico, l’altra come minaccia nei confronti del Pdl e pressione per il varo di un esecutivo di scopo. In ogni caso, la figura di Prodi, spesso dipinta superficialmente a destra come quella di una mortadella pacioccona e sonnacchiosa, è in realtà quanto di peggio ci si possa augurare per i prossimi sette anni al vertice della Repubblica. Lungi dall’essere un innocuo sornione, l’uomo è un essere senza scrupoli, prepotente e vendicativo, che con la sua longevità politica fornisce la concreta dimostrazione di tutta la sua pericolosità e della sua capacità di riciclarsi nelle situazioni più diverse. Da tecnico a politico, da professore a commissario europeo, da premier a inviato dell’Onu, Romano Prodi ha attraversato negli anni innumerevoli scenari, ha ricoperto le cariche più diverse, ma ha lasciato sempre alle sue spalle danni incalcolabili e situazioni equivoche. Il 21 marzo 1981 viene costituita la Nomisma spa, dal comunista* *Nerio Nesi presidente della Banca nazionale del**lavoro e da Romano Prodi, per la promozione di ricerche**sull’economia reale del Paese. All’epoca il* *professor Prodi, oltre che titolare di cattedra presso l’università di Bologna, è anche consulente economico della BNL* *e assume* *subito la carica di presidente del comitato scientifico di Nomisma (che terrà ininterrottamente dal 1981 al 1995). Nel 1982 Spadolini nomina Prodi alla presidenza dell’IRI, dove rimarrà per dodici anni, gestendo tra l’altro il maxi-pacchetto di privatizzazioni dei primi anni ’90. Dalle risultanze di una inchiesta portata avanti negli anni ottanta dal giudice istruttore, dottor Casavola, su Nomisma* *emerge che l*’*indiscusso controllo di Nomisma era esercitato da parte del professor Prodi.* *Dal momento della sua costituzione in poi* *le vicende della società sono sempre state legate alle fortune politiche e imprenditoriali del suo fondatore. Sembra quasi che il “professore” finalizzi il suo impegno di potente boiardo di Stato alla crescita della propria creatura. Appena alla guida dell’IRI, Prodi finge di ignorare l’esistenza nell’istituto di uffici preposti alle ricerche ed alle analisi economiche, sociali e di mercato e fa affidare gran parte delle stesse a Nomisma. Dal 1989, anno in cui Prodi lascia la presidenza dell’IRI* *(che ricopriva dal 1982), Nomisma comincia a registrare consistenti deficit di bilancio: lire 544 milioni di perdite in quell’anno e 2 miliardi nel 1990. Nel 1991 il “buco” supera addirittura i 2 miliardi e mezzo di lire*. *Del resto, sempre il giudice Casavola, negli atti relativi alla citata inchiesta, sottolineava come trasparisse da più parti “un giudizio di inopportunità” nei confronti di Prodi che, nella sua duplice veste, aveva consentito ricerche e le aveva gestite con Nomisma allorquando i committenti erano società IRI senza aver tempestivamente informato il comitato di presidenza dell’istituto ed ancora come fosse indubbio che* “*le commesse furono volute per aiutare Nomisma che aveva bisogno di lavorare*” *e che “è verosimile l’idea che le stesse siano state affidate dalle società IRI perché a richiederle erano il presidente* (….)”. * Il tanto stigmatizzato (dalla sinistra) *“*conflitto d’interesse” era più che mai evidente nel caso di Prodi*,* che dirigeva a un tempo un ente pubblico e una società che dallo stesso ente riceveva strapagate commesse. Nell’affidare questi incarichi di consulenza, Prodi contravveniva anche a una precisa determinazione della Corte dei conti (n. 870 del 2 luglio 1966) enunciante il principio secondo il quale “l’ente pubblico deve provvedere alle esigenze connesse con l’espletamento della propria attività mediante l’utilizzazione del personale interno e solo in casi eccezionali, all’uopo da motivare, può fare ricorso alla consulenza di estranei e in ogni caso per un periodo di tempo determinato”. Ma non c’è solo questo perché le HYPERLINK “youtube/watch?v=S36wKaOzsgI” “_blank” privatizzazioni dell’IRI fatte da Romano Prodi sono state delle vere e proprie svendite del patrimonio economico italiano a gruppi privati della sinistra complici del professore, una serie incredibile di furti colossali a danno dello Stato e degli italiani perpetrata impunemente per anni. Dal 1982 in poi Prodi si è concentrato a cedere a prezzi irrisori, con bandi truccati, i pezzi pregiati dell’IRI a Carlo De Benedetti che, dal canto suo, si è poi puntualmente affrettato a rivenderli immediatamente al loro reale valore di mercato (di solito 20 volte il loro prezzo d’acquisto) a gruppi stranieri (o addirittura allo Stato stesso, che li ricomprava a prezzi folli), realizzando guadagni incalcolabili a danno del Paese. Tanto per fare un esempio, si può ricordare che nel 1986, Prodi svendette il più grande gruppo alimentare dello Stato, la SME alla Buitoni sempre a Carlo De Benedetti per soli 393 miliardi, mentre la SME, che soltanto nelle casse aveva più di 600 miliardi di denaro liquido, aveva un valore globale di 3.100 miliardi. La conferma di tutto questo si trova nell’indebitamento dell’Istituto, salito dal 1982 al 1989 da 7.349 a 20.873 miliardi (+184 per cento), e quello del gruppo IRI da 34.948 a 45.672 (+30 per cento). Nel solo 1989 quando Prodi lascia temporaneamente l’IRI il buco di bilancio per l’anno era di «meno» 2.416 miliardi. Dall’89 al ’94 sono gli anni ruggenti delle privatizzazioni selvagge. A Roma Mario Draghi ha dettato, passo passo, gli ultimi accorgimenti per sfasciare lo stato sociale: la rapina del tfr da investire in borsa sotto l’etichetta di “fondi pensione”, il completamento delle svendite di Stato, l’assenso preventivo – chiamato “indifferenza” – sulle fusioni tra istituti bancari e cento altre riforme finanziarie di struttura. Non a caso il 2 giugno del 1992 proprio Draghi assieme, tra gli altri, al governatore della Banca d’Inghilterra e ai vari rappresentanti delle banche d’affari (la Goldman & Sachs, ecc) partecipa a una crociera sull’allora panfilo della Regina d’Inghilterra, il Britannia, al largo di Civitavecchia, per tessere la tela della svendita del settore italiano a partecipazione statale. Il napoletano Antonio Parlato, all’epoca sottosegretario al Bilancio, di An, sostenne che Draghi aveva intenzione di portare avanti un progetto di privatizzazioni selvagge e aggiunse che proprio sul Britannia si sarebbero raggiunti gli accordi per una supersvalutazione della lira. Guarda caso, tra gli invitati “eccellenti” del Britannia ci fu anche George Soros, finanziere d’assalto di origini ungheresi, a capo del Quantum Fund e protagonista di una incredibile serie di crac provocati in svariate nazioni nel mirino degli Usa che contava su smisurate liquidità, secondo alcune fonti di origine anche colombiana. E guarda caso, per l’Italia sarà un settembre nero, anzi nerissimo, con una svalutazione del 30 per cento che spingerà l’allora governatore di Bankitalia Carlo Azeglio Ciampi (direttore generale Lamberto Dini) a prosciugare le risorse della banca centrale (quasi 50 miliardi di dollari) per fronteggiare il maxi attacco speculativo nei confronti della lira che fu costretta a uscire dallo SME. A fornire i dollari – la “materia prima” per svalutare la lira – ci fu anche la solita Goldman & Sachs, nel cui Consiglio è stato presente anche Romano Prodi che è stato poi lo sponsor ufficiale della laurea honoris causa (sic) elargita dall’Università di Bologna al “mecenate” Soros. Dopo essere stato richiamato per breve tempo nel 1993 da Ciampi alla guida dell’IRI il HYPERLINK “it.wikipedia.org/wiki/25_maggio” o “25 maggio” 25 maggio HYPERLINK “it.wikipedia.org/wiki/1994″ o “1994″ 1994 Prodi si reca a Palazzo Chigi per un colloquio di un’ora col nuovo Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per dimettersi definitivamente dalla sua carica. All’inizio del ’95 l’Ulivo (la realizzazione politica del cattocomunismo in forma di partito) è una realtà, ed un anno dopo Prodi vince le elezioni e si insedia come premier grazie al patto di desistenza contratto con Rifondazione comunista che gli toglierà il suo appoggio il 1998. Il breve governo Prodi troverà comunque il tempo per concludere una losca operazione con Telekom-Serbia in cui adotta la sua solita tattica con una compra/vendita in clamorosa perdita a danno delle casse del Paese e di negoziare con l’Europa un concambio lira/euro che andò oltre lo svantaggioso. L’Italia rientrerà nello Sme col cambio fissato a 990 lire per ogni marco tedesco, cifra che farà da base per il cambio fatale lira/euro a 1936,27. L’operazione, da più parti additata oggi come la radice della contrazione del potere di acquisto degli italiani da quando è stata introdotta la moneta unica, ci costò pure una salatissima eurotassa. Il breve volgere di un mandato alla guida della Commissione europea (anche quella ricca di ombre e di aspre polemiche) e il Professore torna sulla scena domestica. Richiamato nel 2006 dalla sinistra che non ha un nome da contrapporre a Berlusconi, Prodi vince le elezioni di un soffio e s’insedia a Palazzo Chigi per la seconda volta. Anche questa volta, poca durata ma tanti danni. Nell’anno e mezzo che dura, Prodi riesce, tra le altre cose, a disarticolare la riforma delle pensioni (il celebre scalone) approntata dal precedente governo; a introdurre, auspice il ticket formato da Padoa-Schioppa e Visco, una valanga di nuove tasse tanto da far segnare il record decennale di pressione fiscale nel 2007 (quota 43.1%); a finire invischiato in un pasticcio con la ristrutturazione di Telecom (che costerà il posto al suo braccio destro Angelo Rovati). Dal 2008, ritiratosi dalla politica attiva, Prodi ha conseguito svariati incarichi dall’ONU e tramite la Fondazione per la collaborazione tra i popoli, da lui creata, ha svolto un’opera di conferenziere e di lobbista in varie parti del mondo, tra cui da ultima la Cina. Questo è l’uomo, che ha svolto innumerevoli incarichi e non ha mai rinunciato a esercitare, direttamente o meno, potere e influenza sulla politica, l’economia e le grandi scelte a livello nazionale ed europeo in sintonia con le centrali mondialiste della finanza delle quali – dalla Goldman Sachs a gruppi Bilederberg e Aspen – ha fatto attivamente parte e dove ha rivestito cariche importanti. Pensando a lui come a colui che, fra qualche giorno, Laura Boldrini (sic) potrebbe proclamare il nuovo eletto e che per sette lunghi anni pronuncerebbe il (soporifero) discorso del 31 dicembre, scaramanticamente tocchiamo e vi invitiamo a toccare tutto il toccabile.
Posted on: Sun, 11 Aug 2013 09:50:19 +0000

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