Giuseppe Lillo Emilia Ricciardi Serena Leone Clelia Zotti Arianna - TopicsExpress



          

Giuseppe Lillo Emilia Ricciardi Serena Leone Clelia Zotti Arianna Perrini Teresa Santillo Angela Pastore Roberta Graziano Silvia De Ninno Susy Errico In particolare per gli allievi della III A, della IV C e della V C. PROF. A. TORRESANI Cap. 13 La rinascita europea del XII secolo Dopo la rinascita carolingia e ottoniana - parziali e poco estese - la sintesi culturale più completa, tanto da divenire esemplare, fu la rinascita del XII secolo. Essa comprende il pas¬saggio dallo stile romanico al gotico in architettura; la fiori¬tura del poema cavalleresco e della lirica provenzale in lettera¬tura; la rinascita della filosofia e del diritto romano; e, so¬prattutto, lo sviluppo impetuoso delle università, divenute la principale sede di diffusione del sapere in Euro¬pa. Mentre allinizio del secolo assistiamo al timido organiz¬zarsi delle sette arti liberali - trivio e quadrivio -, alla fine troviamo studiosi in pieno possesso del diritto civile e canoni¬co, della logica aristotelica, della geometria di Euclide, della geografia di Tolomeo; medici che praticano la loro arte attinta da greci e arabi. Il concorrere di tutti questi fattori operò la rinascita della filosofia e della scienza nellaccezione attuale. Sempre nel corso del secolo avvenne la riscoperta dei classici latini e un netto miglioramento dello stile letterario, permettendo la fioritura di biografie, di memorie, di annali, di cronache cittadine. Ciò che caratterizza la rinascita del XII secolo dalle pre¬cedenti è la sua estensione: essa non risulta legata a una corte o a una dinastia, e non si limita a una ristretta area geografi¬ca, anche se la Francia con i suoi monaci e i suoi filosofi, con le sue scuole episcopali e i suoi poeti, col primato assoluto dellarte gotica fu in qualche modo la protagonista del¬la rinascita. Infatti anche la Germania e lInghilterra ebbero notevole importanza per la diffusione del nuovo modo di pensare; la Spagna attuò unimportante mediazione con la cultura araba; lItalia mostrò grande dinamismo di idee, di iniziative commerciali e politiche, assimilando con prontezza ciò che veniva dalla Francia. In Italia la rinascita culturale iniziò nel sud, nelle città legate al mondo bizantino dove la cultura classica non era mai venuta meno del tutto; ma dopo il drammatico scontro dei comuni della Lega lombarda con Federico Barbarossa, il primato culturale ed economico passò alle città della pianura padana, rese potenti dalla nuova organizzazione del lavoro umano, base degli sviluppi successivi. 13. 1 La riorganizzazione del lavoro umano Nelletà feudale, dal IX allXI secolo, le città europee eb¬bero una funzione modesta anche se al tempo delle invasioni di Ma¬giari e Normanni le antiche mura poterono frapporre una certa di¬fesa contro le invasioni. Ma le città non avevano riacquista¬to la loro funzione di centro economico, non erano sede di scambi allinterno di un mercato. Lincastellamento In quei secoli si sviluppò il fenomeno dellincastellamento, ossia di provvedere rifugi per la popola¬zione di campagna che aveva nel signore del luogo il punto di ri¬ferimento nei tempi di pericolo. Dopo lanno 1000 in molti luoghi dEuropa si realizzarono condizioni di vita meno precarie e subi¬to la popolazione cominciò a crescere, determinando un intenso movimento di colonizzazione, di disboscamento e di messa a coltu¬ra di nuovi terreni agricoli. Detto in altre parole, le campagne meglio coltivate permettevano eccedenze agricole che la maggior sicurezza dei trasporti faceva trasferire in città, sede naturale del mercato. Che cosè la città? Ricorrendo a una categoria sociologica, per città si deve intendere un agglomerato di abitazioni coordinate tra loro in cui lattività di lavoro prevalente è lindustria e il commercio: se, al contrario, lattività principale rimane la¬gricoltura, si deve parlare di paese o borgo, fortificato se pos¬siede mura, ma non di città. In secondo luogo la città è sede di attività amministrative: la presenza del vescovo e di qualche rappresentante del potere centrale supponeva lesistenza di tri¬bunale e di cancelleria che potevano legittimare contratti garan¬titi da un minimo di forza legale. La città medievale Se cerchiamo di immaginare la città medievale nel XII secolo possiamo supporre una cinta muraria con un certo numero di porte, aperte di giorno lungo le principali strade di accesso. Al tramonto del so¬le le porte erano chiuse e riaperte solo il giorno dopo. Come raggi di una ruota, le strade convergevano al centro della città, nella piazza in cui si trovava generalmente la chiesa principale, sede del vescovo. Se la città era abbastanza estesa, ogni quartiere aveva una chiesa parrocchiale con campanile, per avvertire i fedeli dellinizio degli atti liturgici o anche, in casi di pericolo - incendio o tumulto - per chiamare a raccolta i cittadini. Nelle città antiche non esistevano spazi per riunioni oltre quelli offerti dalle chiese. Le case erano piccole, addossate le une alle altre. In genere la casa era composta di un vano seminterrato, cui si accedeva mediante alcuni gradini e che fungeva da laboratorio, da ricovero per gli animali di notte e da soggiorno abituale per la famiglia; si ac¬cedeva al piano superiore mediante una scala di legno interna, dove si trovavano una o due camere da letto arredate con pochi mobili. Dietro la casetta cera un orto cintato, al quale si accedeva dal laboratorio: nella buona stagione lorto forniva gli erbaggi. Col tempo bello la porta sulla strada rimaneva aperta e spesso al¬cune lavorazioni avvenivano sulla via pubblica. Un poco alla vol¬ta certe strade si specializzavano perché radunavano gli arti¬giani addetti a un particolare lavoro: i lavandai avevano bisogno di un corso dacqua; i tintori inquinavano e quindi venivano con¬finati a valle del fiume; i vetrai e i fonditori di metalli erano fonte di pericolo perché operavano col fuoco e perciò occorreva isolarli perché le case erano in gran parte di legno. La tessitura La prima attività artigianale era la filatura e la tessitura della lana e del lino, sostituito questultimo dalla canapa nelle zone di pianura. Ogni famiglia contadina filava, tesseva e cuciva gli abiti per il pro¬prio uso: possiamo immaginare dei rozzi camiciotti con cappuccio, lunghi fino al ginocchio, tenuti fermi con una cintura, abbastan¬za simili ai sai dei monaci francescani. Anche le scarpe erano fatte in casa: spesso erano zoccoli di legno e pelli di pecora non conciata tenute ferme al polpaccio con stringhe. I coloranti erano rari e costosi: spesso la lana non veniva tinta e perciò il colore dominante era il bigio. I tessuti di lusso I tessuti destinati al commercio, invece, do¬vevano essere molto più raffinati: la lana doveva essere di buona qualità, fornita da pecore selezionate: la lana migliore veniva dallInghilterra o dalla Spagna. In Ita¬lia cerano buoni artigiani, eredi di una tradizione che non si era persa del tutto, in collegamento con Costantinopoli che as-sorbiva la produzione occidentale di certi tipi di tessuti di la¬na che poi smerciava in Oriente. Il mercante imprenditore Poiché non esistevano capitali da inve¬stire, ben presto la produzione di tessuti divenne unattività complessa, imperniata sulla figura del mercante-imprenditore in grado di rifornirsi di materia prima: costui affidava la lana ad artigiani specialisti in lavaggio e sgrassatura, cardatura e fi¬latura. Il tessitore aveva in casa il telaio a mano con il quale preparava la pezza della lunghezza e altezza desiderata, che poi era affidata ai cimatori per rafforzare i margini del tessuto; ai follatori per fare infeltrire la pezza e, infine, ai tintori che dovevano ottenere il colore di moda. Tutti questi passaggi richiedevano controlli minuziosi per stabilire responsabilità e qualità del tessuto eseguito. Il mercante prendeva accordi per il trasporto e la vendita delle pezze e alla fine saldava i debiti. Le corporazioni di arti e mestieri Per evitare sopraffazioni e discussioni gli artigiani formavano gilde o corporazioni dellarte, con una cassa comune in grado di operare anticipi di denaro, assistenza in caso di malattia, attestati di qualità del lavoro eseguito ecc. Le cor¬porazioni avevano anche il compito di regolamentare il numero de¬gli artigiani con diritto di tenere bottega, il numero dei garzo¬ni da impiegare, il salario e il tempo di apprendistato per impedire la concorrenza sleale o la caduta dei prezzi per un eccesso di produzione rimasta invenduta. Le corporazioni erano associazioni volontarie, ma occorreva prestare giuramento davanti al consiglio dellarte, impegnandosi a non di-vulgare i segreti di lavorazione. I contadini più intelligenti spesso fuggivano dalle campagne rifugiandosi in città per cercare lavoro come garzoni: dopo un anno e un giorno di permanenza inin¬terrotta erano considerati liberi dagli obblighi feudali e i vecchi padroni potevano chiedere, al massimo, il pagamento di un indennizzo liberatorio. È chiaro che la complessa organizzazione del lavoro aveva bisogno di pace, di sicurezza dei trasporti, di materie prime e del mercato cittadino fornito di vino, grano olio ecc.: lattività principale attirava in città altre attività economiche. Sui portali delle chiese ro-maniche e gotiche si può osservare la raffigurazione dei mesi rappresentati con lattività prevalente in ciascuno dessi: a dicembre si macellavano e si salavano i porci; a gennaio si in¬trecciavano canestri di vimini; a giugno si falciava il fieno; ad agosto si preparavano le botti in previsione della vendemmia... Le feste religiose scandivano il tempo ciclicamente e segnavano le interruzioni del lavoro: gli artigiani aggiungevano al¬le feste comuni la celebrazione della festa del loro patrono al quale dedicavano una cappella nella sede della corporazione, fa¬cendola affrescare con episodi della vita del santo. Quando mori¬va un maestro dellarte il funerale era celebrato a spese del¬la corporazione che si impegnava per statuto a offrire ai figli del defunto un posto di apprendista prima che ad altri candidati. Le corporazioni acquistano poteri politici Col passare del tempo i consoli dellarte principale cominciarono ad assumere sempre maggiori responsabilità nelle decisioni che si prendevano in cit¬tà, finendo per acquisire la direzione politica dei comuni. I nobili si trasferiscono in città Già a partire dallXI secolo le città erano riuscite a imporre ai nobili del circondario di vivere in città per alcuni mesi, affidando loro i compiti della difesa armata. Anche in questo campo si affermava una sorta di specializzazione: ai milites la tutela dellordine pubblico, ai mercatores i compiti della produzione e distribuzione delle mer¬ci, ottenendo il denaro necessario alla prosperità del mercato cittadino. Il potere centrale, ancora debole, finì per appoggiar¬si alle città perché esse erano buone contribuenti, e i mercanti potevano pagare pedaggi, che fornivano al potere centrale notevo¬li proventi fiscali che a loro volta rendevano possibile un pro¬cesso di recupero del potere politico, decentrato in precedenza a favore dei grandi vassalli. 13. 2 I centri della rinascita culturale La cultura non interessava loperoso popolo minuto intento al lavoro nei laboratori artigianali. Pochi sapevano leggere e scrivere, e costoro erano per lo più ecclesiastici, spesso vicini, a motivo del loro ministero, alle esigenze degli umili, oppure grandi personaggi della corte, lontani dalle masse. I centri di elaborazione della cultura I centri intellettuali del XII secolo furono i monasteri, le cattedrali, le corti, le città e le università, ma nel corso del secolo ebbero influenza variabile. I monasteri Nellalto medioevo gli unici centri di cultura furo¬no i monasteri: vere isole di luce in mezzo a violenze e barbarie essi riuscirono a salvare da sicura morte la tradizione culturale classica in unetà in cui non esistevano forze capaci di fare al¬trettanto. Ma i mo-nasteri, contrariamente a ciò che spesso si ripete, non avevano di mira la trasmissione della cultura, che per essi era un sottoprodotto: le opere dellantichità latina, e in qualche caso della cultura greca, servivano per istruire i monaci e renderli capaci di leggere e comprendere il libro sacro, la Bib¬bia. Nei monasteri si svolgevano numerose mansioni: una di esse era la cura della biblioteca col compito di ricopiare i libri che si sciupavano con luso, per avere a disposizione un centinaio di libri destinati allistruzione dei monaci: le opere di contenuto profano servivano per imparare il latino. Le scuole monastiche Nei monasteri le scuole non avevano curri¬coli di studio: si procedeva come si poteva, col materiale che si aveva a disposizione. Ogni tanto un monaco più vivace degli altri approfondiva qualche argomento e cercava altri codici per soddi¬sfare unesigenza personale. I monaci, inoltre, ripetevano che scientia inflat, ossia che il molto sapere fa insuperbire, e che non cè nulla di più dannoso per un religioso che il desiderio di successo. Nel XII secolo i grandi monasteri benedettini apparivano in declino. Collocati lontano dalle città in luoghi isolati, perdevano il contatto con la pulsante vita delle città. Non sfuggiva a questa si¬tuazione neppure Montecassino o il monastero di Bec in Normandia, la sede resa illustre dalla presenza di Lanfranco di Pavia e di Anselmo d’Aosta: dopo questi due grandi abati nessun monaco rag¬giunse grandi livelli di creatività. Decadenza dei monasteri In Germania le grandi abbazie di Lorsch, Fulda, Corvey erano in decadenza e non dettero alcun contribu¬to alla cultura nel secolo che stiamo esaminando. Anche lordine di Cluny, già al centro del movimento di riforma della Chiesa culminato al tempo di Gregorio VII, si era avviato a un lento de¬clino. I suoi monaci avevano dato impulso alla litur¬gia, ma non erano in grado di rispondere alle nuove sollecitazio¬ni delle città. Più vitali, invece, gli ordini di nuova fondazio¬ne come i Certosini, i Premonstratensi, i Camaldolesi e, soprat¬tutto, i Cistercensi. Anche costoro, tuttavia, proponevano li¬deale dellascesi spirituale più che il progresso intellettuale o la cultura che cercavano di dominare più come strumento per di¬fendere lortodossia che come compito proprio di ogni dotto. Ab¬biamo già visto come la grande personalità di san Bernardo abbia esteso lordine cistercense che nel 1153 com¬prendeva più di trecento monasteri: a differenza dellordine di Clu¬ny, i cistercensi riportarono in onore il lavoro manuale. La mag¬giore novità di queste fondazioni monastiche del XII secolo fu lapertura europea, opposta allisolamento degli antichi monaste¬ri. I capitoli delle cattedrali Dato il declino dei monasteri, centri di vita intellettuale per qualche tempo furono le catte¬drali, con i loro canonici e le loro scuole episcopali, a occupa¬re il posto preminente dellelaborazione della cultura. Fin dal IX secolo gli ecclesiastici che officiavano la chiesa cattedrale erano tenuti a far vita comune, a osservare una regola o canone (da qui il nome di canonico). Spesso il capitolo dei canonici aveva il compito di eleggere il vescovo. Insieme col vescovo, cui fornivano assistenza come no¬tai, avvocati, giurisperiti, cronisti ecc., i canonici dovevano provvedere allistruzione dei cantori, alla bi¬blioteca capitolare, alla redazione degli atti dei vescovi, alla formazione dellarchivio ecc. Famosi divennero i capitoli delle cattedrali della Francia settentrionale dove le scuole episcopali in qualche caso si trasformarono in università, come avvenne a Orléans, Chartres, Reims, Laon, Parigi. Le corti principesche Le corti dei grandi feudatari o dei sovra¬ni acquistarono un sempre più spiccato carattere di centro dellelaborazione del sapere: ormai erano pochi i personaggi di ri¬lievo che non sapevano leggere e scrivere, o non intrattenevano relazioni di¬plomatiche o non comprendevano limportanza di dare un fondamento giuridico o ideologico alle loro scelte politiche: da allora ogni corte cominciò a comprendere giuristi, poeti, astro¬logi, medici che con le loro opere davano lustro al governo del signore. La prima cura delle corti fu di provvedersi di una rego¬lare cancelleria: fin dai tempi di Enrico II di Germania la can¬celleria imperiale divenne un organismo complesso e ben equili¬brato, imitata dalla cancelleria papale a Roma, divenuta ben presto la più efficiente. Non poteva mancare la presenza di poeti, di giullari e di trovatori che celebravano in latino o nelle lingue volgari gli avvenimenti cavallereschi. La corte era il luogo naturale per praticare il mecenatismo che poteva trasformarsi in unarma diplomatica, perché unopera poetica con la doverosa dedica al sovrano era fatta circolare presso le altre corti. Ancora più interessante il caso di principi-poeti come Gu¬glielmo IX di Aquitania o come la nipote Maria autrice di de¬liziosi lai damour. In Sas¬sonia Enrico il Leone fu celebrato come splendido mecenate; a Ro¬berto conte di Gloucester venne dedicata lopera storica di Gu¬glielmo di Malmesbury, e alla sua protezione delle lettere si de¬ve la nascita del romanzo celtico che trovò la sua fonte nella Historia regum Britanniae di Goffredo di Monmouth. Guglielmo il Conquistatore, famoso per il suo censimento - il Domesday Book -, ma anche per il suo menestrello Taillefer che cantava molto bene, creò la cancelleria inglese, portata alla perfezione da Enrico II: costui conosceva le principali lingue europee e sapeva che per amalgamare le varie popolazioni del suo regno, esteso dallInghilterra ai Pire¬nei, occorreva un superstrato culturale. La corte di Sicilia Unaltra corte assai composita era quella siciliana che risentiva la triplice influenza araba bizantina e latina, e perciò aveva bisogno di segretari poliglotti. Posta al centro del Mediterraneo in unepoca di grandi viaggi, la Sicilia rimase fino al 1250 un centro di elaborazione della cultura di primaria importanza, e non a caso gli inizi del¬la letteratura italiana vanno cercati alla corte di Federico II. Commerci e cultura Le città del XII secolo conoscono uno sviluppo più politico e commerciale che culturale. I mercanti tuttavia, veri protagonisti dellepoca, furono esponenti di un vivace pensiero razionale: la conduzione dei loro affari li addestrava a tentare la previsione politica considerando attentamente la consistenza delle forze contrappo¬ste, imparando a valutare i rischi in relazione ai vantaggi col¬legati con certe operazioni che si apprestavano a compiere: i mercanti desideravano regolamenti di commercio chiari, la pace e la sicurezza; un efficace dirit¬to pubblico; tribunali retti da giudici competenti. In Italia i principali esponenti della cultura delle città erano i notai, professionisti privati con funzioni pubbliche che hanno sempre goduto notevole prestigio. Gli stretti rapporti mantenuti dalle repubbliche marinare con Costantinopoli permisero lacquisto di codici greci, ancora non leggibili sulla scorta del greco appreso nei porti, ma che eb¬bero il merito di costituire il fondo di biblioteche esplorate in seguito dagli umanisti. Le università Nel XII secolo erano operanti almeno cinque uni¬versità: Salerno, Bologna, Parigi, Montpellier e Oxford, ma lap¬porto di questa istituzione culturale verrà esaminato più avanti, anche perché le università del XII secolo non si differenziavano dalle scuole episcopali e non si era ancora compresa tutta la lo¬ro fondamentale importanza. 13. 3 La lingua latina e le traduzioni Solo quando linvenzione dei caratteri mobili verso la metà del XV secolo permise la moltiplicazione delle copie di uno stesso libro, e solo quando la carta sostituì la costosa per¬gamena il possesso di un libro divenne un fatto abituale e la lettura personale una pratica comune. Quando nei documenti medie¬vali si parla di biblioteca si deve pensare a un armadio conte¬nente un centinaio di codici, spesso legati da una catena per rendere difficile il furto. I classici Non cè mai stata rinascita culturale che non sia stata accompagnata da rinnovato interesse per i classici. Fino al XII secolo fu impiegata quasi esclusivamente la lingua latina, lingua ufficiale della liturgia, della cultura, della diplomazia, del diritto: per accedere agli studi superiori occorreva appren¬dere il latino. In Europa si può stabilire unequazione tra cono¬scenza dei classici latini e cultura, per cui ogni rinascita cul¬turale significò rinascita della lingua latina. Giovanni di Salisbury Anche un mediocre conoscitore del latino si accorge che nel XII secolo lo stile, in poesia e in prosa, è eccellente. Lautore più significativo è Giovanni di Salisbury, educato nelle scuole della Francia set¬tentrionale, imbevuto di Cicerone. Tuttavia la conoscenza dei classici è per Giovanni di Salisbury propedeutica alla conoscenza della teologia: cè un bel paragone, riferito da Giovanni ma pro¬babilmente proposto da un suo maestro: che i moderni (gli uomini del suo tempo) sono nani rispetto agli antichi, ma se i nani sal¬gono sulle spalle dei giganti, essi possono guardare ancor più lontano perché posseggono la vera fede. Giovanni di Salisbury è lespressione più alta della cultura di Chartres dove aveva studiato in gioven¬tù e dove tornò in età avanzata esercitando la funzione di vesco¬vo fino al 1180. Il latino medievale È naturale che il latino parlato in regioni tanto distanti, da persone che spesso avevano una lingua materna completamente diversa, possedesse caratteristiche differenziate. Gli uomini di quelletà non esitavano a latinizzare qualunque termine anche germanico se non trovavano un termine latino ade¬guato: proprio a questa estrema adattabilità si deve il fatto che il latino del XII secolo sia una lingua viva, adatta a tutte le situazioni: la morte del latino come lingua viva fu decretata dagli umanisti del XIV e XV secolo quando decisero che per latino si doveva intendere la lingua scritta da Cesare e Cicerone, ossia una lingua imbalsamata, dal vocabolario relativamente ristretto, e perciò bisognosa di ricorrere a circonlocuzioni quando si dove¬va esprimere un concetto ignoto allepoca classica. La grammatica Nel XII secolo si studiava a memoria la grammatica di Pri¬sciano: numerosi passi tolti da Cicerone, Sallustio, Virgilio, Terenzio tornavano sotto la penna dei medievali che non esitavano ad aggiungere i termini tecnici da essi stessi elabora¬ti, ma inseriti in una struttura grammaticale ineccepibile. Lo stile epistolare Dopo la grammatica veniva la retorica, svi¬luppata soprattutto nello stile epistolare. Fiorivano perciò i trattati di epistolografia: il più famoso è quello di Alberico da Montecassino, vissuto al tempo del famoso abate Desiderio (1058-1086), intitolato Breviarium de dictamine. Un suo discepolo, Gio¬vanni da Gaeta, divenuto papa col nome di Gelasio II (1118-1119), introdusse nella curia romana luso cassinese, soprattutto nella disposizione delle ultime parole di ogni periodo (Cursus romanae curiae). Il ricorso al cursus o clausola finale ebbe successo nelle scuole di diritto di Bologna, dando vita a una vera e propria ars notaria per stendere gli atti notarili: il maestro più celebrato fu Boncompagno da Bologna. Le lettere dovevano avere cinque parti: la sa¬lutatio secondo formule rigorose a seconda della dignità del cor¬rispondente; la captatio benevolentiae per mettere nella dovuta disposizione danimo colui che riceveva la lettera; lexpositio o narrazione dei fatti; veniva poi la petitio, la richiesta vera e propria; e finalmente la conclusione. La poesia La poesia del XII secolo non è tanto schiacciata dal peso della tradizione classica come quella carolingia, e non sof¬fre ancora la vittoriosa concorrenza della poesia in lingua vol¬gare come avvenne nel XIV secolo quando lAfrica, il poemetto la¬tino da cui il Petrarca si aspettava la gloria, fu eclissato dal suo Canzoniere. Nel XII secolo la produzione poetica fu abbondan¬te in tutti i generi: epica, storia, leggende, favole, poemetti amorosi e conviviali, parodie studentesche. Letteratura in lingua volgare Verso la fine del XII secolo que¬sta vivace letteratura in lingua latina lasciò il posto al prepo¬tente sviluppo della poesia in lingua doil e in lingua doc, in tedesco, in italiano, mutuando molti temi, e una scaltrita tecnica, dalla poesia latina. 13. 4 Il rinnovamento giuridico Al rinnovato interesse per la cultura classica non poteva mancare lincontro col diritto romano. La cultura classica, da Cicerone e Virgilio in poi, si fonda sulla certezza che il segre¬to della grandezza di Roma andava cercato nella sua superiore sa¬pienza giuridica: pochi altri secoli quanto il XII dedicarono tanta attenzione allo studio del dirit¬to. Il diritto romano La rinascita del diritto romano non si limitò a rimettere in onore testi dimenticati, bensì fu una vera e pro¬pria rinascita della giurisprudenza. Lattività legislativa in Occidente non si era mai interrotta, ma per oltre mezzo millennio erano state codificate le leggi consuetudinarie dei regni romano-barbarici: anche quando venivano scritte, si trattava di usi propri di popolazioni dipendenti da una concezione eroi¬ca della vita collegata a una struttura primitiva della società: la tradizione, e non un cosciente atto di riflessione, guidava gli atti giuridici delle popolazioni germaniche. Solo nei testi del Corpus juris civilis, e in particolare nel Digesto, si poteva trovare un modello di metodologia giuridica. Una volta recuperata la conoscenza del modello fu possibile applicarlo al diritto ec¬clesiastico, come fecero Graziano e i suoi successori. Complessità del Codex giustinianeo Delle quattro parti del Cor¬pus giustinianeo il Digestum appariva il più importante perché vi erano contenute le sentenze dei grandi giuristi - Papiniano, Pao¬lo, Ulpiano, Modestino - considerati i veri maestri del di¬ritto, un modello insuperato di analisi e di tecnica giuridica. I glossatori Il Digestum cominciò a esser citato in Toscana nel 1076, ma divenne operativo solo a partire dallopera di Irnerio, il grande maestro dello Studio di diritto di Bologna. Prima di Irnerio cerano state altre scuole di dirit¬to a Roma, Pavia, Ravenna, e anche prima di Irnerio a Bologna aveva operato un altro maestro, Pepo, citato in un documento del 1065: tuttavia Irnerio eclis¬sò ogni tradizione precedente. Nato intorno al 1060, fu attivo fin verso il 1125. Entrò al servizio della contessa Matilde di Toscana e poi, dopo la morte di costei, passò al servizio di Enrico V, stilando alcuni placiti imperiali. Bologna tuttavia rimase la se¬de principale del maestro, dove compose un grande numero di glos¬se, di commenti esplicativi al Corpus juris civilis. Irnerio ad¬destrò innumerevoli discepoli accorsi da ogni parte dEuropa per ascoltare le sue lezioni. Meriti di Irnerio Per prima cosa separò il diritto dalla retori¬ca, costituendolo in scienza autonoma fondata direttamente sul Codex. Il suo fu un lavoro di scavo per riportare alla luce della piena comprensione tanti istituti giuridici di cui si era perduta perfino la nozione di esistenza. Incoraggiò la discussione, tro¬vando vari modi per superare le apparenti contraddizioni tra le varie leggi. Irnerio non fu il primo dei glossatori, ma certamen¬te fu il più grande perché insegnò la metodologia necessaria per rendere fecondo il diritto romano, ossia in grado di produrre nuove leggi capaci di armonizzarsi con la tradizione. La scuola di Irnerio fu proseguita per un secolo dai suoi discepoli. I manuali di diritto Quando le glosse cominciarono a esser così numerose da occupare la maggior parte di ogni foglio, si comprese di dover passare ad altre forme di trattato: la summa era una trattazione generale e sistematica di un testo giuridico esposto titolo per titolo; i brocarda erano regole generali deducibili dal testo; i tractatus vertevano su problemi di procedura giuri¬dica. Tuttavia la forma tipica adottata per linsegnamento rimase la glossa ordinaria, il testo della legge in esame accompagnata dal commento. Lopera dei glossatori di Bologna è la manifesta¬zione più significativa dellattività intellettuale del XII seco¬lo, e uno dei punti più importanti della storia della cultura eu-ropea. Quel lavoro fu favorito dalla rinascita della logica ari¬stotelica che inquadrò tutti gli studi entro le strutture di una razionalità e di un rigore formale fin allora sconosciuti. Il diritto romano e la rinascita delle città La rinascita del diritto romano fu favorita dal risveglio delle attività econo¬miche e commerciali dellItalia e del bacino del Mediterraneo. Le città non tardarono ad adottare il diritto romano, e così fece limperatore Federico Barbarossa quando chiamò i maestri dello Studio di Bologna a presiedere la dieta di Roncaglia, nel corso della quale chiese ai comuni lombardi il fondamento giuri¬dico della loro indipendenza. Da Bologna il diritto romano si diffuse in tutta lEuropa, in modo rapido in Francia e Spagna, più lentamente in Germania e Scozia. Espansione del diritto romano Dapprima gli studenti venivano a Bologna da ogni nazione, poi cominciarono a sorgere facoltà di diritto anche al di là delle Alpi, perché gli insegnanti si spo¬stavano con facilità da una sede allaltra. Secondo una tradizio¬ne, un maestro di Bologna di nome Piacentino fondò luniversità di Montpellier intorno al 1160. Il diritto romano fu introdotto nella corte di Fran¬cia intorno al 1202 da legisti che si posero al servizio del re per rafforzare le pretese del governo centrale nei confronti del¬la grande feudalità che evidentemente fondava le sue pretese sul diritto germanico. In Inghilterra, invece, il re si era pronun¬ciato contro il diritto romano, proibendone linsegnamento. Ma gli studenti che si recavano allestero tornavano con una certa conoscenza del diritto romano che però non apriva alcuna carrie¬ra. Il diritto canonico Il diritto canonico è il diritto della Chie¬sa e perciò fin dallinizio aveva unestensione universale. Il credente, in quanto battezzato, entrava a far parte della Chiesa e quindi sottoposto alle sue leggi. Proprio in quel momento la Chiesa rivendicava piena libertà e autonomia rispetto alle entità politiche: ma lo stesso cittadino era anche suddito dello Stato che in molte situazioni poteva avere mire opposte a quelle della Chiesa. Si apriva perciò un ampio contenzioso tra Chiesa e Stato che poteva divenire esplosivo: la Chiesa non aveva eserciti e quindi sviluppò lautorità della legge, reclamando piena giuri¬sdizione sugli ecclesiastici e sulle proprietà degli enti reli¬giosi, sui sacramenti, in particolare il ma¬trimonio, sulla famiglia e sullinsegnamento. Poiché ormai quasi tutti erano battezzati, praticamente tutti i cittadini rientrava¬no sotto le norme del diritto canonico, il quale aveva conosciuto durante la lotta per le investiture una notevole spinta verso laccentramento giuridico sotto un unico papa, capo supremo del¬la Chiesa, giudice di suprema istanza, massimo legislatore della Chiesa. Le fonti del diritto canonico A differenza del diritto romano, che per molto tempo era stato congelato, il diritto canonico ha un storia continua, collegata a quellorganismo sempre operante che è la Chiesa di Roma. Le fonti del diritto canonico sono la Bibbia, i padri della Chiesa, i canoni dei concili, le leggi ema¬nate dai pontefici o decretali. Già erano state compilate colle¬zioni parziali delle decretali da parte di Isidoro di Siviglia e di Burcardo vescovo di Worms, e quella più recente di Ivo di Chartres: si trattava di raccolte prive di organicità, piene di confusioni e di contraddizioni. Graziano, monaco di Bologna, si mise allopera per procurare ordine, pubblicando nel 1140 la Concordia discordantium canonum, nota più comunemente col titolo di Decretum, diviso in tre parti. Questopera, anche se non ebbe subito riconoscimenti ufficiali, incontrò immediata fortuna, sia come testo di studio sia come opera di consultazione. Autonomia del diritto canonico Il diritto canonico ricevette grande impulso quando Rolando Bandinelli, professore a Bologna, fu eletto papa col nome di Alessandro III (1159-1181). Da quel momento il diritto canonico entrò a far parte delle università come materia abituale di studio: molti trovavano conveniente lau¬rearsi in utroque jure. La dipendenza del diritto canonico dal diritto romano, almeno per la tecnica giuridica, divenne in que¬sto modo definitiva, anche se lesaltazione del diritto romano da parte dellimperatore, forte del fatto che il diritto romano an¬tico ignorava la figura del papa, più tardi condusse la Chiesa ad accentuare la sufficienza del diritto canonico. Questultimo pe¬netrò anche in quei paesi come lInghilterra che respinsero il diritto romano, o come in Germania in cui la penetrazione fu len¬ta. Stato e Chiesa, in ogni caso, stavano divenendo organismi complessi per i quali la conoscenza e limpiego di una chiara le¬gislazione era di inderogabile necessità. 13. 5 La rinascita della filosofia e della scienza Come già nellantica Grecia, scienza e filosofia venivano considerate affini dai medievali, perché la scienza era ancora intesa in modo astratto e deduttivo. I modi della studio erano simili, e inoltre esisteva il precedente di Aristotele considera¬to filosofo e scienziato. Rinascita della filosofia Tuttavia, fino a poco prima del XII secolo la filosofia era conosciuta in modo frammentario. Perciò anche in campo filosofico e scientifico il XII secolo ha lasciato unimpronta enorme perché avvenne la rinascita della filosofia di Aristotele e lassimilazione di tutto ciò che si poteva conoscere di Platone; si ebbe il trionfo della logica sulla retorica; e in¬fine lelaborazione del metodo scolastico per opera di Abelardo, Graziano e Pietro Lombardo che fornirono i materiali di costru¬zione per la filosofia del XIII secolo, culminata nelle grandi sin¬tesi di Alberto Magno, di Tommaso dAquino, di Bonaventura da Ba¬gnoregio e di Duns Scoto. Aristotele Tra i più grandi filosofi dellantichità la simpatia di questepoca andò ad Aristotele il cui stile chiaro, rigoroso, si adattava meglio al gusto dei medievali per il manuale sistema¬tico, enciclopedico: poiché Aristotele si era occupato di quasi tutto con grande autorità, ben presto divenne maestro di color che sanno. Platone invece fu conosciuto solo indirettamente, da ciò che dicevano di lui Cicerone, Macrobio, santAgostino, e at¬traverso la traduzione del Timeo, del Menone e del Fedone, gli unici dialoghi platonici direttamente accessibili. Di Aristotele lalto medioevo aveva conosciuto i sei trattati che formano lOr¬ganon nella traduzione di Boezio. Anselmo di Aosta e Abelardo Le menti filosofiche più acute del XII secolo furono Anselmo di Aosta e Abelardo: il problema di¬scusso fu quello degli universali. Anselmo di Aosta fu pensatore ancor sulla scia di santAgostino, ma aprì il cammino che condus¬se a Tommaso dAquino. Il problema di santAnselmo era di dimo¬strare con la sola ragione lesistenza di Dio: credette di poter¬lo fare oggettivando lessere del quale non ne possiamo pensare uno più grande: pensando Dio come essere perfetto occorre pen¬sarlo come esistente, perché lesistenza è una perfezione. Il problema degli universali Il dibattito degli universali nac¬que dalla passione dei medievali per la logica. Essi si scontra¬rono col problema di cercare di stabilire che grado di realtà possedessero le cosiddette intenzioni logiche, come il genere e la specie: ai termini giustizia o umanità corrisponde qualche entità, o sono solo convenzioni del linguaggio per non fare lun¬ghe enumerazioni di oggetti aventi qualche relazione tra loro? I nominalisti sostenevano che gli universali erano solo convenzio¬ni verbali; i realisti invece sostenevano che gli universali avessero unesistenza propria in grado di concretarsi in singoli individui. Il problema sembrerebbe astratto, privo di conseguen¬ze, ma se si applica il nominalismo al problema di Dio si giunge al triteismo, perché non si riesce a spiegare la presenza di una sola natura in tre persone che non si separano e non si confondo¬no tra loro; e se viene applicato alla Chiesa, non si può parlare di corpo mistico di Cristo, bensì di una designazione convenzio¬nale di tutti i cristiani. Abelardo Abelardo fu lindiscusso protagonista filosofico di questetà. Il suo merito maggiore fu daver avviato a soluzione il problema degli universali, sostenendo una posizione intermedia che va sotto il nome di realismo moderato, opposto sia al reali¬smo esagerato (affermare che esistono realtà separate simili alle idee platoniche, poste al di fuori delle singole cose reali); sia al nominalismo che consiste nellaffermare che i termini astratti sono mere convenzioni del linguaggio umano. La soluzione indicata dal realismo moderato è che lintelletto umano possiede la facol¬tà di cogliere nei singoli enti ciò che vi è di intelligibile e quindi di universale. La scienza del XII secolo Un grande cammino, analogo a quello compiuto in filosofia, fu realizzato anche nelle scienze della natura. Il vertice del sapere scientifico nellalto medioevo fu raggiunto dalle Etimologie di Isidoro di Siviglia, una specie di enciclopedia che comprende le sette arti liberali, la medicina, il diritto, la geografia, larchitettura, lagraria, la scienza militare. Colui che fosse riuscito a leggere le Etimologie poteva pensare di saper tutto, ma in realtà le Etimologie sono piene di notizie fantasiose come quella circa lesistenza degli sciopodi, collocati in Etiopia, e forniti di un solo piede, ma tanto grande che, quando destate si stendono per terra, col piede possono farsi ombra: dovendo combattere con notizie di questo genere, non era difficile elaborare una scienza superiore a quella di Isido¬ro. La matematica Nelle singole discipline, per quanto riguarda la matematica avvenne la traduzione degli Elementi di Euclide, rima¬sti presenti da allora nella cultura di base di ogni europeo come modello di procedimento razionale, esemplare deduzione da principi autoevidenti. Nel 1126 Adelardo di Bath fece conosce¬re alloccidente le tavole numeriche di al-Khuwarizmi; nel 1146 Roberto di Chester tradusse dello stesso autore lAlgebra. Nel 1202 Leonardo Fi¬bonacci da Pisa compose il Liber abaci, il primo trattato di ma¬tematica delloccidente. Lastronomia LAlmagesto di Tolomeo, il più importante compendio di astronomia dellantichità, fu tradotto dal greco e dallarabo intorno al 1160 e rapidamente eclissò le altre teorie co¬smologiche. Più tardi furono tradotte tutte le opere di filosofia naturale di Aristotele e anchesse assunsero un predominio per certi versi eccessivo perché schiacciarono lapproccio alla cono¬scenza della natura di tipo sperimentale-induttivo. Lastrologia Nel XII secolo avvenne anche lo sviluppo abnorme dellastrologia che probabilmente non andò mai del tutto perduta nellalto medioevo, ma che allora ricevette la codificazione in scienza, sollevando discussioni che non sono ancora finite. Col¬legata con lastrologia si sviluppò lalchimia, basata sulla per¬suasione che esista la possibilità di trasformare vili metalli in oro: dallalchimia sappiamo che si è sviluppata la chimica, come dallastrologia si è sviluppata lastronomia. La medicina La medicina del XII secolo è importante per il recu¬pero pressoché completo della medicina greca che trovò in Salerno il centro di irradiazione in tutto loccidente. I maestri saler¬nitani si occuparono di farmacologia, di chirurgia, di igiene: le prescrizioni erano raccolte in distici elegiaci latini, recitati quasi come prover¬bi. Gli arabi avevano in questo campo maggiori conoscenze speri¬mentali e perciò per secoli risultarono più affidabili come medi¬ci dei loro colleghi occidentali. La zoologia e la botanica La zoologia e la botanica rimasero a uno stadio descrittivo e sempre nei trattati medievali di queste scienze si trova la descrizione della fenice o del liocorno come animali realmente esistenti sulla base dellautorità di un autore antico. Il lavoro compiuto dal secolo XII nel campo delle scienze, pur con tutti i limiti accennati, fu davvero cospicuo e vale la pena approfondire la conoscenza di questo capitolo di storia del¬la scienza. 13. 6 La nascita delle università Mentre nellXI secolo la cultura si identificava con ciò che si poteva imparare coltivando le sette arti liberali del trivio e del quadrivio, nel XII secolo si erano aggiunte la logica, la ma¬tematica, lastronomia, il diritto, la medicina e la teologia: ma giunti a questo punto, il sapere si era tanto esteso da esigere una istituzione in grado di conservare e accrescere il sapere stesso. La nascita delle università Il mondo antico greco-romano non aveva conosciuto qualcosa di analogo alle università: se questo termine viene impiegato a proposito delle scuole filoso¬fiche di Atene si tratta di un uso improprio, perché quelle istituzioni, anche quando gli insegnamenti erano sovvenzionati dallo Stato, non si erano organizzate in facoltà e istituti in possesso di un piano di studi determinato, con un titolo di lau¬rea a conclusione degli studi. Luniversità come la conosciamo noi è creazione del medioevo ed è un frutto specifico del XII secolo. Il termine università deriva dalla dizione uni-versitas societas magistrorum discipulorumque, nel significato di corporazione generale dei maestri e degli studenti, la migliore definizione di università. Il termine università veniva impie¬gato per molte altre corporazioni, anche per indicare i comuni, ossia le associazioni volontarie e giurate di un gruppo di uomini che stabilivano di darsi un determinato statuto per autogovernar¬si. Sembra che in Italia le università siano nate da corporazioni di studenti che si riunivano dandosi uno statuto in forza del quale chiamavano a far parte della corporazione maestri idonei a insegnare una disciplina, e che il rettore, il capo della corporazione, venisse nominato dagli studenti. Gli studenti Gli studenti avevano un abbigliamento ben definito e uno status giuri¬dico riconosciuto dalle autorità civili ed ecclesiastiche. Quando superavano le prove previste dalla corporazione e desideravano continuare a studiare perché avevano talento, ricevevano un atte¬stato, la venia docendi, continuando a rimanere nella corporazio¬ne come maestri, proprio allo stesso modo degli altri artigiani che entravano in una corporazione come garzoni e poi, se appren¬devano larte in modo adeguato, rimanevano nella corporazione col grado di maestri e col diritto di aprire una bottega pro¬pria. Lorigine dei titoli accademici, la laurea, fu perciò la licenza di inse¬gnare, ancora adombrata nel titolo di dottore che conclude an¬cor oggi i corsi universitari. La laurea La prova conclusiva dei candidati al titolo di dottore era una lezione tipo o inceptio, tenuta davanti ai maestri della corporazione, proprio come si fa ai giorni nostri con la disser¬tazione di laurea, al termine della quale il preside della facol¬tà proclama il candidato uguale ai maestri, capace di insegnare ciò che ha dimostrato di conoscere quanto loro. La Sorbona di Parigi Allinizio la corporazione degli studenti non aveva edifici propri e perciò doveva chiedere alloggio a un monastero o a una scuola cattedrale che avevano sem¬pre locali destinati allinsegnamento, ma quando il numero degli studenti crebbe, fu necessario provvedere a nuovi edifici. La Sorbona di Parigi nacque per iniziativa di Robert de Sorbon che lasciò una somma di denaro per costruire un collegio in grado di ospitare numerosi studenti di teologia. Le scuole delle cattedrali Nel XII secolo limportanza delle cattedrali divenne massima come centro pulsante della vita reli¬giosa di ogni città: le scuole annesse alla cattedrale ebbero analogo impulso, divenendo tanto importanti da vivere di vita au¬tonoma, come accadde per le università di Parigi e di Orléans. A differenza di quanto avvenne in Italia, nelle università francesi finirono per prevalere i maestri, e perciò il rettore era nomina¬to da loro. Si può affermare che la vita studentesca fu più tur¬bolenta in Italia proprio in forza del maggior potere che avevano gli studenti e dove era perciò possibile che avvenisse labbando¬no da parte di un maestro che si trasferiva altrove portandosi dietro un codazzo di studenti: luniversità di Padova nacque nel 1222 da una secessione di alcuni insegnanti di Bologna che, stan¬chi della turbolenta vita bolognese, si trasferirono aprendo il nuovo studio. Le città universitarie La presenza di tanti studenti forestieri ha condizionato lo sviluppo urbanistico di Bologna e Padova: poiché mancavano gli alloggi, i proprietari delle abitazioni ot¬tennero di occupare una parte della strada costruendo un portico che permetteva il transito dei passanti, e sopra il portico era costruita una stanzetta con letto, tavolo, sedia e un lume: il tutto veniva affittato allo studente per la durata degli studi. Le fonti sono ricche di notizie circa disordini e tafferugli creati dalla presenza di studenti nelle città medievali, con pe¬staggi e successive pacificazioni tra la corporazione degli stu¬denti e le autorità cittadine, che a volte si dimostrarono tanto intolleranti da far emigrare la corporazione studentesca verso città più compiacenti. Chiesa e Stato di fronte alle università Verso lanno 1200 il re di Francia Filippo Augusto, e più ancora il papa, presero sotto la loro protezione linteressante movimento universitario. In quellanno Filippo Augusto riconobbe con decreto la corporazione degli studenti di Parigi e dei loro maestri, rimproverando il prevosto (il capo della polizia) per aver attaccato un albergo di studenti tedeschi, causando la morte di alcuni di loro: il re stabilì che gli studenti stranieri dovevano ricevere giustizia e protezione per i loro averi sottraendoli alle corti giudiziarie or¬dinarie. Nel 1215 il legato pontificio pubblicò a Parigi unordinanza che stabiliva il curriculum delle facoltà delle arti e di teologia; nel 1231 il papa estese alluniversità di Parigi il privilegio di riconoscere la validità legale dei diplomi che essa erogava. Oxford Il motivo per cui Oxford divenne la prima università in¬glese non è conosciuto: non era sede di cattedrale e non eccelle¬va per alcun altro titolo sulle città inglesi del tempo, molte delle quali erano assai più idonee ad accogliere quellimportante istituzione: forse il motivo va cercato nella convenienza di tener lontani dalla ca¬pitale i sempre turbolenti studenti, come fece Venezia che li confinò a Padova, o Milano che li confinò a Pavia fino a tempi recenti. 13. 7 Cronologia essenziale 1060 Nasce Irnerio il maggiore dei glossatori di Bologna. 1088 A partire da questo anno a Bologna si sono tenuti ininterrottamente corsi di diritto romano. 1140 Graziano pubblica a Bologna la Concordantia discordantium canonum, il testo di base per la codificazione del diritto cano¬nico. 1160 Nasce luniversità di Montpellier. 1202 Leonardo Fibonacci pubblica il Liber abaci, il primo trattato di matematica delloccidente. 1222 Nasce luniversità di Padova da una secessione di studenti e professori delluniversità di Bologna. 1224 Per iniziativa di Federico II è creata luniversità di Napoli. 1231 Il papa riconosce la validità legale dei diplomi delluni¬versità di Parigi. 13. 8 Il documento storico A differenza di quanto accade ai nostri giorni, i maestri medievali erano tenuti a completare il programma. Se per¬devano tempo, erano pesantemente multati. Infatti, gli studen¬ti non aspiravano a un sapere teorico, in qualche modo disinte¬ressato, bensì a impadronirsi della tecnica giuridica, da appli¬care subito allesercizio della professione. Il documento che se¬gue, dellUniversità di Bologna nellanno 1252, fa riferimento allinsegnamento del Decretum di Graziano. “I dottori di diritto canonico devono attenersi al seguente programma: per la prima parte del Decretum devono giungere fino alla distinctio 23 (che riguarda lelezione e lordine del ponte¬fice, dei vescovi e degli altri ecclesiastici) entro il mese di Ottobre, e i giorni utili sono 16; per la seconda parte del De¬cretum devono giungere fino alla causa 2, questio 4, in fine (che è dopo la 5 e riguarda la questione matrimoniale). Alla fine di Novembre i dottori devono essere arrivati alla distinctio 40 (che riguarda la funzione sacerdotale e la giudicabilità del papa) per la prima parte e alla fine della causa 2 (sul diritto di accusa) per la seconda parte. Alla fine di Dicembre bisogna essere giunti alla distinctio 51 (ordine sacerdotale e immunità vescovili) per la prima parte e alla fine della causa 3 (questioni testimoniali) per la seconda parte: i giorni utili sono 13. Alla fine di Gen¬naio deve essere raggiunta la distinctio 80 (sedi vescovili e pa¬triarcali) per la prima parte e la causa 6 (giurisdizione eccle¬siastica) per la seconda parte: i giorni utili sono 21. Alla fine di Febbraio deve essere terminata la lettura della prima parte del Decretum, fino alla distinctio 101 (privilegi dei vescovi me¬tropolitani); per la seconda parte bisogna arrivare alla fine della causa 8 (giurisdizione ecclesiastica): i giorni utili sono 18. Alla fine di Marzo bisogna giungere alla causa 12 (diritto testamentario) per la prima parte, e alla fine della causa 17 (giurisdizione penale) per la seconda parte: i giorni utili sono 21. Alla fine di Aprile i dottori di diritto canonico devono aver raggiunto la causa 13, questio 2 (diritto penitenziale) per la prima parte, e la fine della causa 28 (diritto matrimoniale) per la seconda parte: i giorni utili sono 10, dopo la Pasqua. Alla fine di Maggio deve essere raggiunta la causa 16, questio 6 (pro¬prietà ecclesiastica) per la prima parte, e la fine della causa 31 (diritto matrimoniale): i giorni utili sono 17. Alla fine di Giugno si arriva alla causa 22, questio 2 (mendacio e spergiuro) per la prima parte, e alla fine della causa 32, questio 4 (giuri¬sdizione penale) per la prima parte, e alla distinctio 2 del trat¬tato de consacratione (il sacramento dellEucaristia): i giorni utili sono 22. Alla fine dAgosto si perviene alla causa 24 (giu¬risdizione antiereticale) per la prima parte e alla fine del De¬cretum per la seconda parte. E se qualcuno dei dottori di diritto canonico non sarà arri¬vato al primo punto, subirà una pena pecuniaria di tre libbre; se non sarà arrivato al secondo punto, dopo aver terminato il primo, pagherà una pena di cinque libbre bolognesi. Se non sarà arrivato al terzo punto, pagherà una pena di dieci libbre bolognesi, di lì in avanti subirà la pena di dieci libbre bolognesi per ciascun punto non portato a termine. E, superata la cifra di venticinque libbre bolognesi, sia tenuto a depositarne altrettante. Non potrà ricevere lo stipendio, se prima non avrà esaudito la pena e non avrà fatto il sopraddetto deposito. Nessun dottore può avere im¬munità, perché da solo o per mezzo di un supplente può rispettare la regola dei punti”. Fonte: Università e studenti a Bologna nei secoli XIII e XIV, a cura di C. DOLCINI, UTET, Torino 1988, pp. 47-48. 13. 9 In biblioteca Fondamentale il libro di C.H. HASKINS, La rinascita del dodi¬cesimo secolo, il Mulino, Bologna 1972; per la nascita dellUni¬versità ottimo il volume di G. ARNALDI, Le origini delluniversi¬tà, il Mulino, Bologna 1974; e di J. VERGER, Le università del Medioevo, il Mulino, Bologna 1983. Per i problemi della scuola si consulti di P. RICHE, Dalleducazione antica alleducazione ca¬valleresca, Mursia, Milano 1970. Per la storia della filosofia medievale è fondamentale di E. GILSON, La filosofia nel Medioevo, la Nuova Italia, Firenze 1978. Una vera miniera per la storia letteraria è di E.R. CURTIUS, Letteratura delle letterature, il Mulino, Bologna 1983.
Posted on: Sat, 02 Nov 2013 08:36:31 +0000

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