IL CLNAI[modifica | modifica sorgente] Alfredo Pizzoni, - TopicsExpress



          

IL CLNAI[modifica | modifica sorgente] Alfredo Pizzoni, presidente del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) Anche a Milano fin dai giorni di settembre era stato costituito un Comitato di Liberazione Nazionale che assunse subito grande importanza, i dirigenti del CLN di Roma guidato da Bonomi riconobbero a gennaio 1944 la necessità di un coordinamento della lotta partigiana al nord e quindi vennero delegati al comitato di Milano tutti i poteri politico-militari per lAlta Italia, nonostante qualche divergenza con il comitato di Torino. Diretto dallindipendente Alfredo Pizzoni (Longhi), il comitato milanese si trasformò in CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) e per il resto della Resistenza guidò con efficacia la lotta partigiana nel cuore della Repubblica Sociale e dellapparato militare tedesco[90]. I componenti iniziali del CLNAI furono: i liberali Giustino Arpesani e Casagrande, i comunisti Girolamo Li Causi e Giuseppe Dozza, gli azionisti Albasini Scrosati e Ferruccio Parri, i socialisti Veratti (poi deceduto) e Viotto, i democristiani Casò e Enrico Falck. Successivamente la composizione mutò: si aggiunsero i liberali Anton Dante Coda e Filippo Jacini; tra i comunisti, Dozza si recò in Emilia e a Li Causi si aggiunsero Emilio Sereni e Luigi Longo che poi passò al CVL; tra gli azionisti, Parri passò al CVL e ad Albasini si aggiunsero Riccardo Lombardi e Leo Valiani; tra i socialisti si aggiunsero Marzola, Sandro Pertini, Rodolfo Morandi; tra i democristiani, Casò fu sostituito da Achille Marazza a cui si aggiunse anche Augusto De Gasperi. La presidenza del CLNAI restò a Pizzoni sino alla Liberazione; il 27 aprile 1945 al suo posto subentrò il socialista Morandi. Il ruolo del CLNAI crebbe di importanza durante la guerra; dopo la delega dei poteri al nord ottenuta dal CLN di Roma il 31 gennaio 1944, finalmente il 26 dicembre 1944 anche il governo di unità nazionale di Bonomi affidò i poteri di direzione nellalta Italia al CLNAI, che quindi di fatto assunse il ruolo di terzo governo o governo ombra nei territori occupati[91]. Organizzato come un governo straordinario del Nord, il CLNAI riuscì a mantenere la coesione tra le diverse posizioni politiche, mantenne i rapporti, a volte difficili, con gli Alleati, si occupò del problema del finanziamento della guerra partigiana (compiti assunti soprattutto da Pizzoni e Falck) attraverso reti di collegamento con la Svizzera; inoltre concluse anche accordi di collaborazione con la Resistenza francese e jugoslava[92]. Il Corpo Volontari della Libertà (CLV)[modifica | modifica sorgente] Alla metà del 1944 le forze politiche della Resistenza e il CLNAI presero la decisione, inizialmente su proposta di Longo, di creare una nuova struttura militare unificata di tutte le forze partigiane combattenti; il 19 giugno il CLNAI decretò la costituzione di un comando generale militare per lalta Italia, a capo del cosiddetto Corpo Volontari della Libertà (CVL), ovvero il complesso dei reparti partigiani attivi. Il nuovo comando, ufficialmente costituito a partire dal 1º luglio 1944, venne suddiviso in quattro sezioni: operativa (comprendente a sua volta gli uffici operazioni, informazioni, propaganda e aviorifornimenti), sabotaggio, mobilitazione e servizi[93]. La cosiddetta politica dellunificazione si impose solo dopo notevoli contrasti tra le forze politiche del CLN. Il generale Raffaele Cadorna, comandante generale del CVL Dopo il ritorno di Palmiro Togliatti in Italia il 27 marzo 1944 e la sorprendente svolta di Salerno illustrata dal segretario generale, che indicava la necessità di costituire un governo di unità nazionale (poi costituito il 22 aprile) e di concentrarsi nella lotta di liberazione rinviando le questioni costituzionali e politiche al dopoguerra[94], i comunisti proposero lunificazione delle forze della Resistenza, sperando in questo modo di porre le basi per la trasformazione dei partigiani in un esercito regolare da integrare con quello del sud. Gli azionisti invece, che aderirono solo con grande riluttanza alle proposte togliattiane, miravano alla costituzione di un braccio politico-militare a disposizione del CLN inteso come nuovo governo democratico, mentre i socialisti furono apertamente critici, temendo un ritorno delle gerarchie reazionarie. A livello delle formazioni combattenti, i partigiani garibaldini e giellisti si mostrarono in gran parte scettici, aderirono solo formalmente alliniziativa e mantennero ufficiosamente le vecchie denominazioni, salvaguardando le loro tradizioni e i loro rituali[95]. Sorse quindi il problema della scelta del capo del comitato generale del CVL. Il CLNAI propose al generale Alexander linvio al nord del generale Raffaele Cadorna come consigliere militare, e, dopo il consenso alleato, il generale arrivò al nord lanciandosi con il paracadute nel bergamasco, quindi, dopo essersi trattenuto tra le Fiamme Verdi del bresciano, raggiunse Milano. Dopo una serie di contrasti e di polemiche sul ruolo effettivo riservato al generale, anche a causa delle manovre di Edgardo Sogno dirette ad organizzare un rigido controllo dei moderati e degli alleati sulle forze partigiane, si giunse ad un compromesso. Il generale Cadorna divenne ufficialmente il comandante del CVL con poteri limitati, membri aggiunti del comando furono designati il liberale Mario Argenton e il democristiano Enrico Mattei, ma la direzione reale della guerra partigiana rimase nelle mani dei due vice-comandanti Luigi Longo Gallo e Ferruccio Parri Maurizio che mantennero saldamente il controllo delle formazioni più numerose, efficienti e combattive garibaldine e gielliste[96]. Nellinverno del 1944 finalmente il CLNAI e il CVL ottennero un riconoscimento ufficiale dagli Alleati; il 14 novembre una delegazione della Resistenza, formata da Parri, Pajetta, Sogno e Pizzoni, raggiunse (via Lugano-Lione) Roma per incontrarsi con i comandanti alleati, diffidenti delle forze partigiane e timorose di un predominio comunista allinterno del movimento resistenziale. A partire dal 23 novembre a Caserta si svolsero i difficili colloqui tra le due delegazioni guidate da Parri e dal generale britannico Henry Maitland Wilson, comandante supremo alleato del fronte Mediterraneo. Dopo alcuni contrasti e alcuni chiarimenti, il generale Wilson, avendo ottenuto garanzie sul passaggio immediato di poteri nelle zone liberate alle autorità alleate e sulla consegna delle armi, firmò il 7 dicembre il patto con le forze della Resistenza, riconoscendone lautorità al nord, garantendo finanziamenti e rifornimenti, programmando la collaborazione operativa. I delegati del CLNAI fecero quindi ritorno a Milano, mentre Giancarlo Pajetta rimase a Roma come rappresentante della Resistenza[97]. Guerra partigiana[modifica | modifica sorgente] « Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra costituzione. » (Piero Calamandrei, Discorso ai giovani sulla Costituzione nata dalla Resistenza. Milano, 26 gennaio 1955) Esordi partigiani e le insurrezioni al sud[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Quattro giornate di Napoli. Le prime esperienze del movimento partigiano nelle settimane dopo l8 settembre 1943 furono dolorose e difficili, di fronte alla potenza dellapparato militare germanico ed ai metodi repressivi spietati dellinvasore: la Brigata Proletaria, costituita dagli operai di Monfalcone guidati da Ostelio Modesti, organizzarono, in cooperazione con reparti della resistenza slovena, una aspra difesa a Gorizia ma vennero infine dispersi dallintervento di una divisione di fanteria tedesca[98]; a Meina sul lago Maggiore si verificarono le prime deportazioni e le prime uccisioni di ebrei; a Boves i reparti Waffen-SS, durante un rastrellamento alla caccia del gruppo ribelle di Ignazio Vian, dispersero i partigiani, distrussero il villaggio e uccisero sommariamente alcune decine di civili; sul monte San Martino, il gruppo del colonnello Carlo Croce Giustizia, attestato su posizioni fisse in attesa del nemico, accettò lo scontro diretto e venne facilmente sbaragliato il 13 novembre dalle colonne tedesche[99]. Insorti durante le quattro giornate di Napoli Nonostante le infelici esperienze iniziali il movimento partigiano tuttavia continuò ad esistere, crebbe di numero, iniziò ad organizzarsi grazie allapporto dei primi comandanti politici direttamente collegati con i CLN e operò le opportune scelte tattiche, fondate sullo stanziamento in montagna, sulla mobilità e sulla guerriglia, evitando scontri diretti convenzionali contro le superiori forze nazifasciste. Mentre nel nord e centro Italia si costituivano ed entravano in azione le prime formazioni partigiane, le operazioni alleate al sud proseguivano con una certa difficoltà di fronte allefficace resistenza delle truppe tedesche. Lavanzata angloamericana e la metodica ritirata tedesca verso le posizioni predisposte della Linea Gustav, iniziata il 19 settembre, innescarono una serie di ribellioni spontanee da parte delle popolazioni meridionali che, prive di collegamenti organici con il movimento politico della Resistenza e poco organizzate, tuttavia intralciarono i nazifascisti e provocarono violente reazioni repressive sui civili. La prima insurrezione cittadina ebbe luogo a Matera dal 21 settembre e terminò con successo dopo larrivo delle truppe alleate; il 27 settembre ebbero inizio le quattro giornate di Napoli, una ribellione confusa, spontanea e disorganizzata che infastidì i tedeschi senza tuttavia impedirne le rappresaglie sistematiche (che si prolungarono fino ai primi di ottobre durante linsurrezione di Nola) e la ritirata strategica.[100] Altri nuclei consistenti di resistenza e ribellione al sud contro le forze occupanti tedesche ed il fascismo repubblicano si organizzarono in Abruzzo e nel Piceno. Nella provincia di Teramo il raduno di ribelli nel bosco Martese, guidato da capi come i fratelli Rodomonte e Armando Ammazzalorso, venne disperso dalle truppe tedesche, ma i superstiti si riorganizzarono e iniziarono la guerriglia, mentre nella provincia di Ascoli, sul colle San Marco, il concentramento partigiano guidato da Spartaco Perini venne distrutto dopo un duro scontro il 3 ottobre. Il 5 ottobre ebbe inizio invece la sfortunata insurrezione di Lanciano che venne sedata con brutale violenza dalle truppe tedesche.[101] Repressioni e rappresaglie[modifica | modifica sorgente] Tra dicembre 1943 e gennaio 1944 le forze tedesche organizzarono le prime massicce operazioni di repressione antipartigiana al nord, sostenute dai reparti fascisti di Salò e caratterizzate da grande determinazione e da metodi intimidatori e terroristici anche nei confronti dei civili[102]: le truppe della Wehrmacht, addestrate e ben organizzate, ritornarono dal 28 dicembre a Boves dove gli autonomi di Ignazio Vian furono dispersi; solo il comandante e 40 uomini trovarono rifugio in valle Peiso. Dopo nuovi successi nella val Gesso e nella val Maira, i tedeschi trovarono grosse difficoltà in val Grana, dove i giellisti della brigata Italia libera di Duccio Galimberti e Livio Bianco si batterono con notevole abilità e mantennero la coesione sfuggendo alla distruzione; dopo una serie di scontri i partigiani ripiegarono a Paralup dove si riorganizzarono.[103] Il comandante garibaldino Felice Cascione, medico e capo dei partigiani nei monti sopra Imperia, ucciso in azione il 27 gennaio 1944 ad Alto. Anche nella provincia del monte Rosa i garibaldini di Gastone e Moscatelli evitarono la disfatta e contennero loffensiva tedesca rimanendo uniti e combattivi. Finì invece in un disastro la battaglia di Megolo del 13 febbraio 1944 dove il comandante Filippo Beltrami, preferì lo scontro frontale contro i nemici senza ripiegare. I partigiani vennero sbaragliati con pesanti perdite e caddero sul campo lo stesso Beltrami, il monarchico Antonio Di Dio ed i comunisti Gaspare Pajetta e Gianni Citterio.[104] Nel Friuli le operazioni di repressione tedesche in gennaio furono particolarmente massicce contro i garibaldini della brigata Friuli; il comandante Giacinto Calligaris Enrico venne ucciso e la formazione venne praticamente distrutta, mentre le forze tedesche dispiegarono metodi di lotta violenti e costellati di devastazioni e rappresaglie. I partigiani superstiti riuscirono tuttavia a ripiegare dietro lIsonzo e ben presto cominciarono a riorganizzarsi entrando in collegamento con le forti unità della Resistenza slovena che già nel settembre 1943 erano penetrate nella regione abbandonandosi a violente vendette sulla popolazione italiana prima di essere respinte dai tedeschi[105]. Questi primi mesi della Resistenza furono molto duri per i partigiani che ancora poco organizzati, quasi privi di armi e munizioni, non sostenuti dagli Alleati, dovettero affrontare una vera lotta per la sopravvivenza.[106] In Liguria i garibaldini della brigata Cichero sfuggirono alla distruzione ma ad Alto, sulle montagne sopra Imperia, venne ucciso il 27 gennaio Felice Cascione, medico e comandante dei partigiani della zona; in Piemonte Barbato riuscì a salvare pochi decine di uomini in un rifugio sotto il Monviso.[107] Nonostante le difficoltà concrete e lo scarso interesse delle potenze alleate per la lotta partigiana, manifestato francamente a Parri dai capi dei servizi anglo-americani in Svizzera (il britannico John McCaffery e lo statunitense Allen Dulles) in un incontro il 3 novembre 1943, la Resistenza riuscì a sopravvivere durante linverno ed a svilupparsi qualitativamente e quantitativamente principalmemte grazie alla favorevole situazione generale sui fronti di guerra che faceva prevedere un crollo del Terzo Reich, allafflusso dei giovani renitenti alle leve della Repubblica di Salò che, pur creando problemi di coesione e di organizzazione alle vecchie e sperimentate formazioni, permisero un aumento numerico imponente dei combattenti, ed anche alla crescente ostilità della popolazione ed in particolare della classe operaia verso il regime fascista e loccupante tedesco[108]. Gli scioperi generali dal 1 al 8 marzo 1944, promossi soprattutto dai comunisti, a cui presero parte oltre 500.000 lavoratori del nord, si conclusero con un successo politico per le forze antifasciste nonostante alcuni fallimenti locali ed i limitati risultati pratici raggiunti; le autorità nazifasciste, a dispetto della violenta repressione, non riuscirono a fermare le manifestazioni e persero ulteriore credibilità nei confronti della popolazione mentre divenne evidente la crescente influenza delle forze politiche di sinistra e lostilità della classe operaia verso le ambigue politiche sociali della Repubblica di Salò.[109] La primavera del 1944 e loffensiva partigiana destate[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Battaglia di val Casotto, Eccidio della Benedicta e Repubblica della Valsesia. A partire dal marzo 1944 il comando tedesco diede il via ad un nuovo ciclo offensivo di rastrellamenti concentrato sullEmilia, la Liguria e il Piemonte, regioni potenzialmente obiettivo di possibili sbarchi alleati; in Emilia le truppe tedesche sgominarono rapidamente i gruppi partigiani, mentre in Piemonte i combattimenti si prolungarono con esito alterno e con perdite per entrambe le parti. Le forze nazifasciste impegnate furono ingenti: due divisioni Waffen-SS etniche e una di truppe da montagna, rinforzate da reparti ucraini e mongoli; anche un battaglione di bersaglieri, reparti della Tagliamento e della Muti parteciparono ai rastrellamenti. Le maggiori sconfitte delle formazioni partigiane si verificarono nella val Casotto, dove gli autonomi di Mauri (oltre 1.200 uomini, secondo i dati tedeschi[110]) subirono dure perdite e furono dispersi a causa anche di eccessivo ottimismo e di alcuni errori tattici[111]. Le forze tedesche del kampfgruppe Rohr (appartenente alla 356ª Divisione fanteria) attaccarono dal 13 marzo e accerchiarono rapidamente le bande partigiane che vennero sbaragliate completamente entro il 24 marzo[112]. Solo il comandante Mauri e circa 100 uomini ripiegarono in salvo sul monte Alpet. Anche in val Varaita e alla Benedicta i tedeschi ebbero rapidamente la meglio: i garibaldini della brigata Morbiducci e gli autonomi del capitano Oddino vennero sbaragliati e le colonne tedesche, che subirono perdite modeste[113], percorsero liberamente le vallate e rastrellarono il monte Tobbio, disgregando le deboli formazioni partigiane e compiendo numerose rappresaglie.[114] Partigiani garibaldini in Valsesia; in piedi al centro con il basco nero è Cino Moscatelli Nelle altre zone invece le formazioni partigiane si batterono con successo, evitando scontri frontali ed adottando tattiche di guerriglia: in val Maira i giellisti di Dalmastro e Bocca ressero bene i rastrellamenti e mantennero le loro forze, mentre nella valle Stura i reparti di Ettore Rosa, Livio Bianco e Nuto Revelli furono duramente impegnati ma scamparono alla distruzione e continuarono a rimanere attive ed efficienti. Uguali successi ottennero contro i rastrellamenti nazifascisti anche i garibaldini di Barbato nella valle Po, i giellisti nella val Pellice, gli autonomi di Marcellin nella valle dAosta e i garibaldini di Ciro Gastone e Cino Moscatelli nella Valsesia che, nonostante iniziali difficoltà,[115] evitarono i rastrellamenti nemici sfruttando la loro grande mobilità.[116] Dopo aver resistito alle operazioni di repressione nazifasciste di primavera, i reparti partigiani, rafforzati dallafflusso di nuovi elementi galvanizzati dallapparente vittoria alleata su tutti i fronti del giugno 1944 (i cosiddetti partigiani estivi o anche partigiani sfollati),[117] salirono ad oltre 50.000 combattenti, di cui 25.000 garibaldini comunisti, 15.000 giellisti e 10.000 autonomi.[118] Queste formazioni partigiane passarono a loro volta alloffensiva e nellestate, secondo i progetti del CVL, estesero progressivamente le aree liberate allintera fascia appenninica e alpina e alle regioni collinari. Vennero costituite quindici zone libere (le piccole repubbliche) con unamministrazione politica, economica e finanziaria, elezioni, polizia e difesa.[119] In Piemonte le formazioni garibaldine di Barbato e Nanni, gielliste di Livio Bianco e autonome di Mauri liberarono le valli del Cuneese, la val Pellice e la val Chisone, la Val dAosta venne quasi completamente liberata dalle formazioni autonome di Marcellin, mentre nel Biellese le forze garibaldine di Gemisto liberarono tutte le colline circostanti la città. Nella Valsesia le Brigate Garibaldi di Ciro (Eraldo Gastone) e Cino (Vincenzo Moscatelli) organizzarono una serie di veloci incursioni, raggiunsero Borgosesia il 10 giugno ed organizzarono la repubblica che sarebbe durata con alterne vicende fino alla Liberazione, mentre a Lanzo Torinese i garibaldini ottenero numerosi successi durante duri scontri contro reparti fascisti.[120] Anche nellAppennino ligure i partigiani guadagnarono molte posizioni: nella regione di Imperia, a Badalucco, la divisione Garibaldi Cascione si batté con successo contro forze superiori; mentre nellAppennino modenese il comandante Armando (Mario Ricci) organizzò la Repubblica di Montefiorino. Infine nel bellunese la Divisione Garibaldi Nanetti, comandata da Milo, costituì una zona libera nellaltopiano del Cansiglio[121] ed in Friuli avanzarono con successo i garibaldini della Natisone e della Friuli e i partigiani delle Osoppo che liberarono un vasto territorio lungo il Tagliamento.[122] Nel maggio del 1944 si osservo anche unintensa attività diplomatica condotta dai giellisti delle Alpi cuneesi con la Resistenza Francese. Vi furono più contatti i quali culminarono con gli incontri di Saretto che portarono alla firma di accordi sul piano politico e militare conclusi tra delegati del CLN del Piemonte e della pari istituzione francese. Liberazione del centro Italia[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Resistenza romana e Eccidio delle Fosse Ardeatine. Durante linverno del 1943-44 le operazioni alleate contro la munita Linea Gustav andarono incontro ad una serie di sanguinosi insuccessi: le difese di Cassino si dimostrarono quasi impenetrabili, mentre anche lo sbarco ad Anzio (gennaio 1944) non risolse la situazione a favore gli Alleati e rischiò invece di trasformarsi in un disastro.[123] In questo periodo a Roma si succedettero vive speranze di liberazione e amare delusioni. La presenza del Vaticano e del Papa Pio XII, con le sue dichiarazioni per la riconciliazione e per la salvaguardia della vita umana, incoraggiò un atteggiamento di resistenza passiva da parte della cittadinanza, mentre lapparato repressivo nazifascista poté controllare solo con metodi violenti la situazione, schiacciare i nuclei della resistenza militare del colonnello Montezemolo, ed eseguire spietate rappresaglie contro ostaggi e prigionieri in risposta a un atteggiamento comunque non collaborativo dei cittadini e alle sporadiche ma efficaci iniziative dei GAP contro soldati tedeschi, militi e importanti esponenti fascisti repubblicani.[124] Unennesima offensiva alleata contro la Linea Gustav ebbe inizio l11 maggio 1944 e finalmente ebbe successo;[125] le truppe alleate sfondarono il fronte di Cassino e avanzarono ricongiungendosi con i reparti attestati nella testa di ponte di Anzio. Furono i soldati americani del generale Clark che entrarono a Roma il 4 giugno, mentre i reparti tedeschi erano impegnati ad eseguire una difficile ritirata e gli apparati repressivi nazifascisti avevano già abbandonato la capitale.[126] Roma, unica delle grandi città italiane, non insorse e attese larrivo delle truppe alleate[127]; le mediazioni vaticane, la debolezza della resistenza militare, la scomparsa dei nuclei gappisti, falcidiati dalla repressione, impedirono unattiva partecipazione popolare alla liberazione della città[128]. La città aveva comunque già pagato il suo tributo di sangue, con le 597 vittime di Porta San Paolo[129], le 335 delle Fosse Ardeatine, i 2.091 ebrei deportati nei campi di sterminio, i 947 cittadini deportati nel rastrellamento del Quadraro, i 66 martiri di Forte Bravetta, i dieci fucilati a Pietralata, le dieci donne uccise presso il Ponte dellIndustria per aver assaltato un forno e i quattordici ex-detenuti di Via Tasso, massacrati a La Storta, proprio il giorno della Liberazione (4 giugno 1944).[130] Il comandante della Divisione Garibaldi Arno Aligi Barducci (Potente), che rimase ucciso il 7 agosto durante i combattimenti per liberare Firenze Nello stesso periodo si rafforzarono, con lafflusso di nuovi combattenti, le formazioni partigiane in Toscana. I garibaldini costituirono nella campagna senese e del grossetano la Divisione Garibaldi Spartaco Lavagnini (1000 uomini), comandata da Fortunato Avanzati, e nellarea Firenze-Arezzo la Divisione Garibaldi Arno (1700 uomini), guidata dal valoroso Aligi Barducci, Potente; i giellisti organizzarono le loro brigate Roselli (1200 uomini); mentre erano attive anche formazioni autonome guidate da Manrico Ducceschi Pippo sulle montagne di Pistoia, e in Garfagnana la Divisione Garibaldi Lunense, guidata dal maggiore britannico Anthony Oldham e con commissario politico Roberto Battaglia. Dopo una serie di contrasti tra garibaldini e giellisti ed alcune riuscite operazioni di repressione nazifasciste, le forze della resistenza si accordarono e costituirono un comando unificato partigiano in Toscana per passare allattacco delle forze nemiche in contemporanea con lavanzata alleata a nord di Roma.[131] Dopo la caduta di Roma lesercito tedesco del feldmaresciallo Kesselring aveva dato inizio ad una difficile ritirata di oltre 500 km per attestarsi sulle nuove posizioni appenniniche; la manovra, ostacolata dallintervento delle formazioni partigiane, fu nuovamente costellata da violenze, repressioni ed eccidi di civili a Gubbio, a Cortona, a Civitella in Val di Chiana, a San Giovanni Valdarno.[132] I partigiani si batterono validamente, liberarono Terni il 13 giugno, precedendo le truppe indiane dell8ª Armata britannica; entrarono a Spoleto e Foligno; i partigiani del Raggruppamento Monte Amiata ottennero un successo a Pitigliano e altri liberarono Grosseto il 15 giugno. Le operazioni continuarono in luglio in Toscana, Siena venne liberata il 3 luglio dalle truppe francesi senza lintervento partigiano, ma la divisione Garibaldi Arno il 15 luglio iniziò la marcia di avvicinamento a Firenze, intercettò le retroguardie tedesche e il 3 agosto raggiunse Fiesole e i sobborghi della città[133]. A Firenze Alessandro Pavolini, giunto in città il 18 giugno, cercò di organizzare la resistenza delle forze fasciste repubblicane; furono costituiti gruppi di franchi tiratori, mentre i membri della banda Carità si abbandonarono alle ultime violenze e omicidi prima di partire per il nord e riparare a Padova. Anche il segretario del PFR ritornò l8 luglio al nord, cosciente dellimminente caduta della città[134]. La battaglia per Firenze ebbe inizio il 28 luglio con i primi scontri a sud della città tra i partigiani e retroguardie di paracadutisti tedeschi. Il comando germanico, su istruzioni di Kesselring e dello stesso Hitler, organizzò metodicamente la ritirata: al guado dellArno una brigata giellista venne annientata, i ponti sul fiume vennero fatti tutti saltare tranne Ponte Vecchio, e le forze partigiane (circa 2.800 uomini in maggioranza garibaldini della Arno, ma anche giellisti, liberali e socialisti) rimasero divise in due parti[135]. Il 4 agosto entrarono in città a sud del fiume i primi reparti garibaldini, ma i combattimenti continuarono violenti; la guarnigione tedesca rimasta a Firenze, effettuò sistematiche distruzioni e mantenne ancora il controllo della città. Il 7 agosto rimase ucciso Barducci Potente, e solo la notte del 10-11 agosto i reparti tedeschi abbandonarono Firenze per risalire sulle colline nord dove si trincerarono e respinsero facilmente con gravi perdite i partigiani[136]. Allinterno della città, in un clima insurrezionale, le forze partigiane eliminarono lentamente i numerosi franchi tiratori fascisti rimasti e uccisero sommariamente molti collaborazionisti, mentre il CLNT (Comitato di Liberazione Nazionale Toscano) assunse i pieni poteri in attesa dellarrivo degli alleati che giunsero il 13 agosto[137]. Tuttavia i combattimenti nella periferia nord di Firenze continuarono molto duri fino ai primi di settembre, costarono molte perdite ai partigiani e si risolsero solo con il concorso decisivo delle forze alleate[138]. Nelle settimane precedenti i tedeschi avevano abbandonato anche lAbruzzo, dove la banda partigiana guidata da Armando Ammazzalorso entrò per prima a Teramo il 18 giugno, e le Marche, dove fin dal 13 giugno si era costituito un comando regionale partigiano. Alla fine del mese le formazioni della Resistenza iniziarono gli attacchi alle forze fasciste ed ai tedeschi in ritirata: il 1º luglio i partigiani della brigata Capuzzi liberarono Camerino, il 14 luglio venne raggiunta Ancona[139]. Combattimenti dietro la Linea Gotica[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Repubblica di Montefiorino, Linea Gotica e Strage di Marzabotto. Un soldato tedesco controlla i documenti di un civile italiano Le violente battaglie tra le formazioni partigiane e i reparti tedeschi e fascisti dellestate 1944 nel nord Italia derivarono in parte dalla situazione strategica generale sul fronte italiano; dopo il crollo della linea Gustav e la liberazione di Roma e Firenze il generale Alexander, comandante del 15º Gruppo darmate alleato che operava in Italia, sperò di ottenere una vittoria decisiva e quindi, pressato in questo senso anche dal Primo ministro britannico Churchill, per la prima volta sollecitò unintensificazione dellattività partigiana nelle retrovie del fronte tedesco per disorganizzarne la ritirata e minarne la sicurezza. Queste istruzioni vennero fornite direttamente l11 agosto dal generale Alexander al generale Raffaele Cadorna, nel momento della partenza di questultimo per assumere al nord il comando del Corpo Volontari della Libertà. In realtà il comando del CVL, insicuro della situazione e non edotto dei progetti strategici precisi alleati, preparò i primi piani insurrezionali ma invitò alla massima prudenza le formazioni partigiane[140]. La ritirata delle forze tedesche verso la Linea Gotica fu costellata da spietate operazioni di repressione e rappresaglia contro nuclei di partigiani (brigate Stella Rossa nel bolognese e Gino Mosconi nelle Apuane) e soprattutto contro i civili allo scopo di rendere sicure le vie di comunicazione e di intimidire le popolazioni terrorizzandone lo spirito di rivolta. Dopo loperazione Wallenstein condotta con scarso successo dal 30 giugno nella zona montuosa tra Parma e La Spezia, a giugno e luglio lungo la strada Roma-Firenze ed in particolare in agosto a SantAnna di Stazzema ed a settembre a Marzabotto (ad opera dei reparti del maggiore delle SS Walter Reder) reparti della Wehrmacht e delle Waffen-SS con la collaborazione dei fascisti repubblicani si macchiarono, durante gli aspri scontri contro i partigiani della Brigata Stella Rossa[141] guidati del comandante Lupo (Mario Musolesi, che rimase ucciso negli scontri), di numerose atrocità contro le popolazioni che costarono la vita ad oltre 2.000 civili[142]. In agosto venne anche decimata la famosa banda Corbari che si era trasferita sul monte Levane; Silvio Corbari, tradito e catturato con alcuni suoi luogotenenti, venne impiccato dai nazifascisti a Forlì il 18 agosto 1944[143]. Mentre proseguiva la tragica ritirata del grosso dellesercito tedesco verso nord, fin da luglio era in corso la battaglia di Montefiorino, dove la Divisione garibaldina Modena, guidata dal prudente e capace comandante Mario Ricci Armando, aveva costituito con i suoi 5.000 uomini una vasta regione libera, estesa da Pievepelago, a Serramazzoni, da Ligonchio a Carpineti, alle spalle delle posizioni tedesche. Gli alleati rinforzarono notevolmente questa regione libera con lanci di armi ed equipaggiamenti ed i partigiani organizzarono solide posizioni che riuscirono in un primo tempo a fermare lattacco di deboli unità Waffen-SS a Piandelagotti. Dopo vane trattative tra partigiani e tedeschi, sfruttate dal comando del generale Messerle per rinforzare le sue forze, alla fine di agosto oltre 8.000 soldati tedeschi, con contingenti di sostegno fascisti, attaccarono con artiglieria e autoblindo la regione di Montefiorino da tre direzioni[144]. A destra nella foto il comandante militare della repubblica di Montefiorino Mario Ricci Armando Mario Musolesi, Lupo, il comandante della Brigata Partigiana Stella Rossa, ucciso durante gli scontri nellarea di Marzabotto del settembre 1944. A partire dal 30 luglio i tedeschi avanzarono lungo il Secchia, con impiego di cannoni e lanciafiamme, alcune cittadine vennero bombardate ed incendiate e ci furono rappresaglie sui civili; sul fiume i partigiani si batterono bene; nella direzione di Toano ebbe un ruolo importante un reparto di partigiani sovietici ex prigionieri. La sera del 31 luglio Armando diede ordine di sganciarsi e ritornare alla guerriglia, altri combattimenti durarono fino al 1º agosto a Monchio, con perdite per la resistenza, e al Passo delle Radici dove i partigiani guadagnarono tempo per favorire la ritirata. Fino al 12 agosto i reparti partigiani continuarono imboscate ed incursioni per ostacolare la marcia dei tedeschi. I nazifascisti riuscirono alla fine, con la perdita di circa 500 morti e feriti, a disgregare la repubblica di Montefiorino ma la gran parte della Divisione garibaldina Modena rimase intatta, pur avendo perso 250 uomini[145], ed avrebbe presto attraversato le linee entrando direttamente nello schieramento alleato. Le forze alleate sferrarono lattacco alla Linea Gotica tra il 25 agosto ed il 10 settembre e i reparti partigiani schierati nelle immediate retrovie del fronte tedesco entrarono quindi in azione; sul versante orientale i garibaldini della 8ª Brigata Garibaldi contribuirono alla liberazione di Forlì, nel modenese i partigiani si ricongiunsero con gli angloamericani, mentre nella regione a sud di Bologna si verificarono aspri scontri. Il 28 settembre sul Monte Battaglia i partigiani della 36ª Brigata Garibaldi conquistarono le posizioni e respinsero i tedeschi fino allarrivo degli americani, mentre a Ca di Guzzo le Waffen-SS superarono la disperata resistenza dei garibaldini della 62ª Brigata ed uccisero tutti i partigiani rimasti isolati[146]. Guerra in montagna nellestate 1944[modifica | modifica sorgente] A destra nella foto Maggiorino Marcellin Bluter, capo delle formazioni autonome della val Chisone Mentre erano in corso i combattimenti lungo lAppennino, da agosto si combatteva nella val Chisone, tra le aspre montagne del Sestriere una dura battaglia tra i reparti autonomi collegati a Giustizia e Libertà[147] del sergente degli Alpini Maggiorino Marcellin Bluter e numerose formazioni tedesche e fasciste (una divisione granatieri tedesca, un battaglione della Nembo, bersaglieri, SS italiane, un battaglione OP). Si trattò delle più lunga e combattuta battaglia della Resistenza[148]; dopo una fase di preparazione i tedeschi iniziarono loffensiva lungo la val di Susa, i partigiani di Marcellin avevano un armamento pesante con mortai da 81 e dieci cannoni da montagna e si batterono con tutti i mezzi. I tedeschi impiegarono carri armati e Stukas mentre gli autonomi ebbero lappoggio anche di aerei britannici decollati dalla Corsica. Nonostante i contrattacchi di sostegno a fondovalle dei garibaldini di Barbato e dei giellisti di Antonio Prearo, i nazifascisti continuarono i rastrellamenti, costellati da esecuzioni sommarie. Il 6 agosto Marcellin decise di sganciare i suoi uomini a piccoli gruppi; in val Troncea i partigiani furono accerchiati ma rifiutarono la resa e, dopo grandi difficoltà, alla fine di agosto trovarono scampo in Francia da dove dopo poche settimane, non scoraggiati, fecero ritorno in val Chisone per riorganizzare la resistenza[149]. Il 17 agosto era cominciata una nuova battaglia nella valle Stura tra le colonne tedesche della 90ª Panzergrenadier Division in marcia verso il colle della Maddalena per soccorrere alcune divisioni schierate sul versante francese delle Alpi e minacciate dallo sbarco alleato in Provenza, e i giellisti della 1ª Divisione alpina guidati da Livio Bianco e Nuto Revelli. Inizialmente i partigiani furono messi in grave difficoltà dallarrivo a sorpresa dei granatieri tedeschi, gli sbarramenti vennero travolti, si verificò il caos tra la popolazione e solo il 19 agosto Revelli riuscì a riprendere il controllo della situazione ed a organizzare la difesa. Nei giorni seguenti i partigiani misero a segno alcune riuscite imboscate e rallentarono la marcia dei tedeschi prima di ripiegare in quota[150]. Fino al 23 agosto gli uomini di Revelli continuarono a infastidire ed a infliggere perdite al nemico prima di sganciarsi e sconfinare in Francia per la valle Tinea. In questa regione i giellisti combatterono ancora fino al 10 settembre e vennero quindi aggregati ai reparti francesi che li costrinsero a rimanere in zona per cinque mesi prima di autorizzarli a rientrare in Italia[151]. Partigiani garibaldini armati: luomo a sinistra ha un mitra Sten, quello a destra una MAB 38 Unultima serie di combattimenti ebbero luogo tra il 22 agosto e il 1º settembre nella val Trebbia; i reparti della Repubblica di Salò svolsero questa volta la parte principale nellazione con oltre 8.000 uomini impegnati delle Divisioni Monterosa, San Marco e Littorio contro i 3.500 partigiani della Divisione garibaldina Cichero e della Divisione giellista Piacenza, coordinate dal comandante Miro (nome di battaglia dello sloveno Antonio Ukmar)[152]. Il 23 agosto ebbe inizio lattacco in forze da ogni direzione dei reparti fascisti divisi in nove colonne provenienti dallEmilia, dal Piemonte e dalla Liguria. Sul versante ligure i garibaldini di Virgola (capo della Cichero) respinsero gli attacchi, mentre in altre zone si verificarono cedimenti. Nello scontro di Badalucco i garibaldini della Divisione F.Cascione inflissero perdite alle colonne nemiche[153]; a Novi Ligure e a Varzi si batterono con valore i reparti dellAmericano e di Peter; infine le colonne nazifasciste si spinsero sullAntola e occuparono Torriglia, la capitale partigiana. Nonostante questi successi in realtà il rastrellamento non aveva distrutto le forze della Resistenza che ripresero subito la loro attività: nellOltrepò Pavese i partigiani della Crespi e della Capettini occuparono Varzi e catturarono un gruppo di alpini della Monterosa[154], mentre i reparti liguri riorganizzarono le loro forze e studiarono nuove tattiche per sfuggire al nemico. Infine anche il Veneto venne investito dalla repressione nazifascista: dal 11 agosto i garibaldini della Garemi dovettero battersi duramente in val Posina, sopra Schio; il sacrificio di un gruppo partigiano, guidato da il marinaio (Bruno Viola), permise al grosso di disperdersi e di evitare i massicci e violenti rastrellamenti tedeschi[155]. Le battaglie dellestate 1944 si conclusero quindi con una serie di successi tattici per le forze nazifasciste, ma, nonostante il mancato concorso alleato a causa del fallimento complessivo delloffensiva sulla Linea Gotica, i reparti partigiani mostrarono efficienza e combattività, riuscendo a evitare la distruzione e impegnando forti contingenti nemici: otto divisioni tedesche (di cui quattro in Piemonte) e circa 90.000 soldati della RSI[156]. Le repubbliche partigiane[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Repubbliche partigiane. Nellestate 1944, sempre nel clima ottimistico creato dai segni di un crollo tedesco in Italia di fronte alloffensiva alleata, il comando partigiano decise lambizioso progetto di creare delle vere Repubbliche partigiane o Zone libere in alcuni territori montani e collinari dellItalia Settentrionale, lungo larco delle Alpi e dellAppennino Settentrionale, liberati dalloccupazione nazi-fascista[157]. Questi progetti, che prevedevano la costituzione di strutture di governo amministrative e programmi economici e sociali concreti, ampliavano le precedenti esperienze spontanee della Repubblica di Maschito, nel Vulture in Basilicata, della Repubblica del Corniolo e delle cosiddette piccole repubbliche che, create nella primavera 1944, avevano subito in luglio e agosto i duri rastrellamenti tedeschi[158]. Alfredo Di Dio, comandante della Divisione Valtoce, caduto durante la difesa della Repubblica dellOssola Le tre grandi repubbliche, precedute dallesperienza della repubblica di Montefiorino nellAppennino modenese, si costituirono tra lagosto e il novembre 1944 in val dOssola, in Carnia e nellAlto Monferrato; soprattutto la repubblica dellOssola assunse grande importanza, per la sua numerosa popolazione (oltre 80.000 abitanti), la sua ricchezza economica ed anche per limportanza strategica[159]. Confinante con la Svizzera, la repubblica attirò anche lattenzione dei comandi e dei servizi alleati guidati dallamericano Allen Dulles e dal britannico John McCaffery che ipotizzarono, in contemporanea con la ripresa delloffensiva alleata sulla Linea Gotica in direzione di Rimini e del passo del Giogo, di rafforzare lenclave attraverso il confine elvetico ed anche con limpiego dellaeroporto di Domodossola[160]. I comandanti partigiani Mauri (a sinistra) e Nord (al centro), capi delle formazioni autonome nella repubblica di Alba La liberazione dellOssola, difesa da forze scarse ed in parte demoralizzate, fu rapida: il 26 agosto i garibaldini della brigata Redi attaccarono e occuparono Baceno e nei giorni seguenti una serie di presidi fascisti vennero abbandonati o si arresero, mentre ai primi di settembre le valli alte vennero completamente occupate dalle reparti di Arca e Filippo Frassati della Brigata garibaldina Piave. L8 settembre i partigiani delle Fiamme Verdi della Divisione Valtoce di Alfredo Di Dio e quelli della Divisione autonoma Valdossola di Dionigi Superti diedero inizio alloffensiva dalla bassa valle: a Piedimulera i reparti della Brigata Nera di Carrara caddero in unimboscata mentre gli altri reparti tedeschi e fascisti ripiegarono verso Domodossola. Dopo trattative tra il presidio tedesco e i partigiani, le forze nazi-fasciste abbandonarono la città e i partigiani entrarono nella capitale dellOssola accolti festosamente dalla popolazione. Venne subito costituita una giunta politico-amministrativa presieduta dal socialista Ettore Tibaldi, arrivato da Lugano, con i comunisti Concetto Marchesi, Giancarlo Pajetta, Umberto Terracini, i socialisti Santi, Vigorelli, Mario e Corrado Bonfantini ed il democristiano Piero Malvestiti[161]. Le altre due grandi repubbliche partigiane vennero organizzate lentamente nellestate e autunno 1944; in Carnia la giunta si stabilì ad Ampezzo il 26 settembre, mentre la difesa della zona libera, abitata da 78.000 persone, rimase divisa tra la Divisione garibaldina Friuli-Natisone e la Divisione Osoppo che non costituirono un comando unificato soprattutto a causa della decisione del Partito Comunista Italiano di trasferire sotto comando operativo jugoslavo le sue forze, provocando le vive proteste osovane[162]. LAlto Monferrato venne invece organizzato ufficialmente solo il 5 novembre dalle forze partigiane delle divisioni Garibaldi di Giambattista Reggio e Ulisse (Davide Lajolo) e dalla divisione autonoma di Tino, dipendente dal gruppo di Mauri, nel frattempo attestato a difesa della repubblica di Alba[163]. I cospicui e ben armati reparti autonomi del 1º Gruppo Divisioni Alpine guidate da Mauri (Enrico Martini)[164] e Nord (Piero Balbo), affiancati da formazioni partigiane garibaldine della Divisione Langhe, dopo essere entrate ad Alba il 10 ottobre, costituirono posizioni difensive lungo il Tanaro e respinsero inviti alla trattativa da parte dei nazifascisti[165]. Offensive e rastrellamenti nazifascisti[modifica | modifica sorgente]
Posted on: Sun, 24 Nov 2013 23:11:09 +0000

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