LA GRECIA TRA ORIENTE E OCCIDENTE Storia ed evoluzione della - TopicsExpress



          

LA GRECIA TRA ORIENTE E OCCIDENTE Storia ed evoluzione della Grecia classica La Grecia divisa: dalla Pentecontaetia alle guerre del Peloponneso Al termine delle guerre persiane - o meglio della parte fondamentale di esse, che si concluse grosso modo con la riconquista di Sesto, nel 478 - la Grecia era oramai divisa tra due distinte aree di influenza : quella spartana più antica, che si estendeva nellarea peloponnesiaca, e quella ateniese, inaugurata ufficialmente con la nascita della Lega Delio-Attica (478), estendentesi allinterno dellarea egea. A tali blocchi corrispondevano inoltre, almeno in buona misura, due orientamenti politici e culturali opposti e palesemente in conflitto tra loro: quello aristocratico (eunomico) e quello democratico (isonomico) [1], luno risalente ancora al periodo più arcaico della storia greca, laltro invece riflesso sul piano costituzionale di quelle vaste trasformazioni sociali che - con leccezione forse, di Sparta - avevano, negli ultimi due secoli, riplasmato un po tutto il mondo ellenico. Due opposti blocchi quindi, dei quali luno, al cui capo si poneva Atene, storicamente emergente, laltro al contrario ancora legato a tradizioni e a concezioni politiche arcaiche, e tuttavia - anche grazie allalleanza istituita tra le classi di potere nobiliari di alcune città-stato: strette, come si è visto, attorno alla leadership di Sparta - ancora solido e assai vitale. La guerra contro i Persiani daltra parte, aveva liberato molte energie rivoluzionarie, e ciò non soltanto in Atene ma anche nel resto degli stati greci (compresa, come vedremo, la stessa Sparta), costituendo così le basi di un vastissimo movimento di rinnovamento politico, che avrebbe potuto spazzare via - o quantomeno fortemente ridimensionare - le forze della conservazione oligarchica. Per tale ragione, il periodo della Pentecontaetia (ovvero i cinquantanni che separarono la battaglia di Micale dallo scoppio del conflitto tra le due principali città greche) fu segnato, oltre che dalla lotta tra la lega di Sparta e quella di Atene, da una lunga guerra di logoramento tra due fazioni politico-ideologiche trasversali, presenti cioè un po in tutti gli stati ellenici: quella più conservatrice, nonché sempre in qualche modo filo-spartana, e quella - ad essa contraria - progressista e democratica, fondamentalmente filo-ateniese. E se anche una tale guerra fu alla fine vinta da Sparta (nel 404, al termine cioè delle guerre peloponnesiache), nulla toglie che essa, qualora le fazioni democratiche filo-ateniesi avessero saputo giocare meglio le proprie carte, avrebbe egualmente potuto vedere la vittoria di queste ultime. Nei decenni che fecero seguito al conflitto con gli eserciti di Serse, dunque, si giocò - oltre che lultima fase della guerra contro il colosso persiano - anche un nuovo conflitto: quello tra le forze della democrazia e le forze delloligarchia, tra la Grecia commerciale/borghese di stampo razionalista, e quella nobiliare, più arcaica e oscurantista. [2] [1] Il termine isonomico sta infatti a significare uno stato la cui legge (nomos) è basata sul principio delleguaglianza (isos) tra i cittadini, eunomico invece uno la cui legge o costituzione privilegia i migliori (eu significa infatti buono), cioè i ceti più alti. La democrazie erano ovviamente dei sistemi isonomici, le oligarchie eunomici. [2] Ovviamente, una tale divisione va presa col beneficio del dubbio. Sarebbe infatti semplicistico, anche se orientativamente vero, considerare tutti gli stati alleati di Atene come democratici, così come tra gli stati filo-spartani vi potevano anche essere delle oligarchie temperate. 2- Le guerre del Peloponneso (431 - 404) - Cause e aspetti principali delle guerre Come si è già visto, la Grecia era divisa - oramai da alcuni decenni - fra due opposte sfere di influenza, quella ateniese e quella spartana. Cosa che era dovuta non soltanto alla volontà espansiva delle due metropoli, ma anche al fatto che gli altri stati ellenici, fondamentalmente disuniti e reciprocamente ostili, cercassero spesso lappoggio e il sostegno di potenze esterne in favore dei propri interessi particolaristici. E altresì necessario sottolineare come proprio per tale ragione le due Leghe, che pure si spartivano buona parte dei territori sia greci che extra-greci, non fossero in realtà due blocchi compatti, saldamente capitanati luno da Atene e laltro da Sparta, ma al contrario degli agglomerati di stati e staterelli, i quali cercavano luno nellaltro un appoggio per le proprie contese private. Insomma, la tradizionale frammentazione del mondo greco non era stata - se non forse apparentemente - superata dalla formazione delle due grandi coalizioni : quella oligarchica spartana, e quella democratica ateniese. Non deve stupire quindi, il fatto che lo scoppio del conflitto tra le due coalizioni fosse dovuto non alla volontà aggressiva delle due città dominanti - soprattutto, non a una decisione spartana -, ma al contrario a quella di alcune alleate (vedremo più avanti quali), i cui progetti Sparta fu costretta ad assecondare, sotto la minaccia - in caso contrario - di una loro defezione dalla Lega peloponnesiaca. Del pari, una delle ragioni alla base della lunga durata - circa trentanni, pur con alcune interruzioni - del conflitto peloponnesiaco, fu il fatto che questultimo avesse risvegliato molti dei dissidi che da lunga data laceravano il mondo delle poleis greche ed elleniche, e che (quantomeno da che i due blocchi avevano concluso il trattato di pace del 446) avevano riposato sotto la cenere. Al termine di queste lunghe e devastanti guerre (405), dette guerre peloponnesiache, la Grecia - e più in generale il mondo ellenico - era ormai ridotta in uno stato di profonda prostrazione morale e materiale, sfibrata dai lunghi anni del conflitto, e pronta quindi a cedere - come sarebbe poi avvenuto per mano di Filippo il Macedone e di suo figlio Alessandro - alle armi di un conquistatore esterno. La cronica disunione interna delle poleis greche dunque, era infine divenuta per esse causa - almeno sul piano politico - di un profondo declino, ovvero di quel vastissimo processo di ristrutturazione economica e politica che sarebbe sfociato nella nascita degli stati ellenistici. La Grecia prima di Pericle (a) Conservatori e rivoluzionari Come già si è accennato, furono due le linee politiche che si contesero il primato in Grecia (e non solo ad Atene…) al termine delle guerre persiane: una che potremmo definire maggiormente innovatrice e rivoluzionaria, laltra - al contrario - più propensa a proseguire la lotta contro il grande Impero asiatico, conservandone i presupposti. Per i sostenitori di questultima, se da una parte era fondamentale continuare nellimpresa di liberazione dei territori greco-asiatici dal dominio del Gran Re persiano (concentrando inoltre molte energie per il loro mantenimento), dallaltra era anche necessario - come logica conseguenza - conservare più salda possibile la precedente alleanza tra gli stati ellenici: in sostanza cioè, tra la zona orientale (riunita sotto la Lega Delio-attica, e capeggiata da Atene) e quella occidentale peloponnesiaca, guidata da Sparta. Daltra parte, poco dopo la nascita della Lega marittima ateniese (478), si era stabilito di comune accordo che fossero le regioni orientali ed egee a sobbarcarsi lonere della difesa dei confini asiatici, mentre a Sparta sarebbe toccato il compito di vigilare sullunità e sullordine delle zone più interne. Si era perciò giunti allinstaurazione di un pacifico equilibrio allinterno del mondo ellenico, un equilibrio tutto sommato vantaggioso per entrambe le parti. Ma fino a quando - anche data linevitabile tendenza espansionistica del blocco democratico filo-ateniese - un tale equilibrio si sarebbe potuto realmente mantenere !? Per i sostenitori della linea rivoluzionaria, al contrario, priorità assoluta era quella di scardinare lassetto di potere attuale, approfittando dei movimenti di rinnovamento in senso democratico che - ora più che mai - si andavano diffondendo anche in molte zone del Peloponneso, un territorio tradizionalmente filo-spartano. Né, inoltre, gli esponenti di tale corrente - primi tra tutti, lateniese Temistocle e lo spartano Pausania, che erano stati entrambi personaggi di spicco nella lotta contro i Persiani - erano del tutto immuni da simpatie - seppure meramente strumentali - nei confronti del potere del Gran Re persiano (lo stesso, si badi, contro il quale avevano strenuamente combattuto!) cui chiedevano, sotto banco, sostegno per il mantenimento delle proprie posizioni, logorate dai nemici interni. Due opposte posizioni quindi : luna mirante a conservare lo status quo, sia portando avanti la lotta contro il dominio persiano, sia cercando un accordo e un equilibrio di potere tra gli stati filo-spartani e quelli filo-ateniesi; laltra, al contrario, mirante a scardinare gli equilibri - peraltro già decisamente precari - che si erano venuti a creare, favorendo il dilagare in Grecia della corrente democratica, tutta a favore (almeno per il momento) di un predominio attico! Dallo scontro tra queste due correnti, quella conservatrice e moderata, e quella progressista e rivoluzionaria, non sarebbe forse potuta sorgere - qualora, come vedremo in seguito, la seconda fosse riuscita a prevalere per tempo sulla prima - una Grecia molto differente da quella che oggi conosciamo, al cui interno un ruolo nettamente predominante avrebbe svolto Atene, a seguito di un potente ridimensionamento dellinfluenza di Sparta e della sua Lega, confinate in una zona marginale nellestremo lembo sud-occidentale della penisola peloponnesiaca? Il fatto poi che le cose non andassero realmente così, non deve portarci a credere che un tale sviluppo fosse impossibile. (b) Sparta fino alla fine di Pausania La prima manifestazione rivoluzionaria del dopoguerra persiano (anche se, in realtà, le guerre contro i Persiani finirono ufficialmente solo con la pace di Callia, nel 449) si ebbe con le azioni militari di Pausania, comandante della coalizione ellenica e guida di molte delle precedenti imprese di riconquista delle regioni asiatiche, da Micale sino a Sesto. Attraverso la propria autorità militare e il proprio carisma personale, questi minacciava difatti di divenire una specie di sovrano indipendente rispetto alla propria città di provenienza, Sparta, i cui possedimenti coincidevano inoltre con alcune zone di influenza tradizionalmente ateniese. Egli in tal modo muoveva le ire di entrambe le città. Fu perciò Cimone (di cui parleremo nel prossimo paragrafo), leader politico ateniese di orientamento conservatore e filo-spartano, a sconfiggerlo presso Bisanzio nel 476, costringendolo così a ritornare in patria, dove - presto o tardi - avrebbe dovuto confrontarsi con lostilità degli efori e in generale del potere costituito. E fu forse per evitare un tale confronto, che Pausania si alleò con gli Iloti, impegnati in quegli anni nella preparazione di una nuova insurrezione antispartana (in seguito alla quale sarebbe poi scoppiata la terza guerra messenica), aggiungendo così una nuova accusa a quelle - tra le quali, quella di aver cospirato con il Gran Re di Persia - già pendenti sul suo capo. La fine di Pausania, accusato di avere attentato allintegrità dello Stato e autocondannatosi alla morte per stenti, dopo essersi rinchiuso nel tempio di Atene Calcieca (467) per sfuggire ai suoi nemici, segnò il trionfo definitivo della linea tradizionalista allinterno del governo di Sparta. Pare inoltre che Pausania - come, del resto, in quegli stessi anni lateniese Temistocle - intrattenesse dei contatti anche con quelle correnti democratiche, diffuse un po in tutto il Peloponneso, che minavano dallinterno lintegrità del blocco tradizionalista e oligarchico. La sua azione era quindi mirata in un senso abbastanza simile a quello delle forze progressiste ateniesi, con le quali col tempo si sarebbe quasi certamente alleato. Lintervento degli efori, quindi, aveva bloccato sul nascere una situazione i cui sviluppi sarebbero stati senza dubbio molto pericolosi per la stessa egemonia spartana. Ma i guai per Sparta non erano ancora terminati. Negli anni successivi, infatti, le sarebbe toccata unimpresa ancora più ardua: quella cioè di placare, ancora una volta, dei pericolosi moti insurrezionali ad opera delle popolazioni sottomesse, gli Iloti (c) Atene fino alla morte di Efialte Con la scomparsa di Pausania, gli efori avevano dunque riaffermato il proprio tradizionale potere sulla città di Sparta, e con esso la linea dura contro i propri avversari sia interni che esterni. La loro era stata perciò, una vittoria della tradizione sulle (sempre latenti) forze della rivoluzione. Una lotta per molti versi analoga, si svolgeva in quegli stessi anni ad Atene. Qui, i due opposti schieramenti erano guidati luno dal vecchio leader Temistocle, uno dei protagonisti delle guerre persiane, e laltro dal suo giovane avversario Cimone (aristocratico, figlio di Milziade), sostenitore di una politica fondamentalmente filo-spartana. Il primo insisteva - già peraltro dai tempi delle guerre persiane - per portare avanti delle nuove misure difensive per la città, misure che si erano tradotte nellerezione delle mura che ne circondavano il perimetro e nella fortificazione del Pireo (il porto di Atene). Egli voleva difatti preparare Atene per quello che sarebbe stato lo scontro militare con la rivale Sparta. La politica di potenza ateniese non doveva quindi, secondo tali progetti, tenere alcun conto dei precari equilibri stabilitisi allinterno della compagine degli stati greci, frutto in realtà di esigenze passeggere legate alla guerra contro la Persia. Cimone viceversa, pur credendo anchegli nella missione imperialistica ateniese, propendeva (anche a causa delle proprie origini nobiliari, cui doveva un profondo istinto conservatore) per unespansione in sostanza solo marittima di Atene, il cui scopo inoltre doveva essere anche quello di difendere la compagine greca dal nemico persiano : unespansione rispettosa quindi delle aree di influenza spartana e della dignità di un tale (storico) colosso! Nonostante poi una tale visione sia agli occhi di noi moderni passibile di una critica fondamentale, quella cioè di avere impedito alle città-stato filo-ateniesi di sferrare un attacco (che sarebbe forse stato decisivo) contro il blocco spartano, bisogna anche riconoscere come con le sue azioni militari egli riuscisse a portare a termine imprese di grande rilevanza nella lotta contro i Persiani, consolidando il prestigio e il primato di Atene allinterno della Lega Delio-attica. La sua politica quindi, seppure fu indiscutibilmente troppo tenera verso le forze oligarchiche della Laconia, portò ad Atene anche dei grandi vantaggi. Impresa decisiva di Cimone fu la storica vittoria sui Persiani presso il fiume Eurimedonte (465): unimpresa con cui, se da una parte allontanò una volta di più il pericolo persiano dai mari e dalle coste egee, consolidò dallaltra la propria posizione di preminenza politica nei confronti della parte avversa - e in primis proprio di Temistocle - ad Atene. Con la sconfitta dei nemici presso lEurimedonte, dunque, egli otteneva contemporaneamente un successo su due fronti: rendeva infatti Atene padrona (quasi) incontrastata del mare egeo, e incoronava se stesso leader indiscusso dellAttica. Temistocle, daltro canto, era stato allontanato dalla città attraverso la misura dellostracismo negli anni precedenti (470), e si era rifugiato nella vicina - e democratica - città di Argo, da dove collaborava (essendone uno, se non il principale, dei capi carismatici) con le forze ostili al dominio spartano nel Peloponneso. Espulso successivamente anche da Argo, in seguito a pressioni esercitate sulla città dagli efori spartani che gli muovevano accuse di collaborazionismo in funzione anti-ellenica sia con Pausania che con la Persia, trovò rifugio presso il Gran Re (Artaserse I), suo ex-nemico, che lo incoronò tiranno di una città, quella di Magnesia, situata sulle coste anatoliche ancora in mani persiane, dove visse fino alla morte. Daltro canto, anche la fortuna di Cimone era destinata presto a finire, ciò che avvenne poco dopo la sfortunata spedizione fatta dagli ateniesi in difesa degli spartani (464), durante la terza guerra messenica. Dopo solo un mese di assedio alla città di Itome, infatti, le truppe di questi ultimi venivano rimandate indietro dai loro stessi alleati. Un evento che costituì per Atene uno smacco tale da compromettere definitivamente la popolarità di Cimone, il quale, condottiero della spedizione, laveva concepita come una dimostrazione di amicizia verso la città di Sparta (…vedremo tra poco le ragioni che, molto probabilmente, furono alla base del rifiuto spartano). Il politico ateniese subiva così la stessa sorte del suo avversario, essendo costretto a prendere la strada dellesilio (461). Con la fine del predominio aristocratico di Cimone, riprendevano vigore ad Atene le forze democratiche più radicali. Queste trovarono in Efialte un nuovo leader. Obiettivo primario di questultimo fu quello di limitare ulteriormente il potere dellAreopago, unistituzione nobiliare di antichissime origini, trasferendone le principali competenze giuridiche e politiche alle più giovani istituzioni democratiche : lEcclesia, la Bulè e lEliea. Egli portava avanti, in tal modo, quella trasformazione della polis in senso democratico inaugurata da Clistene e, in seguito, ulteriormente rafforzata da Temistocle. LAreopago, pur non perdendo il privilegio della carica a vita (che rendeva i suoi componenti esenti in sostanza dal controllo e dal giudizio dei cittadini!), cessava così di svolgere attività politicamente significative, divenendo unistituzione in gran parte religiosa, e il cui unico ruolo reale restava il giudizio sui delitti di sangue. Ma tale passaggio di consegne politiche determinò anche un notevole cambiamento nella politica estera ateniese. Con la fine del pericolo persiano infatti, la Lega Delio-Attica diveniva sempre di più unassociazione a fini commerciali, dei cui proventi si avvantaggiava in massima parte proprio Atene, la più ricca e potente delle città-stato che la componevano. Sempre per iniziativa delle forze democratiche anti-spartane poi, essa cessava ufficialmente di far parte della Simmachia greca, interrompendo quindi lalleanza con Sparta, e divenendo una potenza indipendente a tutti gli effetti: la base in sostanza del futuro impero commerciale e marittimo ateniese. (d) Un bilancio finale: la politica isolazionista spartana e lineluttabilità del conflitto con Atene Si è già visto come, ad Atene, i politici di orientamento più conservatore fossero propensi a mantenere pressoché inalterati gli equilibri di potere instauratisi allinterno della compagine greca nel corso delle guerre persiane. Essi difatti volevano unAtene forte, i cui orizzonti di influenza però si estendessero soprattutto verso est, quindi verso il mare e le coste egee, e che fosse al tempo stesso affiancata da una Sparta altrettanto - se non più - influente a livello ellenico, come del resto era sempre stato, e il cui dominio si spingesse verso le zone occidentali e interne della Grecia. Daltra parte, dopo il grottesco fallimento nel 462 della spedizione delle truppe ateniesi in favore degli spartani (durante lassedio alla città ribelle di Itome), un tale tipo di politica aveva conosciuto una brusca interruzione. Era difatti divenuto chiaro a tutti come le forze oligarchiche, capeggiate da Sparta, non avessero nessuna intenzione di avallare lalleanza con Atene! Era ormai evidente, in altri termini, come il progetto reazionario di Cimone - pur avendo favorito la ripresa della potenza spartana, quando essa si era trovata veramente in difficoltà e pericolo - non avrebbe mai potuto trovare un effettivo riscontro nella politica di questultima. Cerchiamo dunque di capire le ragioni della ritrosia e della diffidenza delle elitès spartane e filo-spartane, nei confronti delle manifestazioni di amicizia e di solidarietà di Cimone, e più in generale delle forze conservatrici e filo-oligarchiche ateniesi. La ragione essenziale di tale atteggiamento fu senza dubbio il timore di contaminazioni politiche, dovute appunto al contatto con un tale tipo di civiltà, di carattere democratico (ragione che fu peraltro anche allorigine, durante la terza guerra messenica, della decisione di respingere laiuto delle truppe ateniesi). Il contatto con le idee e con il clima stesso della democrazia infatti, era considerato da tali elitès estremamente pericoloso, in quanto potenzialmente foriero - malgrado magari le reali intenzioni dei capi ateniesi - di atteggiamenti ostili allassetto politico dei propri stati! Le trasformazioni sociali degli ultimi secoli avevano infatti portato, più o meno in tutta la Grecia, alla formazione di una vasta classe intermedia, la cui ricchezza dipendeva essenzialmente da attività di natura non agricola, bensì commerciale e artigianale. Ad un tale fenomeno era connesso lemergere di nuove concezioni politiche, le quali - seppure di solito non pienamente democratiche - propendevano in ogni caso per una maggiore partecipazione popolare alla vita politica (ovvero alle attività decisionali) dello stato. Laddove dunque le classi alte erano riuscite a mantenere un sostanziale predominio politico sui ceti popolari, si imponeva da parte di esse (e quindi dello stato stesso) un atteggiamento di forte chiusura nei confronti di quelle città in cui invece tali trasformazioni erano oramai divenute un dato di fatto! Per tale ragione quindi, lillusione, di cui furono schiave le classi alte ateniesi, di potere mantenere unamicizia e unalleanza politica con la roccaforte per eccellenza del potere aristocratico e gentilizio, Sparta, e più in generale col blocco degli stati da essa capeggiato, rimanendo al tempo stesso fedeli a una concezione pienamente democratica, doveva andare inevitabilmente incontro a un drastico fallimento. Oltre a ciò, si consideri il fatto che Atene stava estendendo ormai da anni la propria sfera di influenza su molte delle vicine città-stato, alcune delle quali (una per tutte, Argo) erano così uscite dallorbita della grande potenza spartana… e ciò ovviamente con grande disappunto di questultima! Atene, insomma, diveniva oramai una potenza economica e politica alternativa a quella - più antica - della capitale della Laconia, oltre che lastro ideologico di quegli stati che (magari a furor di popolo) desideravano emanciparsi da forme di dominio oramai antiche, considerate oppressive e inadeguate. Si presenta spontanea dunque, la considerazione secondo la quale la ritrosia di Cimone e delle fazioni aristocratiche e conservatrici ateniesi a sferrare un attacco alla potenza rivale (oltre che a maturare degli autonomi progetti di carattere espansionistico) giovasse senzaltro molto più alla causa spartana, che a quella ateniese - nonché in generale a quella democratica greca. Ed è altresì chiaro in che senso una maggiore fermezza nel combattere contro gli stati oligarchici filo-spartani (auspicata peraltro da uomini come Temistocle) avrebbe potuto portare - se attuata per tempo - ad una vittoria piena della democrazia, evitando al tempo stesso lo scoppio di quelle successive guerre intestine, dette guerre peloponnesiache, che divisero ulteriormente, e fiaccarono, le città-stato greche. La Grecia nel periodo di Pericle Gli anni finali della Pentecontaetia (462-433) furono per il mondo ellenico anni difficili, segnati dallestendersi a livello globale (sia cioè nella madrepatria, che in alcune colonie e stati circostanti) dei due opposti schieramenti, quello oligarchico filo-spartano e quello progressista filo-ateniese, oltre che dagli ultimi atti della guerra contro la Persia (un impero la cui efficienza nella lotta contro i Greci per il predominio nellEgeo, fu condizionata pesantemente da alcuni episodi di ribellione interna - tra cui quello dellEgitto, paese da sempre ricalcitrante di fronte a qualsiasi dominazione esterna), che si concluse con la pace di Callia nel 449. Sul fronte politico ateniese, invece, un tale periodo può essere stigmatizzato come letà di Pericle, il celebre politico e statista che - seppur con alcuni limiti - guidò la città verso il suo apogeo, sulla strada di unespansione essenzialmente imperialistica e coloniale. (a) La Grecia (e il mondo ellenico) fino alla tregua tra Sparta e Atene (446) Già tendenzialmente divisa negli anni precedenti tra due opposte Leghe o aree di influenza, quella cioè facente capo a Sparta e quella capeggiata da Atene, la Grecia conobbe in questi anni un ulteriore rafforzamento delle stesse. Tra il 461 e il 446 infatti, le due coalizioni si estesero a parecchi nuovi stati - alcuni dei quali inoltre, situati al di fuori della madrepatria! Le ragioni di tale fenomeno furono essenzialmente due : da una parte vi fu una politica di potenza coscientemente perseguita dai due schieramenti, ormai in aperta lotta tra loro; dallaltra il fatto che stati prima indipendenti - o magari soltanto simpatizzanti per luno o per laltro schieramento - cercassero sempre più frequentemente un appoggio esterno contro i propri personali nemici (un chiaro esempio di ciò è costituito dalla Focide, regione che si alleò con Atene per mantenere il proprio predominio sulla vicina Delfi… la quale poi, a sua volta, richiese laiuto di Sparta). In breve, al termine della Pentecontaetia la Grecia e, più in generale, il mondo ellenico erano divisi tra unarea prevalentemente occidentale, oligarchica e filo-spartana, ed una prevalentemente orientale, filo-democratica e filo-ateniese. I fatti che portarono a una tale situazione furono fondamentalmente quelli legati alla lotta tra le due capitali per il predominio sulla Grecia centrale (Beozia e Focide) e su alcune regioni peloponnesiache, mentre sin dallinizio le zone orientali ed egee caddero - essenzialmente per ragioni geografiche - sotto linfluenza ateniese. Le fasi principali di tale conflitto furono : a) una prima, nel corso della quale Atene estese il proprio potere sia su diverse zone della Grecia centrale che su alcune delle città-stato a lei vicine (soprattutto costiere), b) unaltra, nel corso della quale Sparta, reagendo alla politica colonialistica della rivale, sferrò, con la battaglia di Tanagra, un attacco molto pesante allespansione ateniese nella Grecia centrale, c) una terza, durante la quale la Lega marittima capeggiata da Atene dovette affrontare gli attacchi della Persia (perdendo inoltre alcune importanti zone di influenza marittima) e che si concluse nel 449 con la pace di Callia, d) unultima infine, che vide nel 446 il sanzionamento degli equilibri interni creatisi negli anni precedenti, attraverso un accordo (la pace dei trentanni) tra Sparta e Atene. -- Lespansione ateniese nella Grecia centrale -- Una prima fase fu - come si è appena detto - quella dellespansione ateniese nelle zone vicine, che si tradusse nellannessione alla propria area di influenza di Argo (da tempo oramai in rotta di collisione con la Lega spartana, della quale aveva peraltro fatto parte) e di Megara (città rivale della vecchia Corinto, fedele alla lega spartana, per il predominio sullIstmo). A ciò si aggiunga poi la difesa degli interessi dei Focesi che, allungando le mani sui beni della città sacra di Delfi, avevano bisogno del sostegno di una potenza esterna. Nel 459 inoltre, Atene rispondeva positivamente alla richiesta di aiuto degli Egiziani, insorti con Inaro contro i dominatori persiani, e in più dichiarava guerra alla sua antica rivale, la città di Egina, che inglobava a forza poco dopo - e a condizioni molto sfavorevoli - nella Lega Delio-Attica. -- Il contrattacco di Sparta e degli oligarchi -- Ma la reazione della capitale laconica non doveva farsi attendere. La preoccupazione per lespansionismo di Atene difatti (soprattutto dopo la svolta democratica e progressista degli ultimi tempi) induceva presto questultima a intervenire nella Grecia centrale - una zona nella quale forti erano da sempre le tendenze conservatrici - nel tentativo di creare una coalizione di stati oligarchici, ovviamente in funzione anti-ateniese. Nel 457 la battaglia di Tanagra (località posta sul confine tra lAttica e la Beozia) vedeva le forze oligarchiche beotiche e filo-spartane scontrarsi e vincere, anche se di poco, su quelle ateniesi, coadiuvate da alcuni contingenti inviati dalla città di Argo e dalla Tessaglia (regione alleata ad Atene). Ma che tale vittoria non fosse affatto schiacciante, lo dimostra chiaramente il fatto che gli Ateniesi, appena un mese dopo, riuscissero a riconquistare le zone perdute, inglobando inoltre nella propria sfera dinfluenza alcune nuove città-stato, e indebolendo la supremazia spartana sulle regioni centrali. -- Gli ultimi scontri con la Persia achemenide -- Una svolta negativa per lespansionismo ateniese fu tuttavia determinata dallaggravarsi del conflitto contro i Persiani sulle coste asiatiche. Dopo un primo momento in cui gli insorti avevano prevalso, gli eserciti persiani erano infatti riusciti nel 454 ad avere la meglio su essi e sui loro alleati greci, riappropriandosi inoltre dellisola di Cipro (che, nei decenni precedenti, era stata in mano agli ateniesi). Atene in più, dovendo concentrare le proprie energie sul fronte marittimo, al fine di arginare lavanzata del nemico, si vedeva costretta a comprare - e a condizioni molto umilianti - una sorta di pace temporanea con Sparta. In questi anni infatti, la città di Argo veniva nuovamente ceduta alle forze oligarchiche (451). Nel 449, infine, Pericle decretava ufficialmente la fine dellespansionismo greco verso oriente e delle ostilità con la Persia, stabilendo con la pace di Callia (ricco cittadino ateniese incaricato di intavolare le trattative) un modus vivendi tra le parti. Tale pace in sostanza suggellava in modo semi-ufficiale, congelandola, la situazione di fatto creatasi con le ultime guerre, secondo la convenienza sia dei Greci che dei Persiani. -- La (temporanea) pacificazione della Grecia dopo la pace di Callia -- La parabola guerresca del decennio precedente, conosceva infine una definitiva interruzione (che durò però poco più di dieci anni) con la stipula nel 446 del trattato di pace tra Atene e Sparta, trattato la cui validità avrebbe dovuto essere di trentanni. Prima però gli ateniesi, indeboliti dagli eventi dellultimo periodo, conoscevano una nuova sconfitta da parte delle forze oligarchiche beotiche e spartane presso la città di Coronea (447), e assistevano impotenti alla rifondazione - proprio col sostegno della potenza spartana [1] - della Lega beotica, perdendo così tutte le aree di influenza acquisite precedentemente nella Grecia centrale (compresa, e con grande vantaggio per la città di Delfi, la Focide…) Oltre a ciò, prezzo della pace era per essi la rinuncia alla città di Megara, mentre Egina continuava a far parte della Lega marittima. In sostanza, dunque, lintera regione peloponnesiaca e quelle centrali finivano per entrare a far parte della sfera dinfluenza spartana, mentre sotto quella ateniese rimanevano le vicine zone costiere, le isole egee e le coste asiatiche. (b) Atene nel periodo di Pericle (461 - 429) Gli anni che abbiamo appena descritto (461-446), furono contrassegnati ad Atene - e indirettamente in tutto il mondo ellenico - dalla grande personalità di Pericle. Dopo essere stato il braccio destro di Efialte - fino alla morte di questultimo, avvenuta nel 461 ad opera dei suoi avversari politici -, egli ne raccolse leredità politica, sviluppando a modo proprio i presupposti della linea democratica intransigente del suo predecessore e maestro. Durante la reggenza di Pericle (vedremo meglio più avanti in che modo egli reggesse la città), Atene conobbe indubbiamente il massimo splendore sia allinterno (con labbellimento della città, ma anche con il suo apogeo artistico) sia allesterno (con il trionfo della politica imperialistica e coloniale). Ciò non toglie però, che la sua linea di conduzione dello stato conoscesse anche dei limiti considerevoli, legati essenzialmente ad un eccesso di fiducia nella capacità di Atene di sostenere il peso di una lunga serie di impegni, che si tradusse in una lotta su più fronti. Pericle, in ogni caso, rimane ancora oggi uno dei simboli della classicità, ovvero del periodo di massimo splendore della civiltà ateniese, nonché più in generale di quella greca. -- La politica interna -- Come si è appena accennato, Pericle portò avanti il processo di popolarizzazione della vita politica ateniese iniziato da Efialte, favorendo in nuovi modi laccesso delle classi di censo più basse alle diverse magistrature. Una per tutte, si deve ascrivere a lui la norma che imponeva allo stato di retribuire coloro che ricoprivano incarichi pubblici, come risarcimento per le perdite patrimoniali causate dallo svolgimento di tali attività (una misura concepita, ovviamente, in relazione soprattutto alle esigenze delle fasce economicamente più deboli). Venivano inoltre eliminate, nel corso di quella che potremmo definire la sua reggenza, alcune restrizioni giuridiche che impedivano ai ceti più bassi (teti e zeugiti) di rivestire le magistrature più alte, quali ad esempio quelle giudiziarie. Seppure a una prima occhiata, queste innovazioni possano sembrare a degli osservatori esterni (e moderni) del tutto ineccepibili, bisogna tuttavia rilevarne anche gli aspetti negativi e volgarizzanti per la vita della polis. Il fatto di equiparare i cittadini di più bassa condizione (e quindi di più modesta istruzione) a quelli di estrazione più alta, dotati - almeno in linea di massima - di una più solida preparazione culturale, contribuiva difatti a dequalificare tante attività (ad esempio quelle giudiziarie) il cui svolgimento aveva un ruolo essenziale per il buon funzionamento dello stato. Per tale ragione, molti storici vedono in Pericle non solo e non tanto il sostenitore di una democrazia sempre più radicale, ma anche un primo responsabile della progressiva involuzione demagogica di Atene! E facile immaginare poi come tali misure, se da una parte servivano allo stesso Pericle per consolidare la propria leadership a livello popolare, finissero dallaltra per implicare spese sempre nuove per lapparato statale, richiedendo quindi un maggiore esborso di danaro. Né è un caso che Atene, proprio negli anni doro della sua democrazia, mentre conosceva al proprio interno una sempre maggiore parità di diritti tra liberi cittadini, accentuasse di molto la distanza tra questi e tutti coloro che non possedevano la piena cittadinanza ateniese - tra i quali peraltro non vi erano solo le donne e gli schiavi, ma anche gli alleati politici (le altre città-stato, membre della Lega marittima) e quegli stranieri trapiantati (o meteci) cui, pur vivendo oramai da anni allinterno della loro polis, essi non riconoscevano il titolo di cittadini. Nei confronti di tali soggetti sociali, la politica di Pericle fu orientata fondamentalmente verso uno sfruttamento sempre più profondo e intensivo, il cui fine chiaramente fu quello di rendere possibili i fasti del nuovo sistema democratico. [2] E curioso quindi - e non deve essere dimenticato - il nesso esistente tra il principio di parità politica interna, e latteggiamento aristocratico/oligarchico tenuto dagli ateniesi nei confronti di tutti coloro che non erano… loro stessi : in altri termini, il nesso che legò tra loro aspirazioni democratiche e aspirazioni imperialistiche nella fase più classica della storia ateniese. Un altro cenno va fatto infine ai modi attraverso i quali Pericle, pur promotore di riforme ultra-democratiche, riuscisse in pratica - a partire dalla morte di Efialte, fino alla propria - a condurre da assoluto protagonista la vita politica di Atene. Come prima e dopo di lui molti personaggi di primo piano (uno fra tutti, Giulio Cesare), anche Pericle seppe infatti costruirsi un solido imperio personale senza tuttavia entrare in aperto conflitto con le strutture istituzionali vigenti (strutture nel suo caso apertamente democratiche). Daltra parte, egli non fu certo né il primo né lultimo grande protagonista della vita pubblica ateniese - altri furono prima di lui Clistene, Solone, Cimone, ecc. - anche al di fuori della breve parentesi tirannica. Lidea di democrazia non rimandava difatti innanzitutto a quella di un sistema pluralista, bensì a quella di un governo basato sullapprovazione popolare. E di questultima Pericle, pur con inevitabili alti e bassi, poté effettivamente godere - anche grazie al suo personale carisma - fino alla morte, a dispetto dei tentativi di screditarlo operati dai suoi avversari. La carica che Pericle ricoprì dal 461 in poi, fu comunque quella di stratego. Se infatti già ai tempi delle guerre contro la Persia, essa aveva acquisito unimportanza notevole, con Pericle giunse ad essere tra tutte quella di gran lunga più influente. E proprio perciò egli, ricoprendola per ben trentanni di seguito (pur affiancato ogni volta da un collega, essendo due per legge gli strateghi), riuscì a rimanere sempre una figura di primissimo piano nella vita politica di Atene. Daltra parte, come leader carismatico di una coalizione che si era affermata sulla scena ateniese oramai dai tempi di Efialte, egli aveva voce anche nelle decisioni di molti altri politici, le cui azioni molto probabilmente, manovrava sotto banco. Per tutte queste ragioni, gli anni che stiamo trattando furono, per Atene, gli anni di Pericle. Continua...
Posted on: Sun, 17 Nov 2013 21:19:38 +0000

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