LA RISARCIBILITA DEL DANNO NON PATRIMONIALE E PRINCIPIO DI ORDINE - TopicsExpress



          

LA RISARCIBILITA DEL DANNO NON PATRIMONIALE E PRINCIPIO DI ORDINE PUBBLICO INTERNAZIONALE - Cass. 22.8.2013, n. 19405 - Stefano ROSSI Il principio di risarcibilità del danno morale da uccisione del congiunto, attenendo alla tutela dei diritti fondamentali della persona, appartiene all’ordine pubblico internazionale, sicché non può trovare applicazione nell’ordinamento italiano la norma straniera – quale l’art. 1327 cod. civ. austriaco – che tale risarcibilità escluda. Nel caso di specie, l’evento era stato causato da un autotreno di proprietà di una società austriaca ed assicurato presso una Compagnia dello stesso paese, che, procedendo alla velocità di quasi 100 km/h, aveva tamponato, per un colpo di sonno, un camper in sosta sulla corsia di emergenza, provocando la morte “sul colpo” di cinque dei sei occupanti e gravi lesioni personali all’unica sopravvissuta del nucleo familiare. All’esito di istruttoria, il Tribunale di Treviso, con sentenza del 20 aprile 2000, respinte le eccezioni pregiudiziali dei convenuti (in punto di giurisdizione del giudice italiano e di proponibilità della domanda per asserita pendenza di giudizio penale sugli stessi fatti dinanzi a giudice austriaco), accertava la responsabilità dell’autista e della società sua datrice di lavoro nella misura dell’80%, addebitando il restante 20% all’ ignoto conducente del camper – tale rimasto in quanto gli occupanti, al momento del sinistro riposavano tutti nella “zona letto” del veicolo – che aveva lasciato quest’ultimo in sosta su uno spazio a ciò non deputato (corsia di emergenza), senza attivare appositi dispositivi segnalatori di pericolo. Sicchè, operando nei confronti dei terzi trasportati la presunzione di responsabilità solidale di tutti i convenuti, ex art. 2055 cod. civ., l’adito Tribunale condannava la società assicuratrice del Camper al risarcimento del danno per cinque sesti ed il conducente, la società datrice di lavoro e la loro Compagni assicurativa al risarcimento del danno per 29/30 (ventinove trentesimi), con esclusione del danno morale in quanto non contemplato dal codice civile austriaco. Veniva quindi proposto appello, tuttavia la Corte d’Appello di Venezia, superate le eccezioni pregiudiziali già proposte in primo grado dagli originari convenuti austriaci, anche sulla scorta, segnatamente, di quanto emergente dalla sentenza del Tribunale penale di Klagenfurt dell’ottobre 1989, ribadiva l’accertamento di primo grado in ordine alla responsabilità dell’autista (per guida su corsia di emergenza a velocità eccessiva ed in stato di sonnolenza) e quella, seppur di grado significativamente minore, del conducente del camper, che aveva abbandonato la guida del mezzo, lasciato in sosta sulla corsia di emergenza dell’autostrada, riservata, ai sensi dell’art. 46 C.d.S. austriaco, ai mezzi in avaria e per il tempo strettamente necessario per riprendere la marcia o per la rimozione; ciò in ora notturna e senza aver attivato dispositivi atti segnalarne la presenza. Il giudice di secondo grado riconosceva, poi, ai congiunti delle vittime il risarcimento per il danno non patrimoniale per la perdita del proprio congiunto, escludendo che potesse essere a tal fine di ostacolo l’art. 1327 ABGB, posto che la norma straniera non poteva “precludere la tutela dei diritti primari ed inviolabili connessi alla sfera più intima della persona umana in quanto tale”, nella specie da “considerare nell’ambito dei legami inerenti a strettissimi rapporti di comunanza di vita (anche in ipotesi di persone non più conviventi), nonchè quanto all’inviolabilità della libera esplicazione delle attività realizzatrici della persona e della solidarietà nell’ambito dei vincoli familiari, ancorati a chiari principi costituzionali” (artt. 2, 29 e 30 Cost.). Su tale punto proponevano ricorso in Cassazione l’autista, la sua datrice di lavoro e la Compagnia austriaca denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 31 preleggi e degli artt., 2, 29 e 30 Cost., “con riferimento alla mancata applicazione del diritto austriaco, e segnatamente dell’art. 1327 AGBG, con conseguente riconoscimento del danno morale ai congiunti delle vittime”. I ricorrenti premettevano che l’art. 1327 ABGB (codice civile austriaco) cosi dispone: “Quando da una lesione fisica consegue la morte, allora devono essere risarcite non solo tutte le spese, bensì anche, ai superstiti al cui mantenimento la vittima era tenuta per legge, quanto ad essi, a causa di ciò, è venuto a mancare”. La Corte territoriale quindi, a fronte della non risarcibilità del danno morale ai congiunti della vittima dell’illecito, disposta dal diritto austriaco, incontestatamente rilevante nella fattispecie, avrebbe errato nell’escludere l’applicabilità dell’art. 1327 ABGB in forza dell’art. 31 preleggi, posto che tale ultima norma “non autorizza l’automatica sussunzione di ogni principio della Costituzione italiana all’interno dell’ordine pubblico internazionale, quale limite alla operatività della norma straniera richiamata”. Ad avviso dei ricorrenti, l’orientamento assunto dal giudice di appello – in contrasto, peraltro, con il precedente specifico costituito da Cass. n. 3445 del 1980 – tradirebbe una visione statalista dell’ordine pubblico, che non terrebbe conto dell’art. 10 Cost. e dell’apertura “verso ordinamenti esterni e fondata sull’obiezione di non potersi ridurre l’applicazione di norme straniere, pur richiamate dal diritto internazionale privato, a quelle non contrastanti con le norme di ordine pubblico interno”. Sicchè, la disciplina italiana sul danno morale, a prescindere da “eventuali fondamenti costituzionali”, non potrebbe quindi “rappresentare un principio di ordine pubblico internazionale”, non trovando essa corrispondenza “in ordinamenti Europei di fondamentale rilievo, come, ad esempio, oltre a quello austriaco, anche quello tedesco (art. 844 c.c.) e quello olandese (art. 106 c.c.)”. La Corte di Cassazione notava che il p. 1327 del ABGB (codice civile austriaco) limita il risarcimento in favore dei congiunti della vittima di un sinistro, che in questo sia deceduta, al solo danno patrimoniale, cosi da escludere in loro favore il risarcimento del danno morale. La portata della norma, cosi circoscritta, non trova smentita negli atti processuali e nel significato anzidetto è stata intesa dalla Corte di appello di Venezia e dalle parti in causa. Significato che, del resto, trova ulteriore conferma nel precedente, seppur risalente, di questa Corte (Cass., 26 maggio 1980, n. 3445) su un caso analogo rispetto a quello attualmente oggetto di scrutinio (e deciso, tuttavia, in modo difforme dal presente), affermando, per l’appunto, che il p. 1327 ABGB non attribuisce il risarcimento del danno morale ai congiunti di una persona deceduta a seguito di lesioni riportate ad opera di un terzo. Esclusa ratione temporis l’applicazione della legge 218 del 1995, la Corte rilevava come i ricorrenti fossero venuti meno all’onere che li gravava, ovvero quello di indicare e di produrre la documentazione relativa alla norma straniera di cui si chiede l’applicazione (Cass., 20 luglio 2007, n. 16089 e Cass., 4 aprile 2013, n. 8212). Sicchè, in assenza della prova dell’esistenza di un ‘diritto vivente’ non coincidente con il senso letterale della disposizione codicistica, la Corte confermava la correttezza del ragionamento esposto dal giudice d’appello in ordine all’inapplicabilità nel caso di specie del p. 1327 del ABGB, in virtù dell’art. 31 delle preleggi. La predetta disposizione codicistica, nel porre un rigoroso limite all’efficacia di normative straniere nel nostro ordinamento, è ispirata al tradizionale principio della prevalenza dei principi generali dell’ordinamento rispetto a qualsiasi regolamentazione dei rapporti tra i privati. Tale concezione è frutto dell’elaborazione della dottrina tedesca della fine del XIX secolo per cui l’ordine pubblico, nel contesto dell’applicazione delle norme di diritto privato internazionale, non è un fattore di assoluta inderogabilità ma diventa un’eccezione, un limite all’operatività della normativa cosiddetta “di conflitto”, assumendo una valenza, per così dire, “negativa” (F.K. Savigny, Sistem des heutigen roemischen Rechts, tr. it. di V. Scialoja, Sistema del diritto romano attuale, Torino 1883-98.). L’ordine pubblico pertanto mantiene la funzione di difesa dei principi fondamentali dell’ordinamento, ma interverrà solo eccezionalmente per escludere in concreto l’applicazione di quelle normative o posizioni incompatibili con tali principi. In tal senso la definizione assolutamente prevalente – nella dottrina e nella giurisprudenza – dell’ordine pubblico nel diritto privato identifica lo stesso nei principi fondamentali che si presentano quali espressione delle concezioni sociali e morali vigenti nell’organizzazione statale e che sono tanto intimamente legati con gli interessi della società da costituire le basi dell’organizzazione stessa. Tale impostazione è stata non solo fatta propria dalla maggioranza della dottrina italiana (G. Balladore Pallieri, Diritto internazionale privato italiano, Milano, 1974, 116 ss.; G. Morelli, Elementi di diritto internazionale privato, Napoli, 1986, 80 ss.), ma costituì lo stampo per il conio dell’art. 31 delle disposizioni preliminari al codice civile del 1942 nel quale ci si limita a stabilire che le leggi e gli atti di uno Stato estero, o le private disposizioni e convenzioni, in nessun caso possono avere effetto nel territorio dello Stato quando siano contrarie all’ordine pubblico. L’ordine pubblico internazionale può quindi essere inteso come una clausola generale che ha la finalità di preservare l’armonia interna del nostro ordinamento giuridico dall’applicazione di norme straniere che produrrebbero nel caso concreto (e non in astratto) dei risultati inconciliabili ed antitetici nei confronti delle nostre concezioni sociali dominanti ed anche delle nostre più elementari regole giuridiche. L’interprete, pertanto, non dovrà partire da una preliminare individuazione di norme e principi inderogabili, né dovrà formulare giudizi di astratta contrarietà all’ordine pubblico delle cosiddette norme di conflitto, quanto piuttosto dovrà ricavare il giudizio di eventuale contrarietà all’ordine pubblico dagli specifici e concreti effetti della legge straniera. In questi termini la Cassazione ha ritenuto acquisizione sufficientemente consolidata quella per cui la nozione di ordine pubblico (anche in riferimento all’art. 31 citato) – in forza della quale la norma straniera che vi contrasti non può trovare ingresso nel nostro ordinamento in applicazione della pertinente disposizione di diritto internazionale privato – non è enucleabile esclusivamente sulla base dell’assetto ordinamentale interno, racchiudendo essa i principi fondamentali della Costituzione o quegli altri principi e regole che rispondono all’esigenza di carattere universale di tutelare i diritti fondamentali dell’uomo o che informano l’intero ordinamento in modo tale che la loro lesione si traduce in uno stravolgimento dei valori fondanti del suo assetto ordinamentale (Cass., 26 novembre 2004, n. 22332; Cass., 19 luglio 2007, n. 16017). La Corte di cassazione – già con le sentenze “gemelle” del 2003 (n. 8827 e n. 8828 del 31 maggio 2003) e, poi, segnatamente, con la conferma proveniente dalle Sezioni Unite del 2008 (n. 26972 dell’11 novembre 2008), in forza di un orientamento ormai stabilizzatosi (tra le tante, si veda Cass., 3 febbraio 2011, n. 2557) – ha affermato che il soggetto che chiede aure proprio il risarcimento del danno subito in conseguenza della uccisione di un congiunto per la definitiva perdita del rapporto parentale lamenta l’incisione dell’interesse alla intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell’ambito della famiglia e alla inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell’ambito di quella peculiare formazione sociale costituita dalla famiglia, la cui tutela è ricollegabile agli artt. 2, 29 e 30 Cost.. Trattasi di interesse protetto, di rilievo costituzionale, non avente natura economica, la cui lesione apre la via ad una riparazione ai sensi dell’art. 2059 cod. civ., senza il limite ivi previsto in correlazione all’art. 185 cod. pen., e ciò proprio in ragione della natura del valore inciso, di rango fondamentale, per il quale il risarcimento rappresenta la forma minima ed imprescindibile di tutela. Tale condizione rende pienamente esigibile il limite dell’ordine pubblico che si frappone all’applicabilità dell’art. 1327 ABGB alla controversia in esame, nella parte in cui detta norma austriaca impediva il risarcimento del danno che, nel nostro ordinamento, è detto “parentale”. Ad ulteriore conferma si rammenta che la protezione costituzionale degli affetti familiari, in quanto pertinente al catalogo dei diritti inviolabili della persona umana, nella sua dimensione sociale (a partire proprio dall’aggregazione di base costituita dal nucleo familiare), non trova riconoscimento e tutela, solo a livello interno, nella Costituzione, ma trova rispondenza ed implementazione anche nella dimensione Europea della tutela della vita familiare, garantita dall’art. 8 CEDU e dall’art. 7 della Carta di Nizza (che si rifà alla disposizione convenzionale e ad essa viene a sovrapporre la propria portata, in base a quanto disposto dall’art. 52 della stessa Carta: cfr. Corte di giustizia 5 ottobre 2010, in C-400/10). personaedanno.it/index.php?option=com_content&view=article&id=43810&catid=234&Itemid=486&contentid=43810&mese=10&anno=2013 Pagina personale di Claudio Martino. Non riporta le posizioni ufficiali dell AIFVS ( a.i.f.v.s. ) onlus né di altra associazione.
Posted on: Thu, 31 Oct 2013 06:55:47 +0000

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