Le radici della crisi attuale di Nando Ioppolo parte 3 4) le tesi - TopicsExpress



          

Le radici della crisi attuale di Nando Ioppolo parte 3 4) le tesi sinarchiste”, con il loro sgradevole sapore paranoide, non destituiscono di attendibilità l’idea di un ristret to numero di persone che tutto può, laddove il processo storico dovrebbe piu ttosto essere la risultante del convergere di tutte le istanze socia li interne ad una formazione sociale? Le accuse di “complottismo” nei confronti di chi de scrive una elite creditizio- finanziario-mercantile che ha concentrato nelle pro prie mani un gigantesco potere economico e politico a livello planetario ch e userebbe lucidamente per fini recessivi agendo volontariamente l’inflazione in controtendenza all’andamento calante della Domanda aggregata, veng ono dal bisogno di estremizzare ciò che non corrisponde a quello che g ià si pensa e che viene 26 veicolato dalle fonti che si ritengono affidabili, al fine di potere così giustificare il loro rifiuto (in realtà aprioristic o), laddove il loro accoglimento comporterebbe la conclusione che queste fonti avreb bero preso delle topiche enormi. Trovando una matrice paranoide piuttosto ch e mistica o fanatica, abbiamo un alibi che ci consente di trattare con su fficienza queste tesi e, perfino, di scartarle senza neanche leggerle. Etich ettare è infatti il più elementare modo per depotenziare un discorso scomod o. La questione, del resto, è che intorno a questa elite vivono davvero decine e decine di migliaia di altre famiglie che hanno ricchezze assolutamente ragguardevoli e potere politico assai elevato, gestendo le multinazionali “fuori dal club” e ricchezze mobiliari e immobiliari di vario genere e entità, e d è assai credibile che nel capitalismo, come in altri modi di produzione, il d ivenire storico possa essere la risultante della sommatoria vettoriale delle vol ontà dei “ricchi” nel loro complesso. Individuare in una ristrettissima parte di questi “ricchi” coloro che farebbero la storia, quando i ricchi dovrebbero ave re gli stessi interessi, dunque, a prima vista ha un’apparenza di semplifica zione paranoide. Non disaggregare il termine “ricchi”, però, quando gli interessi al loro interno divergono notevolmente, allontana dalla verità ed è essa stessa una semplificazione eccessiva. Se, infatti, è vero che le multinazionali “fuori dal club” possano avere interessi assolutamente converg enti con quelle che fanno parte di questo club, quando l’inflazione è gestita insieme alla svalutazione della Moneta in costanza di espansione della base “ reale” com’è stato negli anni ‘70-’80, e perfino quando la stagflation mira solo a mettere in ginocchio le maestranze sindacalizzate e quindi viene ripresa l’espansione a successo politico conseguito, la questione si pone in termin i radicalmente diversi quando, com’è ormai da più di dieci anni, la stagfl ation continua senza posa e aumenta il numero delle famiglie borghesi “fuori da l club” che passa la mano, costrette dalla decozione delle loro imprese messe in difficoltà sempre maggiori dalla riduzione degli sbocchi di mercato e , guarda caso, chi acquista la “polpa” delle aziende decotte sono proprio le im prese che fanno parte del club! Specialmente questo è vero quando vengono fag ocitate da grossi gruppi stranieri le banche nazionali con cui quelle erano prima legate saldamente, e ancora di più, come sta accadendo in Italia, quando si tratta di banche che erano pubbliche e che vengono privatizzate prima di essere rivendute a gruppi stranieri. Come risolvere, poi, il mistero di un au mento dei listini all’ingrosso in controtendenza alla Domanda che sortisce già di suo effetti recessivi e che non si sa proprio a chi altrimenti potrebbe conveni re? Quale convergere di interessi, più in generale, può altrimenti spiegare l’attuale fase recessiva internazionale, specialmente ora che sappiamo che c on il virtuale si può in 27 ogni momento espandere la base produttiva, così in guerra come in pace? O non crediamo nella lettura “copernicana” del virtua le creditizio-cartolare, seppellendo in ancora maggiore profondità la salma di Keynes, ed allora, però, non possiamo più spiegare mille cose, dalla chiusur a del circolo D-M-D alla economia di guerra, passando per la enorme differen za tra gli effetti recessivi ed espansivi della distruzione o della creazione de l medesimo ammontare monetario nel caso in cui sia “reale” rispetto a qu ando è “virtuale”, e, ancora, crediamo davvero nella favoletta che non usciamo da lla crisi perché... non risparmiamo abbastanza, oppure dobbiamo concludere che ci stiamo suicidando collettivamente perchè conosciamo soltan to le ricette del Pensiero Unico e non sappiamo come altrimenti fare nonostant e vediamo bene che non funzionano. Possiamo mai prendere in seria consider azione, in tal caso, l’ipotesi che l’insipienza sia una categoria storic a e che né i trust sanno quello che fanno quando aumentano i prezzi mentre la Doman da cala, né i governi quando combattono l’inflazione con la deflazione, o vvero con contrazioni della Domanda, perpetuando la stagflation? Mentre i l controllo politico dei governi e dei media da parte dell’oligarchia intere ssata ad aumentare la concentrazione a danno delle imprese fuori dal club grazie a una stagflation “volontaria” combattuta con una deflazione recessiv a spiega tutto benissimo, dovremmo ipotizzare che marketing, trust, scienza, media, politici e governi non capiscano nulla di economia e, i primi, sbaglin o per 10 anni di seguito le loro indagini di mercato anche se di mestiere fanno solo quello, i secondi si fidino del marketing anche se per farlo dilapidano profitti su profitti, scienza e media siano pieni solo di cialtroni leali e indipen denti, vittime innocenti di un equivoco tolemaico duro a estirparsi, mentre i poli tici e i governi “copiano da chi sbaglia” come altrettanti scolaretti somari, in sensibili alla contrazione progressiva di retribuzioni, pensioni e PIL, ma gli mancherebbe il cuore, insieme all’ISTAT, di ammetterlo, magari solo per p aura dell’ira delle folle. Come minimo, però, dovremmo anche ammettere che la supposta convergenza di interessi che porterebbe alla stagfl ation, anche se non riusciamo a immaginare quale possa essere, ha come effetto “collaterale” un non cercato aumento della concentrazione mercantile-finanziari a proprio a favore di quella elite che paga ciò che compra con il virtuale, e dunque senza pagare. In ogni caso, poi, si tratterebbe di una c onvergenza recessiva, in quanto l’insieme delle scelte il cui convergere far ebbe la nostra storia porta oggi alla inequivocabile riduzione della base produ ttiva, ma l’unica convergenza recessiva possibile, storicamente nota, è quella dei detentori di capitali mobili, ovvero delle elite parassitarie di tutto il mondo, interessate al solo ciclo D-D, anziché a quello D-M-D e da sempre avvantaggiate 28 dall’impoverimento relativo delle fasce produttive. In questo caso, però, resterebbe senza spiegazioni come mai le multinazio nali, in cui è grande la componente produttiva, paghino cifre iperboliche di marketing per poi fissare per dieci anni di seguito i listini in controtenden za alla Domanda, nonostante questo non convenga loro né in termini di Profitto né in termini di espansione della base produttiva, mentre l’inflazione, seppur bassa, che costituisce l’antecedente logico necessario della stagflation, non può certo dirsi gradito ai rentiers, i cui interessi si vorrebbe invece conver genti. Quale mai potrebbe essere allora questo interesse apparentemente suici da per tutte le multinazionali, ma di fatto esiziale solo per la pa rte di esse che non sono legate alle grosse banche statunitensi, le quali si vendono poi alle multinazionali legate a quelle o, perfino, ne vengo no acquisite direttamente? Ancora una volta l’unica spiegazione possibile dive nta l’insipienza. D’altra parte, la legge del cui prodest ci dice che quando non si sa chi abbia fatto una certa cosa che conviene a uno soltanto, il quale av eva sia i mezzi per compierla sia quelli per garantirsi l’incognito e, per giunta, non ha alibi...quasi certamente è stato lui! Nessun “garanti smo” può calpestare la logica più elementare. Nel nostro caso, mentre l’IS TAT lo nega, da almeno dieci anni retribuzioni e pensioni aumentano meno d ei prezzi e i listini al dettaglio meno di quelli all’ingrosso e delle tarif fe pubbliche, per cui possiamo escludere dalla lista degli indiziati sia i lavoratori che i pensionati, come i dettaglianti. Le imprese che operano sul mer cato interno vedono contrarsi da circa dieci anni gli sbocchi di mercat o e aumentare l’esposizione bancaria, per cui possiamo escluderle anch’esse dal novero degli indiziati, e, visto che nel frattempo sono entrate in difficoltà anche le imprese nazionali che producono per l’estero, dobbiamo escludere anc he quelle. Esse, infatti, vengono messe in difficoltà crescenti sia dalla con trazione della Domanda internazionale che dalla concorrenza “sleale” delle imprese multinazionali delocalizzate nel terzo mondo, spesso sotto l’appar enza di imprese indigene cinesi o indiane, ma in realtà filiazioni di multin azionali in prevalenza statunitensi, ed in mezzo a fallimenti, delocalizza zioni e acquisizioni operate da grossi gruppi stranieri, è aumentata la disoccup azione anche tra gli impiegati, i quadri e i managers. Di fronte a un qu adro così chiaro di recessione internazionale, di crescita insopportabi le della concorrenza delle multinazionali delocalizzate e di invasione inarres tabile del mercato interno da parte di prodotti sottocosto cinesi o indiani, cost ruiti con il più spregevole massacro delle risorse umane e naturali del pianeta , l’ISTAT ci racconta la fiaba di una inflazione al 2%, di retribuzioni e p ensioni che “tengono”, di un PIL che sale dell’1% e di una disoccupazione che pe rfino diminuisce! Perché 29 queste disgraziatissime bugie? Nascondere tre punt i percentuali di inflazione all’anno vuol dire nascondere in dieci anni il calo del 40-50% del potere di acquisto di retribuzioni e pensioni e un conforme c alo del PIL “reale”. A chi giova tutto ciò? Quale sarebbe quel supremo interes se della nazione che determinerebbe media e politici di ogni fazione a f arsi complici di questo gravissimo delitto contro il popolo italiano e cont ro tutti gli altri popoli dell’occidente capitalistico che lo soffrono, in Eu ropa come negli USA, e, sostanzialmente dovunque? Alla base, tutto ammesso e non concesso, potrebbe esserci solo la “lodevole” idea che dimezz ando retribuzioni e pensioni, anche se inizialmente ci saranno fallimen ti e disoccupazione in quantità, anche se commercianti, artigiani, piccole imprese e ceti medi ne verranno rovinati e anche se va in degrado tutto il tessuto economico e sociale nazionale, in un secondo momento l’economia si espa nderà assai di più di quanto non si sia contratta inizialmente. Ed in eff etti scienza e media tuonano contro ogni velleità protezionistica o di reintrodu zione dei controlli valutari antispeculazione e ci dicono che c’è una “crescita” (!?), ma che è insufficiente perché i lavoratori non accettano riduzioni ulterio ri di retribuzioni e welfare che rendano più “competitive” le nostre imprese e i ncoraggino, insieme a una bassa inflazione ed ad una significativa riduzione del nostro debito pubblico, l’afflusso dei capitali stranieri, evenienza che, i n costanza di deregulation valutaria, migliorerebbe il saldo della bilancia de i pagamenti e renderebbe possibile la riduzione dei tassi di interesse, con conseguente aumento degli Investimenti, dell’Occupazione e del Reddito. Nel contempo, l’opinione pubblica viene tenuta all’ oscuro sia del fenomeno della “volontarietà” della inflazione, che andrebbe combattuta con il calmiere all’ingrosso, specialmente in un contesto di stagfl ation, sia di quello del “collocamento” dei bot presso le banche pubbliche. All’opinione pubblica, infatti, si è perfino detto che i conti pubblici an davano e vanno “risanati” sempre e comunque, e poi per farlo si sono vendute, direttamente o cartolarizzandole, a meno di € 10.000.000.000,00 q ueste stesse banche che hanno tra i propri assets bot collocati per un ammo ntare cento volte il prezzo di cessione! Come risultato, il bilancio statale re gistra oggi un avanzo primario non sufficiente, anche se di poco, a copri re gli interessi sul debito pubblico, mentre questi sono ora effettivi e verso i privati che hanno acquistato le banche pubbliche collocatarie, da sol o virtuali che erano quando erano collocati presso banche pubbliche, semplice p artita di giro che li vedeva sparire nel buco nero del loro moltiplicatore dei d epositi. Cosa deve indurne l’economista che svolge l’inchiesta se non che diet ro tutto ciò c’è la regia di quelle multinazionali che volevano e vogliono acqui sire le nostre banche, 30 pubbliche e private che siano, e rendere il nostro popolo loro debitore, da libero che era, con la complicità di una conventico la di politici e pubblici amministratori che spesso vediamo essere consulenti di grosse banche statunitensi? Al massimo potrà registrare che un ri stretto numero di rentrier avrà pure guadagnato in questi stessi anni, aumenta ndo la propria ricchezza virtuale, ma dov’è il supremo interesse che si pers eguirebbe con la deflazione recessiva e con le dismissioni prezzo di fallimento , e come farebbe poi esso ad essere quello della nazione italiana, per giunta? E come spiegare altrimenti il silenzio traditore dei media e dei nostri politici su questo incredibile delitto, se non in termini di asservimento totale al grosso cap itale creditizio e finanziario internazionale? Potranno essere assolti dall’opinio ne pubblica adducendo di essere stati vittime della stessa ignoranza di cui essa è affetta, ma di non averci guadagnato nulla? 5) perché non credere al Pensiero Unico se alla fin de i conti la prova della sua infondatezza è più “logica” che fattuale o emp irica, più o meno come quella della sua fondatezza? Innanzitutto bisogna congratularsi per il fatto che questo bisogno di concretezza proviene da chi fino ad oggi non ha mai chiesto al Pensiero Unico uno straccettino di prova empirica delle sue tesi e augurarsi che questo colpo di scena intellettuale sia duraturo. In secondo luo go, i più affamati di fatti vanno invitati alla estrazione di un camerale della Banca d’Italia, della BCE e della Federal Reserve, e quindi alla semplice lettu ra dei loro bilanci degli ultimi 5-10 anni, per verificare come sono contabil izzate le banconote vendute, e, soprattutto, i bilanci di qualsiasi ban ca, per la verifica contabile del reflusso bancario, nonché alla verifica contabile d el rapporto percentuale del saldo Import-Export sul totale del PIL attraverso l a lettura dei bilanci statali dei principali paesi europei degli ultimi dieci ann i . Per quanto riguarda la verifica empirica dell’inflazione non andrebbero da ti riferimenti, per semplice rispetto dell’intelligenza di tutti, limitandosi a segnalare che negli ambienti finanziari viene ordinariamente ritenuta più o meno pari al tasso di sconto e invitando a interrogarsi seriamente sulle ragioni c he possono spiegare il convergere sul punto dei silenzi omertosi di tutte le forze politiche, di governo come di opposizione, che è stato fondamentale per r idurre del 40-50% retribuzioni e pensioni in appena dieci anni. Per u na verifica empirica degli accordi cartello, va altresì suggerita la lettura p aradigmatica delle più note riviste specializzate di auto italiane, tedesche e francesi degli ultimi 30 anni onde osservare il ridicolo scarto temporale interco rrente tra l’aumento dei listini operato da ognuna delle marche più rinomate e il pari aumento percentuale operato da qualsiasi delle altre, del t utto indipendente 31 dall’andamento del cambio e dalle singole inflazion i interne agli altri paesi. Sul “collocamento” dei bot, purtroppo, esiste un om ertoso silenzio che impedisce la loro precisa ricostruzione quantitativ a, e solo centinaia di riferimenti diretti e indiretti nella pubblicistica . Lo stesso va detto intorno all’effettiva consistenza della bolla speculativa c reditizia e cartolare o sull’assetto proprietario dei più grossi gruppi mul tinazionali e delle più famose dinastie di magnati del mondo, invitando per ò a digitare su qualsiasi motore di ricerca le più semplici parole chiave, sc elte a piacimento. Il prezzo di cessione e cartolarizzazione delle banche pubbli che italiane, poi, è stato abbastanza volte riportato nella pubblicistica. In terzo luogo, invece, per quanto riguarda le più importanti relazioni macroec onomiche proposte dal P.U. e portate a giustificazione della bontà della deregulation valutaria, della globalizzazione, dell’assenza di dazi protettivi, d el modello “bassi salari+Esportazioni”, degli interventi deflativi an che in costanza di stagflation, ecc., così come della negatività delle conseguenze della svalutazione o del calmiere all’ingrosso, va ricordato che non è mai s tata nemmeno tentata una verifica sperimentale della supposta relazione “for te” che legherebbe inversamente gli Investimenti al saggio di interess e, e, ancor meno, di quella che li legherebbe all’ammontare assoluto dei Rispar mi, così come di tutte le altre basilari relazioni. Il costrutto tolemaico, c ioè, è un costrutto “logico” per eccellenza, niente affatto sperimentale e la sua v alidazione, pertanto, non ha alcun fondamento empirico. Come tale si vorrebbe au toaccreditare esclusivamente in termini analitico-sintetici, e, d unque, non ha alcuna credenziale da vantare sul piano scientifico. Mentr e l’insuccesso delle sue ricette è sotto gli occhi di tutti, così come l’ass oluta infondatezza empirica di troppi elementi fattuali che pur suppone, la sua in coerenza logica è incontestabile, poiché parla di un libero mercato c he non esiste per negare l’intervento statale in economia, l’associazionismo sindacale, il calmiere all’ingrosso, i vincoli valutari anti-speculazione, i dazi protettivi e la svalutazione centralizzata del cambio in armonia co n il differenziale di inflazione, demonizzare l’inflazione e il debito pu bblico e invocare il rigore finanziario e il contenimento indefinito di welfare e retribuzioni come “modello di sviluppo”, mentre ignora bellamente: a) che gli accordi di cartello rendono l’oligopolio in tutto equipollente al vitup erato monopolio e negano alla radice ogni possibile “libero mercato”; b) la volontarietà dell’inflazione da parte dei trust; c)la recessività della deflazio ne in tempi di stagflation e l’assoluta necessità del calmiere all’ingrosso per contrastare la volontarietà del processo inflattivo; d)che la deregulation valutari a provoca un inutile esodo di Capitali dalle aree che si sviluppano con inflazion e verso quelle afflitte da 32 deflazione recessiva, pena la disintegrazione delle loro valute; f)che gli Investimenti non si fanno con il Risparmio ma con i l virtuale creditizio e cartolare e che ammontano ad appena 1/10 della liqu idità circolante; g)che gli Investimenti sono funzione diretta “forte” della Do manda effettiva e funzione inversa “debolissima” del saggio di interesse e dei costi in genere; h)che la quasi totalità della Moneta circolante cartacea e s critturale del nostro pianeta non è statale ma privata, non è affatto sotto contr ollo pubblico, è “allo scoperto” e non si sa neanche quanta sia, mentre vi ene stimata in 1/100 della Moneta creditizia, la quale a sua volta è Moneta a tutti gli effetti, è privata, è “allo scoperto” al 99% ed è ormai tanta da potere c omprare almeno 5 volte l’intero pianeta; i)che anche i titoli borsistici e i derivati compravenduti dentro e fuori le borse costituiscono una Moneta, quasi tu tta “allo scoperto” e costituente una bolla 10 volte maggiore di quella c reditizia; l)che il debito pubblico viene in massima parte “collocato” presso le banche perdendosi nel “buco nero” del loro moltiplicatore dei depositi, c he è “finanza allegra” al 99% e, laddove quelle banche sono pubbliche, è solo una partita di giro contabile insieme agli interessi relativi, cartolar izzati e collocati anch’essi; m)che il circolo D-M-D potrebbe essere chiuso solo trasformando d’autorità in Consumi tutto il Profitto non reinvestito né Con sumato e tutta la Rendita tesaurizzata, mentre per espanderlo occorre una Dom anda “esterna” che di prassi viene creata proprio con il virtuale circolante, c reditizio e cartolare, secondo la logica della “economia di guerra”. Si tr atta, dunque, in definitiva, di un Pensiero tutto incentrato su una concezione d ella Moneta circolante, creditizia e cartolare assolutamente fantasiosa, su lla negazione della volontarietà dell’inflazione da parte dei trust sia in tempi di espansione che in tempi di stagflation, sulla negazione della sostanz a di finanza allegra del debito pubblico, in specie”collocato”, su una inesi stente relazione inversa tra Investimenti e saggio di interesse in luogo di quel la diretta e forte che esiste con la Domanda effettiva, ed è questa la ragione p er cui non “comprende” né l’economia di guerra né il ruolo del virtuale nella chiusura del circolo Denaro- Merce-Denaro né, conseguentemente, riesce a produrr e nessun vero modello di sviluppo. La visione “copernicana”, invece, spie ga tutto ciò che il Pensiero Unico non spiega, è coerente e priva di contraddizi oni interne, rende giustizia delle enormi falsità fattuali diffuse dai media ne l tentativo impossibile dei quadrare il cerchio del modello bassi salari+Esport azioni e dice il vero, sbloccando finalmente il dibattito politico. 6) che fare, se le cose stanno davvero così, visto che la gente sembra troppo distratta, insensibile, gregaria e priva di capacit à di auto-organizzazione, 33 né mostra sufficiente senso critico verso i media e i politici per potere sperare in uno spostamento significativo dell’asse del dibattito politico? La distrazione, l’insensibilità, la gregarietà, il poco senso critico, la preferenza per la delega sono certamente un tratto caratterist ico di buona parte dell’opinione pubblica, ma ciò vale sia per il pens iero conservatore che per quello riformatore o perfino rivoluzionario. Le mas se, infatti, si mobilitano in tutte e tre queste direzioni e non in una sola di e sse se vengono dirette e spronate dai loro intellettuali “organici”. Il prob lema attuale è che il tasso di bugia dei media e delle dirigenze politiche è tale che gli intellettuali dotati di un minimo di senso critico e di lealtà intellettual e hanno gradualmente disertato le organizzazioni di massa e l’impegno po litico, lasciando che la politica diventasse un vero e proprio “mestiere”. I l loro sopore, però, è dovuto esclusivamente a tre fattori: 1)l’idea che i giochi siano fatti, almeno finchè non si affermi qualche nuovo imprevisto panorama cultur ale. 2)l’idea di ognuno di essere uno dei pochissimi a non credere a scienza, media e politici, insieme a pochi suoi conoscenti. 3)la disorganicità del pensi ero critico, ovvero la mancanza in esso di quello che si chiama il “salto gestaltico”. Le critiche, cioè, rimangono ancora all’interno del Pensiero Uni co, senza riuscire a sistematizzarsi in una visione complessiva alternat iva ad esso, in quanto nessuno sospetta che tutto l’impianto teorico del Pensiero Unico sia assolutamente infondato, credendolo semplicemente a ffetto da falle, anche vistose, che non lo mettono in discussione, però, c ome modello. Alcuni, cioè, vedono delle falle e altri ne vedono altre, ma le f alle non sono tutte note a tutti e nessuno le ha ancora sistematizzate, rendendo pos sibile il salto gestaltico. Nel momento in cui, pertanto, cominciasse a girare l’informazione intorno alle gravi topiche del Pensiero Unico e venisse proposto un modello alternativo ad esso, innanzitutto ognuno ritroverebbe esposte e si stematizzate le proprie critiche, ovvero quelle che lui aveva colto. In sec ondo luogo, non si stupirebbe nello scoprire che la vastità e la gravità delle to piche siano molto maggiori di quelle che lui aveva colto da solo. In terzo luogo, troverebbe conferma del “tradimento” di scienza, media e politici . In quar to luogo, soprattutto, coglierebbe l’effettivo grande numero dei critici o ggi esistente, da lui ancora ritenuto erroneamente esiguo. Poiché il quadro dell e topiche è davvero disarmante, così come la profondità dei guasti che sono stati causati dall’adozione delle ricette del Pensiero Unico e la vastità del fronte sociale che ci perde per loro effetto, e, soprattutto, vist a la funzionalità del P.U. agli interessi recessivi dei trust finanziarizzati e di quella del Pensiero “copernicano” a quelli espansivi del mondo del lavo ro, è plausibile che queste critiche sfonderanno una porta aperta e si aprirann o come una lama rovente 34 nel burro un varco nella cortina di omertà eretta d a scienza, media e politici. Basterà dire, cioè, che il re è nudo e nessuno oser à più dirlo vestito! Sappiamo, infatti, che scienza e media decidono le fortune delle idee nella società a capitalismo maturo. Ne consegue che bisog na semplicemente usare lo strumento del passa-parola, o, se si preferisce, del “samisdatz”, come nella USSR bresneviana, approfittando del maggiore tasso di democrazia formale delle attuali socialdemocrazie occidentali e delle possibilità offerte da internet. Per concepire un’idea, infatti, basta un genio o un pazzo, ma perché milioni di uomini la seguano anche se l’hanno capita solo a sp anne, occorre che essa risponda qui e ora agli interessi materiali di queg li uomini per come essi sono al momento inseriti nei rapporti di produzione. Poi ché oggi le tesi copernicane sono funzionali all’espansione economica e alla dif esa di lavoratori, pensionati, utenti dei servizi sociali, commerciant i, artigiani, piccole imprese e perfino grosse purchè “fuori dal club”, la loro for tuna è sicura. Sul fronte opposto, infatti, stanno solo le banche, le assicur azioni, e le finanziarie, più i rentiers e i servi strapagati di queste ristrette f asce sociali. In più, mentre ogni progetto che asseconda lo sviluppo delle forze prod uttive è oggettivamente funzionale al modo di produzione che intende svilup pare, i comportamenti che bloccano questo sviluppo vanno oggettivamente “cont ro la storia” e riducono il consenso della elite che li adotta, parallelamen te alla erosione che viene indotta dall’impoverimento provocato nei tradiziona li alleati di classe della rendita quando vengono abbandonati alla deriva rece ssiva in tempi di vacche magre. Le idee copernicane, insomma, verranno segui te perché la voglia di credere ad esse è superiore alla loro stessa assolu ta fondatezza, mentre la voglia di abbandonare le idee tolemaiche è di molto superiore alla loro assoluta infondatezza.
Posted on: Sun, 28 Jul 2013 09:59:41 +0000

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