L’INDULGENZA NELLA TRADIZIONE DELLA CHIESA Come ogni aspetto - TopicsExpress



          

L’INDULGENZA NELLA TRADIZIONE DELLA CHIESA Come ogni aspetto della dottrina della Fede, anche l’Indulgenza è stata sottoposta ad uno sviluppo progressivo, analogamente al granello di senape che dapprima è il più piccolo dei semi e poi diviene un albero sui cui rami si posano gli uccelli del cielo e alla cui ombra dormono le fiere. Molti, specie in campo protestante, hanno considerato l’Indulgenza come la sintesi degli abusi del Papato. In realtà questa affermazione, se ha un fondamento storico in relazione agli aspetti pastorali e canonici del problema in alcune epoche, non ha nessun fondamento invece in campo dogmatico e liturgico. Le prime Indulgenze furono concesse direttamente dall’Autorità ecclesiastica solo nel X sec., cominciando con l’abbonamento totale o parziale delle sfibranti penitenze canoniche. Ma dalla notte dei tempi i fedeli compivano atti di pietà che implicitamente ottenevano l’Indulgenza (39). Una prima tappa è costituita dal valore attribuito ai meriti dei Confessori fin da quando essi erano in vita (40). Già dai tempi di San Cipriano di Cartagine (200 ca.-258) coloro i quali erano caduti nel peccato di apostasia e chiedevano la riconciliazione con la Chiesa si procuravano dei libelli in cui i superstiti delle persecuzioni intercedevano per loro. A questi lapsi libellatici veniva concessa l’assoluzione in punto di morte senza penitenza canonica, a dimostrazione che l’intercessione del Confessore era considerata vicaria della penitenza stessa, non potendo i moribondi più adempirla. Ciò dipendeva dai loro meriti. Una seconda tappa è costituita dalla prassi del pellegrinaggio o viaggio sacro. Intrapreso per culto dei Santi e delle loro Reliquie, stimolato dal compimento di miracoli, motivato dal bisogno di soccorso nella malattia e nelle difficoltà della vita, impreziosito dal desiderio di uniformarsi almeno per una parte della vita alla povertà, alla castità e all’obbedienza di Cristo, il pellegrinaggio ha da sempre una valenza espiativa molto forte e degli archetipi biblici assai marcati (41), ed è ancora oggi una pratica devota raccomandata dalla Chiesa. Da quando essa nacque, i fedeli cominciarono a recarsi nei luoghi più santi della Fede, quelli di Palestina, convinti che lo sforzo compiuto per raggiungerli sarebbe stato massimamente meritorio per la congiunzione di tale merito con quelli sovrabbondanti di Cristo medesimo, della Vergine, degli Apostoli e dei Santi che colà erano vissuti, e avrebbe ottenuto loro l’agognata remissione delle pene meritate dai peccati. Il viaggio era ad un tempo presso il Luogo Santo e la Chiesa ivi radunata, presso la memoria e il memoriale della Presenza Divina (42). L’emancipazione del Cristianesimo e la fioritura di Santuari attorno ai venerati corpi dei Santi, oltre che in luoghi impreziositi da ierofanie miracolose (43), fecero sì che i centri di pellegrinaggio si moltiplicassero all’infinito e attirassero i penitenti alla ricerca di un’espiazione che andasse a supportare l’assoluzione sacramentale (44). Già dal 490 l’Arcangelo San Michele, apparendo a San Lorenzo Maiorano in quel di Monte Sant’Angelo, potè promettere: Ubi saxa panduntur ibi peccata hominum remittuntur. I Santuari in cui la fede popolare e l’insegnamento ecclesiastico ravvisavano le condizioni della remissione della pena sono al centro di complessi cicli agiografici che, parte integrante della Tradizione, attestano la fede embrionale in un’Indulgenza legata ad un luogo e ad una santità ivi testimoniata, con cui si entrava in contatto mediante il viaggio sacro. Così per esempio San Gregorio Magno (590-604) poteva già attestare che la Tomba del Beato Apostolo Pietro era il luogo della universale remissione dei peccati, a causa dell’immenso afflusso di pellegrini in cerca di espiazione. Questo sistema espiativo ebbe ancor più successo da quando si diffuse il sistema delle Redenzioni e dei Tariffari, che prescriveva esso stesso il pellegrinaggio per determinati delitti. Numerosi Santuari avevano collezioni votive di catene, portate dai penitenti in segno di espiazione e miracolosamente scioltesi all’atto del loro arrivo in quelle mete; anche le liste dei peccati che essi si portavano dietro spesso bruciavano spontaneamente al momento della visita. Cuore dei Santuari erano e sono le Sante Reliquie. Oggetto di culto perché ricordo fisico dei Santi, perché dotate della santità che appartenne loro per inabitazione dello Spirito Santo e perché glorificate da Dio mediante i miracoli compiuti presso di esse (45), esse sono venerate da sempre (46) e si dividono in tre grandi tipi: quelle reali, quelle per contatto e i brandea. Questi erano i pezzettini, anche minuti, dei sepolcri dei Santi, sbrecciati dai fedeli e usati almeno fino a quando rimase in vigore il divieto romano di smembrare i corpi dei Santi stessi o di traslarli, ossia fino al VIII sec. Questa legge, ora ripristinata, preservò il mondo cristiano da una proliferazione a volte ambigua (47). Le Reliquie reali sono i corpi stessi dei Santi o gli oggetti usati da essi in vita; invalsa la prassi dello smembramento dei corpi e degli oggetti, esse poterono essere conservate in più luoghi. Le Reliquie per contatto erano quelle generate dai fedeli toccando, con un oggetto, il corpo o il sepolcro o gli oggetti stessi del Santo; a volte era la stessa Chiesa a produrre così le Reliquie – come ancora si fa – per la devozione dei fedeli (48). Accanto alle Reliquie, che ai giorni nostri sono diventate più articolate nella tipologia, grazie ai filmati, alle registrazioni e alle fotografie dei Santi stessi, anche se non sono ancora oggetto di un culto indiscriminato che pure avrebbe ragion d’essere, si collocano le Icone, considerate le immagini autentiche di Cristo, di Maria e dei Santi, degne per questo di venerazione e veicoli della loro presenza operativa efficace. Spesso accanto all’Icona dipinta si collocano le Statue. Le feroci persecuzioni iconoclaste in Oriente alzarono il prestigio delle Icone e la fede nella loro efficacia salvifica, ivi compresa la loro potenzialità espiativa. Il tipo iconico, rigorosamente stabilito e rispettato, garantisce la raffigurazione formalmente corretta di Cristo, della Madre, degli Angeli e dei Santi, in ossequio al principio dell’Incarnazione, che ha dato un Immagine visibile al Dio invisibile, senza che però, mancando la consustanzialità tra il raffigurato e il raffigurante, si corra il rischio dell’idolatria (49). L’Icona e la raffigurazione in quanto tale, avendo come oggetto la persona e non la natura ed essendo quella realmente ancora esistente ed operante, sono un mezzo mediante cui i raffigurati possono agire. Ad un certo punto della storia, perciò, la mappa del mondo cristiano assunse la caratteristica che ancora oggi ha: una fitta trama di Santuari e Chiese, spesso assiepate in città divenute sante per la loro ricca presenza e quindi meta costante di postulanti di grazie e perdono (50). Una terza tappa per la diffusione dell’Indulgenza fu il suo legame con la guerra. In un mondo sconvolto dalla violenza, prendere le armi fu ben presto concepito come atto di espiazione (51). Pipino il Breve scese in Italia nel 752 e nel 756 per liberare Roma dai Longobardi e donarla al papa Stefano II (752-757) pro venia delictorum suorum, ossia in penitenza delle sue colpe, evidentemente già perdonate sacramentalmente, non avendo lui subito nessuna imposizione penitenziale. Papa San Leone IV (847-855) promise all’esercito dei Carolingi che quanti fossero caduti al suo interno per la difesa del mondo cristiano dai barbari pagani sarebbero andati in Cielo direttamente, ossia diede alla guerra giusta con conseguente morte un valore soddisfattorio pieno. Non solo la sentenza fu reiterata da papa Giovanni VIII (872-882), ma ebbe un corrispettivo nella convinzione dell’imperatore Niceforo II Foca (963-969), che a Bisanzio considerava martiri della Fede i suoi soldati caduti in battaglia contro i Saraceni, anche se il patriarca Polieucto (956-970) non volle attribuire loro nessun culto, sebbene convinto che fossero saliti in Cielo. Questa equiparazione tra martirio e piena purificazione penitenziale legata alla guerra contro gli infedeli fu ripresa anche da San Leone IX (1049-1054). Alessandro II (1061-1073) accordò l’Indulgenza a chi combatteva per liberare la Spagna dall’oppressione moresca. San Gregorio VII (1073-1085) bandì numerose indulgenze per coloro che combattevano le sante battaglie del Papato e della Chiesa, decidendo già da questo mondo la lotta tra bene e male. Il geniale coniugatore della guerra giusta col pellegrinaggio fu il Beato Urbano II (1088-1099) che, sulla base del paradigma biblico dell’Esodo, pellegrinaggio in armi verso la Terra Santa, allo scopo di soccorrere i Cristiani d’Oriente e di liberare i Luoghi Santi, bandì la Crociata nei Concili di Piacenza e Clermont Ferrand (1095) concedendo l’Indulgenza plenaria a chiunque vi avesse partecipato, anche senza perdervi la vita. Da questo momento la plenaria è collegata alla Crociata, pur non mancando Indulgenze generose legate ai pellegrinaggi inermi e ad altre opere buone, ormai significativamente richieste nelle penitenze per i peccati più gravi e pubblici, capaci di abbonare sia le pene canoniche che quelle in Purgatorio o entrambe. Il Concilio di Bari (1098) confermò le concessioni. Urbano II le estese alla Reconquista spagnola, pellegrinaggio in armi a Santiago. Alla plenaria corrispondeva il voto del crociato, l’impegno solenne preso di andare a combattere sotto vincolo di peccato grave: da esso decorreva l’applicazione dell’Indulgenza. Il I Concilio Lateranense (1123) confermò l’Indulgenza plenaria in Spagna e Terra Santa; il Beato Eugenio III (1047-1054) la concesse alla Crociata contro gli Slavi pagani che impedivano la diffusione della Fede sul Baltico, come pellegrinaggio armato presso le Chiese perseguitate e presso la Terra della Beata Vergine Maria (essendo state donate quelle lande alla Madre del Verbo); il III Concilio Lateranense (1179) la estese alla lotta contro gli eretici, come pellegrinaggio armato presso le Chiese funestate dalla loro presenza, che minacciavano il Corpo Mistico di Cristo. Introducendo il sistema di commutazione dei voti su base tariffaria presente anche nel Libro del Levitico, papa Innocenzo III (1198-1216) confermò la prassi diffusa di concedere l’Indulgenza anche a chi armava un crociato a proprie spese e concesse questo genere di commutazione a chi lo chiedeva per validi motivi. Così, mentre fioriva la grande età dei pellegrinaggi inermi, quelli armati anche raggiungevano l’apice e la legislazione canonica del IV Concilio Lateranense (1216) radunava le azioni meritevoli di perdono se compiute in armi: contro gli infedeli, i pagani, gli scismatici, gli eretici e gli scomunicati. Una mutazione di tendenza cominciò a configurarsi con Onorio III (1216-1227) che riconobbe l’Indulgenza della Porziuncola, plenaria, da lucrarsi il 2 agosto e ottenuta da Nostro Signore stesso per richiesta di San Francesco d’Assisi (1181-1226), legata solo alla preghiera, ai Sacramenti e alla visita alla Chiesa assisiate e ai vari templi che poi ebbero questo privilegio, oggi esteso a tutte le parrocchie e alle chiese francescane del mondo. Lo sviluppo del culto dei Defunti fece sì, già dall’XI-XII sec., che l’Indulgenza fosse applicata, come suffragio, ai Purganti, sia plenaria che parziale. In ragione di ciò il 2 novembre, legato alla Commemorazione dei trapassati, fu impreziosito dalla plenaria e il suo Ottavario da altre forme di perdono (52). Queste Indulgenze erano ovviamente slegate sia dal pellegrinaggio inerme che armato. Invece la politicizzazione dell’uso della Crociata (contro gli Svevi, contro gli Aragonesi, contro i Colonna, contro i Ghibellini) e la caduta di San Giovanni d’Acri (1291) contribuirono all’eclisse della plenaria legata al pellegrinaggio in armi, anche se le spedizioni sacre continuarono ad essere organizzate fino al XVIII sec., tornando a parziale fulgore nelle guerre contro i Protestanti (secc. XVI-XVII) e contro i Turchi nei Balcani (secc. XIV-XVIII). Una nuova plenaria inerme fu concessa da San Celestino V (1294) in Santa Maria di Collemaggio, la cosiddetta Perdonanza, ancora in uso. Nel frattempo l’Indulgenza si legò sempre più anche alla semplice recita di preghiere o al compimento di opere buone (53). Ma l’apice dell’Indulgenza plenaria si ebbe con l’istituzione del Giubileo nel 1300 per volontà di Bonifacio VIII (1294-1303). Alla cadenza prima centenaria, poi cinquantennale indi venticinquennale dell’Anno Santo fece seguito la possibilità di lucrare l’Indulgenza anche fuori Roma. Clemente VI (1342-1352) fu il primo a concedere ai Maiorchini di lucrarla con visite alla Cattedrale e con l’offerta di una somma pari a quella che avrebbero speso per andare a Roma. Questa concessione alla mentalità materialistica del Medioevo ebbe purtroppo tristi sviluppi: l’Indulgenza tariffata in base alla possibile spesa del viaggio a Roma divenne la prassi di Bonifacio IX (1389-1404), che quindi fece entrare la simonia nel sistema penitenziale. Egli usò anche largamente la prassi dell’Indulgenza giubilare bandita al di fuori del Giubileo stesso, lucrata in genere con un’offerta. La predicazione dell’Indulgenza divenne spesso grossolana e il richiamo alla Confessione e alla Comunione più flebile, specie nel Rinascimento. Le numerose Indulgenze giubilari lucrate con offerte spesso si basarono su tariffe predeterminate, assecondando la parte più bassa della pietà popolare, quella desiderosa di poter quantificare il merito. La pretesa, mai esplicitata, che l’Indulgenza concessa da Leone X per la costruzione della Basilica di San Pietro rimettesse anche la colpa e che non avesse bisogno della Confessione, oltre che di una sua efficacia automatica, fece inorridire Lutero (1483-1546) il quale tuttavia negò il diritto stesso della Chiesa di concederle, per cui Leone X (1513-1521), se da un lato precisò i punti controversi sollevati dal ribelle riaffermando la prassi tradizionale, dall’altro condannò gli errori in merito con la Exurge Domine (1520) e la Decet Romanum Pontificem (1521). Il Concilio di Trento (1545-1563) potè così ribadire la dottrina delle Indulgenze, così come l’abbiamo esposta, reprimendo gli abusi simoniaci. Nell’età moderna esse furono legate soprattutto a pii esercizi di ampia popolarità, come la Via Crucis, le Litanie autorizzate, la Preghiera al Crocifisso, il suffragio (54). Pur rimanendo i grandi pellegrinaggi e i grandi Santuari (55), l’Indulgenza si legò sempre più alla pietà privata, alla preghiera, mentre la prassi dell’offerta andò declinando. Il Concilio Vaticano II (1962-1965) prescrisse i necessari ammodernamenti poi realizzati da Paolo VI (1963-1978). Rimane ad oggi viva la prassi del pellegrinaggio, grazie alle continue manifestazioni del soprannaturale nelle visioni, apparizioni e nella vita di alcuni grandi Santi, per cui i fedeli istintivamente ancora accorrono alle fonti dell’espiazione che Dio stesso apre loro (56). In effetti, l’ultima grande Indulgenza concessa, quella della Divina Misericordia nella II Domenica di Pasqua, da Giovanni Paolo II, corrisponde alla volontà espressa da Gesù in Persona a Santa Maria Faustina Kowalska (1905-1938), alla quale il Signore promise una rigenerazione talmente forte ai penitenti da restaurare la pura Grazia battesimale.
Posted on: Wed, 13 Nov 2013 15:43:33 +0000

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