"Ma non era questo che sgomentava. Forse, pensai, era la mia - TopicsExpress



          

"Ma non era questo che sgomentava. Forse, pensai, era la mia stessa età, l’aver vissuto il triplo di quei ragazzi andati in guerra con in bocca ancora la ninnananna delle loro madri. L’avere due figli che, in quel conflitto, sarebbero già stati veterani. Oppure quei gradoni, tremenda rappresentazione altimetrica di una guerra tutta in salita, sotto il tiro di un nemico sempre dominante. O forse la contiguità dell’ecatombe con la quotidianità dei vivi, i racconti della nonna che dalle rive di Trieste guardava a quei cannoneggiamenti come al “cinematografo”, rappresentazione pirotecnica dell’inconcepibile. Mormoravo: dove siete, figli della durezza, della fame e dell’emigrazione. Datemi un segno, voi che siete stati ingranaggi di una macchina spietata, operai e contadini obbligati a obbedire a ordini talvolta incomprensibili o deliranti, eppure portatori di un senso del dovere oscuro, antico e austero che oggi l’Italia più non conosce. Su ciascuno dei ventidue gradoni c’era scritto “Presente”, ripetuto come salve di fucileria, ma nessuno mi rispondeva. Quei morti non abitavano più il tempo, come quelli al cimitero ebraico. Erano fuori, in un cielo freddo. Provai a cantare Sento il fischio del vapore, l’è il mio amore che va via. Niente. Regnava su tutto una formidabile assenza. Unico segno, il lampo nero di un cane dietro il sarcofago del Duca d’Aosta, magro e immateriale come lo sciacallo Anubi, il dio delle tombe degli Egizi. [...] Che notte, il richiamo della vita è tremendo, come nel plenilunio di Ungaretti, come quella sua notte in trincea lì a due passi sull’Isonzo, accanto a un commilitone ucciso che digrigna alle stelle. La vita chiama con odore di rosmarino e vento tiepido, ma loro non rispondono, perché Redipuglia non è un cimitero. Fu, anzi, costruita come antitesi al cimitero. Uno schieramento di morti, la sacralizzazione della guerra. Un oggetto siderale, cui è tolto il contatto con la terra madre. Solo pietra avrai attorno, soldato. Non porterai sulla tua tomba nessuna data e nessun nome di luogo. Ti basti il grado e il battaglione. Pietra levigata, senza niente per mettere un fiore. Anche il dolore per il singolo Caduto ti è negato. Qui si piange per altro: lo sgomento per l’indicibile, la morte anonima. Rileggo gli appunti. Ossa senza pace, traslocate non una ma tre, quattro volte: la trincea, poi i piccoli camposanti dietro le linee, poi i cimiteri di guerra, poi gli ossari, inventari di resti già sterilizzati, ripuliti come ciottoli di fiume. Redipuglia stessa, rifatta tre volte, in un traffico di ossa durato vent’anni, per celebrare un impero. «Dammi un fiasco di rosso» direbbero se potessero parlare. Non ne possono più dei custodi dei sacelli, dei ruffiani e imboscati che tengono discorsi, gli stessi arroganti che consentirono Caporetto e oggi affondano l’Italia. Vorrebbero tornare alla terra, in piccoli cimiteri, magari simili a quelli dei Vinti, che la storia esonera dall’obbligo della retorica."
Posted on: Fri, 09 Aug 2013 09:35:19 +0000

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