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Mariateresa Di Riso * Nessun angelo per Atene (e per l’istruzione pubblica) Aule chiuse all’Università pubblica e al Politecnico di Atene – e complessivamente novantaquattro atenei a rischio nel Paese – a causa del piano di “consolidamento” degli Atenei illustrato dal Ministro dell’Educazione Avramopoulos e imposto dalla Troika, piano che espelle dalla pubblica amministrazione 12.500 dipendenti quest’anno e altrettanti il prossimo, con uno schema di mobilità in massa del personale (secondo i sindacati il 40%) di otto università ad altre amministrazioni. Il Senato Accademico dell’Ateneo, in una delibera breve ma risoluta, dichiara ‘l’oggettiva e assoluta impossibilità dell’Università di Atene di svolgere le sue funzioni didattiche, di ricerca e amministrative’, denuncia le scelte scellerate di governi non eletti, l’ultimo dei quali ‘con calcoli di contabilità infondati e approssimazioni, indegni delle istituzioni responsabili di uno stato civile, e nella più totale opacità’ uccide la prima università dei Balcani e sta accelerando il disastroso smantellamento dell’istruzione superiore in Grecia, unica speranza per superare la crisi sociale e finanziaria. Così mentre monta la propaganda mediatica sulla necessità di trovare un lavoro, quale che sia, il prima possibile, senza ‘perdere tempo’ a studiare dopo i 18 anni, rettori e docenti annunciano ricorsi anche ai tribunali europei, sulla base delle Convenzioni Internazionali sullo spazio comune nell’istruzione superiore, contro un esecutivo che per risanare i conti pubblici sta smantellando i diritti sociali e nega di fatto il diritto costituzionale all’accesso universale e gratuito dell’istruzione secondaria superiore. Una delle sequenze più toccanti della storia del nostro Paese è la catena umana di ragazze e ragazzi accorsi a Firenze da tutte le parti del mondo, spontaneamente, nella tragica occasione dell’alluvione del 4 novembre ‘66, per salvare i milioni di libri e le migliaia di opere d’arte sommerse dal fango, patrimonio unico dell’umanità. Per la loro dedizione e solidarietà, furono soprannominati “gli angeli del fango”. Dicevano ‘Vivo nel mondo, Firenze è la mia città’. Ma finora per Atene nessun angelo, letteralmente nessun messaggero si leva in difesa della culla della democrazia e della cultura occidentale. La ministra Carrozza twitta ‘Ho sentito alla radio che le università greche non vogliono aprire l’anno accademico è una notizia bruttissima’, un cinguettio flebile di fronte alla valenza politica e simbolica di quanto sta accadendo in Grecia. Che ne è degli obiettivi di Lisbona, del processo di Bologna e lo spazio europeo dell’Istruzione superiore? Perché i ministri europei all’istruzione, tutti, non si spendono a difesa delle università greche? Eppure chi meglio di loro dovrebbe conoscere i rapporti Ocse sull’istruzione, dati che dimostrano quanto una formazione adeguata sia la leva principale per uscire dalla crisi: una società più colta infatti è una società in grado di produrre più ricchezza, mentre dove la scolarizzazione media è scadente, si produce meno, perché chi non può permettersi una formazione di eccellenza vede sprecate le proprie capacità, chi può accedervi fa fruttare altrove il capitale di sapere. Paesi come Usa, Germania, Francia, Danimarca hanno aumentato in questi anni la spesa pubblica destinata all’istruzione; che futuro si prospetta invece per quei i Paesi, compreso il nostro, che hanno dismesso un sistema educativo universale ed inclusivo, privandolo di strumenti e risorse umane? In un sistema non più in grado di offrire pari opportunità e sostenere il merito, chi ha la fortuna di crescere in un contesto familiare e sociale favorevole all’apprendimento va avanti, per gli altri insuccesso e abbandono scolastico, una breve educazione non ai diritti e ai saperi, ma alla legge del mercato, alla subordinazione e alla precarietà esistenziale. La crisi non solo economica, ma anche sociale, morale e culturale che emerge dalla cronaca, tanto italiana quanto greca, va letta da un lato come l’incapacità di far fruttare l’istruzione per innovare l’apparato produttivo, dall’altro come crisi della partecipazione democratica. È necessario un sapere diffuso e condiviso sia per apportare innovazioni di processo e di prodotto, che per rispondere alla corruzione, dilagante a tutti i livelli del vivere politico, economico e sociale, non con il dissenso sterile dell’antipolitica o peggio i populismi xenofobi, ma con quella vigilanza e responsabilità che derivano dall’educazione pubblica, di Stato, ai saperi comuni di cittadinanza. Un sistema unitario, pubblico, universale di trasmissione e produzione dei saperi non genera solo il patrimonio scientifico e tecnico, ma anche la gerarchia dei valori e l’immaginario della società. L’Europa deve tornare ad essere il laboratorio dei diritti sociali e di libertà, della riconversione del modello di sviluppo, dell’integrazione e della cooperazione, non degli esperimenti della Troika su cavie immolate ai dogmi dell’austerità. Viviamo in Europa e nel mondo, Atene è la nostra città. Maria teresa Di Riso* coordinamento nazionale SEL – “Scuola e Saperi” - 25/9/13
Posted on: Thu, 26 Sep 2013 22:03:01 +0000

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