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Massacri delle foibe Da Wikipedia, lenciclopedia libera. bussola Disambiguazione – Foibe rimanda qui. Se stai cercando la descrizione geologica delle foibe, vedi Foiba. Avvertenza Alcuni dei contenuti qui riportati potrebbero urtare la sensibilità di chi legge. Le informazioni hanno solo un fine illustrativo. Wikipedia può contenere materiale discutibile: leggi le avvertenze. Coordinate: 45°37′54″N 13°51′45″E (Mappa) Voce da controllare Questa voce o sezione sullargomento storia è ritenuta da controllare. Motivo: le note inserite e le fonti esterne sono da verificare Partecipa alla discussione e/o correggi la voce. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento. Questa voce non è neutrale! Questa voce o sezione sullargomento storia è ritenuta non neutrale. Motivo: Voce che presenta una sovrapposizione di numerosi edit di utenti dai punti di vista contrastanti e contrapposti; a rimetterci è la neutralità della voce, la linearità del discorso e la completezza dinformazione. 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Il nome deriva dai grandi inghiottitoi carsici dove furono gettati i corpi delle vittime, che nella Venezia Giulia sono chiamati, appunto, foibe. Per estensione i termini foibe ed il neologismo infoibare sono diventati sinonimi di uccisioni che in realtà furono in massima parte perpetrate in modo diverso: la maggioranza delle vittime morì nei campi di prigionia jugoslavi o durante la deportazione verso di essi.[3][4] Il fenomeno dei massacri delle foibe è da inquadrare storicamente nellambito della secolare disputa fra italiani e popoli slavi per il possesso delle terre dellAdriatico orientale, nelle lotte intestine fra i diversi popoli che vivevano in quellarea e nelle grandi ondate epurative jugoslave del dopoguerra, che colpirono centinaia di migliaia di persone in un paese nel quale andava imponendosi un regime dittatoriale di stampo comunista, con mire sui territori di diversi paesi confinanti. Indice [nascondi] 1 Inquadramento storico 1.1 La composizione etnica di Venezia Giulia e Dalmazia 1.2 Gli opposti nazionalismi 1.2.1 Lo scontro nazionale in Venezia Giulia 1.2.2 Lo scontro nazionale in Dalmazia 1.3 Grande Guerra e annessione allItalia 1.4 Il dopoguerra e il fascismo di confine 1.5 Litalianizzazione fascista 1.6 Linvasione della Jugoslavia 1.6.1 La nascita della resistenza jugoslava 1.6.2 Repressione, conflitti etnici e crimini contro i civili 2 Gli eccidi contro la popolazione italiana 2.1 1943: armistizio e prime esecuzioni 2.2 I ritrovamenti dellautunno 1943 2.3 Larmistizio in Dalmazia 2.4 Loccupazione tedesca della Venezia Giulia e lOzak 2.5 Dalmazia 1944 2.6 Primavera 1945: loccupazione della Venezia Giulia 2.7 Gli eccidi a Trieste ed in Istria 2.8 Gorizia e provincia 2.9 Fiume 3 Cause 4 Vittime 4.1 Tipologia delle vittime 4.2 Modalità delle esecuzioni 4.3 Quantificazione delle vittime 4.4 Testimonianze 4.5 Vittime di nazionalità slovena e croata 5 La percezione del fenomeno dal dopoguerra ai giorni nostri 5.1 Tesi sul primo utilizzo delle foibe 5.2 Loblio del dopoguerra 5.3 Linizio della ricerca storica negli anni 90 5.4 Le tesi militanti al giorno doggi 5.4.1 Comunismo e fascismo: il dibattito sulle responsabilità 5.4.2 Responsabilità del regime comunista jugoslavo 5.4.3 La posizione del Partito Comunista Italiano 5.4.4 Negazionismo e/o riduzionismo dei massacri 5.5 Il punto di vista croato e sloveno 5.6 Il ricordo in Italia 6 Processi a criminali di guerra 7 Elenco di foibe 8 Campi di concentramento 9 Note 10 Bibliografia 10.1 Nota alla bibliografia 10.2 Saggi storici 10.3 Romanzi 11 Voci correlate 12 Collegamenti esterni Inquadramento storico[modifica | modifica sorgente] Nonostante la ricerca scientifica abbia, fin dagli anni novanta del XX secolo, sufficientemente chiarito gli avvenimenti[5][6], la conoscenza dei fatti nella pubblica opinione permane distorta ed oggetto di confuse polemiche politiche, che ingigantiscono o sminuiscono i fatti a seconda della convenienza ideologica.[7][8] Gli eccidi delle foibe ed il successivo esodo costituiscono lepilogo di una secolare lotta per il predominio sullAdriatico orientale, che fu conteso da popolazioni slave (prevalentemente croate e slovene, ma anche serbe) e italiane. Tale lotta si inserisce allinterno di un fenomeno più ampio e che fu legato allaffermarsi degli stati nazionali in territori etnicamente misti. La composizione etnica di Venezia Giulia e Dalmazia[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Istria, Storia della Dalmazia e Diffusione dello sloveno in Italia. Alla fine del 700 i Franchi estesero il loro dominio anche sul Carso e la parte interna dellIstria. Poiché tali terre erano scarsamente popolate, in quanto impervie, i Franchi e poi le autorità del Sacro Romano Impero consentirono linsediamento degli slavi. La Repubblica di Venezia estese il suo dominio soprattutto sulle cittadine costiere dellIstria e della Dalmazia abitate da popolazioni romanizzate. La suddivisione linguistica nel 1880 rispecchiava la precedente divisione politica durata per oltre 1000 anni. Prima del XIX secolo, in Venezia Giulia e Dalmazia, avevano convissuto, in modo talvolta conflittuale e talvolta pacifico, popolazioni autoctone di lingua romanza e popolazioni di stirpe e lingua slava. Queste ultime, spinte a ovest dagli Avari e dagli Unni, giunsero a ridosso della pianura friulana allinizio del VII secolo[9] e si stabilirono, a partire dal IX secolo, nelle zone scarsamente popolate dellAdriatico orientale[10] e nelle zone della pianura friulana e dellIstria interna spopolate a causa delle incursioni ungare del X secolo[11] e delle successive pestilenze del XV e XVI secolo. Le ricorrenti tensioni non erano dovute ad ancor inesistenti concetti di nazionalità, essendo ben noti - peraltro - fin dallantichità i concetti di stirpe e di tribù, (le diverse etnie, viceversa, erano, sotto il dominio asburgico, in larga misura mischiate).[12] Vi era una differenza di carattere linguistico - culturale fra città e costa (prevalentemente romanzo-italiche) e le campagne dellentroterra (in parte slavi o slavizzati). Le classi dominanti (aristocrazia e borghesia) erano dovunque di lingua e cultura italiana, anche qualora di origine slava. Gli opposti nazionalismi[modifica | modifica sorgente] Con la Primavera dei Popoli del 1848-49, anche nellAdriatico orientale, il sentimento di appartenenza nazionale cessò di essere una prerogativa delle classi elevate e cominciò, gradualmente, a estendersi alla masse[13][14]. Fu solo a partire da tale anno che il termine italiano (ad esempio) cessò, anche in queste terre, di essere una mera espressione di appartenenza geografica o culturale e cominciò ad implicare lappartenenza a una nazione italiana[15]. Analogo processo subirono gli altri gruppi nazionali: si vennero pertanto a definire i moderni gruppi nazionali: italiani, sloveni, croati e serbi. Lo scontro nazionale in Venezia Giulia[modifica | modifica sorgente] Suddivisione linguistica dellIstria e del Quarnero in base al censimento austriaco del 1910. ██ italiano (veneto e istrioto) ██ serbocroato ██ sloveno ██ istrorumeno Dopo il 1848-49 pertanto, in Venezia Giulia, il senso di identità nazionale, precedentemente prerogativa di parti della nobiltà e della borghesia italiane, cominciò ad investire tutti gli ambienti urbani. Al di fuori di città e borghi, fu il clero che svolse un ruolo fondamentale nel risveglio nazionale delle popolazioni slovene e croate (allora genericamente slave), maggioritarie nelle campagne. Laffermarsi delle nazionalità portò a una suddivisione della società in chiave nazionale, divisione che coincise approssimativamente con la precedente divisione fra centri urbani (prevalentemente costieri) e comunità rurali (prevalentemente dellinterno). Si vennero a creare le contrapposizioni nazionali: le tradizionali élite economiche e politiche, già culturalmente italiane, si riscoprirono tali anche su un piano di identificazione nazionale, seguite dal popolo. Dallaltra parte nacquero delle élite di sentimenti slavi, inizialmente formate dal clero, ma successivamente anche da nuovi borghesi, che si fecero portavoce delle rivendicazioni culturali e politiche slave, progressivamente coinvolgendo anche i pastori e contadini slavi. Le élite italiane cercarono di mantenere il tradizionale predominio politico, economico e culturale, contrastando le ambizioni slave (favorite in questo da Vienna). Fu così che, specie a partire dal 1866, la contrapposizione nazionale caratterizzò la vita e la cultura dellIstria, di Fiume e di Trieste. Lo scontro nazionale in Dalmazia[modifica | modifica sorgente] Niente fonti! Questa voce o sezione sullargomento storia non cita alcuna fonte o le fonti presenti sono insufficienti. Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fonti attendibili secondo le linee guida sulluso delle fonti. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento. Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Dalmati italiani, Croatizzazione e Partito Autonomista. Antonio Bajamonti in una cartolina propagandistica dei primi del 900 « La nazionalità italiana in Dalmazia è una parola vuota di senso, trovata dallinteresse, dallimpostura. » (Ludovico/Ljudevit Vuličević, Partiti e lotte in Dalmazia, Trieste 1875[16]) « Nessuna gioia, solo dolore e pianto, dà lappartenere al partito italiano in Dalmazia. A noi, italiani della Dalmazia, non rimane che un solo diritto, quello di soffrire. » (Antonio Bajamonti, Discorso inaugurale della Società Politica Dalmata, Spalato 1886) In Dalmazia[17] il primo ideale di nazionalità si concretizzo nel concetto di una nazione dalmata, che racchiudeva in sé radici slave e romanze. Col nascere del nazionalismo croato, questo ideale venne combattuto dal Partito del Popolo croato (Narodna stranka), che richiedeva lunione fra Dalmazia e Croazia, negava lesistenza stessa di una componente italiana in Dalmazia e invocava leliminazione delluso dellitaliano nella vita pubblica e la croatizzazione delle scuole. La Dalmazia veniva considerata integralmente croata fin dallalto medioevo. Gli italiani venivano considerati una realtà estranea (come i pieds noirs in Algeria), frutto di invasioni straniere che avevano italianizzato parte della popolazione croata originaria. In conseguenza della politica del Partito del Popolo, che conquistò gradualmente il potere, in Dalmazia si verificò una costante diminuzione della popolazione italiana, in un contesto di repressione che assunse anche tratti violenti[18]. Nel 1845 i censimenti austriaci registravano quasi il 20% di Italiani in Dalmazia, mentre nel 1910 erano ridotti a circa il 2,7%. Tutto ciò spinse sempre più gli autonomisti ad identificare sé stessi come italiani, fino ad approdare allirredentismo. Dopo la nascita del Regno dItalia, il sorgere dellirredentismo italiano portò il governo asburgico, tanto in Dalmazia, quanto in Venezia Giulia, a favorire il nascente nazionalismo di sloveni[19] e croati, nazionalità ritenute più leali ed affidabili rispetto agli italiani[19][20]. Si intendeva così bilanciare non solo il potere delle ben organizzate comunità urbane italiane[21], ma anche lespansionismo serbo[senza fonte], che mirava ad unificare tutti gli slavi del sud. Grande Guerra e annessione allItalia[modifica | modifica sorgente] Nel 1915 lItalia entrò nella Grande Guerra a fianco della Triplice Intesa, in base ai termini del Patto di Londra, che le assicuravano il possesso dellintera Venezia Giulia e della Dalmazia settentrionale - incluse molte isole. La città di Fiume, invece, veniva espressamente assegnata quale principale sbocco marittimo di un eventuale futuro stato croato o del Regno dUngheria, se la Croazia avesse continuato ad essere un banato dello stato magiaro o della Duplice Monarchia[22]. Al termine della guerra, il regio esercito occupò i territori previsti dal trattato, cosa che provocò le reazioni opposte delle diverse etnie, con gli italiani che acclamarono alla redenzione delle loro terre, e gli slavi che guardavano con ostilità e preoccupazione i nuovi arrivati. La contrapposizione nazionale subì un nuovo e forte inasprimento. Successivamente, la definizione dei confini fra lItalia e il nuovo stato jugoslavo, fu oggetto di una lunga ed aspra contesa diplomatica, che trasformò il contrasto nazionale in una contrapposizione fra stati sovrani, che coinvolse vasti strati dellopinione pubblica esasperandone ulteriormente i sentimenti. Forti tensioni suscitò in particolare la questione di Fiume, che fu rivendicata allItalia sulla base dello stesso principio di autodeterminazione che aveva fatto assegnare al regno jugoslavo le terre dalmate, già promesse allItalia. La questione dei confini fu infine risolta coi trattati di Saint Germain e di Rapallo. Cartina della Dalmazia e della Venezia Giulia coi confini previsti dal Trattato di Londra e quelli invece effettivamente ottenuti dallItalia con il Trattato di Rapallo (1920) LItalia ottenne solo parte di ciò che le era stato promesso a Londra. In base alla dottrina Wilson, le fu infatti negata la Dalmazia (dove ottenne solo la città di Zara e alcune isole). Col trattato di Rapallo Fiume venne eretta a stato libero, per poi essere annessa allItalia nel 1924 (con lesclusione di Sussak/Porto Barros). Parte del territorio abitato quasi esclusivamente da Sloveni, assegnato al Regno dItalia in base al trattato di Rapallo In base al trattato di Rapallo 356.000 sudditi dellImpero austro-ungarico di lingua italiana ottennero finalmente la cittadinanza italiana, mentre circa 15.000 di essi divennero sudditi del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni. Contemporaneamente però si ritrovarono entro i confini del Regno dItalia anche 490.000 Croati e Sloveni (di cui circa 170.000 Croati e circa 320.000 Sloveni - di questi ultimi circa 190.000 risiedevano nei distretti di Tolmino, Gorizia-circondario, Sesana, Volosca, Idria e Fusine, Vipacco, Postumia e Bisterza, nei quali gli Sloveni rappresentavano la quasi totalità (99%) della popolazione.[23][24]) Il dopoguerra e il fascismo di confine[modifica | modifica sorgente] Nel 1919-20 (il biennio rosso), lItalia fu attraversata da unondata di tensioni sociali, che coinvolsero anche la Venezia Giulia, dove scoppiarono proteste e agitazioni. Contemporaneamente, lostilità slava (e soprattutto slovena) alla riunificazione della Venezia Giulia allItalia, già palesata con il boicottaggio nei confronti dei civili italiani di ritorno dai campi di concentramento di Wagna e Tapiosuly, si esprimeva con laccumulo di armi provenienti dal confinante Regno dei Serbi, Croati e Sloveni e con attentati. Queste tensioni, sommate alle preesistenti tensioni nazionali e allo spandersi del cosiddetto mito della vittoria mutilata, furono fertile terreno per lo sviluppo, in regione, del movimento fascista, che qui assunse particolari connotati (il fascismo di confine). Varie furono le azioni violente compiute dagli squadristi fascisti, spesso con il tacito appoggio delle autorità, che li sfruttarono per sedare i disordini: i fascisti si presentarono infatti come i tutori dellitalianità e del mantentimento dellordine nazionale e sociale della Venezia Giulia. Il fascismo fu considerato risolutivo da parte di chi temeva la crescita del movimento socialista e di chi voleva risolvere drasticamente il problema slavo. LHotel Balkan sede del Narodni Dom dopo lincendio (1920) Fra gli episodi violenti, il più noto fu lincendio del Narodni dom (Casa nazionale slovena) di Trieste, compiuto da squadristi a seguito dellassassinio da parte di uno sloveno del cuoco o cameriere italiano Giovanni Nini nel corso di una manifestazione antijugoslava provocata dallassassinio a Spalato di due militari della Regia Marina (tenente Gulli e motorista Rossi) sbarcati disarmati per sedare un tumulto sui moli[25]. Tale incidente assunse a posteriori un forte significato simbolico, venendo ricordato come linizio delloppressione italiana contro gli slavi. Violenze per molti versi simili furono compiute anche contro le minoranze (incluse quelle italiane) rimaste sotto lamministrazione jugoslava (si vedano, ad esempio, gli incidenti di Spalato e la domenica di sangue di Marburgo). Litalianizzazione fascista[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Italianizzazione (fascismo). Province della Venezia Giulia nel 1924, dopo lannessione di Fiume (elencate dallalto verso il basso): Gorizia, Trieste, Pola, Fiume. La situazione degli slavi si deteriorò con lavvento al potere del fascismo, nel 1922. Fu gradualmente introdotta in tutta Italia una politica di assimilazione delle minoranze etniche e nazionali: Gran parte degli impieghi pubblici furono assegnati agli appartenenti al gruppo etnico italiano. Nelle scuole fu vietato linsegnamento del croato e dello sloveno in tutte le scuole della regione. Con lintroduzione della Legge n. 2185 del 1/10/1923 (Riforma scolastica Gentile), fu infatti abolito nelle scuole linsegnamento delle lingue croata e slovena. Nellarco di cinque anni tutti gli insegnanti croati delle oltre 160 scuole con lingua dinsegnamento croata e tutti gli insegnanti sloveni delle oltre 320 scuole con lingua dinsegnamento slovena, furono sostituiti con insegnanti originari dellItalia, che imposero agli alunni luso esclusivo della lingua italiana[26][27] Nellintento di cancellare ogni traccia di presenza slava, con R. Decreto N. 800 del 29 marzo 1923 furono imposti dufficio nomi italiani a tutte le centinaia di località dei territori assegnati allItalia col Trattato di Rapallo, anche laddove precedentemente prive di denominazione in lingua italiana, in quanto abitate quasi esclusivamente da croati o sloveni: così Boljun divenne Bogliuno [...] Dolina - San Dorligo della Valle, Dekani – Villa Decani [...] Jelšane – Elsane [...] Moščenice – Moschenizza [...] Tinjan – Antignana [...] Veprinac – Apriano, ...[28] In base al Regio Decreto Legge N. 494 del 7 aprile 1926 le autorità fasciste riuscirono a italianizzare i cognomi a decine di migliaia di croati e sloveni: Adamich in Adami [...] Dimnik in Dominici [...] Klun in Coloni [...] Polh in Poli ...[29]. Una legge del 1928 i parroci e gli uffici anagrafici ricevettero il divieto di iscrivere nomi stranieri nei registri delle nascite.[30] Simili politiche di assimilazione forzata erano allepoca assai comuni in Europa, venendo applicate, fra gli altri, anche da paesi come la Francia[31], o il Regno Unito, oltre che dalla stessa Jugoslavia nei confronti soprattutto delle proprie minoranze tedesche, ungheresi e albanesi[32]. La politica di bonifica etnica avviata dal fascismo fu tuttavia particolarmente pesante, in quanto lintolleranza nazionale, talora venata di vero e proprio razzismo, venne affiancata e coadiuvata dalle misure repressive tipiche di un regime totalitario[33]. Lazione del governo fascista annullò lautonomia culturale e linguistica di cui le popolazioni slave avevano goduto durante la dominazione asburgica e esasperò i sentimenti di avversione nei confronti dellItalia. Le società segrete irredentiste slave, preesistenti allo scoppio della Grande Guerra, si fusero in gruppi più grandi a carattere eversivo, come la Borba e il TIGR, che si resero responsabili di numerosi attacchi a militari, civili e infrastrutture italiane. Alcuni elementi di queste società segrete furono catturati dalla polizia italiana e condannati a morte dal Tribunale speciale per la difesa dello stato. Linvasione della Jugoslavia[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Operazione 25. Nellaprile del 1941 lItalia partecipò allattacco dellAsse contro la Jugoslavia, la quale, dopo la resa dellesercito, avvenuta il giorno 17[34], e linizio della politica di occupazione, fu smembrata e parte dei suoi territori furono annessi agli stati invasori. Divisione della Jugoslavia dopo la sua invasione da parte delle Potenze dellAsse. In verde le aree assegnate allItalia: larea costituente la Provincia di Lubiana, larea accorpata alla Provincia di Fiume e le aree costituenti il Governatorato di Dalmazia A seguito del trattato di Roma lItalia annesse parte della Slovenia, parte della Banovina di Croazia nord-occidentale (che venne accorpata alla Provincia di Fiume), parte della Dalmazia e le Bocche di Cattaro (che andarono a costituire il Governatorato di Dalmazia), divenendo militarmente responsabile della zona che comprendeva la fascia costiera, ed il relativo entroterra, della ex-Jugoslavia. In Slovenia fu costituita la Provincia di Lubiana, dove, a fini politici ed in contrapposizione con i tedeschi, si progettò, senza successo, di instaurare unamministrazione rispettosa delle peculiarità locali[35]. Nella Provincia di Fiume e nel Governatorato di Dalmazia fu invece instaurata fin dallinizio una politica di italianizzazione forzata, che incontrò una decisa resistenza da parte della popolazione a maggioranza croata. La Croazia fu dichiarata indipendente col nome di Stato Indipendente di Croazia, il cui governo fu affidato al partito ultranazionalista degli ustascia, con a capo Ante Pavelić. La nascita della resistenza jugoslava[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Resistenza jugoslava. La resa dellesercito jugoslavo non fermò i combattimenti ed in tutto il paese crebbe unintensa attività di resistenza che proseguì fino al termine della guerra e che vide da un lato la contrapposizione tra eserciti invasori e collaborazionisti e dallaltro la lotta fra le diverse fazioni etniche e politiche. Repressione, conflitti etnici e crimini contro i civili[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Provincia di Lubiana, Provincia di Fiume, Governatorato di Dalmazia e Crimini di guerra italiani. Durante tutta la durata del conflitto vennero perpetrate da tutte le parti in causa numerosi crimini di guerra[36]. Vista del campo di concentramento di Arbe usato per linternamento della popolazione civile slovena Nella Provincia di Lubiana, fallito il tentativo di instaurare un regime di occupazione morbido, emerse presto un movimento resistenziale: la conseguente repressione italiana fu dura ed in molti casi furono commessi crimini di guerra con devastazioni di villaggi e rappresaglie contro la popolazione civile. Le sanguinose rappresaglie attuate dal Regio Esercito italiano, per reprimere le azioni di guerriglia partigiana aumentarono il risentimento della popolazione slava nei confronti degli italiani. « Si procede ad arresti, ad incendi [. . .] fucilazioni in massa fatte a casaccio e incendi dei paesi fatti per il solo gusto di distruggere [. . .] La frase »gli italiani sono diventati peggiori dei tedeschi«, che si sente mormorare dappertutto, compendia i sentimenti degli sloveni verso di noi » (Riporato da due riservatissime personali del 30 luglio e del 31 agosto 1942, indirizzate allAlto Commissario per la Provincia di Lubiana Emilio Grazioli, dal Commissario Civile del Distretto di Longanatico (in sloveno: Logatec) Umberto Rosin[37]) A scopo repressivo, numerosi civili sloveni furono deportati nei campi di concentramento di Arbe e di Gonars[38]. Nei territori annessi, accorpati alla Provincia di Fiume ed al Governatorato della Dalmazia, fu avviata una politica di italianizzazione forzata del territorio e della popolazione. In tutto il Quarnero e la Dalmazia, sia italiana che croata, si innescò dalla fine del 1941 una crudele guerriglia, contrastata da una repressione che raggiunse livelli di massacro dopo lestate 1942. « . . . Si informano le popolazioni dei territori annessi che con provvedimento odierno sono stati internati i componenti delle suddette famiglie, sono state rase al suolo le loro case, confiscati i beni e fucilati 20 componenti di dette famiglie estratti a sorte, per rappresaglia contro gli atti criminali da parte dei ribelli che turbano le laboriose popolazioni di questi territori . . . » (Dalla copia del proclama prot. 2796, emesso in data 30 maggio 1942 dal Prefetto della Provincia di Fiume Temistocle Testa, riportata a pagina 327 del libro di Boris Gombač, Atlante storico dellAdriatico orientale (op. cit.)) Il 12 luglio 1942 nel villaggio di Podhum, per rappresaglia furono fucilati da reparti militari italiani per ordine del Prefetto della Provincia di Fiume Temistocle Testa tutti gli uomini del villaggio di età compresa tra i 16 ed i 64 anni. Sul monumento che oggi sorge nei pressi del villaggio sono indicati i nomi delle 91 vittime delleccidio. Il resto della popolazione fu deportata nei campi di internamento italiani e le abitazioni furono incendiate. [39] Nello Stato Indipendente di Croazia, il regime ustascia scatenò una feroce pulizia etnica nei confronti dei serbi, nonché di zingari ed ebrei, simboleggiata dallistituzione del campo di concentramento di Jasenovac, e contro il regime e gli occupanti presero le armi i partigiani di Tito, plurietnici e comunisti, ed i cetnici, nazionalisti monarchici a prevalenza serba.[40], i quali perpetrarono a loro volta crimini contro la popolazione civile croata che appoggiava il regime ustascia e si combatterono reciprocamente. A causa dellannessione della Dalmazia costiera al Regno dItalia, cominciarono inoltre a crescere le tensioni tra il regime ustascia e le forze doccupazione italiane; venne perciò a formarsi, a partire dal 1942, unalleanza tattica tra le forze italiane ed i vari gruppi cetnici: gli italiani incorporarono i cetnici nella Milizia volontaria anticomunista (MVAC) per combattere la resistenza titoista, provocando fortissime tensioni con il regime ustascia[senza fonte]. Dopo la guerra la Jugoslavia chiese di giudicare i presunti responsabili di questi massacri (come il generale Mario Roatta), ma lItalia negò la loro estradizione grazie ad alcune amnistie[41] Gli eccidi contro la popolazione italiana[modifica | modifica sorgente] 1943: armistizio e prime esecuzioni[modifica | modifica sorgente] Zone controllate dai partigiani di Tito subito dopo la capitolazione italiana (8 settembre 1943) Norma Cossetto Recupero di resti umani dalla foiba di Vines, località Faraguni, presso Albona dIstria negli ultimi mesi del 1943 4 novembre 1943: accanto alla foiba di Terli vengono ricomposti i corpi di Albina Radecchi (A), Caterina Radecchi (B), Fosca Radecchi (C) e Amalia Ardossi (D) Autunno 1943: recupero di una salma, gli uomini indossano maschere antigas per i miasmi dellaria attorno alla foiba L8 settembre 1943 con larmistizio tra Italia e Alleati, si verifica il collasso del Regio Esercito. Fin dal 9 settembre le truppe tedesche assunsero il controllo di Trieste e successivamente di Pola e di Fiume, lasciando momentaneamente sguarnito il resto della Venezia Giulia. I partigiani occuparono quindi buona parte della regione, mantenendo le proprie posizioni per circa un mese. Il 13 settembre 1943, a Pisino venne proclamata unilateralmente lannessione dellIstria alla Croazia, da parte del Consiglio di liberazione popolare per lIstria.[42] Il 29 settembre 1943 venne istituito il Comitato esecutivo provvisorio di liberazione dellIstria. Improvvisati tribunali, che rispondevano ai partigiani dei Comitati popolari di liberazione, emisero centinaia di condanne a morte. Le vittime furono non solo rappresentanti del regime fascista e dello Stato italiano, oppositori politici, ma anche semplici personaggi in vista della comunità italiana e potenziali nemici del futuro Stato comunista jugoslavo che sintendeva creare.[43] A Rovigno il Comitato rivoluzionario compilò una lista contenente i nomi dei fascisti, nella quale tuttavia apparivano anche persone estranee al partito e che non ricoprivano cariche nello stato italiano. Vennero tutti arrestati e condotti a Pisino. In tale località furono condannati e giustiziati assieme ad altre persone di etnia italiana e croata. La maggioranza dei condannati fu scaraventata nelle foibe o nelle miniere di bauxite, alcuni mentre erano ancora in vita.[44] Secondo le stime più attendibili, le vittime del periodo settembre-ottobre 1943 nella Venezia Giulia, si aggirano sulle 400-600 persone. Alcune delle uccisioni sono rimaste impresse nella memoria comune dei cittadini per la loro efferatezza: tra queste sono Norma Cossetto, don Angelo Tarticchio, le tre sorelle Radecchi. Norma Cossetto ha ricevuto il riconoscimento della medaglia doro al valor civile. I ritrovamenti dellautunno 1943[modifica | modifica sorgente] Le prime ispezioni delle foibe istriane, che furono disposte immediatamente dopo il ripiegamento dei partigiani conseguente alla successiva invasione nazista, consentirono il rinvenimento di centinaia di corpi. Il compito di ispezionare le foibe fu affidato al maresciallo dei Vigili del Fuoco Arnaldo Harzarich di Pola, che condusse le indagini da ottobre a dicembre del 1943 in Istria. La propaganda fascista diede ampio risalto a questi ritrovamenti, che suscitarono una forte impressione. Fu allora che il termine foibe cominciò ad essere associato agli eccidi, fino a diventarne sinonimo (anche quando compiuti in maniera diversa). Paradossalmente, lenfasi data ai ritrovamenti da parte della Repubblica di Salò alimentò da un lato il clima di terrore che favorì il successivo esodo, dallaltro lato la reazione negazionista con cui le sinistre respinsero per molto tempo la fondatezza di un crimine denunciato per la prima volta dal nemico fascista. Larmistizio in Dalmazia[modifica | modifica sorgente] Il 10 settembre, mentre Zara veniva presidiata dai tedeschi, a Spalato ed in altri centri dalmati entravano i partigiani jugoslavi. Vi rimasero sino al 26 settembre, sostenendo una battaglia difensiva per impedire la presa della città da parte dei tedeschi. Mentre si svolgevano quei 16 giorni di lotta, fra Spalato e Traù i partigiani soppressero 134 italiani, compresi agenti di pubblica sicurezza, carabinieri, guardie carcerarie ed alcuni civili. La Dalmazia fu occupata militarmente dai tedeschi, dalla 7. SS-Gebirgsdivision Prinz Eugen. La 77ª divisione fanteria italiana Bergamo, di stanza a Spalato e precedentemente impegnata per anni proprio nella lotta antipartigiana, in quel frangente appoggiò in massima parte i partigiani e combatté in condizioni psicologiche e materiali difficilissime contro le truppe germaniche, fra le quali la sopra citata divisione Prinz Eugen, nonostante latteggiamento aggressivo e poco collaborativo dei partigiani titini. Dopo la capitolazione ordinata dal comandante, generale Becuzzi, molti ufficiali italiani furono passati per le armi, in quello che è noto come il massacro di Treglia. La Dalmazia fu annessa allo Stato Indipendente di Croazia. Tuttavia Zara, restò - seppur sotto il controllo tedesco - sotto la sovranità della RSI, fino alla occupazione jugoslava dellottobre 1944. Loccupazione tedesca della Venezia Giulia e lOzak[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Operazione Nubifragio e Zona doperazioni del Litorale adriatico. Le aree segnate in verde facevano ufficialmente parte della Repubblica Sociale Italiana ma erano considerate dalla Germania zone di operazione militare e sottoposte a diretto controllo tedesco[45] A seguito dellarmistizio di Cassibile i tedeschi lanciarono lOperazione Nubifragio, con lobbiettivo di assumere il controllo della Venezia Giulia, della provincia di Lubiana e dellIstria. Loffensiva ebbe inizio nella notte del 2 ottobre 1943 e portò allannientamento della resistenza opposta da parte di nuclei partigiani, che furono decimati, catturati, costretti alla fuga o dispersi. I partigiani cercarono di ostacolare i tedeschi con imboscate, colpi di mano e agguati: questi reagirono colpendo la popolazione civile, anche di etnia italiana, con fucilazioni indiscriminate, violenze, incendi di villaggi e saccheggi. Uno dei momenti più significativi sul territorio italiano fu la battaglia di Gorizia combattuta fra i giorni 11 e 26 settembre 1943 tra lesercito tedesco e la Brigata Proletaria, un raggruppamento partigiano forte di circa 1500 uomini, costituito in massima parte da operai dei Cantieri Riuniti dellAdriatico di Monfalcone rafforzato da un consistente gruppo di partigiani sloveni. LOperazione Nubifragio si concluse il 9 ottobre con la conquista di Rovigno. Gli occupatori germanici costituirono nellarea occupata la Zona doperazioni del Litorale adriatico o OZAK (acronimo di Operationszone Adriatisches Küstenland). Questa, pur essendo ufficialmente parte della R.S.I. era sottoposta allamministrazione militare tedesca e di fatto, annessa al Terzo Reich. Questa voce non è neutrale! Questa voce o sezione sullargomento Storia è ritenuta non neutrale. Motivo: Nel presente paragrafo, non è presentata un riassunto organico della storia dellOZAK, ma si sono solo evidenziati i fenomeni di collaborazionismo con le autorità naziste. Il tutto da parte di utenti a cui premeva evidenziare le cause che avrebbero portato i partigiani a causare le foibe per vendicarsi delle angherie fasciste. Per contribuire, correggi i toni enfatici o di parte e partecipa alla discussione. Non rimuovere questo avviso finché la disputa non è risolta. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento. Ludwik Kübler Ludwig Kübler era il comandante militare della regione (il suo quartier generale si trovava a Spessa, presso Cormons), che si avvalse della collaborazione di reparti quali la Milizia Difesa Territoriale (il nuovo nome per la Guardia Nazionale Repubblicana nellOZAK), la polizia di Pubblica Sicurezza (di cui fece parte la Banda Collotti), la Guardia Civica, due reparti regolari dellesercito della RSI (Battaglione bersaglieri Mussolini e Reggimento Alpini Tagliamento), la Xª Flottiglia MAS (dal novembre 44 al febbraio 45), le Brigate nere, i battaglioni italiani volontari di polizia, la polizia tedesca e vari reparti sloveni, croati, serbi e cosacco caucasici. Dal settembre 1943 allaprile 1945 si susseguirono le repressioni nazifasciste che portarono la provincia di Gorizia ad essere la prima in Italia per numero di morti nei campi di sterminio nazisti.[46] Dalmazia 1944[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Zara e Bombardamenti di Zara. Ulteriori eccidi si ebbero nel corso delloccupazione delle città dalmate dove risiedevano comunità italiane. Veduta di Zara distrutta dai bombardamenti (Molo di Riva Nuova) Achille Beltrame, in una copertina de la Domenica del Corriere del gennaio 1944, illustrò lannegamento del farmacista Pietro Ticina e della famiglia, nei pressi di Zara. Terribile fu la sorte di Zara, ridotta in rovine dai bombardamenti aerei anglo-americani, che causarono la morte di alcune migliaia di civili (da 2 a 4.000) e contribuirono alla fuga di quasi il 75% dei suoi abitanti. La città fu infine occupata dagli Jugoslavi il 1º novembre 1944: si stima che il totale delle persone soppresse dai partigiani in pochi mesi sia di circa 180.[47] Fra gli altri furono uccisi i fratelli Nicolò e Pietro Luxardo (industriali, produttori del celebre liquore maraschino): secondo alcune testimonianze Nicolò fu annegato in mare[48]. Quella dellannegamento in mare legati a macigni è una pratica di cui sono state date varie testimonianze[49], tanto da divenire nellimmaginario popolare la tipica modalità di esecuzione delle vittime zaratine, similmente alle foibe in Venezia Giulia. Primavera 1945: loccupazione della Venezia Giulia[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Massacro di Bačka. Nella primavera del 1945 gli jugoslavi crearono una nuova Armata – la IV, al comando del giovane generale Petar Drapšin – col compito di puntare verso Fiume, lIstria e Trieste. Lordine era di occupare la Venezia Giulia nel più breve tempo possibile, anticipando quindi gli alleati anglosassoni in quella che venne in seguito chiamata corsa per Trieste. Tale obiettivo divenne primario per lArmata popolare di liberazione della Jugoslavia: il 20 aprile 1945 la IV armata jugoslava entrò nella Venezia Giulia e assieme alle unità del IX Korpus sloveno, ivi già operanti dal dicembre 1943, tra il 30 aprile ed il 1º maggio occupò lIstria, Trieste e Gorizia, allincirca una settimana prima della stessa liberazione di Lubiana e Zagabria. Secondo diversi autori, ciò sarebbe dipeso dal desiderio di porre in essere un fatto compiuto sul terreno, utile ai fini delle future trattative sulla delimitazione dei confini fra Italia e Jugoslavia, mentre la sovranità sulle capitali di Slovenia e Croazia non era in discussione. Allo stesso modo, gli jugoslavi entrarono in forze nella Carinzia austriaca, già oggetto di rivendicazioni al termine della Prima guerra mondiale. Il nuovo regime si mosse nella Venezia Giulia in due direzioni. Le autorità militari avevano il mandato di ristabilire la legittimità della nuova situazione creatasi con operazioni militari di occupazione. LOZNA, la polizia segreta jugoslava, invece, operava nella più totale autonomia. Il compito della stessa era quello di arrestare i componenti del CLN e delle altre organizzazioni antifasciste italiane nonché tutti coloro che avrebbero potuto opporsi alla futura annessione della Venezia Giulia alla Jugoslavia, rivendicando lappartenenza della stessa allItalia. A partire dal maggio del 1945, si verificarono arresti e sparizioni in tutte le provincie della Venezia Giulia (Trieste, Gorizia, Fiume e Pola). A Gorizia e Trieste (occupate dal 1º maggio), le violenze cessarono con larrivo degli alleati il 12 giugno: si riscontrò luccisione di diverse migliaia di persone, molte delle quali gettate vive nelle foibe. Gli eccidi a Trieste ed in Istria[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Trieste#Loccupazione jugoslava. Questa voce non è neutrale! Questa voce o sezione sullargomento storia è ritenuta non neutrale. Motivo: nel presente capitolo vengono utilizzate fonti non validate in ambito storiografico; si suggerisce la loro sostituzione con testi afferenti alla storiografia scientifica (scelti collegialmente, se possibile). Per contribuire, correggi i toni enfatici o di parte e partecipa alla discussione. Non rimuovere questo avviso finché la disputa non è risolta. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento. Beato Francesco Bonifacio I baratri venivano usati per loccultamento di cadaveri con tre scopi: eliminare gli oppositori politici e i cittadini italiani che si opponevano (o avrebbero potuto opporsi) alle politiche del Partito Comunista Jugoslavo di Tito. Di nuovo si verificarono uccisioni efferate, come quella dei democristiani Carlo DellAntonio e Romano Meneghello e di don Francesco Bonifacio, torturato e quindi assassinato (il suo corpo non è mai stato ritrovato); ritenuto martire in odium fidei dalla Chiesa, è stato beatificato nel 2008. Tra altri politici di riferimento del CLN, si segnalano i casi di Augusto Bergera e Luigi Podestà - che restano due anni in campo di concentramento jugoslavo - e quelli del socialista Carlo Schiffrer e dellazionista Michele Miani, che miracolosamente riescono ad aver salva la vita[50]. Gli scritti dellallora sindaco di Trieste, Gianni Bartoli, nonché alcuni documenti inglesi riportano che molte migliaia di persone sono state gettate nelle foibe locali riferendosi alla sola città di Trieste e alle zone limitrofe, non includendo dunque il resto della Giulia, dellIstria (dove si è registrata la maggioranza dei casi) e della Dalmazia. In possesso di queste informazioni il Governo De Gasperi nel maggio 1945 chiese ragione a Tito di 2.500 morti e 7.500 scomparsi nella Venezia Giulia. Tito confermò lesistenza delle foibe come occultamento di cadaveri e i governi jugoslavi successivi mai smentirono. Uno controverso studio svolto dalla giornalista Claudia Cernigoi[51], stima 517 vittime triestine, di cui 412 apparterrebbero a formazioni militari, paramilitari o di polizia, poste al servizio delle autorità germaniche dellOZAK (tra cui la Milizia Difesa Territoriale, lIspettorato Speciale di Pubblica Sicurezza, formazioni della X^ MAS, Brigate Nere, formazioni squadriste), e che una consistente parte di esse (almeno 79), non erano state infoibate[52] ma decedute a Borovnica o in altri campi di prigionia militari jugoslavi. Gorizia e provincia[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Deportazioni di Gorizia. Monumento dedicato ai Goriziani deportati Con larrivo dellArmata Popolare Jugoslava anche a Gorizia iniziarono le repressioni che toccarono lapice fra il 2 e il 20 maggio. Migliaia furono gli arresti e gli scomparsi non solo tra gli italiani, ma anche tra gli sloveni che si opponevano al regime comunista di Tito. Fra le vittime si ricordano alcuni esponenti politici locali di riferimento del CLN: Licurgo Olivi del Partito Socialista Italiano e Augusto Sverzutti del Partito dAzione, che non si sa ancora quando fu ucciso e se il suo cadavere fu infoibato[53]. Le autorità slovene a marzo del 2006 hanno consegnato al sindaco di Gorizia un elenco di 1.048 deportati dalla provincia di Gorizia, dei quali circa 900 non hanno fatto più ritorno. Secondo il presidente dellUnione degli Istriani, Massimiliano Lacota, questa lista sarebbe ancora grandemente incompleta.[54] Fiume[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Provincia di Fiume. Niente fonti! Questa voce o sezione sullargomento storia non cita alcuna fonte o le fonti presenti sono insufficienti. Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fonti attendibili secondo le linee guida sulluso delle fonti. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento. Bombardamento di Fiume da parte degli aerei della RAF (1944) Mappa tratta da un atlante militare americano che rappresenta nei toni del rosso i territori controllati dagli Alleati e dallEPJ e in bianco quelli controllati dai tedeschi al 1/5/1945. Fiume fu occupata[55] il 3 maggio dagli jugoslavi che avviarono immediatamente unintensa campagna di epurazione, formalmente giustificata con la scusante retorica della persecuzione degli occupatori nazifascisti e dei loro sostenitori: tuttavia nel calderone degli occupatori nazifascisti oltre ai militari tedeschi e ai militari e funzionari italiani della RSI, vennero inseriti anche i reali o potenziali oppositori allannessionismo jugoslavo e al costituendo regime comunista. Icilio Bacci Gli agenti dellOZNA deportarono 65 guardie di pubblica sicurezza e agenti della questura, 34 guardie di finanza e una decina di carabinieri; alcuni esponenti compromessi con il regime fascista furono invece uccisi sul posto[56]. Tra gli esponenti più in vista del PNF furono uccisi i senatori fiumani Icilio Bacci e Riccardo Gigante (podestà di Fiume dal 1930 al 1934), che non si erano macchiati di crimini. Nellambito della caccia agli esponenti politici italiani vennero uccisi - fra gli altri - gli ex podestà Carlo Colussi (in carica dal 1934 al 1938, venne eliminato con la moglie Nerina Copetti) e Gino Sirola (podestà dal 1943 al 1945). In anni recenti vicino alla località di Castua è stata individuata la fossa dove riposano i resti di Gigante, ma risulta difficile il loro recupero. Particolarmente violenta fu anche la caccia ai superstiti del Partito Autonomista Fiumano, particolarmente forte in città, che era visto come un potenziale ostacolo allannessione della città alla Jugoslavia. Il quotidiano comunista La Voce del Popolo scatenò una violentissima campagna di denuncia contro gli autonomisti, che vennero equiparati ai fascisti. I partigiani uccisero nelle prime ore di occupazione della città i vecchi capi del partito, dei quali una buona parte era schiettamente antifascista. Fra questi Mario Blasich (infermo da anni, venne strangolato nel suo letto), Giuseppe Sincich (prelevato dalla sua casa e abbattuto a raffiche di mitra), Mario Skull (ucciso a colpi di pistola), Giovanni Baucer, Mario De Hajnal e Giovanni Rubinich che fu fondatore del Movimento Autonomista Liburnico. Lapide votiva nel cimitero di Cossala, a Fiume. Toccante fu la storia dellebreo Angelo Adam. Già deportato a Dachau e miracolosamente salvatosi, al ritorno in città venne eletto nei comitati sindacali aziendali, che fra i mesi di luglio e dicembre 1945 videro impegnate le intere maestranze cittadine, su impulso del Partito Comunista Croato. Inaspettatamente, queste elezioni videro il trionfo delle componenti autonomiste, che ottennero oltre il 70% dei seggi. In procinto di partire per Milano per incontrare i componenti del CLNAI, Angelo Adam venne arrestato, così come in immediata successione la moglie Ernesta Stefancich e il giorno dopo la figlia minorenne Zulema Adam, recatasi presso le autorità per chiedere informazioni sulla sorte dei genitori. Di nessuno dei tre si ebbero più notizie. La persecuzione colpì anche gli esponenti dei CLN, secondo una linea ampiamente usata anche a Trieste e Gorizia. Numerosi furono nelle tre città gli arresti e le deportazioni di antifascisti, dei quali solo alcuni faranno ritorno dai campi di concentramento dopo lunghi periodi di detenzione. Ancora nel 1946 - assai dopo le esplosioni di jacquerie - risulteranno comminate condanne capitali contro reclusi accusati di aver fatto parte dei CLN.[57] Il numero di italiani sicuramente uccisi dallentrata nella città di Fiume delle truppe jugoslave (3 maggio 1945) fino al 31 dicembre 1947 è di 652, a cui va aggiunto un altro numero di vittime non esattamente identificabile per mancanza di riscontri certi.[58] Contemporaneamente agli omicidi, le autorità comuniste jugoslave misero in campo una serie di provvedimenti per la soppressione di tutti gli enti pubblici ed assitenziali italiani, nonché circa duemila ordinanze di sequestro e confisca di beni privati. Il tutto abbinato ad una serie di violente azioni antireligiose, quali la soppressione delle festività scolastiche in occasione del Natale: lastensione volontaria di massa dalle lezioni che ebbe luogo il 25 dicembre 1945 venne considerata quindi attività sovversiva e antipopolare e sottoposta a dura repressione. Assieme a queste misure, fin dai primi mesi di occupazione jugoslava vennero contestualmente disattese le promesse di mantenimento del bilinguismo italiano-croato, essendo pure tradizionalmente considerata la componente italiana fiumana in massima parte come croati di lingua italiana, e quindi da indirizzare forzatamente verso la propria originaria lingua nazionale. Cause
Posted on: Fri, 08 Nov 2013 17:32:38 +0000

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