OGGI COME IERI INCO SCIOECHE INIER HEUTE WIE GESTERN (da leggere, - TopicsExpress



          

OGGI COME IERI INCO SCIOECHE INIER HEUTE WIE GESTERN (da leggere, da lì, zum Lesen) L’on. Qualunqui nel 1898 la casta di oggi Voltagabbana, donnaiolo, mentitore dà il nome a un romanzo di Vamba che ora viene ristampato mattia feltri roma Appena arrivato a Roma e preso possesso di scranno e abitazione, l’onorevole ha spesso l’urgenza di svagarsi come si svagano gli uomini di mondo. Questo succede senz’altro se l’onorevole in questione (reduce da noiosa grana: in treno un passeggero voleva sedersi con lui nel piccolo scompartimento, scocciandolo. «Io sono deputato!», gli è toccato di sottolineare, intanto che l’altro ironizzava sul politico che viaggia gratis) si chiama onorevole Qualunquo Qualunqui, eletto in Parlamento nel collegio di Dovunque, nelle liste dei Purchessisti sostenitori del programma Qualsivoglia che prevede l’appoggio del governo Qualsisia. Uomo di mondo, appunto. Da Roma (prima di cercare sollievo fra braccia mercenarie) scrive alla moglie: «Io che tengo molto alla mia coerenza politica, sono ancora ministeriale col Crispi come ero col Giolitti, come ero col Rudinì, come ero col Depretis...». Roba di oltre cent’anni fa: l’on. Qualunqui è a Montecitorio nel 1898, il medesimo anno in cui esce il libro che ne racconta la parabola. Lo scrive Vamba, cioè Luigi Bertelli, che abbiamo conosciuto da bambini per il suo Giornalino di Gian Burrasca. L’Onorevole Qualunqui è rimasto nei cassetti per i decenni, e oggi torna in libreria edito da Barion (182 pagine, 14 euro) a fare la diagnosi dettagliata della casta, sotto forma satirica però, senza il livore più diffuso oggi: trasformista, piccina, inetta, a panza piena, vile, viziosa, disposta a tutto per conservare la seggiola. Qualunquo Qualunqui è il ritratto impeccabile di ieri, di domani, di sempre: a lui si ispirerà Guglielmo Giannino per l’Uomo qualunque e chissà se ci si è imbattuto Antonio Albanese, il cui Cetto Laqualunque è la versione cafona del gran borghese immaginato da Vamba. Gran borghese e gran ceffo: scilipotianamente, quando rischia di non essere ricandidato, protesta: «Allora a che vale l’avere abbandonato il partito crispino per entrare nelle file della maggioranza col nobile e patriottico scopo di dare al paese un governo forte e duraturo?». Poi la spunta (l’abile e lubrico stratagemma della moglie di Qualunquo lo lasciamo al gusto del lettore) e dunque bisogna «lavorarsi il collegio». Prima promessa? Beh, nessuno si inventa nulla: il ponte! «Sì, avete ragione, sono diversi anni che lo prometto, ma come si fa? Finora c’era al governo certa gente...». Ogni compaesano ha la personale rassicurazione. Che ci vuole? Figurarsi che a Roma, in quel 1898, si faceva campagna elettorale sulla «sicurezza pubblica». E la società civile? Certo che c’è. La società civile naturalmente rimpiange i bei tempi che furono. Il veterano di varie guerre Pompeo Galeazzo («noto per la sua fierezza» messa «a dura prova dalla tristezza dei tempi») scrive al candidato in nome di «questa Italia che ci costò tanti sacrifizi» a tendere «questa mano che un giorno stendeva a terra tanti nemici della patria» e «oggi si stende purtroppo implorante un adeguato soccorso». Gli servono duecento lire per gli arretrati dell’affitto. La campagna elettorale è dura, si pronunciano i discorsi («Mentre l’appropinquantesi pantopatologia nella teratologica trascende ultima via, ecco: un ipersensibile eudomonismo appar...») «ma alla fine è finita! Oggi, che vuoi? La Camera ripiglia i suoi lavori e... ci riposeremo un po’ anche noi!» (che è poi quello che ha detto Pierluigi Bersani a Silvio Berlusconi cinque mesi fa). Se non parliamo di brogli, sappiate che ci sono anche i brogli; se non parliamo di scandali finanziari, sappiate che ci sono anche gli scandali finanziari; se non parliamo di corruzione, sappiate che c’è anche la corruzione. E le scappatelle, una dietro l’altra, in pieno rispetto delle pari opportunità: il giorno che si apre la legislatura, la signora Qualunqui ha proprio da fare, e con una specie di rottamatore. Si perde il discorso della corona, ma al marito sospettoso riesce a ricostruirlo perché la politica è un terreno che si percorre a occhi chiusi. La soluzione come deve essere? «Sollecita». La pubblica istruzione di che necessità? «Maggiore impulso». E di che cosa, le spese? Di un «freno». La magistratura? «Indipendente». L’unità del paese? «Supremo bene». Però, povero onorevole Qualunqui, non ce la farà mai a diventar ministro. Nemmeno con l’aiuto di Niccolò Machiavelli, richiamato con seduta spiritica. Il supremo genio politico si applica ma persino lui cede: «Dovérria concludere che l’Italia sia diventata un paese di pazzi li quali vogliono oggi quel che condannarono ieri e rivorranno domani quello che volsero ieri e che oggi condannano».
Posted on: Fri, 05 Jul 2013 10:39:10 +0000

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