Parlare ostrogoto! Nel linguaggio corrente si dice che una - TopicsExpress



          

Parlare ostrogoto! Nel linguaggio corrente si dice che una persona parla ostrogoto, quando parla una lingua o un dialetto incomprensibile e di suono sgradevole, o anche parlare in modo sgrammaticato. Per i civili, anche se decadenti, Romani, la lingua, gli usi e i costumi degli Ostrogoti, calati in Italia nel 489 sotto la guida di Teodorico, erano quanto di più rozzo e detestabile avessero mai conosciuto, e il loro nome passò in proverbio con questi connotati spregiativi. Quando nel V secolo cadde l’Impero Romano d’Occidente, tre gruppi germanici si insediarono in Europa: i Goti, Visigoti, Goti nobili,, Ostrogoti, Goti dell’est, e i Franchi. Al di là della semplice cronaca dei fatti e della distribuzione geografica di questi popoli, è interessante vedere come, nonostante il loro ardore guerriero, le stirpi germaniche non siano riuscite a germanizzare completamente i paesi conquistati ma, al contrario, come addirittura, spesso, si siano inchinati alla romanità. I Goti, ad esempio, pur avendo a disposizione una propria lingua letteraria, grazie all’acuto ingegno di Ulfila che aveva tradotto in visigoto la Bibbia, redassero la “Lex Visigothorum” in latino, riconoscendo la superiorità della tradizione giuridica romana.. Sta di fatto che, pur rimanendo padroni di vaste terre, vennero sempre più assorbiti dai romani e molto relativa è stata la loro influenza sulla lingua italiana. I Longobardi, invece, ottennero un punto in più dei Goti; demograficamente più deboli, ma più fieri e tracotanti, furono favoreggiati dalla precedente guerra greco-gotica che aveva largamente stremato il nostro paese. E’ certo, dunque che i Longobardi riuscirono, in parte, là dove i Goti fallirono e lo dimostra il fatto che una delle nostre regioni porti il nome di Lombardia. Italia è glossato “Longobàrdia” nelle glosse di Reichenau dell’VIII secolo e Carlo Magno nel suo testamento scrive: “Italia quae et Longobardia dicitur”. Da notare l’ironia della storia che ha spostato l’accento sulla “i” ad usanza greca; Lombarda, come Albanìa, Romanìa, Turchìa, Ungherìa, Bulgara, porta accento greco, perché il nome fu molto usato dai nemici dei Longobardi, i Bizantini di Ravenna, mentre il territorio greco di Ravenna fu, ed è ancora, detto con l’accento latino Romània, oggi Romagna, cioè territorio dei Romani d’Oriente, ovvero i Bizantini.Il regno longobardo cadde per mano dei Franchi nel 774. In gran numero sono anche le parole franche nella lingua italiana ma, poiché i Franchi erano bilingui e ampiamente romanizzati, è difficile verificare se una parola franca in italiano derivi dal franco o dal francese. Allo steso modo è arduo tenere distinti i tre strati di elementi germanici in Italia. I longobardi ci hanno lasciato nell’attuale italiano il lemma, “zolla”, mentre la forma più antica “tolla”, conservata in Corsica, è gota il lemma “tetta”, longobardo “zaffo” e gotico “tappo” e così “arraffare, strofinare, zazzera, zuppa,” sono longobardi e “arrappare, stropicciare, tattera, suppa”, sono gotici. E sono quasi tutte di derivazione longobarda le parole italiane con “z” o “zz”, sempre sorda come: chiazzare, gruzzolo, inzaccherare, aizzare, milza, rintuzzare, scherzare, sferzare, stronzo, stuzzicare, zecca, zeppo, zinna e quelle con “cc”, che sostituì l’affricata longobarda “kx”, impronunciabile per gli italiani, come: biacca, bracco, briccone, cilecca, pacca, ricco, smacco, spaccare, stracco, struccare, stucco. In termini numerici, poche e di scarsa importanza sono le parole gotiche conservate in italiano, mentre ben diversa è la situazione per le parole longobarde. Ma quali parole abbiamo mutuato dai Germani? Per quale motivo? Che differenza di cultura o di barbarie troviamo tra i tre popoli germanici? Quali erano i rapporti tra i Latini e i Germani?Le parole ostrogotiche pervenute nella lingua letteraria italiana sono davvero un numero esiguo e quasi tutte di carattere modesto e familiare e molte sono scomparse dalla nostra lingua odierna. Forse è più interessante vedere le parole che non ci sono: mancano quelle di carattere giuridico e amministrativo poiché i Goti furono ben presto assimilati dai vincitori Longobardi. Saltano all’occhio alcune parole molto significative circa al carattere di questi invasori, tutte riferite alle passioni: passioni violente. Abbiamo così ereditato parole come bramare, che denota violenza bestiale, astio, grinta, bega e guercio, tutte nel loro senso peggiorativo. Molto più significativa è la portata delle parole longobarde. Sono scomparse tutte quelle relative al diritto longobardo:guidrigildo, guiffa, guizza, lonigildo, mefio, morghendabio, ma paghiamo ancora il “fio” e parliamo di “faide”, sappiamo chi è il manigoldo, l’antico boia e lo “sguattero”,guardiano dall’antico tedesco wacth, wacther, ma sono usciti dalla sfera giuridica ed hanno assunto un forte senso espressivo e peggiorativo, segno delle aspre relazioni tra Latini e Germani per via del carattere più violento e passionale di questi ultimi. Sicuramente, una volta in Italia, i Longobardi dovettero mantenere le loro abitudini e i loro antichi costumi e ai Latini, probabilmente, apparvero rozzi e ripugnanti. Non mancarono certo di scandalizzarsi nel vedere gli edifici germani in pietra, poveri e grossolani a confronto con i grandi palazzi romani E così la casa diventò “stamberga” e le sedie “scranne, le porte si chiudevano con le “spranghe” e le donne i “fazzoletti” li lavavano con il “ranno”. Parole che ben evidenziano il cattivo gusto e la grossolanità germanica. Sorprendente è la frequenza delle parole relative alle parti del corpo a significare una intima convivenza, almeno nell’ultimo periodo di invasione. Troviamo: anca, fianco, groppa, guancia, nappa, nocca, zinna, schiena, zanna, stinco e anche sberleffo, cioè il labbro inferiore pendulo di certi animali. In certi casi si può anche pensare a una carenza o a una incertezza del lessico latino per cui si ricorse, quasi per disperazione, a quello longobardo. I barbari “trincavano, rissavano, urlavano”, scompostamente; sotto l’effetto di una “sbronza”, sicuramente, avranno spaccato qualche “scranna” e “scaracchiato” per terra e poi saranno caduti con un “tonfo”, sotto l’occhio inorridito dei romani, ma sicuramente incuriosito! Rimanevano in ogni caso dei nemici.. I Latini ridotti a “servi” soffrivano la tracotanza dei Germani e, mentre il “dives” latino diventava un “ricco” germanico, il “pauper”, povero era e povero rimaneva. E così ”l’umiltà” romana si oppose al germanico “orgoglio”!Uno scrittore della bassa latinità chiamò i Germani” latrones, praedones, barbari, turba latrocinatium “. Ai Latini depauperati delle loro terre, restò il lavoro, nel senso di fatica il francese travail da cui travaglio, di sofferenza, laboro stomacho. Anche il mondo linguistico dei colori fu modificato (nero e bianco) e quello della cucina e dell’abbigliamento. Nero e verde restano “colori latini” di cui non è chiara la motivazione. Che siano legati ad un pessimismo crescente, nero, e ad una speranza impellente, verde. Probabilmente queste mutazioni non furono del tutto indispensabili, ma sicuramente furono adottati i nuovi termini per arricchire la lingua di parole talvolta drammatiche, passionali, violente, orrende, ma anche dalle delicate sfumature come garbo, garbo, lesto, rigoglio, senno, schietto. Per concludere, si può dire che per quanto oppressive e distruttive, le dominazioni barbariche contribuirono alla formazione di una nuova Italia. Con la morte di Roma nacquero i germi delle odierne lingue nazionali dell’Europa occidentale. Favria, 15.10.2013 Giorgio Cortese
Posted on: Tue, 15 Oct 2013 04:28:55 +0000

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