Partito Comunista Italiano Da Wikipedia, lenciclopedia - TopicsExpress



          

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Partito Comunista Italiano Logo P.C.I.png Segretario Amadeo Bordiga (1921-1923), Palmiro Togliatti (1923-1924/1930-1934/1938-1964), Angelo Tasca (1923-1924), Antonio Gramsci (1924-1926), Camilla Ravera (1927-1930), Ruggero Grieco (1934-1938), Luigi Longo (1964-1972), Enrico Berlinguer (1972-1984), Alessandro Natta (1984-1988), Achille Occhetto (1988-1991) Presidente Luigi Longo (1972-1980), Alessandro Natta (1989-1990), Aldo Tortorella (1990-1991) Stato Italia Italia Fondazione 21 gennaio 1921 come Partito Comunista dItalia (Sezione della Internazionale Comunista) Dissoluzione 3 febbraio 1991 Sede Via delle Botteghe Oscure, 4 Roma. Ideologia Comunismo, Eurocomunismo Correnti interne · Migliorismo[1] · Berlingueriani[1] · Ingraiani-Il Manifesto[1] · Cossuttiani[1] Collocazione Sinistra Coalizione Fronte Democratico Popolare (1948) Partito europeo nessuno Gruppo parlamentare europeo Gruppo Comunista Affiliazione internazionale Cominform Seggi massimi Camera 227 / 630 (massimo raggiunto nel 1976) Seggi massimi Senato 116 / 315 (massimo raggiunto nel 1976) Seggi massimi Europarlamento 27 / 81 (massimo raggiunto nel 1984) Testata lUnità Colori rosso Il Partito Comunista Italiano (PCI) è stato un partito politico italiano di sinistra. Fu uno dei maggiori partiti politici italiani, nato il 21 gennaio 1921 a Livorno come Partito Comunista dItalia (sezione italiana della III Internazionale) per scissione della mozione di sinistra del Partito Socialista Italiano guidata da Amadeo Bordiga e Antonio Gramsci, al XVII Congresso socialista. Dopo una storia complessa e travagliata allinterno dellInternazionale comunista negli anni venti e trenta, assunse durante la seconda guerra mondiale un ruolo di primo piano a livello nazionale, promuovendo e organizzando con lapporto determinante dei suoi militanti la Resistenza contro la potenza occupante tedesca e il fascismo repubblicano. Il capo del partito, Palmiro Togliatti, attuò una politica di collaborazione con le forze democratiche cattoliche, liberali e socialiste ed ebbe unimportante influenza nella creazione delle istituzioni della Repubblica. Passato allopposizione nel 1947 dopo la decisione di De Gasperi di estromettere le sinistre dal governo per collocare lItalia nel blocco internazionale filo-americano, il PCI rimase fedele alle direttive politiche generali dellURSS fino agli anni settanta e ottanta pur sviluppando nel tempo una politica sempre più autonoma soprattutto sotto la guida di Enrico Berlinguer che promosse il compromesso storico e la collaborazione tra i partiti comunisti occidentali con il cosiddetto eurocomunismo. Dopo la caduta del muro di Berlino e il crollo dei paesi comunisti, il PCI si è sciolto nel 1991 su iniziativa di Achille Occhetto, dando vita ad una serie di formazioni politiche di sinistra che hanno per alcuni periodi governato lItalia in alleanza con le forze progressiste socialiste e cattoliche. Indice [nascondi] 1 Sintesi 2 Storia 2.1 La costituzione del PCdI e lantifascismo 2.2 La Resistenza, la guerra partigiana e la Liberazione 2.3 LItalia repubblicana e i rapporti con lURSS 2.3.1 Lapparato paramilitare del PCI 2.3.2 Situazioni pre-insurrezionali e attentato a Togliatti 2.3.3 La politica di Togliatti 2.3.4 Lelezione di Longo 2.3.5 La segreteria di Berlinguer 2.4 La solidarietà nazionale 2.5 Il ritorno allopposizione 2.6 La caduta del Muro di Berlino e lo scioglimento del PCI 2.7 Partito Democratico della Sinistra e Rifondazione Comunista 3 Correnti 4 Struttura 4.1 Segretari generali 4.2 Presidenti 4.3 Organigrammi del vertice nazionale 5 Capigruppo alla Camera 6 Capigruppo al Senato 7 Congressi 8 Conferenze Nazionali 9 Consigli Nazionali 10 Iscritti 11 Nelle istituzioni 11.1 Presidente della Camera 12 Risultati elettorali 13 Giornali e riviste 14 Galleria fotografica 15 Note 16 Bibliografia 16.1 Libri 16.2 Saggi e articoli 17 Voci correlate 18 Altri progetti 19 Collegamenti esterni Sintesi[modifica | modifica sorgente] Il Partito Comunista dItalia inizialmente si poneva come obiettivo labbattimento dello Stato borghese e linstaurazione di una dittatura del proletariato attraverso i Consigli degli operai e dei contadini, sullesempio dei bolscevichi russi di Lenin. I rapporti con Mosca, la controversa e variegata dialettica rispetto alle politiche dellURSS, di cui il Pci aveva fatto un mito,[2] e i discussi tentativi di distaccarsene, costituiranno un elemento centrale della storia del partito, che però troverà la sua fonte di maggiore forza e legittimazione nel radicamento costruito nella società italiana, e in particolare tra i lavoratori, già negli anni dellattività clandestina sotto il regime fascista, ma soprattutto nel secondo dopoguerra, allorché il Pci si trasformerà nel partito nuovo voluto da Palmiro Togliatti, un partito di massa con una forte presenza territoriale, volto a cercare di proporre soluzioni ai problemi delle masse lavoratrici e del paese nel suo insieme[3]. Il partito, guidato nei suoi primi anni di vita da una maggioritaria corrente di sinistra raccolta attorno a Bordiga, nel III Congresso, svoltosi clandestinamente a Lione nel gennaio del 1926, segnò un deciso cambiamento di politica. Suggellato con lapprovazione delle Tesi di Gramsci e la messa in minoranza della sinistra di Bordiga, la quale, accusata di settarismo, verrà prima emarginata e poi, con larresto di Bordiga da parte dei fascisti, si riunirà in Francia editando la rivista Prometeo, e poi nel dopoguerra nel Partito Comunista Internazionalista. Tale risultato verrà poi variamente criticato per supposte ingerenze estere nelle vicende nazionali, specchio della situazione sovietica. Tra gli elementi principali di scontro vi erano i rapporti con lURSS, che le componenti di ispirazione sinistra comunista, nelle vesti della Sinistra Comunista Italiana di Bordiga, criticavano duramente, e la componente in seguito dominante che si riferiva a Gramsci, decisa a tenere ben saldo il legame con lInternazionale comunista. Nel 1930 Bordiga fu definitivamente espulso dal Partito con laccusa di trotskismo. Stessa sorte era già parallelamente toccata ad elementi a destra del gruppo dirigente, questultimo diviso dal 1926 tra chi, come il segretario Gramsci, era stato condannato a misure di carcerazione fascista, e chi, come Palmiro Togliatti, era riuscito ad espatriare continuando lazione di direzione del partito dallestero o operando nella clandestinità. Caduto il regime fascista nel 1943, il PCI ricominciò a operare legalmente partecipando immediatamente alla costituzione di formazioni partigiane e, dal 1944 al 1947, agli esecutivi antifascisti successivi al governo Badoglio I, dove il nuovo leader Palmiro Togliatti sarà anche, per un breve periodo, vicepresidente del Consiglio dei ministri. Nellantifascismo il PCI è la forza più popolare e infatti la maggior parte degli aderenti alla Resistenza italiana era membro del partito comunista. Le Brigate Garibaldi, promosse dai comunisti, rappresentano infatti circa il 60% delle forze partigiane[4]. Nel corso del conflitto diverse componenti identificarono la lotta antifascista con la lotta di classe, mirando ad attuare una rivoluzione sul modello di quella sovietica.[5]. Ma in realtà la maggioranza dei partigiani comunisti, sulla base delle indicazioni provenienti dai loro vertici, e in particolare da Luigi Longo (allora a capo del partito nellItalia occupata e al tempo stesso delle Brigate Garibaldi), intesero correttamente la lotta partigiana come una lotta volta in primo luogo alla liberazione del Paese dal nazifascismo, da condursi quindi nel modo più unitario possibile, accantonando le differenze di impostazioni e di obiettivi rispetto alle altre forze che partecipavano alla Resistenza: una linea che culminò nella costituzione del Comando generale unificato del Corpo volontari della libertà (CVL), contribuendo in modo decisivo allesito vittorioso della lotta di liberazione[6]. Nel 1947, nel nuovo clima internazionale di guerra fredda, il PCI è allontanato dal governo e rimarrà allopposizione per tutto il resto dei suoi giorni, non entrando mai in nessun governo repubblicano. Durante il XX Congresso del PCUS, Nikita Chruščёv diede avvio, con la denuncia dei crimini del regime staliniano, alla cosiddetta destalinizzazione. La linea del PCI diede seguito alla svolta che si tradusse nella volontà di tracciare una propria «via italiana al socialismo» che consisteva nellaccentuare il vecchio obiettivo del raggiungimento di una «democrazia progressiva» applicando integralmente la Costituzione italiana. Lamicizia e la lealtà che legavano il PCI allUnione Sovietica, nonostante a partire dal 1968 una graduale progressiva critica alloperato del PCUS, fecero sì che latteggiamento nei rapporti internazionali non si tradusse mai in una rottura dei rapporti col partito sovietico[7]. Questo portò a crisi e frammentazioni con militanti, intellettuali (molto noto il caso di Italo Calvino), dirigenti (come Antonio Giolitti, che nel 2006 riceverà le scuse e lattestazione della ragione da Giorgio Napolitano capo dello stato e allora nella dirigenza allineata a Mosca) e componenti di sinistra e libertarie che fuoriuscivano o mettevano in discussione (Manifesto dei 101) la linea politica, prima dopo la Rivoluzione ungherese del 1956 e poi con la Primavera di Praga e gli interventi militari sovietici sulle nazioni dissidenti non sufficientemente o per nulla stigmatizzate dallallora gruppo dirigente. Molti comunisti, riunti intorno alla rivista il manifesto, tra cui Rossana Rossanda[8] furono espulsi dal partito come già accaduto in altre circostanze[9]. In quegli anni molte sigle di ispirazione comunista si formeranno a sinistra del PCI, contestando ladesione al realismo sovietico. Il PCI è stato per molti anni, dallosservazione dei dati elettorali, il partito comunista più grande dellEuropa occidentale. Mentre, infatti, negli altri paesi democratici lalternativa ai partiti o alle coalizioni democristiane o conservatrici era da sempre rappresentata da forze socialiste (con i partiti comunisti relegati a terza o quarta forza), in Italia rappresentò il secondo partito politico in assoluto dopo la Democrazia Cristiana, con un Partito socialista via via sempre più piccolo e relegato, dal 1953 in poi, al rango di terza forza del paese. Nel 1976 il PCI raggiunse lapice del suo consenso elettorale, col 34,4% dei voti, dopo che, lanno prima, aveva conquistato le principali città italiane, mentre alle elezioni europee del 1984 avvenne il breve sorpasso sulla DC (33,33% dei consensi contro il 32,97%). Il partito si sciolse il 3 febbraio 1991, quando la maggioranza dei delegati guidati approvarono la svolta della Bolognina del segretario Achille Occhetto, succeduto tre anni prima ad Alessandro Natta, al XX Congresso Nazionale e la contestuale costituzione del Partito Democratico della Sinistra (PDS) aderente allInternazionale Socialista. Unarea consistente della minoranza di sinistra preferì rilanciare ideali e programmi comunisti e fondò il Movimento per la Rifondazione Comunista, che poi costituì, con la confluenza di Democrazia Proletaria e di altri gruppi, il Partito della Rifondazione Comunista (PRC). Lorganizzazione giovanile del PCI fu la Federazione Giovanile Comunista Italiana (FGCI). Con oltre due milioni e mezzo di iscritti il PCI fu il più grande partito per numero di membri in tutta la storia della politica dellEuropa occidentale. Storia[modifica | modifica sorgente] La costituzione del PCdI e lantifascismo[modifica | modifica sorgente] Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Partito Comunista dItalia, XVII Congresso del Partito Socialista Italiano e I Congresso del Partito Comunista dItalia. La scissione dei comunisti dal Partito Socialista Italiano avvenne sui famosi 21 punti di Mosca, che delimitavano in modo netto la differenza delle posizioni politiche dei rivoluzionari da quelle dei riformisti e che costituivano le condizioni per lingresso nellInternazionale Comunista, che aveva come obiettivo principe lestensione della rivoluzione proletaria su scala mondiale. Il Congresso socialista aveva appena rifiutato, con solo un quarto di voti contrari, come previsto nelle 21 condizioni per ladesione allInternazionale Comunista, di espellere i membri della corrente riformista del Partito. La minoranza, che rappresentava 58.783 iscritti su 216.337, e che abbandonò il teatro Goldoni riunendosi al San Marco, era costituita dal gruppo astensionista che faceva capo ad Amadeo Bordiga, che guidò per primo il nuovo Partito, dal gruppo dellOrdine Nuovo di Antonio Gramsci, Palmiro Togliatti, Umberto Terracini e Angelo Tasca, da parte della corrente massimalista di Anselmo Marabini, Antonio Graziadei e Nicola Bombacci e dalla stragrande maggioranza della Federazione Giovanile Socialista (FGS). Antonio Gramsci Il nuovo Partito era un partito rigorosamente rivoluzionario e la sua linea politica era fondata sulla esclusione di qualsiasi tipo di accordo con i socialisti, e questo provocò, anche a causa della scissione dellala riformista del PSI, avvenuta nel 1922, i primi attriti con lInternazionale comunista, la quale pose con forza il tema della riunificazione con il PSI di Serrati. Nel 1924 Antonio Gramsci, con lappoggio dellInternazionale comunista, divenne segretario nazionale e il passaggio della segreteria da Bordiga a Gramsci fu sancito definitivamente nel 1926 con lapprovazione durante il III Congresso nazionale a Lione delle tesi politiche di Antonio Gramsci con oltre il 90% dei voti. Il PCdI venne soppresso dal regime fascista il 5 novembre 1926 ma continuò la sua esistenza clandestina, i cui militanti in parte rimasero in Italia, dove fu lunico partito antifascista ad essere presente seppure a livello embrionale, in parte emigrarono allestero, soprattutto in Francia e in URSS. Con larresto di Gramsci, la guida di fatto passò a Togliatti, che rafforzò ulteriormente i rapporti con lUnione Sovietica. Questi rapporti si deteriorarono bruscamente nel 1929 a causa della presa di posizione di Angelo Tasca, che aveva sostituito Togliatti a Mosca, in favore del leader della destra sovietica Nikolaj Bucharin, che si contrapponeva in quel periodo a Stalin. Dopo che tutta la linea del PCdI, da Lione in poi, fu messa in discussione, Togliatti espulse Tasca e allineò di nuovo il partito sulle posizioni di Stalin, che erano ritornate a essere piuttosto settarie. Infatti il PCdI fu costretto ad associare ai socialisti italiani e al giovane movimento di Giustizia e Libertà la teoria del socialfascismo, che poneva le sue basi sullequiparazione tra fascismo e socialdemocrazia, intesi, entrambi, come metodi utilizzati dalla borghesia per conservare il potere. Con la crescita del pericolo nazista lInternazionale comunista cambiò strategia e tra il 1934 e il 1935 lanciò la linea di riunire in un fronte popolare tutte le forze che si opponevano allavanzata dei fascismi. Il PCdI, che aveva faticato molto per accettare la svolta del 1929, ebbe una sofferenza ancora maggiore per uscire dal settarismo a cui quella svolta sembrava averlo destinato, in quanto, nellItalia fascista, i militanti si erano trovati da soli a fronteggiare la dittatura. Ma un po per volta il lavoro di Palmiro Togliatti e di Ruggero Grieco, che resse il partito dal 1934 al 1938, diede i suoi frutti, e, nellagosto del 1934, fu sottoscritto il patto dunità dazione tra socialisti e comunisti, che, nonostante i distinguo, segnò la riapertura del dialogo tra i due partiti operai. La linea politica del PCdI andò di nuovo in crisi con il Patto Ribbentrop-Molotov del 1939 in quanto fu impossibile conciliare lunità antifascista con lapprovazione del patto fra sovietici e nazisti e il PCdI fu costretto ad appiattirsi sulle posizioni dellInternazionale che in quel periodo teorizzava per i comunisti lequidistanza tra i diversi imperialismi. La situazione si aggravò ulteriormente quando, con linvasione tedesca, il PCdI si ritrovò in clandestinità anche a Parigi. Togliatti fu arrestato, ma non essendo stato riconosciuto, se la cavò con pochi mesi di carcere e dopo aver riorganizzato un embrione di centro estero del Partito, andò a Mosca dove lInternazionale, avendo sciolto definitivamente lUfficio politico e il Comitato centrale, gli affidò la direzione solitaria del PCdI. La situazione allinterno del Partito si tranquillizzò grazie alla Dichiarazione di guerra di Benito Mussolini a Francia e Inghilterra del 1940, che fece sì che si ricreassero le condizioni per una nuova unità antifascista, suggellata nel 1941 a Tolosa da un accordo tra PCdI, PSI e GL. In Italia dal 1941 il Partito, anche grazie allimportante lavoro di Umberto Massola, cominciò a riorganizzare la rete clandestina e a fare sentire la propria voce, anche attraverso la diffusione di un bollettino, il Quaderno del lavoratore, per mezzo del quale venivano diffuse le posizioni ufficiali del PCdI, dettate direttamente da Togliatti attraverso Radio Mosca. Nello stesso tempo ripresero forza numerosi piccoli gruppi che, spesso con linea politica autonoma, continuavano dallinterno del paese la loro lotta al fascismo. La Resistenza, la guerra partigiana e la Liberazione[modifica | modifica sorgente] Il 15 maggio 1943 il Partito, in seguito allo scioglimento dellInternazionale Comunista, assunse la denominazione di Partito Comunista Italiano (PCI). Quando, il 25 luglio del 1943, Mussolini fu costretto a dimettersi, liniziativa del Partito aumentò sensibilmente sia per i maggiori margini di manovra che per la conseguente uscita dal carcere e il ritorno dallesilio di numerosi dirigenti comunisti. Il 30 agosto 1943 dieci membri dei Partito costituirono a Roma una direzione centrale in Italia, senza direttive ufficiali da parte di Togliatti; i dieci erano Mauro Scoccimarro, in questa fase il dirigente più autorevole e prestigioso della direzione, Umberto Massola, entrato clandestinamente in Italia fin dal 1941, Antonio Roasio, Agostino Novella, Celeste Negarville, Giorgio Amendola, Luigi Longo, Giovanni Roveda, Pietro Secchia, Girolamo Li Causi[10]. Il peso del PCI in Italia era divenuto molto importante e furono soprattutto le decisioni politiche prese dai dirigenti del Partito a Roma che ebbero decisiva influenza sulla crescita della Resistenza. Luigi Longo, comandante generale delle Brigate Garibaldi Luigi Longo, comandante generale delle Brigate Garibaldi Luigi Longo, comandante generale delle Brigate Garibaldi Pietro Secchia, commissario politico delle Brigate Garibaldi Pietro Secchia, ex operaio biellese, imprigionato e deportato dal regime fascista dal 1931, liberato da Ventotene il 19 agosto 1943, venne incaricato, durante una riunione tenuta a Roma il 10 settembre 1943, di recarsi a Milano, per organizzare la guerra partigiana. Secchia raggiunse Milano in treno il 14 settembre dopo essere passato per Firenze e Bologna ed aver diffuso le direttive del partito tra i militanti provenienti dallantifascismo attivo[11]. Tra il 20 e il 22 settembre anche Luigi Longo, già dirigente delle Brigate Internazionali in Spagna, partì per il nord per affiancare Secchia nella organizzazione e direzione del movimento di resistenza[12]. Fin dal novembre 1943 i comunisti poterono quindi costituire a Milano la prima struttura organizzativa unificata: il comando generale delle Brigate Garibaldi con Luigi Longo come responsabile militare e Pietro Secchia come commissario politico; i componenti iniziali del comando furono, oltre a Longo e Secchia, Antonio Roasio, Francesco Scotti, Umberto Massola, Antonio Cicalini e Antonio Carini[13]. I militanti comunisti costituirono il nerbo dei gruppi clandestini della resistenza italiana, organizzati nelle Brigate Garibaldi (se ne contarono fino a 575 gruppi) sulle montagne e nei GAP e nelle SAP nelle città. Oltre alla lotta armata, il PCI continuò il suo lavoro politico continuando nellorganizzazione degli operai e promuovendo scioperi e agitazioni soprattutto nei primi mesi del 1944. La dichiarazione di guerra del Governo Badoglio ai danni della Germania pose il PCI dinnanzi ad un bivio: continuare nella linea, richiesta dalla base, di contrapposizione frontale a Badoglio e alla Monarchia o lassunzione di responsabilità di governo. Nel marzo del 1944 Togliatti, dopo aver avuto un incontro con Stalin, tornò in Italia e praticò quella che rimase famosa come la svolta di Salerno con la quale il PCI, anteponendo la lotta antifascista alla deposizione della Monarchia, sancì il proprio ingresso nel Governo. Lingresso del PCI nei Governi formati da Badoglio e dal socialista riformista Ivanoe Bonomi andava letto, nellintenzione di Togliatti, come il tentativo di accreditarsi come forza responsabile e fondatrice della democrazia italiana. Per ottenere questo era necessario che il partito fosse ricostruito su basi diverse e diventasse un partito nuovo ovvero un moderno partito di massa con profonde radici nei luoghi di lavoro e aderente alla società. Il Partito cominciò pertanto una crescita costante data sia dal punto di vista dellorganizzazione, che si sviluppò ormai capillarmente in tutte le città italiane, che in termini di numero di iscritti, passati dai 500.000 del 1944 al 1.700.000 del 1945, che lo portarono a diventare il più importante e grande partito comunista europeo a ovest della cortina di ferro. Nel corso della guerra ebbero luogo alcune delle pagine più controverse della storia del PCI, come leccidio di Porzûs, ai danni di formazioni resistenziali bianche, commesso da un gruppo di partigiani, in massima parte gappisti (i GAP erano formati dal comando generale delle Brigate Garibaldi)[14].[15] Le formazioni partigiane comuniste furono inoltre coinvolte nelle vendette post-belliche contro fascisti (o presunti tali) in varie zone del nord Italia, quali il cosiddetto triangolo della morte. LItalia repubblicana e i rapporti con lURSS[modifica | modifica sorgente] Via delle Botteghe Oscure, da cui il nome popolare attribuito al palazzo storico che ha ospitato, dal secondo dopoguerra allo scioglimento, la sede centrale del PCI. A seguito della Liberazione, Palmiro Togliatti diede vita ad una politica, che tenne insieme lesigenza di consolidamento della democrazia italiana e il sentimento rivoluzionario e il mito dellURSS della base del partito, concretizzato nelladesione, fino al suo scioglimento, al Cominform, lorganizzazione dei partiti comunisti filosovietici. Tuttavia nonostante nel maggio 1947 Alcide De Gasperi avesse formato un governo senza il PCI e il PSI, il contributo costruttivo dei comunisti nellAssemblea costituente non mutò al punto che il 1º gennaio 1948 entrò in vigore, dopo essere stata approvata da tutti i maggiori partiti, la Costituzione italiana. Lapparato paramilitare del PCI[modifica | modifica sorgente] Questa voce non è neutrale! Questa voce o sezione sullargomento storia è ritenuta non neutrale. Motivo: Il testo recentemente inserito sulla Gladio Rossa contiene una serie di fatti non acclarati: possibile insurrezione armata che sarebbe stata sorretta (che vuol dire questo condizionale?), possibile invasione del Patto di Varsavia, due fasi, etc. si veda discussione Per contribuire, correggi i toni enfatici o di parte e partecipa alla discussione. Non rimuovere questo avviso finché la disputa non è risolta. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento. Secondo alcune fonti e atti ufficiali, il partito avrebbe mantenuto unorganizzazione paramilitare segreta, denominata giornalisticamente, da alcune testate, Gladio Rossa (locuzione in contrapposizione alla coeva e acclarata Organizzazione Gladio nata in chiave anticomunista); lo storico Gianni Donno sostiene che «fino alle elezioni del 18 aprile 1948 uninsurrezione comunista in Italia era possibilità reale, e sarebbe stata sorretta da un apparato militare, incardinato nella struttura organizzativa del PCI»; questorganizzazione avrebbe seguito la storia del partito estrinsecandosi in due fasi distinte: dal 1948 al 1954 in cui vennero poste le basi dellorganizzazione raccogliendo materiali bellici e creando una rete di contatti e logistica in preparazione di una possibile insurrezione armata; alla seconda fase dal 1955 al suo scioglimento nel 1974 nella quale lorganizzazione avrebbe dovuto costituire un supporto attivo ad una eventuale invasione dellItalia da parte del Patto di Varsavia[16]. Insieme a questa organizzazione il partito ne mantenne unaltra, destinata alla protezione ed alla fuga dei dirigenti nel caso che il partito stesso venisse dichiarato illegale in Italia[17]. In un rapporto del SIFAR, lapparato paramilitare del PCI viene descritto come diviso in due gruppi: uno operativo in tempo di pace, con il compito di «sostenere le agitazioni e mantenere leconomia nazionale sotto pressione, affinché la gente appoggi un cambiamento politico attraverso le riforme sociali di cui il Pci si fa promotore»; laltro, pronto a intervenire in caso di guerra con opere di sabotaggio.[18] Il S.O.I., Servizio Ordine Informazioni Ordine, era la struttura informativa che si affiancava alla struttura paramilitare, e svolgeva attività spionistica nei settori militare, industriale e politico[19][20]; questa struttura operava in stretto collegamento col Kgb e con il Gru (il servizio informazioni militare sovietico) e aveva tra i suoi compiti anche la disinformazione, quindi la costruzione di informazioni false o dossier atti a creare scandali nei momenti opportuni[20]. Riguardo alla Gladio Rossa, anche Giovanni Fasanella, giornalista, dichiara: « Del resto, sul versante opposto, un doppio livello si era formato sin dal dopoguerra anche allombra del Pci, con la cosiddetta Gladio rossa, una struttura paramilitare clandestina composta da ex partigiani, spesso non del tutto controllata dallo stesso gruppo dirigente del partito e ancora legata al mito della rivoluzione proletaria.[21] » In merito il senatore Giovanni Pellegrino nelle vesti di presidente della commissione parlamentare sulle stragi dichiarò proprio a Fasanella che [nel dopoguerra] ... mentre gli ex partigiani bianchi tendevano progressivamente a istituzionalizzarsi finendo per confluire nelle strutture di Stay-behind, gli ex partigiani rossi tendevano a riorganizzarsi in una struttura interna del Pci, la cosiddetta Gladio rossa, in cui continuava ad agire una sorta di inerzia rivoluzionaria.[22] Anche per Pellegrino la struttura si evolse col tempo in chiave di protezione nei confronti dei dirigenti in caso di golpe o che il PCI fosse dichiarato fuori legge. A credito dei dirigenti del PCI dellepoca Pellegrino ascrive anche il merito di essere riusciti in qualche modo a imbrigliare allinterno di organizzazioni forze altrimenti centrifughe.[22]. Situazioni pre-insurrezionali e attentato a Togliatti[modifica | modifica sorgente] Nel novembre del 1947, dopo la notizia che il prefetto di Milano Ettore Troilo, esponente della Resistenza, era stato destituito dal ministro degli Interni Mario Scelba, Giancarlo Pajetta, capo del partito in Lombardia, prese liniziativa di mobilitare le formazioni armate di ex partigiani che bloccarono corso Monforte sede della Prefettura. Si vissero momenti di grande tensione, Pajetta entrò in prefettura, il sindaco socialista Greppi ed altri sindaci di dimisero per protesta contro la rimozione di Troilo e venne organizzato un Comitato di agitazione. Ben presto il governo riprese in mano la situazione; senza azioni violente e dopo trattative condotte da Marrazza, i militanti comunisti evacuarono la prefettura e accettarono la nomina di un nuovo prefetto di Milano. Togliatti ebbe parole di sarcastica critica per lavventatezza di Pajetta e colse loccasione per bloccare lestremismo di una parte del partito[23]. Il 14 luglio 1948 Palmiro Togliatti fu gravemente ferito alla nuca e alla schiena, alluscita dalla Camera dei Deputati a Roma, da Antonio Pallante, un estremista anticomunista. Le condizioni di Togliatti apparvero subito molto gravi e, nonostante i suoi inviti a mantenere la calma, si diffuse subito grande agitazione tra i militanti comunisti. Il capo del partito venne sottoposto ad un difficile intervento chirurgico che si concluse con successo nel pomeriggio ma nel frattempo in molte regioni dItalia si era instaurata una situazione pre-insurrezionale[24]. Senza attendere le indicazioni del partito, i militanti comunisti e la base operaia diedero inizio ad un impressionante sciopero generale con occupazione della fabbriche; ricomparvero formazioni di ex partigiani armati nel Biellese, in Valsesia, a Casale Monferrato. I militanti comunisti assaltarono la FIAT e alcuni dirigenti tra cui lo stesso Vittorio Valletta, vennero presi in ostaggio, comparvero le armi allinterno della fabbrica. Ufficialmente il partito non aveva ancora dato alcuna direttiva insurrezionale ma corsero voci che Cino Moscatelli e Pietro Secchia fossero favorevoli ad unazione rivoluzionaria. A Torino e Milano, in parte presidiate dai militanti comunisti, si svolsero grandi manifestazioni di piazza in cui si parlò di armi pronte. Scontri armati nel capoluogo lombardo tra comunisti e polizia terminarono con numerosi feriti e loccupazione di altre fabbriche. A Genova il movimento insurrezionale fu ancora più esteso; si verificarono scontri tra militati e forze dellordine con feriti, alcuni carabinieri e poliziotti furono presi prigionieri; nella notte si eressero le barricate; il prefetto decretò lo stato dassedio[25]. Gli episodi più gravi si verificarono sul Monte Amiata, dove i minatori si asserragliaorno sulla vetta, ed a Abbadia San Salvatore dove militanti comunisti, presero la centrale telefonica, assaltarono la sede della Democrazia Cristiana e respinsero il primo attacco della polizia uccidendo due agenti. A Siena, Piombino, Taranto, Ferrara, Modena, Cagliari, La Spezia si verificarono altri scontri, a Venezia vennero occupate le fabbriche, la RAI e i ponti sulla laguna; a Livorno ci furono combattimenti durante i quali un poliziotto fu ucciso e altri quattro feriti, a Bologna gli ex partigiani bloccarono la via Emilia. Roma fu invasa dagli operai e dai militanti della periferia; davanti a Montecitorio furono lanciati sassi contro gli agenti di guardia, durante un grande comizio a Piazza Esedra con la presenza di Luigi Longo e Edoardo DOnofrio, i manifestanti espressero propositi rivoluzionari nonostante la prudenza ufficiale dei dirigenti[26]. Tra i dirigenti del partito lattentato a Togliatti provocò grande emozione; dopo le prime notizie confuse, arrivarono le informazioni sullo sciopero e sulle azioni pre-insurrezionali spontanee dei militanti; i capi comunisti nelle loro memorie hanno riferito di una scelta unitaria di controllare il movimento ed evitare di uscire in modo irreparabile dalla legalità. Allepoca di diffuse la voce che Secchia e Longo avessero avuto contatti segreti con i sovietici durante i quali questultimi avrebbero escluso la possibilità di fornire aiuto in caso di insurrezione. In realtà in un primo tempo i dirigenti comunisti preferirono attendere gli eventi senza sostenere esplicitamente linsurrezione ma polemizzando aspramente contro il governo e il ministro Scelba, la stampa comunista tuttavia non diramò alcuna parola dordine rivoluzionaria. Una analisi realistica della situazione rendeva del resto impossibile unalternativa rivoluzionaria: lUnione Sovietica era contraria ad avventure insurrezionali, le forze dellordine, supportate eventualmente dallesercito, disponevano di una schiacciante superiorità militare, era prevedibile un intervento diretto americano. Inoltre i comunisti erano forti solo in alcune aree del paese e soprattutto nelle fabbriche e nelle grandi città del nord, ma le campagne e il sud non avevano affatto partecipato al moto insurrezionale[27]. La mattina del 16 luglio i dirigenti comunisti presero la decisione di bloccare levoluzione rivoluzionaria e arrestare lo sciopero; il ministro Scelba mostrò grande decisione e le forze dellordine intervennero a Livorno, Bologna, Napoli, Castellamare; ci furono scontri a fuoco e morti tra i manifestanti. Le occupazioni delle fabbriche furono progressivamente interrotte e Vittorio Valletta venne liberato. Il 17 luglio il Comitato Centrale del partito approvò ufficialmente la cessazione dello sciopero. Nelle loro memorie i capi comunisti in maggioranza hanno escluso che linsurrezione potesse avere successo, solo Giancarlo Pajetta ha affermato che al nord linsurrezione sarebbe stata possibile, Pietro Secchia ha scritto che solo a Torino, Genova e Venezia i militanti comunisti avevano il pieno controllo della situazione, mentre Giorgio Amendola ritiene che linsurrezione non avrebbe avuto alcuna possibilità di vittoria neppure al nord[28]. La politica di Togliatti[modifica | modifica sorgente] Palmiro Togliatti Il PCI si consolidò, dopo la scissione socialista del 1947, come la seconda forza della democrazia italiana dopo la Democrazia cristiana. Da allora e per circa 30 anni il PCI, pur rimanendo sempre allopposizione, conseguì una crescita elettorale costante che si interruppe solo verso la fine degli anni settanta al termine della stagione della solidarietà nazionale. Negli anni successivi, pur continuando ad appoggiare lURSS anche nella drammatica crisi dUngheria durante la rivoluzione ungherese del 1956, il PCI di Togliatti diede inizio ad una nuova politica di partito nazionale imboccando la via italiana al socialismo, dopo che personaggi significativi, in maggioranza intellettuali, avevano abbandonato il partito protestando contro ladesione del PCI alla repressione sovietica o avevano espresso dissenso nel cosiddetto Manifesto dei 101. Tra coloro che, in quella situazione, manifestarono una posizione di dissenso, pur senza abbandonare il partito, va ricordato il leader della CGIL Giuseppe Di Vittorio, mentre vari intellettuali tra cui lo storico Renzo De Felice ne uscirono per protesta e in aperto dissenso; soltanto una ventina, tra i firmatari del Manifesto, ritireranno a posteriori la loro adesione mentre altri come Lucio Colletti ne usciranno comunque in seguito[29]. Il manifesto, che doveva inizialmente essere solo una forma di dissenso interno secondo parte dei suoi partecipanti ed essere pubblicato sullUnità, venne invece integralmente diffuso dallANSA quasi immediatamente e provocò fortissimi dissensi tra la base, che si arroccò attorno al suo gruppo dirigente, e una gran parte degli intellettuali, che finirono per uscire dal partito[30]. La principale conseguenza politica degli avvenimenti del 1956 fu il definitivo tramonto del Patto dunità dazione tra il PCI e il PSI. Il PSI di Pietro Nenni, che negli anni precedenti aveva pur accettato forme di subordinazione allUnione Sovietica di Stalin, ripensò, prendendone completamente le distanze, la sua posizione riguardo a quello che i comunisti consideravano il più importante Stato socialista, ma che per i socialisti autonomisti non aveva mai rappresentato una società socialista. Nel cambiamento della linea del PSI ebbe un grande peso la riemersione delle tendenze autonomiste interne, sempre presenti anche nel periodo frontista, che guardavano con sospetto ai comunisti e ai regimi dittatoriali formatisi nellEuropa dellEst. Ciò consentì la nascita del centro-sinistra, basato sullalleanza tra Partito Socialista Italiano e DC. Nel 1960 il PCI partecipò attivamente allorganizzazione delle proteste contro il congresso missino di Genova, giudicato come una provocazione per il fatto di svolgersi in una città medaglia doro della guerra di Liberazione. Le proteste si indirizzano contro il governo Tambroni, appoggiato esternamente dallo stesso MSI, tale appoggio provocò anche una frattura interna alla DC. Il governo, di converso, accusò il PCI dellesistenza di un attivo coinvolgimento sovietico nellorganizzazione degli scioperi, tale ipotesi venne ritenuta non attendibile dalla stessa CIA in un documento dell8 luglio 1969[31]. Gli eventi legati alle proteste allontanarono ulteriormente Nenni che scrisse nel suo diario, il 3 luglio 1960, che i fatti di Genova vennero usati dai comunisti in termini di frontismo, di ginnastica rivoluzionaria, di vittoria di piazza, tutto il bagaglio estremista che pagammo caro nel 1919[32]. Lelezione di Longo[modifica | modifica sorgente] Con la fine del centrismo e con linizio dei governi di centro-sinistra il PCI di Togliatti non mutò la sua posizione di opposizione al governo. Il 21 agosto del 1964 morì a Jalta Palmiro Togliatti. I suoi funerali, che videro la partecipazione di oltre un milione di persone, costituirono il più imponente momento di partecipazione popolare che la giovane Repubblica Italiana aveva conosciuto fino a quel momento. Lultimo documento di Togliatti, che ne costituiva il testamento politico e che fu ricordato come il memoriale di Jalta, ribadiva loriginalità e la diversità di vie che avrebbero consentito la costruzione di società socialiste, unità nella diversità del movimento comunista internazionale. Il PCI lasciato da Togliatti era un Partito che, pur continuando a rimanere ancorato al centralismo democratico, cominciava a sentire lesigenza di rendere visibili quelle che, al suo interno, erano le diverse sensibilità e opzioni politiche. Il primo Congresso dopo la morte di Togliatti, lXI svoltosi nel gennaio del 1966, fu il teatro del primo scontro svoltosi alla luce del sole dalla nascita del Partito nuovo. Le due linee politiche che si fronteggiarono furono quella di destra di Giorgio Amendola e quella di sinistra di Pietro Ingrao. Sebbene la posizione della sinistra di Ingrao si rivelò in minoranza, in particolare sul tema della pubblicità del dissenso (che, si riteneva, avrebbe aperto le porte alla divisione del partito in correnti organizzate), molte delle sue istanze (messa allordine del giorno del tema del modello di sviluppo, necessità di una programmazione economica globale che si contrapponesse alla inefficace programmazione del governo, attenzione al dissenso cattolico e ai movimenti giovanili) furono accolte nelle Tesi congressuali. Il lavoro di sintesi, rivolto al rinnovamento nella continuità, tra le diverse anime del Partito suggellò la leadership di Luigi Longo, eletto Segretario generale dopo la morte di Togliatti e degno continuatore delle politiche del defunto leader. Luigi Longo Nel ruolo di successore di Togliatti i due candidati più forti erano proprio Amendola e Ingrao, ma Longo, per le garanzie di unità e continuità che dava la sua figura, che aveva ricoperto con Togliatti la carica di vicesegretario e aveva sempre con lealtà ed efficacia coadiuvato il Segretario, costituiva la soluzione migliore per la segreteria del Partito. Longo continuò nella definizione di una politica nazionale del PCI e infatti a differenza del 1956, nel 1968 il partito si schierò contro linvasione sovietica della Cecoslovacchia. La segreteria di Berlinguer[modifica | modifica sorgente] Nel 1972 divenne segretario Enrico Berlinguer, che, sulla suggestione della crisi cilena, propose un compromesso storico tra comunisti e cattolici democratici, che avrebbe dovuto spostare a sinistra lasse governativo, trovando qualche sponda nella corrente democristiana guidata da Aldo Moro. I rapporti con lUnione Sovietica si allentarono ulteriormente quando, a opera dello stesso Berlinguer, iniziò la linea euro-comunista, basata su unalleanza tra i principali partiti comunisti dellEuropa occidentale, il PCI, il PCF - Partito Comunista Francese, guidato da Georges Marchais ed il PCE - Partito Comunista spagnolo, guidato da Santiago Carrillo, che cercò una qualche indipendenza dai sovietici. LEurocomunismo però durò poco a causa del riallineamento del Partito Comunista Francese alla tradizionale dipendenza dalla linea del PCUS, il calo del peso elettorale dei comunisti spagnoli e lacutizzarsi delle differenze interne nello stesso PCI. Nonostante le critiche rivolte al PCUS, Berlinguer continuava ad elogiare il regime sovietico, sostenendo nel 1975 che lì esisteva «un clima morale superiore, mentre le società capitalistiche sono sempre più colpite da un decadimento di idealità e di valori etici e da processi sempre più ampi di corruzione e di disgregazione», contrapponendo il «forte sviluppo produttivo» dellURSS alla «crisi del sistema imperialistico e capitalistico mondiale».[33] Ancora nel 1977 Berlinguer parlava di «grandi conquiste» realizzate dai paesi comunisti, ammettendo però lesistenza di «lati negativi» che «consistono essenzialmente nei loro tratti autoritari o negli ordinamenti limitativi di certe libertà»; aggiungeva tuttavia che «quei paesi rappresentano una grande realtà sociale, una grande realtà nella vita del mondo di oggi».[34] Nel novembre di quellanno Berlinguer pronunciò a Mosca, dove si era recato per le celebrazioni comuniste dei sessantanni dalla Rivoluzione dOttobre dei bolscevichi, un discorso che spinse alcuni, come Ugo La Malfa e Eugenio Scalfari, a ritenere ormai prossima la rottura del PCI con lUnione Sovietica; altri però, in particolare gli intellettuali della rivista socialista Mondoperaio, non vedevano nessuna rottura, se non una generica presa di distanza dallo stalinismo che non conduceva però ad un effettivo ripudio dellideologia marxista-leninista, né allammissione di come la repressione del dissenso in URSS fosse una diretta conseguenza di quellideologia.[35] In occasione della Biennale di Venezia, tra la fine del 1977 e il 1978, quando il suo Presidente, lallora socialista Carlo Ripa di Meana, intese dar voce al dissenso degli intellettuali perseguitati dallUnione Sovietica, il PCI reagì duramente alliniziativa parlando di provocazione, e sollecitando il governo italiano a ritardare il finanziamento della Biennale; diversi artisti e intellettuali vicini al partito comunista, come Vittorio Gregotti e Luca Ronconi, si dimisero in segno di protesta dal Comitato della rassegna.[36] Il tema dei rapporti del PCI con lURSS sarà al centro di aspri dibattiti e scontri politici, tra la fine degli anni 70 e linizio degli 80, tra Berlinguer e lemergente leader socialista Bettino Craxi, che rimproverava ai comunisti italiani di mantenere intatti i legami col regime sovietico e di non sposare fino in fondo i valori della socialdemocrazia europea.[37] Lambiguità dei rapporti del PCI con lURSS si protrasse per tutti gli anni Ottanta. Se nel 1981, in seguito al golpe polacco di Jaruzelski che si ribellò a Mosca, Berlinguer giunse a dichiarare conclusa la spinta propulsiva della Rivoluzione dottobre,[38] il PCI tuttavia si oppose duramente allinstallazione di una base euromissilistica in Italia come risposta ai missili di nuova generazione puntati dallURSS contro lItalia e lEuropa occidentale. Ancora nel 1984, in risposta al documento dellallora cardinale Ratzinger che condannava le teologie della liberazione, sia per lideologia materialista di stampo marxista ad esse sottesa, ritenuta inconciliabile col cristianesimo, sia per il loro carattere totalizzante derivante da quella stessa ideologia, il mensile Rinascita, da sempre strumento di elaborazione e diffusione della politica culturale del PCI, attaccò duramente le posizioni espresse da Ratzinger, sostenendo che i suoi giudizi sul socialismo in generale e sulle sue applicazioni concrete in Unione Sovietica sarebbero stati schematici, grossolani, e privi di considerazione storica. Solidarizzò col futuro pontefice un ex-membro del PCI, Lucio Colletti, fuoriuscito dal partito in seguito ad una profonda revisione delle proprie convinzioni ideologiche: «Il giudizio del Pci sullUnione Sovietica è il frutto, tuttora, di un avvilente compromesso intellettuale e morale. Decine di milioni di vittime sotto Stalin; il totalitarismo; il Gulag; un sistema che tuttora procede utilizzando il lavoro forzato dei lager; la mortificazione politica dei cittadini; la giustizia asservita al partito unico: tutti questi non sono ancora argomenti sufficienti perché il Pci possa trovarsi daccordo con lelementare verità espressa nel documento di Ratzinger: cioè, che in quei paesi, milioni di nostri contemporanei aspirano legittimamente a ritrovare le libertà fondamentali di cui sono privati da parte dei regimi totalitari; che questa è una vergogna del nostro tempo; che si mantengono intere nazioni in condizioni di schiavitù indegne delluomo; e che a questa vergogna si è giunti, con la pretesa di portare loro la libertà».[39] Il KGB sovietico fu spesso tramite di trasferimenti illegali di valuta e finanziamento illecito al PCI durante gli anni sessanta e settanta come sostenuto a seguito della diffusione di vari rapporti detti Impedian, contenuti nel dossier Mitrokhin[40], secondo il rapporto n. 100 del dossier[40] solo nel 1971 un agente italiano al servizio del KGB, Anelito Barontini (nome in codice Klaudio) consegnò cifre in contanti per complessivi due milioni seicentomila dollari. Nel rapporto n. 122 del 6 ottobre 1995 segue un elenco dettagliato delle cifre, dal 1970 al 1977, con elencati i nomi dei vari dirigenti coinvolti, tra cui Armando Cossutta[40]. I rapporti tra PCI e KGB non si limitarono al solo inoltro dei finanziamenti, ma anche nellutilizzo delle competenze del servizio segreto sovietico per rilevare eventuali apparati di ascolto posti nella sede del Comitato Centrale italiano (rapporto n. 131)[40], e nelladdestramento alla cifratura e alle comunicazioni radio di personale del Partito, come ad esempio dellagente Andrea, noto come Kekkini (traslitterazione del nome Cecchini), membro del Comitato centrale del PCI, inviato con passaporto straniero falso a nome di Ettore Morandi via Australia a Mosca dal giugno allagosto 1972, anche per prendere accordi sullinstaurazione di una rete di comunicazione bidirezionale, fabbricazione di documenti falsi e altre attività illegali (rapporto n. 197)[40]. La solidarietà nazionale[modifica | modifica sorgente] Enrico Berlinguer Nella seconda metà degli anni settanta si acuirono le tensioni sociali e politiche. La crisi economica-energetica, la disoccupazione, gli scioperi, il terrorismo conversero verso quello che molti hanno definito lannus horribilis delle rivolte: il 1977: echi sessantottini vibravano di nuovo fra gli studenti, riverberi della lotta di classe animavano il confronto, cioè il conflitto, fra i sindacati e le imprese, e molti da molte classi sociali si rivoltavano in armi contro avversari politici e istituzioni. Anche il PCI contestò sempre più fortemente la pregiudiziale che impediva al suo partito di accostarsi alla gestione del Paese. Liniziativa fu lasciata a Giorgio Amendola, rappresentante prestigioso (anche per tradizione familiare) dellala moderata del partito e uomo capace di dialogare con i non comunisti, che proclamò che lora era suonata per far parte a pieno titolo del governo. Nel febbraio del 1977 fu Ugo La Malfa a dichiarare per primo, pubblicamente, la necessità di un governo di emergenza comprendente i comunisti, ma la proposta fallì per il dissenso democristiano e socialdemocratico. Il 1978 fu per il PCI lanno del destino. Iniziò presto, con un incontro subito dopo Capodanno, fra Berlinguer e Bettino Craxi, al termine del quale fu rilasciata una nota indicativa di ufficiale identità di vedute, espressione tradotta dagli analisti come una sorta di via libera (o di non nocet) del PSI alle manovre del segretario comunista. Delle quali, già cominciate da molti mesi, si poteva ora parlare anche pubblicamente. Dopo una paziente opera di ricerca di possibili strategie di accesso pur parziale al governo, Berlinguer pareva aver individuato in Aldo Moro linterlocutore più adatto alla costruzione di un progetto concreto. Aldo Moro era il presidente della DC, e condivideva con il segretario del PCI Enrico Berlinguer alcune caratteristiche personali che sembravano predisporre al dialogo: erano entrambi sottili intellettuali, lungimiranti politici e abili nonché pazienti strateghi. Fu Moro a parlare per primo di possibili convergenze parallele, sebbene non propriamente in relazione ai desiderata del politico sardo, ma fu lo stesso Moro a mobilitare lapparato democristiano per verificare la possibilità di convertire ad utile accordo la sterile distanza che sino ad allora aveva diviso DC e PCI. Dai clandestini iniziali contatti, sinché possibile per interposta persona, si passò in seguito ad una minima frequentazione diretta nella quale andava assumendo forma e contenuti il progetto del compromesso storico. Moro individuava nellalleanza col PCI lo strumento che avrebbe consentito di superare il momento di gravissima crisi istituzionale e di credibilità dello stesso apparato democratico repubblicano (screditato anche dalle campagne comuniste sulla questione morale), coinvolgendo lopposizione nel governo e dunque assicurando il minimo necessario di consenso perché il Paese potesse sopravvivere a sé stesso in simili ambasce. Nella DC, Berlinguer vedeva invece primariamente (ma non solo semplicemente) quel possibile cavallo di Troia grazie al quale avrebbe potuto portare finalmente il suo partito alla responsabilità di governo. Entrambi, è stato sostenuto, potevano aver condiviso il timore che la crisi in cui versava il Paese potesse dar adito a soluzioni di tipo cileno, come già anni prima paventato dallo stesso Berlinguer. Il compromesso storico, in questottica, poteva porre il paese al riparo da eventuali azioni delluno e dellaltro fronte. Ad ogni buon conto, Berlinguer fu intanto ammesso, primo comunista italiano, a lavori para-governativi, come le riunioni dei segretari dei partiti della maggioranza, in qualità di esterno interessato. Mentre Moro veniva definitivamente prosciolto dagli addebiti giudiziari in relazione allo scandalo Lockheed, che lo aveva infastidito sin da quando aveva cominciato a guardare ad una possibile intesa coi comunisti[senza fonte], si preparava nel marzo del 1978 una riedizione del governo Andreotti, cui il PCI avrebbe dovuto smettere di fornire appoggio esterno (nel precedente governo detto delle non sfiducia, dal 1976, aveva garantito lastensione, per la prima volta rinunciando al voto dopposizione), offrendo il voto favorevole ad un monocolore DC, in attesa di una fase successiva nella quale ammetterlo definitivamente e a pieno titolo nella compagine governativa. Nasceva, questo governo, con alcuni membri assolutamente sgraditi al PCI, come Antonio Bisaglia, Gaetano Stammati e Carlo Donat-Cattin, la cui inclusione nella compagine ministeriale era stata operata da Andreotti, nonostante le richieste di esclusione da parte del PCI; secondo una versione accreditata molti anni dopo, insieme con Alessandro Natta, capogruppo alla Camera, Berlinguer dovette sveltamente decidere se proporre alla Direzione del partito già convocata per il pomeriggio dello stesso giorno di ritirare lappoggio al governo. Ma la stessa mattina del 16 marzo, giorno previsto per la presentazione parlamentare del governo tanto faticosamente messo insieme, Moro fu rapito (e sarebbe poi stato ucciso) dalle Brigate Rosse. Berlinguer intuì immediatamente la calcolata determinazione di un attacco che pareva studiato per mandare a monte tutto il lavoro occorso per raggiungere la solidarietà nazionale e propose di concedere a questo pur non accetto governo la fiducia nel più breve tempo possibile, per potergli assicurare pienezza di funzioni in un momento cruciale della democrazia italiana. La fiducia fu dunque votata dal PCI insieme a DC, PSI, PSDI e PRI, ma non senza che Berlinguer precisasse che lespediente di Andreotti, che suonava di repentina modifica unilaterale di accordi lungamente elaborati, costituisse invece un Governo che, per il modo in cui è stato composto, ha suscitato e suscita, comè noto (ma io non voglio insistere in questo particolare momento su questo punto), una nostra severa critica e seri interrogativi e riserve[41]. Il ritorno allopposizione[modifica | modifica sorgente] Se Moro non fosse stato rapito, il PCI avrebbe dato battaglia ad Andreotti, ma sia pure faticosamente e in modo non pienamente adeguato alla situazione, gli fu risparmiato. Durante il sequestro Moro, il PCI fu tra i più decisi sostenitori del cosiddetto fronte della fermezza, del tutto contrario a qualsiasi tipo di trattativa con i terroristi, i quali avevano chiesto la liberazione di alcuni detenuti in cambio di quella dello statista democristiano. In questa occasione si acuì la contrapposizione tra il PCI ed il PSI guidato da Bettino Craxi, che tentò di sostenere politicamente gli sforzi di coloro che tentavano di salvare la vita di Moro (la sua famiglia, alcuni esponenti della DC non direttamente impegnati nel governo, il papa Paolo VI), sia per un intento umanitario e di ripulsa verso una concezione eccessivamente statalista dellazione politica, tipica del cosiddetto umanesimo socialista, sia per marcare la distanza dei socialisti dai due maggiori partiti e dalla dottrina del compromesso storico che rischiava di confinare definitivamente il PSI in un ruolo marginale nel panorama politico italiano. Dopo il tragico epilogo della vicenda di Moro, lunico effetto di rilievo sulla DC parvero le dimissioni di Francesco Cossiga, che era ministro dellinterno. Il PCI restava fuori della compagine di governo, Berlinguer non partecipava più alle riunioni insieme ai segretari dellarco costituzionale (anche se a livello parlamentare i contatti continuavano ad essere tenuti dal capogruppo Ugo Pecchioli), il governo Andreotti restava dovera, sempre con Bisaglia e Stammati a bordo. Fu nel giugno del 1978, un mese dopo la morte di Moro, che esplose con inaudita virulenza il caso del presidente della Repubblica Giovanni Leone, che grazie ad una campagna cui il PCI aveva già dato un contributo fondamentale (e che a questo punto omise di ritirare), fu costretto alle dimissioni. Oltre al rancore verso Andreotti, cui si doveva un governo diverso da quello concordato (e che avrebbe dovuto presentare dimissioni almeno di cortesia, in caso di elezione di un nuovo capo dello Stato), si è supposto che la campagna scandalistica sia stata ulteriormente indurita da Berlinguer per poter far salire al Quirinale qualcuno meno avvinto dalla pregiudiziale anticomunista di quanto non fossero stati i presidenti precedenti. Lelezione di Sandro Pertini, oltre che gradita al PCI, piaceva a molti settori della politica. Da parte dei socialisti, nel cui partito militava, vi era ovviamente la soddisfazione per la nomina di una figura amica, che avrebbe potuto accrescere la capacità di influenza del partito craxiano. Da parte democristiana (dalla quale si era barattata la candidatura con la persistenza al governo), Pertini era ritenuto poco pericoloso, almeno fintantoché fossero proseguiti i buoni rapporti con il partito del Garofano. E anche i repubblicani guardavano a possibili riprese di prestigio (e di influenza politica) con un nuovo scenario che premiava con la carica uno degli storici partiti laici italiani. Lentusiasmo di Berlinguer fu però di breve durata, poiché non solo Andreotti non si dimise, ma addirittura - dopo la caduta determinata dallopposizione comunista allingresso nel primo sistema monetario europeo - successe a sè stesso, con lAndreotti-quinquies, sul principio dellanno successivo, per governare le inevitabili elezioni anticipate. Il PCI fu quindi escluso dalle relazioni fra i partiti della maggioranza, e si apprestò a tornare al suo ruolo di opposizione. Il PCI si ritrovò di nuovo allopposizione: nel decennio successivo si ritrovò completamente isolato in quanto il PSI di Bettino Craxi dopo avere a lungo oscillato, governando a livello locale sia con la DC che con il PCI, formulò stabilmente, a livello nazionale, unalleanza di governo con la DC e con gli altri partiti laici, PSDI, PLI e PRI, denominata pentapartito, facendo pesare sempre di più, nelle richieste di posti di potere, il suo ruolo di partito di confine. Alessandro Natta Berlinguer, per uscire dallisolamento, provò a ricostruire delle alleanze nella base del Paese, cercando convergenze con le nuove forze sociali che chiedevano il rinnovamento della società italiana e riprendendo i rapporti con quello che era il tradizionale riferimento sociale del PCI: la classe operaia. In questottica vanno lette le battaglie contro linstallazione degli Euromissili, per la pace e, soprattutto, nella vertenza degli operai della FIAT del 1980. Il PCI in quella lotta arrivò addirittura a scavalcare il ruolo della CGIL e la sconfitta finale e quella riportata anni dopo nel referendum sulla scala mobile segnarono in maniera indelebile il Partito. In particolare il referendum del 1985, che era stato fortemente voluto da Berlinguer, per abrogare il c.d. decreto di San Valentino del 14 febbraio 1984 del Governo Craxi, con il quale era stato recepito in una norma legislativa valida erga omnes laccordo delle associazioni imprenditoriali con i soli sindacati Cisl e Uil, con lopposione della CGIL, che tagliava 4 punti percentuali dellindennità di contingenza, segnò il punto massimo dello scontro tra Berlinguer e Craxi. Lopposizione comunista al primo governo a guida socialista della storia della Repubblica toccò punte di parossismo e Craxi venne indicato come un nemico della classe operaia; molti iscritti e sindacalisti socialisti della CGIL furono indotti dal clima di ostracismo determinatosi nei loro confronti ad aderire alla UIL, guidata da Giorgio Benvenuto che divenne di fatto il sindacato socialista, pur se molti rimasero nella CGIL, grazie anche allimpegno del suo Segretario generale Luciano Lama, che non aveva condiviso fino in fondo la scelta di Berlinguer di raccogliere le firme per lindizione del referendum. L11 giugno 1984 il segretario del PCI morì a Padova a causa di un ictus che laveva colpito il 7 giugno sul palco mentre stava pronunciando un discorso, trasmesso in diretta televisiva, in vista delle elezioni europee del successivo 17 giugno. La morte di Berlinguer destò unenorme impressione in tutto il Paese, anche per la casuale presenza a Padova del Presidente della Repubblica Sandro Pertini che accorse al capezzale del segretario comunista e decise di riportarne la salma a Roma con laereo presidenziale. I funerali videro una grandissima partecipazione di popolo, non solo delle migliaia di militanti del PCI provenienti da tuttItalia, ma di moltissimi cittadini romani, e lomaggio alla salma di delegazioni di tutti i partiti italiani, compresa quella del MSI, e dei partiti socialisti e comunisti di tutto il mondo. Alle elezioni europee il PCI raggiunse il suo massimo risultato (33,3% dei voti), sorpassando, sia pur di poco e per la prima e ultima volta, la Democrazia Cristiana (33,0% dei voti), per cui i commentatori parlarono di un effetto Berlinguer. La segreteria del PCI passò ad Alessandro Natta, ma il partito, nonostante il successo alle elezioni europee e pur mantenendo una consistente base di massa, aveva ormai iniziato un lento e graduale declino. Nellaprile del 1986 fu tenuto, anticipatamente a causa della disfatta dellanno precedente nelle elezioni regionali, il XVII Congresso nazionale del PCI. Come risposta alla crisi il gruppo dirigente del Partito tentò, grazie alla decisiva spinta dellarea migliorista di Giorgio Napolitano, un riposizionamento internazionale del PCI proponendo il totale distacco dal movimento comunista per entrare a far parte, a tutti gli effetti, del Partito Socialista Europeo. A questa linea si oppose duramente un piccolo gruppo organizzato da Cossutta che, in minoranza allinterno del Partito, aveva dato vita ad una vera e propria corrente stabile sin da quando, in occasione del golpe polacco di Jaruzelski, Berlinguer aveva proclamato esaurita la spinta propulsiva della rivoluzione dOttobre. Nel maggio 1988 Natta è colto da un leggero infarto[42]. Non è grave, ma gli vien fatto capire dagli alti dirigenti che non è più gradito come segretario. Natta si dimette e al suo posto viene messo il vice Achille Occhetto. Nel marzo 1989 Occhetto lancia il nuovo PCI come uscirà dai lavori del XVIII Congresso nazionale, il primo a tesi contrapposte nella storia del partito (sebbene non fu garantita una piena ed effettiva parità di condizioni al documento della minoranza). Il 19 luglio 1989 viene costituito un governo ombra ispirato al modello inglese dello Shadow Cabinet, per meglio esplicitare lalternativa di governo che il PCI intendeva rappresentare. Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Governo ombra del Partito Comunista Italiano. La caduta del Muro di Berlino e
Posted on: Sun, 17 Nov 2013 21:49:34 +0000

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