Pressoterapia. PROVATELA NEL NOSTRO CENTRO A SOLI 15 Euro La - TopicsExpress



          

Pressoterapia. PROVATELA NEL NOSTRO CENTRO A SOLI 15 Euro La terapia pneumocompressiva Con il termine di terapia fisica pneumocompressiva viene generalmente definito il trattamento riabilitativo per le condizioni di edema cronico agli arti, di origine linfatica, venosa o mista. È noto che il deflusso del sangue rallentato, od ostacolato, determina lincremento della pressione oncotica ed osmotica perivascolare, aumento della pressione interstiziale, con conseguente ritenzione idrica ed edema: una sorta dischemia cellulare da stasi, con minor apporto di ossigeno e di nutrienti alle cellule e, di conseguenza, ridotta funzionalità delle cellule stesse. Gli stati ritentivi, come ledema diffuso, o localizzato prevalentemente a livello soprapatellare e perimalleolare, giustificano limpiego della pressoterapia. Si esercita una pressione graduale sui tessuti edematosi, allo scopo di ottenere una riduzione del volume dellarto, tramite un incremento del drenaggio emolinfatico centripeto. Il tipo di apparecchiatura utilizzata, la sequenza compressiva, la pressione applicata, lo stadio clinico della patologia e, infine la tollerabilità del paziente, sono i parametri da considerare attentamente poiché condizionano il risultato. Leffetto drenante si ottiene solo se la pressione viene applicata in maniera da determinare un gradiente pressorio in senso distoprossimale (sequenzialità della compressione) e se si alternano le fasi di compressione e di rilasciamento (intermittenza della compressione). Il beneficio terapeutico può essere così riassunto: Aumento della velocità di flusso venoso e linfatico, per effetto della riduzione del calibro dei vasi venosi e linfatici, nella zona sottoposta a compressione Distensione dei vasi nella zona a valle, che generano una risposta biochimica fisiologica delle cellule endoteliali mediante rilascio di sostanze ad azione antitrombotica, profibrinolitica e vasodilatatrice. Riduzione visibile delledema, per aumento della pressione interstiziale che migliora il riassorbimento capillare e riduce il carico linfatico interstiziale. Aumento della portata linfatica iniziale, in quanto si favorisce il riassorbimento dei fluidi, dallinterstizio allinterno dei vasi capillari della rete linfatica. Target clinici Vista la stretta relazione con i linfedemi e linsufficienza venosa (IVC), la pressoterapia risulta efficace anche nella terapia delle panniculopatie (P.E.F.S). La presso terapia non risolve il blocco del ritorno venoso, causato da alterazione del sistema valvolare, o linsufficienza della pompa muscolare; cioè non cura i fattori che costituiscono letiopatogenesi dellIVC; ma il suo impiego, aumentando la velocità del flusso distoprossimale, rappresenta un presidio importante nella prevenzione delle complicanze. Così vale per i disturbi della funzione linfatica , quali quelli riguardanti il carico e il flusso linfatico. E proprio negli stati iniziali di edema cronico linfatico, venoso o misto, che la metodica pneumocompressiva, associata alle altre metodiche, rappresenta una soluzione terapeutica importante. Trial clinici randomizzati, di comparazione tra tecniche diverse, hanno dimostrato che la riduzione di volume delledema, indotta dalla pressoterapia pneumatica, appare sostanzialmente sovrapponibile a quella ottenuta dal solo linfodrenaggio manuale ed è aggiuntiva a quella conseguita dalla cosiddetta terapia fisica complessa classica: linfodrenaggio manuale, bendaggio, ginnastica decongestiva, biostimolazione e cura della cute. Leffetto sulledema, a basse pressioni di applicazione, appare evidente nei linfedemi iniziali, di consistenza molle (I°-II° stadio della classificazione ISL), in cui prevale lelevata componente idrica; mentre non è in grado di ottenere alcun effetto significativo nei linfedemi ad elevata fibrosclerosi (III°-IV° stadio); in questi pazienti, per ottenere un risultato significativo è necessario applicare pressioni ben più elevate. Per saperne di più, clicchi qui. Quali valori pressori Sulle pressioni di applicazione si discute ancora molto, ma basandosi sui dati fisiologici, riportanti pressioni endolinfatiche massime di 30-40 mmHg, le indicazioni più recenti indicano come valore massimo, per ottenere uno stimolo al drenaggio linfatico, quello inferiore a 40 mmHg. Il razionale potrebbe essere il seguente: nel linfedema iniziale, di modeste dimensioni, una pressione eccessiva può provocare danni irreversibili al sistema linfatico; nel linfedema più avanzato le pressioni endolinfatiche sono verosimilmente molto più elevate rispetto a quelle fisiologiche misurate in soggetti sani e ciò spiegherebbe lo scarso risultato ottenuto dalla pressoterapia a basse pressioni. nel linfedema con fibrosclerosi avanzata, cioè con presenza di lacune linfatiche incarcerate nel tessuto interstiziale fibrosclerotico, la pressione necessaria per determinare uno spostamento fisico dei fluidi attraverso linterstizio, allinterno di canali tissutali neoformati verso aree dove sia presente un tessuto linfatico normo funzionante, dovrà essere notevolmente superiore. In questi casi la valutazione diagnostica ecografica in doppler, oltre che quella clinica, potranno guidare alla scelta mirata della pressione di applicazione. Modalità di compressione Per ridurre il rischio di unischemia muscolare, la pressione applicata dovrà essere correlata alla durata complessiva del ciclo compressivo e alla sequenza della compressione: uniforme, peristaltica, graduata, sequenziale, o abbinamenti tra queste. E importante mantenere lungo larto un preciso gradiente pressorio, o aumentare selettivamente la pressione di alcune camere, in corrispondenza delle aree con edema localizzato, o con fibrosi, onde evitare di perdere in parte leffetto drenante. Una compressione mantenuta per 2-2,5 secondi è sufficiente per ottenere il massimo svuotamento venoso del segmento sottoposto a pressione. Quando si interviene su edemi linfatici a elevata componente fibrotica, lo spostamento dei fluidi è più lento e la pressione deve essere mantenuta in maniera più prolungata (5-6 secondi). Analogamente, per consentire unadeguata fase di riempimento, occorre una fase di rilasciamento di almeno 4-5 secondi per edemi molli e almeno 8-10 secondi per edemi duri. La durata del ciclo compressivo, quella derivata dal tempo di riempimento degli elementi gonfiabili, sommato a quello di persistenza del gonfiaggio e a quello del rilasciamento, è mediamente intorno ai 30 secondi per strumenti con 12 camere. La durata di ciascuna seduta potrà variare da un minimo di 30 minuti ad alcune ore, in relazione alla pressione utilizzata e alla tollerabilità del paziente. Il ciclo compressivo potrebbe giungere a 60-90 minuti, che sono ben tollerati dai pazienti, mentre oltre le 2 ore è necessario prevedere lunghe pause. Il trattamento deve prevedere un numero di sedute pari ad almeno 5 ore nei casi di linfedema di consistenza molle e almeno 15-20 ore (20 sedute di 60 minuti) nei casi di linfedema di consistenza elevata. La cadenza delle sedute deve essere quotidiana e per garantire il mantenimento delleffetto drenante, si opta per un bendaggio compressivo tra una seduta e la successiva. Ideale è il bendaggio che associa leffetto compressivo a quello criogeno. Per saperne di più, clicchi qui La tecnica strumentale Lo sviluppo tecnico delle apparecchiature ha contribuito alla realizzazione di sacche inestensibili parzialmente sovrapposte: ciascuna sacca si sovrappone per circa il 40% alla precedente. Nel fase del gonfiaggio, ciascuna sacca assume una disposizione lievemente obliqua rispetto al piano cutaneo; in questo modo la pressione esercitata viene applicata secondo due vettori: uno perpendicolare alla cute, che agisce prevalentemente nellaumento della pressione interstiziale, e uno longitudinale, che agisce invece sul drenaggio emolinfatico e sullo spostamento dei fluidi interstiziali. Si crea un cosiddetto “gradiente pressorio positivo”, con una pressione di applicazione costante e più elevata nelle regioni distali rispetto a quella pre-impostata come pressione target. Gli strumenti a gradiente pressorio negativo, ovvero quelli che riducono proporzionalmente la pressione allinterno delle sacche man mano che si procede verso la regione prossimale, hanno il vantaggio di erogare una pressione più uniforme nei vari livelli e più vicina a quella target; tale pressione, tuttavia, ha lo svantaggio di essere poco utile nel trattamento dei pazienti con linfedemi degli arti inferiori secondari a linfadenectomia inguino-pelvica per patologie uro-ginecologiche, o per melanomi. La connessione funzionale tra i vari elementi gonfiabili – una sacca si gonfia anche grazie allaria proveniente dalle altre sacche già gonfie - consente inoltre di ottenere unonda pressoria uniforme, con un valore che rimane omogeneo lungo tutte le sezioni, indipendentemente dalla dimensione dellarto. Un maggiore numero di elementi, infine, consentirebbe la migliore frammentazione delledema ottenendo una maggiore e più uniforme capacità di drenaggio dei fluidi. Il numero delle sacche gonfiabili è quindi un fattore che influenza notevolmente il risultato finale: al di sotto di 8 camere il risultato appare essere notevolmente ridotto. Le controindicazioni Lazione della pressoterapia pneumatica non determina variazioni significative nei parametri funzionali linfatici, poiché la riduzione del volume dellarto è legata prevalentemente al recupero idrico da parte del microcircolo capillare. Secondo alcuni autori, di converso, la perdita di fluidi a livello interstiziale determinerebbe un rapido ripristino osmotico della componente idrica, non appena terminata lazione della pressione esterna. Ciò contribuirebbe a favorire levoluzione in senso fibrosclerotico del linfedema; evoluzione promossa anche dalla flogosi cronica indotta dalla presenza di macromolecole proteiche a livello interstiziale in concentrazioni elevate. Si possono inoltre riscontrare formazioni di un “collare” linfedematoso al di sopra delle zone di applicazione. Tali effetti collaterali risulterebbero evidenti, solo se si utilizzasse la pressoterapia come unica forma di trattamento sul linfedema ai primi stadi; ma ciò contrasta lassunto che alla pneumocompressione, vanno associate altre terapie: da quella farmacologica e dietetica, allelettrostimolazione drenante, al bendaggio multistrato, al linfodrenaggio manuale. La poliuria, costante in tutti pazienti trattati, non può essere considerata un effetto collaterale, ma la conseguenza fisiologica del recupero idrico. Le controindicazioni più importanti possono essere correlate al rapido aumento del precarico cardiaco, legato al riassorbimento idrico, e allo stimolo del ritorno venoso, in soggetti con rischio di scompenso cardiaco, ovvero con insufficienza cardiaca, o con crisi ipertensive da inadeguato controllo farmacologico. In pazienti con trombosi venosa recente, laumento della velocità del flusso venoso indotta dalla presso terapia, può provocare linsorgenza di unembolia polmonare. In pazienti con infezioni cutanee lincremento della portata linfatica può favorire la disseminazione microbica. Infine, nei soggetti arteriopatici, la pressione applicata al microcircolo cutaneo può indurre la comparsa di lesioni ischemiche cutanee. Lassenza di queste controindicazioni dovrà essere sempre attentamente valutata prima del trattamento: come sempre, prima di qualsiasi terapia, la diagnostica approfondita. Pneumocompressione e Linee guida sulla Terapia dellInsufficienza Venosa cronica Il Collegio Italiano di Flebologica (CIF) ha elaborato e pubblicato recentemente le Linee Guida sulla Diagnosi e Terapia della Insufficienza Venosa Cronica. Il testo costituisce il riferimento degli specialisti di settore nel trattamento di tale patologia invalidante, così presente su larghi strati di popolazione e così caratterizzata da un notevole onere per i servizi di prevenzione e cura. Riportiamo esattamente il testo riguardante la terapia pneumo compressiva, negli stadi patologia ove essa viene contemplata con la classificazione di Compressione non Elastica: Le compressioni non elastiche si riferiscono essenzialmente alla Compressione Pneumatica Intermittente (CPI) e alla Compressione Elevata Intermittente non Pneumatica, applicabili selettivamente sul piede, sulla gamba e sullarto superiore. Esse agiscono sia sulla velocità di flusso ematico, che sui meccanismi fibrinolitici locali. E ancora: La CPI deve essere presa in considerazione se il paziente presenta un elevato rischio di sviluppare complicanze emorragiche oppure se anche complicazioni emorragiche minori possono avere gravi. La CPI come coadiuvante nel trattamento dellulcera venosa: la CPI trova indicazione nel trattamento dellulcera venosa con aumento della percentuale di guarigione che viene raggiunta in tempi più brevi: la scelta del tutore compressivo richiede di essere modellata alle necessità del singolo paziente ed all entità della malattia. Nella profilassi e nella terapi, al fine di rendere omogenei i criterî di valutazione dellIVC e Acuta, devono essere usati standards classificativi comuni, quali la classificazione internazionale CEAP per lIVC e la categorizzazione di rischio Alto/Moderato/Basso del Consensus statement on Prevention of Venous Thromboembolism”. E ancora: per il linfedema, la Consensus offre indicazioni precise:“Il trattamento del linfedema degli arti è prevalentemente conservativo, le metodiche chirurgiche vengono riservate a casi selezionati in stadi clinici avanzati. Il trattamento conservativo si divide in farmacologico e fisico-compressivo; questultimo comprende: il Drenaggio Linfatico Manuale (DLM), la Compressione, la Pressoterapia (PT), la declivoterapia e la termoterapia. Il trattamento fisico non deve essere ridotto ad una sola metodica, ma deve includere lassociazione di queste, combinate in funzione dello stadio evolutivo e della strategia del momento. La terapia fisica combinata viene suddivisa in due fasi: la prima fase è rivolta alla riduzione del carico linfatico interstiziale con conseguente diminuzione volumetrica dellarto, mentre la seconda fase ha la funzione di stabilizzare ed eventualmente migliorare i risultati ottenuti. La prima fase si attua con lassociazione del drenaggio linfatico manuale, del bendaggio, di adeguati esercizi fisici e la meticolosa cura della cute. La seconda fase consiste nellutilizzo quotidiano della calza elastica, nellesecuzione di specifici esercizi e nella meticolosa cura della cute. Con tali premesse appare evidente limportanza della diagnosi, approfondita caso per caso, e la necessità di una personalizzazione secondo il livello patologico codificato nella Classificazione della Consensus. Lo sforzo dellutilizzatore sarà quello di eseguire un attento esame obiettivo e strumentale, impiegando strumenti, quali la capillaroscopia, lecografia doppler, la linfoscintigrafia ad esempio, e di monitorare in seguito i risultati per apporre le necessarie variazioni ai protocolli pneumocompressivi standardizzati. DS Medica S.r.l. a company of DS Medigroup | CF/P.IVA 12676030153 | © DS Medica S.r.l. | Privacy Policy
Posted on: Sat, 19 Oct 2013 18:02:27 +0000

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