Previdenza complementare: cos’è e come muoversi Previdenza - TopicsExpress



          

Previdenza complementare: cos’è e come muoversi Previdenza complementare e TFR del lavoratore dipendente: vademecum e regole su versamenti, prelievi, anticipi e altri diritti. La previdenza complementare è una forma di previdenza che si aggiunge a quella obbligatoria, ma non la sostituisce. Per ogni iscritto viene creato un conto individuale cui affluiscono i versamenti contributivi. Tali versamenti saranno poi investiti nel mercato finanziario. Al momento del pensionamento, all’iscritto verrà liquidata una rendita o l’intero capitale versato. Dal 1° gennaio 2007, i lavoratori dipendenti del settore privato possono chiedere al datore di lavoro che versi il proprio TFR nelle forme pensionistiche complementari. La previdenza complementare è aperta a tutti o solo ad alcune categorie di lavoratori? Tutti i lavoratori (dipendenti, autonomi, liberi professionisti, atipici [1]) possono aderire a fondi pensione e altre forme di previdenza complementare come i Pip. I lavoratori dipendenti possono devolvere il Trattamento di fine rapporto (Tfr) ed eventualmente una contribuzione aggiuntiva. Gli autonomi e i liberi professionisti, privi di Tfr, versano solitamente una percentuale del reddito stabilita sulla base delle disponibilità economiche e delle esigenze personali. Nel caso dei lavoratori dipendenti, chi è che effettua i versamenti al fondo pensione? La responsabilità spetta al datore di lavoro, in base alle disposizioni del dipendente. Se aderisco a un fondo pensione devo obbligatoriamente destinarvi il Tfr? No. Tuttavia, il la legge [2] ha istituito, a partire dal 2007, il meccanismo del “silenzio assenso”. Se entro sei mesi dall’assunzione il lavoratore non comunica espressamente al datore di lavoro alcuna decisione sulla destinazione del Tfr, questo verrà conferito automaticamente al fondo di previdenza complementare. Posso cambiare idea sulla destinazione del Tfr? In base alla normativa vigente, il Tfr destinato ad un Fondo di previdenza complementare non può successivamente essere “riportato” in azienda, mentre il Tfr lasciato in azienda può essere devoluto, in qualsiasi momento, ad un Fondo di previdenza complementare. Posso cambiare fondo pensione dopo averlo scelto? È possibile trasferire il contante accumulato da un fondo pensione a un altro, a condizione che siano trascorsi almeno due anni dalla data di iscrizione al fondo che si vuole abbandonare. Se il lavoratore è iscritto a FondInps, il trasferimento può essere effettuato anche dopo un solo anno. Il trasferimento non può causare costi aggiuntivi o oneri fiscali. Cosa succede se perdo il lavoro e non sono più in grado di versare i contributi? Anche se la contribuzione viene a mancare, il rapporto con il fondo pensione rimane in essere. I contributi già versati restano investiti nel comparto prescelto e continuano a produrre rendimenti. Posso versare contributi per i miei figli? Sì, e non solo: anche per tutti i familiari a carico. La legge [2] dispone che anche queste somme siano deducibili fiscalmente, entro un tetto massimo di 5.164,56 euro l’anno. In questo modo è possibile avviare un piano di risparmio previdenziale anche per i minorenni, iniziando da subito ad accumulare contributi. Come si ottiene l’anticipazione sulla posizione individuale? Le regole sono simili a quelle del Tfr. Ma gli importi richiesti non possono mai superare il 75% dei versamenti totali e possono essere reintegrati senza oneri e in qualsiasi momento. Le condizioni per poter chiedere le anticipazioni sono queste: - senza limiti temporali in caso di spese sanitarie a seguito di gravissime situazioni per il titolare o la famiglia, con imposta del 15% ridotta dello 0,3% per ogni anno eccedente il 15esimo di partecipazione al fondo; - dopo otto anni di iscrizione, per l’acquisto o la ristrutturazione della prima casa di abitazione del lavoratore o dei figli, con imposta del 23%; - dopo otto anni, fino al 30% dell’importo, per ulteriori esigenze, sempre con imposta del 23%. E il riscatto? Si ha diritto al riscatto del 50% della posizione maturata in caso di disoccupazione, mobilità o cassa integrazione di durata compresa tra 12 e 48 mesi. Si può ottenere, invece, il riscatto totale in caso di invalidità permanente con riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo e di disoccupazione per durata superiore a 48 mesi. Tuttavia, non è possibile ottenere il riscatto nei cinque anni precedenti alla pensione, perché in questi casi è invece possibile ottenere la normale prestazione previdenziale anticipata. Se l’azienda fallisce scatta la copertura dell’Inps? Presso l’Inps è istituito un apposito fondo di garanzia contro il rischio derivante dall’omesso o insufficiente versamento, da parte dei datori di lavoro sottoposti a fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa ovvero alla procedura dell’amministrazione straordinaria, dei contributi dovuti per le forme di previdenza complementare. Pertanto, nell’ipotesi di fallimento, scatta la tutela del Fondo che dovrà coprire i contributi omessi al fine di perfezionare la prestazione spettante al lavoratore. Prima di ciò occorre indubbiamente attivare una procedura che però la legge non regola e che presumibilmente sarà disciplinata dal regolamento del Fondo pensione interessato. In pratica Fondi pensione negoziali Sono istituiti da sindacati e imprese nell’ambito della contrattazione nazionale, di settore o aziendale. Comprendono i fondi pensione territoriali, istituiti da accordi tra datori di lavoro e lavoratori di un determinato territorio. Fondi pensione aperti Sono istituiti da banche, imprese di assicurazione, società di gestione del risparmio (Sgr) e società di intermediazione mobiliare (Sim). Piani individuali pensionistici (Pip) Sono istituiti dalle imprese di assicurazione. Fondi pensione preesistenti Sono chiamati così perché istituiti prima del decreto legislativo 124 del 1993 che ha disciplinato la previdenza complementare. [1] Lavoratori dipendenti sia privati sia pubblici, i lavoratori rientranti nelle tipologie previste dalla legge Biagi, i lavoratori autonomi e liberi professionisti, i soci lavoratori di qualsiasi tipo di cooperative, i soggetti privi di reddito che risultano a carico di lavoratori, le casalinghe, i percettori di redditi diversi da quelli di lavoro e infine i pensionati che possono contribuire fino all’età limite di 72 anni. [2] D. Lgs. n. 252 del 2005.
Posted on: Mon, 07 Oct 2013 17:15:46 +0000

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